3.
Metamorphosis
Damon
entrò nella stanza a passi lenti, consapevole dello sguardo
di Elena su di sé. Si sedette sul bordo del letto e, con
cautela, appoggiò la sacca di sangue al suo fianco. Gli
occhi di Elena non l’avevano lasciata un secondo. Damon si
frugò nelle tasche, senza fretta, e ne estrasse un anello
che appoggiò accanto alla sacca.
Elena sapeva bene di
cosa si trattava. Evidentemente, Bonnie si era già
preoccupata di prepararle un anello da indossare per poter camminare
nel sole. A quel pensiero, Elena inspirò profondamente.
“Come
mai se qui Damon?”. Era la prima volta che si ritrovavano
soli ed Elena provò un leggero disagio al pensiero di come
avrebbe gestito la situazione.
“Prenditela
con il tuo fratellino. Sai, non sembra molto contento della tua
indecisione.”. Damon piegò le labbra in un sorriso
ironico. “Non appena siete arrivati a casa, mi ha chiamato
pregandomi letteralmente di non uscire da questa stanza fino a che non
avrò tentato tutto il possibile per farti cambiare
idea” – proseguì.
Elena si
passò le mani tra i capelli in un gesto nervoso. Ah, Jeremy.
“Perché
tu?”
“Diciamo
che il piccolo Gilbert al momento non è esattamente il fan
di Stefan numero 1.”
Damon si
lasciò sfuggire un ghigno. “E poi, Jeremy sa che
posso essere molto persuasivo quando voglio.”
Elena
reagì indispettita. Conosceva i metodi di Damon.
“E così, è questo il vostro grande
piano? Farmi nutrire con la forza?”
“No!”
– Damon mise su uno sguardo offeso.
Cercò
il suo sguardo e proseguì in tono più dolce -
“Sai che non lo farei mai …”.
Non che non ci
avesse pensato, ovvio. Il pensiero
di perdere Elena per sempre semplicemente gli annebbiava ogni forma di
giudizio. Ma ricordava ancora il tormento che aveva provato dopo che
l’aveva costretta con la forza a bere il suo sangue quando
lei era determinata a morire nel sacrificio di Klaus. Se per colpa sua
lei si fosse risvegliata vampira, si sarebbe piantato da solo un
paletto nel cuore senza pensarci due volte. E poi, lui stesso le aveva
raccontato, molto tempo prima, come Stefan lo avesse costretto a
nutrirsi per completare la trasformazione, e di come questo avesse
gettato entrambi in una spirale distruttiva durata più di un
secolo. No, questa volta l’avrebbe lasciata scegliere di sua
volontà. Sempre che fosse la scelta giusta,
naturalmente.
“Sai,
so essere persuasivo anche in altri modi …”
– aggiunse Damon con un sorriso malizioso.
Elena
alzò gli occhi al cielo. Sì,
lo so. Trovò quindi il suo sguardo e si
ritrovò a sorridere. Per un attimo, solo per un attimo, fu
come se non si fossero mai allontanati.
“Non
vuole perderti, Elena.” - Damon abbassò un secondo
lo sguardo, prima di tornare a sorriderle – “E poi,
non vorrai certo avere sulla coscienza qualche malcapitata famiglia che
abbia la sfortuna di prenderlo in affidamento? Insomma, voglio dire
… avere a che fare con Jeremy, non immagino sorte
peggiore.”
Elena voleva
ridere, ma sentì qualcosa rompersi dentro di lei e prima che
potesse rendersene conto si ritrovò a singhiozzare,
accasciata sul pavimento, il volto tra le mani.
In un lampo,
Damon le fu accanto e la attirò a sé stringendole
le spalle. A quel contatto, Elena sentì la familiare morsa
stringerle lo stomaco e si aggrappò a lui ancora di
più. Le sarebbe bastato muovere leggermente il volto per
sapere esattamente dove trovare le sue labbra, ed il pensiero le fece
correre il cuore all’impazzata. Damon notò il
cambiamento nel suo respiro e, con uno sforzo di cui non si sarebbe mai
creduto capace, la allontanò delicatamente da sé.
Si guardarono
circospetti, come due animali feriti.
Elena fu la
prima a distogliere lo sguardo. Aveva deciso di lasciarlo andare e
sapeva, per il suo bene, di dover tenere fede a quella scelta. Si
alzò, asciugandosi gli occhi con il dorso delle mani, e si
avvicinò alla sacca di sangue appoggiata sul letto. La
rigirò un attimo tra le mani, ed al pensiero del suo
contenuto sentì una nuova e prepotente ondata di appetito.
“E’
sempre così forte?” – si
sentì chiedere ad alta voce. “La fame,
intendo.” – aggiunse rivolgendo a Damon uno sguardo
imbarazzato.
“No.”
Damon si alzò senza fretta.
“E’
peggio.” – aggiunse, quando fu nuovamente vicino a
lei.
“Non
voglio essere un vampiro, Damon” – le parole le
uscirono con inaspettata facilità. Si ricordò di
quanto era stato difficile in passato confessarlo a Stefan.
Damon
fissò il suo sguardo su di lei, gli occhi chiari
particolarmente indecifrabili nella penombra.
“Nessuno
di noi lo ha voluto, Elena.”
“Tu
lo volevi. Per Katherine.” Elena si pentì di
quelle parole nel momento stesso in cui le pronunciò.
Damon distolse
lo sguardo e scosse la testa con amarezza. “Già.
Per una stronza egoista e manipolatrice che mi ha preso in giro per 150
anni. Per cui c’è stato sempre e solo
Stefan.”
Calò
un attimo di silenzio prima che Damon si rendesse conto di
ciò che le sue parole potevano sembrare.
“No,
Elena …” - Damon strinse le labbra -
“Non volevo dire che …”
Elena sorrise
forzatamente, anche se dentro di sé sentiva le lacrime
stringerle di nuovo la gola.
“No,
Damon … lo capisco”.
Lei stessa si
era, per forza di cose, ritrovata a pensarlo più di una
volta. Lei e Katherine erano evidentemente più simili di
quanto fosse disposta ad ammettere, una somiglianza purtroppo molto al
di la del solo aspetto fisico.
“Elena,
ascoltami.”. Damon fece per prenderle le mani, ma si
fermò per paura che quel gesto la mettesse a disagio.
“Non ho mai pensato che tu fossi come Katherine, capito? So
che non è così ...”.
“Mi
dispiace così tanto …”
“Va
tutto bene, Elena. Starò benone” – Damon
pronunciò quelle parole con un sorriso. Un’altra
delle sue maschere.
Che
stupida, si disse Elena. Lei gli
aveva spezzato il cuore, ed era lui a consolare lei. Cercò
con forza di ricacciare indietro le lacrime. Voleva parlargli dei
ricordi che le erano tornati, ma non trovò le parole. Lui lo
sapeva, doveva averci pensato. E comunque a cosa sarebbe servito, se
non a fargli ancora più del male?
Con calma Elena
aprì l’estremità superiore della sacca
di sangue. Dentro di sé lo aveva saputo fin
dall’inizio che avrebbe completato la transizione.
Più di una volta era stata pronta a morire per salvare i
suoi cari. E adesso che le era stata data questa strana
opportunità, era pronta a coglierla se era l’unico
modo per restare vicino a coloro che amava. Vicino a Jeremy, a Bonnie,
a Caroline, a Tyler, a Matt. A Stefan. E a Damon.
“Vediamo
di non tirarla troppo per le lunghe.” – disse con
ritrovata decisione, prima di addentarla ed iniziare a succhiare
avidamente.
Sentì
il sangue invaderle la gola e ne provò un delizioso, intenso
piacere. Strinse con forza la sacca tra le mani nel tentativo di
spremerla fino all’ultima goccia.
“Ehi,
ehi, piano ragazza”. Damon posò le mani sulle sue
nel tentativo di allentare la sua presa dalla sacca ormai vuota.
Elena
lasciò andare la sacca per la sorpresa. Il sangue le invase
il corpo salendo fino agli occhi, dove le sottili vene intorno alle
palpebre iniziarono a gonfiarsi e a palpitare. Si lasciò
sfuggire un grido e si portò le mani alla bocca, mentre due
piccole zanne appuntite si facevano dolorosamente strada tra le sue
gengive.
Non fece in
tempo ad abituarsi alle nuove sensazioni, che subito sentì i
suoi polmoni comprimersi e l’aria uscirle in un sol colpo dal
corpo. Si portò le mani alla gola ed indietreggiò
fino quasi a cadere, cercando Damon con occhi impauriti. Faceva parte
della transizione? Ma lo sguardo altrettanto spaventato di Damon le
stava suggerendo il contrario.
“Non
sei stata invitata!”
Con una corsa
fulminea, Elena scese le scale e si ritrovò fuori.
Sentì l’aria fluire nuovamente nel suo corpo, ma
il sole ormai alto iniziò violentemente a bruciarle la
pelle. Lanciò un altro urlo, mentre, con la coda degli
occhi, notava un cono d’ombra
all’estremità del portico. Vi si
rifugiò appiattendosi contro il muro, ed una volta al riparo
iniziò lentamente a sentir guarire le proprie ferite.
Si
voltò e notò Damon accanto a lei che le porgeva
il suo nuovo anello.
“Stai
forse cercando questo?”
Elena prese
l’anello e se lo infilò al dito indice, provando
immediato sollievo contro l’aggressione del sole.
“Grazie” – rispose cercando ancora di
riprendere fiato.
“Cos’è
successo?” Anche Stefan e Jeremy erano accorsi sul portico.
Damon si
voltò in direzione dei due. “Diciamo che la nostra
ragazza qua ha avuto un benvenuto nel mondo vampiresco decisamente
vivace.”
Elena percorse per
l’ennesima volta l’intera lunghezza
dell’enorme sala Salvatore. Ciò che aveva provato
durante la transizione era niente in confronto
all’irrequietezza che sentiva crescerle dentro. Si costrinse
a fermarsi ed appoggiò le mani sulla mensola superiore
dell’ampio camino. Intimò a se stessa di inspirare
lentamente, ma dopo pochi secondi si ritrovò di nuovo ad
attraversare la stanza. Quando diamine ci voleva a Stefan per andare a
prendere quelle benedette sacche di sangue?
Sbuffò
spazientita e si diresse verso il carrello dei liquori con la personale
riserva di Damon in bella vista. Aveva sentito gli altri elogiare
più volte l’effetto calmante dell’alcool
sui vampiri. Tanto valeva provare. Aprì una bottiglia a caso
e ne riempi metà bicchiere, che mandò
giù in un colpo senza esitazione. Non si era mai resa conto
che il bourbon potesse essere così caldo e piacevole.
Era stata una
decisione ragionevolmente condivisa quella di farla alloggiare, almeno
per il momento, insieme ai Salvatore. Non che avesse molta scelta. Da
quando aveva completato la trasformazione, era diventato insopportabile
per lei condividere la stessa casa con Jeremy. Anche a distanza poteva
sentire il suo sangue scorrere nelle vene, il ritmico pulsare della sua
carotide. Elena avrebbe giurato di poterne addirittura sentire
l’odore.
Le cose non
erano migliorate quando Matt era passato a trovarla e,
d’istinto, l’aveva abbracciata senza pensare alle
conseguenze di quel gesto. Fortunatamente, Damon aveva avuto la
prontezza di staccarla da quell’abbraccio appena un secondo
prima che Elena gli affondasse le zanne inesperte nella gola. Gli
sguardi impauriti di Jeremy e Matt erano stati tutto ciò di
aveva bisogno per convincersi ad impacchettare alcune delle sue cose e
trasferirsi seduta stante.
“Sai,
abbiamo una resistenza superiore ma ciò non vuole dire che
non possiamo ubriacarci.”
Stefan le venne
incontro con un leggero sorriso proprio mentre Elena finiva di riempire
e scolarsi d’un fiato un secondo bicchiere.
“Stavo
solo testando gli effetti della mia nuova condizione”
– rispose Elena.
“E
come sta andando?” – le domandò Stefan,
mentre apriva le sacche che aveva appena portato per versarle dentro ai
bicchieri.
“Oh,
non saprei in realtà”. Elena fece
un’alzata di spalle, prima di voltarsi verso di lui.
“E’ tutto così …”
– sospirò, mentre Stefan le porgeva il bicchiere -
“ … confuso.”
Prese un sorso
di sangue e si sentì un po’ meglio.
“Continuo a vedere le facce di Jeremy e Matt … il
modo in cui mi guardavano … erano spaventati da
me.”
Stefan le si
avvicinò, cercando di rassicurarla. “E’
normale che la cosa ti sconvolga …”
Elena scosse la
testa. “C’è questa parte di me che si
sente terribilmente male al solo pensiero. Però
…” – esitò, perché
non sapeva bene come formulare quella frase. “... non voglio
capito? Perché mi sento anche così euforica,
così piena di energia …” - lo sguardo
le si accese di un’insolita scintilla -
“… e non voglio che niente lo rovini.”
Finì la frase e la sua espressione si incupì di
nuovo.
Stefan
cercò di mascherare il proprio sguardo preoccupato. Aveva
notato lo strano modo in cui le erano brillati gli occhi e ne era
rimasto spiazzato. Aveva sempre immaginato che la grande
capacità di Elena di provare compassione per le emozioni
degli altri sarebbe stato ciò che, una volta trasformata, le
avrebbe consentito di tenersi aggrappata alla propria
umanità. Per la prima volta, capì che invece
avrebbe potuto essere la sua peggiore maledizione. Si stupì
di non averlo realizzato prima, visto che lui stesso aveva subito la
stessa condanna. Tutte le scie di sangue che si era lasciato dietro nel
corso degli anni … nient’altro che un
disfunzionale tentativo di affogare emozioni impossibili da sostenere.
Tentò
un sorriso. “E’ normale, Elena.” Le prese
la mano e la invitò a sedersi accanto a lui. “Le
tue emozioni …”
Elena
ritirò le mano nervosamente. “Sì, lo
so, le mie emozioni sono amplificate. Lo so.” Prese il
bicchiere e ne finì il contenuto in solo sorso.
“Ed è … insopportabile.”
Stefan si
irrigidì a quella reazione, ma proseguì cercando
di mantenere un tono controllato - “Ci vorrà del
tempo prima che tu sia in grado di … conviverci
pacificamente”.
Al pensiero,
Elena ridacchiò amaramente. Ci vorrà del tempo.
D’improvviso
si sentì terribilmente in colpa per il modo in cui lo aveva
trattato. Si sedette sul divano accanto a lui ed iniziò, in
tono più dolce. “Stefan … sai prima
dell’incidente, io … stavo per chiamarti, per
dirti …”. Le parole sembravano uscirle con
difficoltà. Il ricordo di quei momenti ancora le bloccava il
respiro.
“Lo
so. Damon me lo ha detto” – Stefan fissò
lo sguardo su di lei in cerca della sua reazione.
Oh,
Damon. Elena accennò un
sorriso leggermente imbarazzato, ma fu felice che non ci fosse bisogno
di aggiungere altro.
“Ehi”.
Stefan le accarezzò la guancia ed Elena provò un
certo piacere a quel contatto così familiare ed accogliente.
Allungò la propria mano e prese quella di Stefan
portandosela in grembo. Sospirò e si preparò ad
affrontare un discorso che sapeva essere inevitabile.
“Sai,
durante il ballo, quando ho cercato di essere onesta con te riguardo a
Damon e tu … beh, mi hai detto che sarebbe arrivato il
momento per quello quando noi due ci fossimo ritrovati
…”.
Stefan
abbassò lo sguardo sulle loro mani ed annuì.
“Ci
siamo baciati, Stefan” – disse Elena d’un
fiato.
“Questo
lo so.”
“A
Denver, intendo.”
Stefan
alzò nuovamente lo sguardo verso di lei. “Lo
immaginavo.”
Elena rimase un
attimo in silenzio, indecisa se proseguire. Voleva essere sincera con
Stefan, davvero, perché lui si meritava la sua
onestà. Al tempo stesso, però, era infastidita
dall’idea di condividere quel ricordo, quello che aveva
provato, con lui. Era un momento privato, tra lei e Damon, e sentiva il
bisogno di mantenerlo tale.
“Ehi,
guardami.” Stefan le accarezzò con delicatezza una
guancia e la costrinse a voltarsi nuovamente verso di lui.
“Va bene, ok? Quel che è stato è
stato.”
Elena
provò un moto di sollievo, grata che lasciasse cadere il
discorso.
“Ascoltami.”
Le prese il volto tra le mani. “Ce la faremo, ok? Ne abbiamo
superate molte, supereremo anche questa”. Il suo volto era
così rassicurante che per un attimo Elena pensò
quasi di crederci davvero. Lo abbracciò, in modo da
sottrarsi al suo sguardo ed evitare che scorgesse quel pensiero nei
suoi occhi.
“Ti
amo, Elena” – mormorò Stefan
accarezzandole i capelli.
Sdraiato sul letto, Damon chiuse il libro di scattò. Mai in vita sua aveva maledetto così tanto il proprio super udito.