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Autore: MaricaWrites    05/06/2012    2 recensioni
"Dormiremo quando saremo morti" è la storia di Victoria, cacciatrice statunitense che si ritrova coinvolta nelle vicende dei fratelli Winchester. Nel corso della storia, la ragazza dovrà affrontare i fantasmi del suo passato, ma soprattutto, dovrà lottare per tenere a freno le emozioni, come il suo lavoro le impone.
[STORIA TEMPORANEAMENTE SOSPESA]
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dean Winchester, Nuovo personaggio, Sam Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Capitolo X

 

-Lasciate ogne speranza voi ch'entrate-

 


 

Guardai per l’ennesima volta il display del cellulare: vuoto. Ma cosa mi aspettavo? Che Dean Winchester preso dal rimorso mi telefonasse implorandomi di tornare da lui? Mi sembravo una di quelle stupide ragazzette dei telefilm che sognano ad occhi aperti. Forse avevo bisogno di esserlo: in fondo, non lo ero mai stata.

Per la prima volta da giorni, sentii la mancanza di Castiel, e mi giudicai egoista da sola, pensando a quanto mi avevano infastidito le sue apparizioni mentre cacciavo con Dean, e quanto invece adesso che ero nuovamente sola, mi sarebbe piaciuto vederlo.

Probabilmente erano i pensieri sulle ragazzine, a farmi pensare a lui, perché quando ero io una ragazzina, non avevo altro che lui: l’angelo custode ingenuo e un po’ tonto, ma che avrebbe dato la vita per salvare la mia.

Scacciai l’idea di chiamarlo, parcheggiando davanti ad un bar e scendendo, per proseguire a piedi. Stavo ignorando i casi che trovavo sul giornale da più di una settimana, e non era decisamente da me. Ma avevo troppi pensieri per la testa per pensare anche che stavo impazzendo: Dean, Castiel, Sam, gli angeli di Raffaele.

I falsi allarme stavano diventando sempre più frequenti, tanto che ormai ignoravo il sangue dal naso, limitando a premermi un fazzoletto sul volto e continuare a guidare verso non so dove.

La cittadina che avevo trovato mi piaceva parecchio. Svoltai in una stradina alberata e deserta solo per il gusto di camminare e respirare aria che non fosse quella puzzolente di alcool della nuova macchina che avevo rubato.

Forse dovevo chiamarlo io, Dean, chiedergli come stava, se aveva risolto il caso, e scusarmi per essere stata così ingenua. Forse stava ridendo di me, per l’aver creduto che ci fosse qualcosa di serio tra di noi. O forse no, forse era semplicemente uno stronzo. Si, era così. Ricordavo bene come mi guardava, e ciò che mi aveva fatto capire. Non mi ero immaginata tutto.

Forse dovevo chiamare Sam, invece. Da quando ci eravamo divisi non l’avevo più sentito, e nonostante Becky mi avesse dato prova di avere la situazione sotto controllo, non riuscivo ancora a fidarmi pienamente di lei. Temevo si scordasse di avvertirmi che Sam stava morendo, troppo occupata a guardare i cartoni animati.

E forse infine non dovevo fare altro che chiamare Castiel. Mi sarebbe bastato pregarlo, per vederlo comparire al mio fianco, con la solita aria stralunata. Avrei dovuto forse cercare di capire perché si stava comportando in quel modo assurdo. Ma nel mio inconscio era proprio quello il motivo per cui non lo chiamavo: sapevo che c’era qualcosa di serio dietro, e non avevo la minima voglia di affrontare altri problemi.

La delusione per Dean mi aveva stroncato più di quanto avessero fatto anni di caccia ai mostri.

Improvvisamente, mentre percorrevo quell’adorabile stradina alberata, mi resi conto che gli alberi si erano fatti molto più fitti, e la strada si era pian piano trasformata in un sentiero appena accennato di aghi di pino calpestati.

Feci ancora qualche passo, trovandomi definitivamente al centro di un bosco che non avevo notato dalla statale da cui ero arrivata. Cercai di tornare sui miei passi, ma non ritrovai il sentiero, come se mentre ero girata qualcuno l’avesse cancellato. Capii immediatamente che qualcosa non quadrava.

Estrassi la pistola in un modo eccessivamente rapido per una semplice umana, e la puntai al vuoto. Mi voltai su me stessa numerose volte, ma non succedeva niente.

Avvertii degli spostamenti, dei passi, leggeri e furtivi, come quelli degli animali.

-Vieni fuori!- urlai, ma nessuno mi diede ascolto.

La mia testa prese a pensare furiosamente, senza trovare alcuna soluzione. Forse era Raffaele, forse no, non lo sapevo.

Poi, qualcosa mi balenò in testa: il sentiero svanito così in fretta, quel luogo che avevo completamente ignorato al mio arrivo, ma così reale… gli alberi dall’aspetto tutt’altro che cittadino.

-Gabriele!- urlai. Era impossibile, me ne rendevo conto, ma in certi casi la speranza prevale su tutto –Gabriele!-

Un ringhio mi fece voltare: un animale venne fuori da dietro un grosso albero, e rimasi immobile più per lo stupore che per la paura: era un leone, enorme, con le zanne in vista.

-Ma che…- indietreggiai, quando al suo fianco comparve un grosso lupo, dall’aspetto altrettanto aggressivo.

Valutai velocemente le mie possibilità: scappare o affrontare gli animali.

Decisi che scappare era la cosa migliore, quando comparve un terzo animale: una lonza.

Stavo per prendere a correre seduta stante, quando scoppiai a ridere.

-Oh… veramente divertente. Gabriele!- sbraitai –Gabriele!-

Ma non apparve nessun arcangelo salvatore, anzi, le bestie iniziarono ad avanzare verso di me.

-Ok, Gabriele, ho capito, puoi farti vedere ora-

Come risposta ottenni solo un ruggito potente del leone, e decisi che era il caso di correre.

Non scappavo così da non so quanto tempo, e nonostante la paura dei tre animali alle mie spalle, avvertivo una sensazione di libertà che non sentivo da tempo. In un certo senso era come se sapessi che Gabriele sarebbe comparso da un momento all’altro a ridere della sua messa in scena, ma non successe.

Proprio quando mi resi conto che la lonza mi aveva quasi raggiunto, notai un’alta collina che secondo i miei miseri studi, doveva essere il purgatorio.

Mi ero dimenticata quanto Gabriele fosse teatrale e dove la sua fantasia potesse portare, ma adesso stava un po’ esagerando. Mi voltai a sparare alla lonza, e il fatto che non la scalfii minimamente mi confermò che non era reale.

A questo punto Dante incontrava Virgilio, no? Dov’era il mio Virgilio? Desideravo con tutto il cuore fosse Castiel. Ma a quanto pare, non c’era nessun Virgilio pianificato per me. Aumentai la velocità, ormai col fiatone, e stavo per iniziare ad arrampicarmi su per la collina, quando mi mancò la terra sotto i piedi.

 

Quando ripresi conoscenza ero sicuramente in un letto d’ospedale: riconoscevo l’odore di disinfettante e i rumori meccanici dei macchinari. Qualcuno mi teneva la mano. Castiel non era il tipo da tenermi la mano, e per un secondo, solo per un secondo, credetti fosse Dean, ma mi dovetti ricredere.

Aprii lentamente gli occhi, accecata dalla luce improvvisa, e trovai gli occhi azzurri di Sam a sorridermi.

-Ehi-

-Ehi- dissi con la gola secca.

Mi passò un bicchiere d’acqua e bevetti, guardandomi nervosamente in giro.

-Cos’è successo?- chiesi.

Sam si guardò in giro a sua volta, prima di alzarsi a chiudere la porta.

-Sei caduta in un dirupo-

-In un dirupo?!- sbottai –non c’erano dirupi dov’ero-

-A quanto pare c’erano. Ancora non capisco come tu faccia ad essere viva, ma diciamo che è il problema minore ora-

Abbassai lo sguardo:-Chi ti ha detto che ero qui?-

-Becky- rise –non chiedermi come facesse a saperlo, ma ha insistito perché controllassi-

-Dovrò ringraziarla, allora-

-Meglio di no, meno ci parli, meglio è-

Ridemmo entrambi, e mi resi conto che mi facevano male le costole.

-Quanto sono messa male?- chiesi, giusto per curiosità.

-Un paio di costole rotte, e la gamba. Ah… il polso slogato-

-Fantastico- dissi ironica, e Sam fece un mezzo sorriso.

Cadde il silenzio, sapevo quale sarebbe stata la prossima domanda: “dov’è Dean?”. Ma non arrivò.

-Starai qua ancora un paio di giorni- disse invece lui –ma ho insistito per farti uscire il prima possibile. Castiel ti sistemerà in un lampo-

-Già… grazie-

-E di cosa?-

Il medico entrò in quel momento e mi visitò blaterando, mentre io continuavo a ripensare all’assurda allucinazione che avevo avuto. Dovevo parlarne con Castiel, subito.

Sam convinse non so come i medici a farmi uscire il giorno seguente, ma immagino che avesse contribuito il suo perenne sguardo da cucciolo.

-Piano- disse, mentre mi aiutava ad entrare nella camera d’albergo che aveva prenotato.

Da subito mi resi conto che c’era qualcosa che non andava: nel poco tempo ma intenso in cui ero stata coi due fratelli, mi ricordavo di Sam come quello ordinato e pulito. Ma la stanza aveva tutta l’aria di essere stata luogo di uno scontro fra titani.

Osservai un po’ infastidita i due letti separati, nella stessa stanza, e sembrò leggermi nel pensiero:-Ho pensato fosse meglio stare in camera insieme, per ora, intanto che ti riprendi-

-Certo- dissi, fingendomi indifferente a quell’informazione.

Mi aiutò a sedermi sul letto e mollai a terra la stampella.

-Castiel- disse subito lui, e l’angelo comparve immediatamente.

-Grazie a Dio- dissi sospirando –ti prego riaggiustami in fretta-

Castiel annuì leggermente, posandomi quasi distrattamente le dita sulla fronte. Mi sentii immediatamente meglio, e dopo essermi liberata del gesso decisi comunque di mettermi a letto: mi sentivo stanca ugualmente.

Castiel si sedette rigidamente sul letto di Sam, senza smettere di guardarmi, mentre il piccolo Winchester metteva in ordine alcune carte posate su un tavolino lì affianco.

La felicità del rivedere l’angelo, fu sopraffatta dal bisogno di raccontargli tutto, e non appena Sam si concentrò su un documento gli dissi col labiale:-Dobbiamo parlare-

-Già- disse lui ad alta voce.

Sam si voltò di scatto:-Già cosa?-

Castiel lo guardò confuso e io sorrisi leggermente:-Dicevamo, è già ora di cena-

-Castiel ma tu non mangi- gli fece notare Sam sorridendo –comunque si, adesso vado da qualche parte a ordinare qualcosa. Vic, cosa vuoi?-

Ci pensai, avevo molta fame, ma allo stesso tempo le mie mascelle mi imploravano di non masticare.

-Qualche tramezzino col burro di arachidi- dissi alla fine –e dell’acqua-

-Bene- sorrise lui –ci metto poco. Castiel, rimani con lei per favore-

L’angelo non rispose, e Sam lo prese come un “si”.

Non appena la porta della stanza si chiuse, mi misi a sedere più dritta:-Era Gabriele, ne sono sicura-

Castiel prese a camminare avanti e indietro:-Hai visto Gabriele?-

-No. Ma era lui. L’allucinazione… la foresta, gli animali, tutto… solo lui può averlo fatto-

-Vuoi dire che sei caduta da un dirupo a causa di un’allucinazione?-

-Ma certo, per cos’altro sennò? Ti risulta che io abbia mai frequentato corsi di bungee jumping?-

-Si mangia?- chiese corrucciato.

-Lascia perdere- sospirai.

-Perché credi di aver avuto un’allucinazione? Non puoi semplicemente essere scivolata, o caduta?-

-Ero in una selva oscura, Castiel. Ed ero inseguita da un leone, un lupo e una lonza. Non ti ricorda nulla?-

-Dante- disse fermo –quella che voi chiamate “Divina Commedia”. Ma non è divina, in Paradiso ne recitiamo i versi come barzellette- rise tra sé e sé.

-Molto divertente. Comunque, era per forza lui-

-Sei sicura fosse un’allucinazione?-

-Che cos’altro poteva essere? Non era lui che si divertiva a fare il trickster?-   

-Già…- sospirò –ma Gabriele è morto-

-Lo so anch’io ma… me l’hai detto anche tu: il Signore ti ha riportato indietro molte volte, magari…-

-No- disse secco –ne dubito. Comunque, se sei sicura che ci fosse il suo zampino, farò qualche ricerca-

-Castiel- gli presi un polso quando passò per l’ennesima volta accanto al mio letto –se lui tornasse e… uccidesse Raffaele…-

-Non è facile come pensi-

-Lo so… ma forse, col nostro aiuto…-

-Non ci sperare troppo- iniziò a sembrarmi infastidito.

-Castiel perché sei così pessimista? Eri tu il primo ad avere fiducia in lui-

-Le cose sono cambiate, Victoria-

-Stai dicendo che è un traditore?-

-Certo che no. E’ morto per noi-

-E allora!-

-Victoria. Basta. La discussione finisce qui-

Aprii la bocca per replicare, ma scomparve nel nulla.

-Figlio di puttana- imprecai sottovoce, prima di maledirmi mentalmente per essere stata contagiata da quel rude detto di Dean.

Rimasi a fissare la parete davanti a me ancora per pochi minuti, prima che Sam tornasse col mio cibo e sola altra acqua per lui.

Avvicinò una sedia al mio letto, e mangiammo insieme. Chiacchieravamo di cose sciocche e inutili, ma ogni volta che apriva bocca, temevo mi chiedesse di Dean, così, decisi di prendere io l’argomento.

-Hai sentito Dean?- abbassai lo sguardo sull’ultimo pezzo di tramezzino che mi era rimasto.

-Dean?- fece lui fingendosi sorpreso –No, no. Credevo fosse con te-

-Oh, si, lo era. Poi… ci siamo divisi-

-Lo so- si schiarì la voce –cioè… lo immaginavo-

Lo guardai sospettosa per un po’, prima che cedesse da solo.

-Mi ha chiamato qualche giorno fa. Mi ha raccontato quello che è successo-

-Ah- dissi semplicemente, finendo di mangiare e posando il piatto sul comodino, prima di prendere la bottiglietta d’acqua.

-Se non ti va di parlarne…- iniziò Sam.

-Non c’è niente da dire- feci spallucce.

-Bene- sorrise leggermente.

-Stai seguendo qualche caso?- chiesi per cambiare discorso.

-Non esattamente. Forse un traffico di oggetti maledetti qui vicino. Più che altro strani fenomeni atmosferici… fulmini a ciel sereno… cose così-

-Davvero?- domandai sinceramente curiosa.

-Si- mi mostrò uno schema meteorologico –sto controllando per sicurezza, ricordo ci furono molti di questi episodi qualche anno fa, quando gli arcangeli si stavano radunando per l’apocalisse-

Deglutii e distolsi lo sguardo.

-Comunque- aggiunse poi –riposati, devi essere molto stanca-

-Certo- mormorai sistemandomi nelle coperte.

Rimasi a guardarlo mentre si sedeva al tavolo dandomi le spalle e si metteva a fare ricerche, finchè non crollai.

Mi risvegliai qualche ora dopo, quando la notte era già calata e anche Sam si era addormentato con la testa fra i testi antichi. Solo in un secondo momento notai Castiel seduto sul mio letto.

-Ciao- mormorai.

Fece un mezzo sorriso, e per lui era già tanto.

-Mi dispiace di averti trattato male… nell’ultimo periodo, ma ci sono alcuni tuoi comportamenti che veramente non comprendo-

Rimase in silenzio, portando anche la gambe sul letto per essere seduto come me. Mi feci un po’ più in là, e ci sistemammo entrambi meglio.

-E’ normale- disse poi –prima ti prego di abbandonare i Winchester per non metterli in pericolo, poi ti porto da loro con una trappola, permetto che ti torturino… sono stato… strano- parlava con un filo di voce per non svegliare Sam, ma coglievo ogni singola sfumatura della sua voce e delle sue parole.

-Lo sei stato- concordai –non vuoi spiegarmi?-

-Voglio, ma non posso-

Fissammo entrambi la parete per un po’, prima che senza alcun preavviso mi passasse un braccio attorno alle spalle, stringendomi a sé e con l’altra mano mi spostasse una ciocca di capelli dietro l’orecchio.

Rimasi a guardarlo quasi tramortita, perdendomi nei suoi occhi blu.

-Le cose non stanno andando bene, Victoria. Sto facendo tutto quello che è in mio potere per proteggere te, Sam e Dean. Non voglio perderti ora che ti ho ritrovata. Ma è veramente difficile. Ogni volta che penso di aver trovato una soluzione a quello che ti aspetta, si presenta un altro problema-

-A quello che mi aspetta?- chiesi confusa –Stai parlando del libro?-

-Sto parlando del libro. Sembra essere scomparso nel nulla, ma alcuni angelo ne hanno strappato delle pagine qua e là. Se ciò che ho letto è vero, Victoria, sarò sincero: non c’è nulla che io possa fare per te. Ma tenterò, te lo giuro, cercherò di salvarti a costo della vita-

-Di salvarmi?- iniziavo ad agitarmi –Castiel per favore, parla chiaro-

-Stai vicina a Sam, ok? E’ una bella persona con tanti, tanti problemi, e non ti preoccupare per Dean, per adesso, se la caverà ancora per un po’ da solo-

-Perché tutto questo mi suona come un addio?-

Fece di nuovo quel mezzo sorriso:-Perché lo è. Non è più sicuro starti vicino, attiro troppe cose su di te-

-No. Castiel- sentivo che mi stava prendendo il panico, e avevo alzato la voce.

Sam mugugnò nel sonno, e dopo averlo pugnalato alle spalle con un’occhiata, ripresi il controllo di me stessa.

-Non te ne puoi andare- lo implorai –non ora. Ho bisogno di te-

Castiel fissò il vuoto alle mie spalle per un po’, prima di accarezzarmi il viso:-Ti ricordi la notte in cui… hai inscenato la tua morte?-

-Come se fosse ieri-

-Poco prima che arrivasse Raffaele… ci siamo baciati-

-Già- sorrisi, senza riuscire a distogliere lo sguardo dai suoi occhi blu.

-E’ stata la cosa più bella che io abbia mai provato-

Iniziavo a sentire le lacrime bruciarmi gli occhi e il nodo stringermi la gola.

-Castiel, ti prego. Non è la soluzione-

-Ti sarò sempre vicino- mi assicurò, tornando al suo tono piatto –ricordalo-

Mi limitai ad annuire, e a trattenere le lacrime, sapendo che non c’era modo di tenerlo con me.

Mi strinsi a lui più che potevo, mentre mi premeva le labbra sulla fronte, e quando aprii di nuovo la bocca per tentare di convincerlo a restare, era già sparito.

  
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