5.
Loneliness
Seduta sul banco, Elena posò la penna e
si lasciò sfuggire uno sbuffo. Si
annoiava mortalmente.
In sottofondo, la nuova insegnante di storia
continuava a parlare con la
sua vocetta sottile. Come un piccolo, insulso roditore. Niente a che
vedere con
un certo cacciatore di vampiri alcolizzato che nascondeva un intero
arsenale per
stermini di massa nel proprio armadietto.
Si voltò distrattamente verso la
finestra ed incrociò lo sguardo di Stefan.
Le stava addosso come un cane da guardia. Beh, tutti
le stavano addosso come cani da guardia. Così spaventati che
potesse perdere il controllo …
“Signorina Gilbert, se rispondermi le
crea troppi problemi, magari
preferirà farlo direttamente nell’ufficio del
preside.”
Elena si voltò a guardare
quell’essere insignificante.
“Signorina Gilbert, mi sente?”
- ripeté con voce più adirata.
Elena notò la vena sul suo collo
palpitare ed ingrandirsi ad ogni battito
del suo cuore.
“Signorina Gilb…”
Elena si gettò sulla sua carotide e
subito sentì la fragile pelle del collo
dissolversi sotto ai suoi denti, mentre il sangue iniziava a scorrere,
scivolandole dolcemente in gola …
***
Elena aprì gli occhi di scatto. Diavolo,
questo era stato vivido. Si chiese
se era davvero quello che si provava ad affondare i denti nella carne
di
qualcuno … Si portò una mano al volto per
scostarsi i capelli dagli occhi e per
scacciare quei pensieri.
La sveglia sul comodino segnava le 3.47.
Elena si voltò lentamente verso Stefan e
notò che era ancora addormentato. Meglio
così, si disse. Aveva bisogno di
sangue, e ne aveva bisogno subito. Con cautela, scostò le
coperte e scivolò
fuori dal letto. Attenta a non compiere il minimo rumore,
uscì dalla stanza e
si diresse verso la cantina.
Negli ultimi giorni, i Salvatore avevano messo in
vigore (per me, non certo per loro,
sbuffò
mentalmente Elena) un rigido sistema di razionamento delle scorte.
Ma in quel momento non le importava. Nessuno capiva
quanto lei ne avesse
bisogno.
Ogni giorno di più, Elena si sentiva
soffocare. Ogni volta che era insieme
a Jeremy, non poteva fare a meno di sprofondare nella solitudine che
entrambi avevano
in comune. Ogni volta insieme a Stefan, continuava a scorgere nei suoi
occhi il
peso del suo senso di colpa per non averla salvata, ed era come se
dovesse
condividerlo con lui. Ogni volta che era nella stessa stanza con Damon
… dio, non voleva
neanche iniziare a
pensare cosa provava quando era vicino a Damon.
Il sangue, quella era l’unica cosa che la
aiutasse a sopportare quel peso.
Aprì il frigorifero e la stanza si
illuminò di una luce bluastra.
B positivo, decise. Iniziò a succhiarne il
contenuto, ed anche se era freddo ne provò
un sollievo immediato. Valutò l’idea di aprirne un
secondo, ma si rese conto
che non avrebbe dovuto restare troppo fuori dal letto se non voleva che
Stefan
notasse la sua assenza.
Silenziosamente, si diresse al piano di sopra. A
metà strada, avvertì delle
voci ed una luce tremolante provenire dalla sala. Quando fu in
prossimità, si
appiattì contro il muro, trattenne il respiro per paura che
ogni minimo rumore
potesse tradirla, ed iniziò a sbirciare.
“E quindi nessun indizio?”
– Meredith alzò lo sguardo, mentre Damon le
porgeva un altro bicchiere.
“Nessuno.” – Damon
scosse la testa. Si sedette accanto a lei sul tappeto
(un nuovo tappeto persiano che gli era costato un occhio della testa)
ed
appoggiò la testa all’indietro sul divano, prima
di posare la nuova bottiglia
al suo fianco.
“La mia idea?” –
proseguì – “Che quel bastardo abbia
trovato una strega
abbastanza psicopatica da assecondarlo ed abbiano messo su qualche
…” – Damon
agitò le mani – “… strano
mojo per proiettarsi nella nostra cantina. Chiunque
fosse, fortuna sua che non l’ho beccato. L’ultimo
stregone al soldo di Elijah
ad averci provato non è finito in un posto felice
… fidati.” Damon fece una
smorfia al ricordo di Martin Junior che prendeva fuoco sotto ai tiri
del suo
lanciafiamme.
Meredith finì il proprio bicchiere ed
allungò la mano per versarsene un
altro.
Damon la guardò impressionato.
“Sai, doc, avevo intuito le tue potenzialità,
ma non ti facevo una così gran bevitrice.”
“Diciamo solo che negli ultimi tempi
… ho avuto modo di allenarmi.”
Meredith fece una smorfia. “Nel caso non lo avessi notato, la
mia vita è uno
schifo” – aggiunse buttando giù un altro
sorso.
“Davvero?” – Damon le
rivolse un ghigno – “Quale parte?”
“Vediamo ... Oh, sì. Potrei
iniziare con il mio ex ragazzo improvvisamente
trasformato in un pazzo omicida. Sai, come quella volta che ha tentato
di
squartarmi, o come quando ha denunciato le mie pratiche mediche
facendomi
perdere il lavoro.” - Meredith accennò un sorriso
amaro.
Damon rise brevemente. “E’ del
mio migliore amico morto che stai parlando”
– le rispose alzando il bicchiere nella sua direzione.
Meredith sorrise e scosse la stessa.
“Ma, ehi! Chi sono io per dare
consigli?” – proseguì Damon alzando le
spalle – “Apparentemente sono condannato ad amare
donne che continuano a preferirmi
mio fratello … Donne per cui io non sono mai
abbastanza.” – finì la frase
osservando il fondo del bicchiere.
Forse era l’alcool. Anzi, sicuramente era
l’alcool. Ma sentiva un gran
bisogno di sfogare almeno un po’ della sua desolazione.
“Non dovresti essere così duro
con te stesso, Damon.” – Meredith
appoggiò
la testa all’indietro e si voltò verso di lui -
“Sei una brava persona, in
fondo. So quello che hai fatto per Ric.”
Damon rise. “Oh, Mer, no che non lo sono.
Non lo sono davvero.” Scosse la testa, prima di voltarsi a
guardarla. “Ma grazie
per averci provato.”
Meredith accennò un sorriso.
Damon le prese il viso tra le mani e si chinò ad appoggiare le labbra sulle sue. Esitò un attimo, ma la risposta urgente di Meredith sembrò ricordargli che in fondo condividevano la stessa solitudine. Allungando le braccia per attirarla più vicino, avvertì il suo calore umano come un dolce, momentaneo balsamo scorrere sul pensiero di Elena, dannatamente presente come una ferita troppo aperta.
“… e quindi le ho detto, duh! va bene,
come vuoi tu Rebekah, e alla fine abbiamo ridotto la scelta
del tema del
ballo scolastico tra “Sogno di una notte di mezza
estate” e “Mezzanotte a
Parigi”.”
Caroline fece una pausa e si allungò sul
tavolo. “Elena, mi stai
ascoltando?”
“Sì, certo,
Caroline.” – rispose Elena, gettando uno sguardo
oltre le
spalle dell’amica.
Meredith aveva appena raggiunto Damon al bancone
del Grill e lui le stava
porgendo un bicchiere con un mezzo sorriso. Provò ad
affinare l’udito e a
concentrarsi sulle loro parole. “…
ho
guardato nei vecchi diari dei Fell, ma non c’è
niente del genere, né lì né in
alcuna delle mie ricerche …”
“Elena, pensavo ti interessasse! Solo
l’altro giorno eri così eccitata
all’idea …” –
proseguì Caroline con una nota di delusione nella voce.
Caroline era tornata la solita Caroline. Non era
stata molto felice di
sapere che Klaus si era impossessato di Tyler, ma, parole sue,
è comunque un
certo miglioramento rispetto a morto, no?
“Cos’è successo alla
“nuova Elena” che dice sì
all’entusiasmo e no alla
depressione?” – la incalzò.
Elena alzò gli occhi. “Vallo a
dire ai Salvatore e al loro ridicolo sistema
di razionamento scorte.”
Caroline le rivolse uno sguardo preoccupato.
“Sei sicura di star bene,
Elena?”
“Sto alla grande, Care.”
“Lo sai …”
– Caroline proseguì – “Stefan
è un po’ in ansia per te, ma si
sta davvero impegnando molto. Dice che riesce meglio a controllarsi,
perché sa
che lo sta facendo anche per te, perché può darti
l’esempio …”
Meredith aveva appena appoggiato la mano su quella
di Damon.
“Scusa un attimo, Care.” Elena si alzò, e si diresse verso il bagno senza neanche guardarsi attorno.
Appoggiò le mani al lavandino e prese
fiato con un
profondo sospiro.
“Elena, ciao”.
Elena alzò lo sguardo verso Meredith che
entrava nel bagno rivolgendole un
sorriso.
Si costrinse a sorridere di rimando.
Meredith esitò un attimo. “So
che non abbiamo avuto molte occasioni per
parlare ultimamente …
con tutto quello
che sta succedendo.” – fece una pausa e
proseguì con un sincero abbattimento
nella voce – “Volevo solo dirti che …
non sai quanto sono dispiaciuta per
quello che ti ho fatto.” Scosse la testa. “Non
dirti del sangue di vampiro è
stato terribilmente sbagliato da parte mia.”
“E’ tutto a posto, Meredith,
davvero.” – rispose Elena volgendosi verso la
propria immagine nello specchio – “Non ti
do la colpa.”
Meredith le sorrise leggermente rincuorata.
Elena la osservò aprire la borsa e
cercare qualcosa al suo interno. In un
attimo, vide il flashback di lei e Damon stretti contro il divano, le
sue mani
tra i capelli …
Prima di rendersene conto, Elena le afferrò la testa e la spinse all’indietro, affondando i denti nel suo collo esposto.
Fu come se tutto il suo mondo svanisse
all’istante. Ad ogni sorso, tutti i suoi problemi scivolavano
via, mentre la
sua mente si annebbiava, il suo intero corpo tremante di piacere. Era
più buono,
dolce e caldo di qualsiasi sacca di sangue, più di qualsiasi
cosa avesse mai
assaggiato in vita sua. Ad ogni secondo che passava, poteva sentire il
corpo di
Meredith farsi più debole, fino a collassare tra le sue
braccia … ma Elena non
riusciva a fermarsi e, sinceramente, neanche lo voleva.
Con violenza, si sentì strappare via da
quella dolce sensazione, mentre le
braccia di Stefan la incollavano al muro e Damon si precipitava sul
corpo
inerte di Meredith.
Elena guardò la scena atterrita, mentre
del sangue fresco continuava a
colarle dagli angoli della bocca. Era incapace di respirare, e sapeva
che
sarebbe crollata a terra se Stefan non l’avesse tenuta
così saldamente.
Damon si morse il polso e lo avvicinò
alle labbra di Meredith, che rimase
immobile.
“Oh, andiamo” – lo
sentì mormorare tra i denti.
Ti prego, fa che non
sia morta, fu tutto
ciò a cui Elena riuscì a pensare.
Meredith ebbe un leggero sussulto e, lentamente,
iniziò a bere dal polso di
Damon, che le sostenne la testa per facilitarle il compito.
“Brava ragazza.”
Stefan allentò un secondo la presa per il sollievo. Elena approfittò di quel momento per liberarsene con uno strappo secco, e corse via, più veloce che poteva, dileguandosi nella notte.