Dedicata a
Glass Heart per aver postato la bella immagine
che trovate in fondo alla fanfiction.
DEFINIZIONI
John poteva
ben definirsi un uomo accomodante. Diamine,
avrebbero potuto mettere una sua foto di fianco alla parola
"tolleranza"
sull'Oxford Dictionary.
Tuttavia in quel momento, mentre sedeva rannicchiato sul
divano dopo un tuffo fuori programma nel Tamigi durante l'inseguimento
di un
sospettato, "tollerante" era quanto di più lontano potesse
esserci
dal suo stato d'animo.
"Furibondo" e "molto vicino a perdere le
staffe" erano termini più accurati.
Non per l'incidente in sé, quelli sono gli incerti del
mestiere quando si è il blogger dell'unico consulente
investigativo al mondo. A
mandarlo in bestia era stata la reazione di Sherlock, seccato oltre
ogni dire
perché l'inseguito era riuscito a guadagnare la riva
più velocemente di John e
a dileguarsi. Non una parola sul fatto che lui fosse caduto nelle acque
gelide
e decisamente sporche del fiume a ottobre inoltrato.
Non un "John, tutto a posto?" Gli sarebbe bastato
quello.
No. Quello sconsiderato, egocentrico e capriccioso del suo
compagno continuava a sproloquiare ("Due settimane di appostamenti
buttati
al vento, ora sarà molto più prudente e
chissà quando lo staneremo di nuovo,
non voglio neanche pensare a cosa potrebbe fare nel frattempo, come hai
fatto a
lasciartelo scappare così" e via discorrendo) del
tutto incurante
della rabbia evidente che stava montando dentro John.
"Io sto bene, grazie tante!" aveva sbottato
quest'ultimo a denti stretti.
L'altro aveva avuto l'ardire di alzare gli occhi al cielo
"Non fare il melodrammatico, ho visto la scena e sei solo caduto in
acqua dopo aver inciampato, niente di tragico."
John aveva dovuto ricorrere a tutto il suo autocontrollo
per evitare di mettergli le mani addosso (o più
probabilmente era stato il
ricordo di quanto fossero duri i suoi zigomi) e aveva optato per una
aggressione verbale "Sai una cosa, Sherlock? Tu hai proprio ragione:
sono
un idiota. Sono un vero idiota ad aspettarmi da te un minimo di
empatia. -
aveva scrollato la testa rassegnato - E non so proprio chi me lo fa
fare a
correre tanti rischi per te."
Poi lo aveva superato senza guardarlo, aveva preso un taxi
ed era tornato a casa, nella speranza di essere in tempo per evitare di
prendersi una polmonite. Speranza vana, temeva, a giudicare dai brividi
che lo
percorrevano nonostante la pesante coperta in cui si era avvolto.
Era stufo marcio di sentirsi dare per scontato ed essere
trattato come un cane da riporto; questa volta non lo avrebbe perdonato
facilmente. Deciso: non gli avrebbe rivolto la parola per una
settimana. Annuì
convinto.
Sentì i passi di Sherlock sulle scale, ma non si
voltò a guardarlo, fissando
cocciuto la televisione dove andava in onda una ributtante
pubblicità di
pannolini. Fa niente.
Con la coda dell'occhio lo vide sostare esitante di fianco
al divano, ma continuò ad ignorarlo. "Niente
conversazioni, niente
baci, niente sesso." ripeté a se stesso.
Una parte specifica di lui protestò vivacemente a
quell'idea, ma John la mise a tacere: non poteva sempre dargliela
vinta. Anzi,
si concesse pure uno sbuffo esasperato dalle narici, quando vide che
Sherlock
non accennava a volersi muovere da lì.
Finalmente la figura allampanata sparì dalla sua visione
periferica, ma la pace durò poco: il tempo di cambiarsi e
Sherlock era di nuovo
in soggiorno, questa volta davanti a lui, le mani intrecciate
nervosamente
davanti a sé, a coprire lo schermo
dove due tizi a caso parlavano
di chissà cosa.
"Ignora questo
bambino capriccioso." si impose
John. Allungò il collo verso destra nel tentativo di
riguadagnare la visione dello schermo della tv.
Sherlock si mosse nella stessa direzione e allora John alzò
lo sguardo per
abbaiargli di togliersi da davanti e lasciargli guardare la televisione
in santa
pace. L'attimo successivo si accorse del clamoroso errore in cui era
incorso,
perché incrociò gli occhi del compagno, che
potevano essere solo
definiti "tristi."
"Resisti,
dannazione! Non farti commuovere."
cercò di imporre a se stesso, ma
poi lo sguardo scivolò sulla bocca di Sherlock, stretta in
una linea bianca e
dispiaciuta e John si disse che era un peccato mortale lasciare che
tormentasse
a quel modo le sue labbra perfette.
Poteva John permettere un tale delitto?
E poi aveva un'aria così mortificata...
Seppe di aver ceduto ancor prima di sospirare pesantemente,
allargare un braccio per fargli spazio e darsi mentalmente del
"colossale
idiota".
Sherlock si intrufolò veloce in quello spazio, temendo
forse che l'altro cambiasse idea, e si accoccolò vicino a
lui.
Restarono così per un tempo indefinito, a non guardare il
programma in onda.
"L'uomo che stavamo inseguendo non era armato - disse
Sherlock rompendo il silenzio - quindi non era pericoloso. Se
lo fosse
stato, sarei intervenuto. Non devi dubitare di questo, John. Mai."
Per qualsiasi altra persona sarebbe stato impossibile
decifrare quel messaggio criptico, ma dopo tutti gli anni trascorsi
insieme,
John non faticò a capire che nel linguaggio di Sherlock
significava
"scusa" e "sei importante per me."
Invece, l'espressione che più si
adattava a lui era "idiota tollerante". Ma, concluse John, mentre
appoggiava la testa sulla spalla ossuta di Sherlock, non era poi
così male.
FINE