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Autore: nightwind    07/06/2012    1 recensioni
Nealie Owens possiede dei poteri di cui non si spiega l'origine e di cui non ha mai fatto parola con nessuno. Ma il trasferimento a Jade City, città natale di suo padre, la farà scontrare di colpo con una nuova realtà in cui non è l'unica ad essere "particolare". Una realtà in cui delle persone nascondono segreti da secoli, una realtà in cui le leggende più folli possono diventare vere in un istante...
Storia sospesa per periodo indeterminato. E' probabile che non abbia mai una conclusione, mi scuso con i lettori.
Genere: Avventura, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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EPISODE 4

 

SOULESS

 

 

Con uno sbadiglio, Delsin attraversò il corridoio di casa sua e raggiunse la cucina. Passandoci davanti, sorrise come ogni mattina alla fotografia dei suoi genitori, abbracciati, appesa alla parete con tutti gli onori. Suo nonno teneva particolarmente ad avere una fotografia del figlio e della nuora in casa. Diceva che il loro spirito era certamente presente in quella casa, che vegliavano su di loro, ma voleva poterli salutare ogni giorno guardandoli negli occhi, e a Delsin piaceva quella tradizione.

«Buongiorno, nonno.» disse il ragazzo, entrando in cucina.

«Buongiorno.» rispose l'anziano, in piedi davanti ai fornelli spenti.

Delsin gli si avvicinò, notando che sul tavolo c'era solo la bottiglia di latte e nessuno dei soliti pancakes che suo nonno preparava ogni mattina.

«Va tutto bene?» gli chiese.

«Non c'è energia.» disse Waupee, alzando lo sguardo sul nipote.

Delsin allungò un dito e premette il bottone della lampada lì accanto. Non successe nulla.

«Hai ragione. Non c'è elettricità.»

«Non ho detto che non c'era elettricità, Delsin.» la voce di Waupee era pacata come sempre «Ho detto che non c'è energia.»

Delsin lo guardò.

«Che cosa intendi?» domandò.

Suo nonno lo fissò negli occhi e gli posò una mano sulla spalla.

«Sta succedendo qualcosa di strano.» disse «Devi stare all'erta.»

«Vuoi dire qualcosa per cui dovrei usare il mio potere?» esitò Delsin.

«Il tuo è un dono, ragazzo mio. Non sprecarlo.» Waupee sorrise «La strada che hai davanti è lunga.» sospirò e si voltò verso il tavolo della colazione «E per questa mattina dovremo accontentarci di latte e biscotti.»

Delsin annuì. Era abituato alle frasi sibilline del nonno, ma aveva l'impressione che da un paio di giorni, all'improvviso, Waupee fosse diventato molto più attento a quello che faceva, a quello che succedeva, e lui non ne aveva chiaro il perchè. Scrollò le spalle e lo raggiunse al tavolo. In fondo, latte e biscotti era una colazione accettabile.

 

*

 

Lea aprì gli occhi appena la sveglia posta sul comodino suonò. Stiracchiandosi, si mise seduta nel letto. Sentiva la stanchezza di essere andata a letto molto più tardi di quella che era la sua normale routine, e di doversi alzare presto per andare a scuola, ma scosse la testa. Poteva farcela, quella sera sarebbe andata a dormire almeno un paio d'ore prima del solito per compensare. Un miagolìo sommesso le risuonò all'orecchio e lei si voltò per accarezzare il gatto, che come sempre aveva dormito con lei.

«Buongiorno, Sebastian...» sbadigliò.

Allungò una mano e accese la lampada del comodino, che però non si accese affatto. Lea agrottò le sopracciglia e riprovò un paio di volte, ma senza risultato. Sospirò e si alzò, raggiungendo l'interruttore principale della camera, ma anche quello non funzionava.

«Perfetto...» mormorò.

Era completamente saltata la luce. Lisciandosi la camicia da notte bianca, Lea uscì dalla sua camera e raggiunse quella di Chris. Non lo aveva sentito rientrare, ma sapeva per esperienza che la mattina successiva ad una festa, per quanto scatenata potesse essere, suo fratello era sempre nel suo letto, a casa sua.

Aprì lentamente la porta e sorrise. Anche questa volta Chris non si era smentito, era probabilmente in coma profondo e le ci sarebbero voluti almeno cinque minuti per svegliarlo, ma quella massa informe sotto al piumone blu era lui.

«Chris, svegliati.» chiamò, avvicinandosi al letto.

Dal piumone si sentì solo un grugnito, così Lea posò una mano su quella che attraverso il piumone sembrava una spalla e lo scosse.

«Dai, in piedi! Dobbiamo andare a scuola!»

Un altro grugnito, e il piumone si mosse, scivolando via e rivelando un Austin Stuart a torso nudo e con l'aria stravolta. Lea non riuscì a trattenere un piccolo strillo di stupore e si coprì subito gli occhi con le mani, immaginando che non solo il petto di Austin fosse nudo. Si voltò di scatto, sentendosi le guance diventare incandescenti, e corse fuori dalla camera, finendo per scontrarsi con il fratello nel corridoio.

«Ehi, dove corri?» domandò Chris, che aveva indosso solo un asciugamano legato ai fianchi.

«C'è... C'è...» Lea respirò profondamente come le avevano insegnato a fare prima di entrare in scena «C'è Austin Stuart in camera tua.» disse.

«Credi che non lo sappia?» sorrise Chris «E poi, sii più precisa. Non è semplicemente in camera mia, è nel mio letto. C'è una bella differenza.»

«Ma... Ma... Non era...» Lea esitò.

«Etero?» completò il fratello «Solo in apparenza, a quanto pare.» le fece l'occhiolino «Saremo pronti fra cinque minuti, a meno che lui non abbia bisogno di un trattamento shock per svegliarsi. Potresti farci un caffè, per favore?»

«Non so come, visto che non c'è elettricità.» rispose Lea «Vado a vestirmi, magari intanto torna la luce.»

Tornò in camera sua e cominciò a vestirsi rapidamente come ogni mattina, infilando una delle sue classiche gonne e una camicietta. Non si vestiva mai diversamente, con quegli abiti era comoda, e non capiva tutte quelle ragazze che cambiavano vestiti ogni giorno, magari finendo per indossare cose molto poco consone ad una scuola.

Scese nell'ampia cucina della spaziosa villa provinciale che abitavano gli Anderson e riprovò ad accendere la luce senza successo. I suoi genitori, che erano usciti come ogni mattina alle cinque e mezza, dovevano aver avuto lo stesso problema visto che sul tavolo non c'era né la solita caffettiera né il cestino di toast grigliati. Lea alzò le spalle e prese del latte e del succo di frutta dal frigorifero che per fortuna era ancora abbastanza freddo. I ragazzi si sarebbero dovuti accontentare.

Posò le due bottiglie sul tavolo e andò a recuperare le tazzine dall'armadio. Non era la prima volta che preparava la colazione per il fratello e un ragazzo che aveva passato la notte con lui. Ma finora si era sempre trattato di ragazzi che lei non conosceva, gente che una volta uscita dalla porta di casa si fondeva di nuovo nella massa anonima di studenti della Lenoy. E di solito non spuntavano mai fuori di nuovo, visto che Chris era tutto tranne che il tipo da relazioni serie. Una notte e arrivederci, di solito faceva così. Questa volta, però, era diverso. Quello che si era risvegliato nel letto del fratello era Austin Stuart. Il quarterback della squadra di football, gente che era considerata come il prototipo perfetto del ragazzo americano, forti, belli e con molto successo con le donne. Lea tentò di avere un'espressione normalissima mentre sentiva i passi dei due ragazzi scendere le scale. Secondo lei, quella scappatella del fratello con il quarterback dei Lenoy Tigers non sarebbe finita molto bene.

 

*

 

Arrivando a scuola, Nealie avvistò subito Delsin che l'aspettava nel parcheggio.

«Ciao!» esclamò «E' successo anche a te?»

«Che cosa?» chiese Delsin.

«Stamattina non avevo elettricità in casa, e...»

«Già, nemmeno io.» annuì Delsin «Anzi, pare che tutta la città sia senza elettricità!»

«Non c'è solo questo.» Nealie prese Delsin per un braccio e lo trascinò sul prato davanti alla scuola, lontano dagli altri studenti «Visto che non potevo far bollire l'acqua per il mio tè, ho provato a farlo comparire. Non ha funzionato.»

«Cosa?» Delsin si strozzò «Vuoi dire che... Che hai perso i tuoi poteri?»

«Voglio dire che in questo momento non funzionano proprio. I tuoi?»

«Non... Non ho provato, ma...» Delsin si guardò rapidamente intorno, controllando che nessuno li stesse osservando, poi si concentrò.

Non successe nulla.

«Hai ragione...» mormorò «Non... Non riesco a trasformarmi.»

«Che cosa può essere successo?» Nealie giocherellò con la tracolla della borsa.

Non aveva mai perso i suoi poteri, da quando aveva scoperto di averne, e accorgersi all'improvviso di non essere più capace di fare quelle cose che erano parte di lei, di ciò che era veramente, la faceva sentire persa.

«Dici che potrebbe essere legato al fatto che non c'è più elettricità in tutta Jade City?» chiese.

«Elettricità...» lo sguardo di Delsin si illuminò «Mio nonno ha detto una frase strana questa mattina, quando gli ho chiesto perchè non stava cucinando. Non ha detto che mancava l'elettricità, ha detto che mancava l'energia

«L'energia? Pensi intendesse che qualcuno ha... assorbito sia l'elettricità di Jade City che i nostri poteri?»

«Se i nostri poteri sono energia, direi di sì.» rispose Delsin «Mio nonno dice spesso frasi poco chiare, ma poi di solito capisco che aveva ragione.»

«E cosa può essere stato?» domandò Nealie.

«Magari non è un cosa, la domanda giusta.» Delsin guardò l'amica «Ma un chi

«Vuoi dire che esiste qualcuno capace di assorbire i poteri degli altri?»

«Perchè no. Non sarebbe un potere più assurdo dei nostri. Senti, facciamo così: dopo la scuola passiamo in negozio da mio nonno e gli chiediamo se sa qualcosa. Non so tu, ma io preferisco tenermeli, i poteri!»

«Sono d'accordissimo.» rispose Nealie, poi sospirò «Dai, andiamo in classe.»

Si stavano dirigendo verso l'entrata della scuola quando un gruppo di ragazzi, tutti con il giubbotto dei Lenoy Tigers, li urtò mentre si dirigevano rapidamente e in formazione compatta nella direzione opposta.

«Ehi!» protestò Nealie, massaggiandosi un braccio.

«State un po' attenti!» esclamò Delsin, voltandosi verso i ragazzi.

I giocatori di football, però, non diedero segno di averli sentiti e si allontanarono. Nealie e Delsin, con un sospiro, si girarono di nuovo verso la scuola.

«C'è una manifestazione?» chiese Nealie, notando che i muri della scuola erano tappezzati di manifesti.

«No, non mi pare...» rispose Delsin, salendo i gradini che portavano all'entrata e osservando uno dei poster affissi «Oh, no...» mormorò.

«Che c'è?» domandò Nealie, guardando a sua volta il poster, poi la sua espressione cambiò di colpo.

Era un manifesto piutosto grande, in bianco e nero, senza nessuna scritta. C'era solo una foto, leggermente sfocata ma chiarissima e inequivocabile. Si vedeva un boschetto di alberi, e contro un tronco c'erano due sagome. Chris Anderson e Austin Stuart che si baciavano furiosamente.

«Non è possibile...» balbettò Delsin «Quello non può essere davvero Austin.»

Nealie sospirò.

«E invece è proprio lui.» Delsin la guardò con gli occhi sgranati «Ieri sera, al party, ho fatto un giro nel parco con Maureen, e li abbiamo visti. Si stavano baciando.»

«Ecco perchè quelli della squadra avevano delle facce così cupe... Si sono visti sbattere in faccia che il loro quarterback è gay, e vista la loro mentalità non devono averla presa molto bene... Spero solo che non lo riempiano di botte, perchè ne sarebbero capaci.»

Nealie si guardò intorno.

«Ma da dove vengono tutti questi manifesti? Ce ne sono ovunque! Sembra una cosa da paparazzi!»

«Credo che più che degli ipotetici paparazzi, qui si debbano incolpare le telecamere di sicurezza della Tudor Mansion.» rispose Delsin.

«Stai dicendo che è stata Stardust a fare tutto questo?» domandò Nealie mentre entravano nell'atrio della scuola, anche quello interamente tappezzato di poster.

«Ieri sera hai detto che non pensavi fosse cattiva come te l'hanno descritta.» replicò Delsin, guardando l'amica negli occhi «E' solo perchè non la conosci.»

Percorsero il corridoio evitando di guardare i manifesti e, arrivando vicino all'aula di inglese, avvistarono Stardust appoggiata al muro, che parlava con Brandon.

«Avrà Austin sulla coscienza se gli altri giocatori lo massacrano.» sibilò Delsin, fermandosi ad osservare con sguardo cupo la ragazza.

Nealie scosse la testa. Non riusciva a capire come si potesse essere così cattivi. Quello cha faceva Austin erano affari suoi, come i tempi e i momenti in cui l'avrebbe reso pubblico. Stardust invece l'aveva esposto di colpo e senza preavviso al mondo intero. Automaticamente, si guardò intorno alla ricerca di Maureen. Dopo che era scappata via la sera precedente, quando avevano sorpreso Austin e Chris, si era chiesta se stesse bene, e voleva vederla. Scoprire che il ragazzo di cui era innamorata, con cui tra l'altro aveva una relazione clandestina, era in realtà gay era stato un colpo tremendo, e Nealie era preoccupata per lei. Un'esclamazione proveniente dal fondo del corridoio la fece sobbalzare.

«TUDOR!»

Tutti i presenti si voltarono. Alice Cooper, con la cintura di catene che le batteva sui fianchi ad ogni passo, stava avanzando verso Stardust e le si piantò davanti.

«Che cosa c'è?» domandò Stardust, fissandola.

«C'è che sei una troia!» Alice strappò uno dei poster dagli armadietti e lo sventolò in faccia a Stardust «Lo hai fatto tu, vero? Sei stata tu a sputtanare Austin!»

«Gli ho solo fatto un favore, risparmiandogli di fare coming out.» Stardust non si scompose minimamente «Come mai ti preoccupi così tanto per lui? Non dirmi che rientri fra tutte quelle ragazze che sono in lacrime da quando hanno visto i poster.»

«Mi preoccupo per lui perchè è la sua vita, e tu rischi di avergliela rovinata completamente!» replicò Alice.

«Affrontare ciò che si è davvero rende più forti.» rispose Stardust «E bisogna farlo, prima o poi.»

«Quando si è pronti, non quando una stronza ti colpisce alle spalle come hai fatto tu!» Alice era decisamente disgustata «Tu non hai la minima idea di quello che potrebbe passare Austin per colpa tua!»

«Esattamente.» fece una voce.

Chris Anderson, seguito da Lea che si stringeva al petto i libri di scuola, raggiunse Stardust e la fissò negli occhi.

«Tu non sai quanto è difficile accettarsi quando sai perfettamente che buona parte del mondo ti volterà le spalle.» la voce di Chris era calma, e scandiva chiaramente ogni parola «Non avevi il diritto di farlo.»

«La colpa è tua, pel di carota.» replicò Stardust, fissandolo con sufficienza «Potevi cercarti un altro posto per lasciare libero sfogo ai tuoi ormoni.»

«Non sono stato io a stampare i poster.» Chris scosse la testa «Tu non sai cos'hai fatto, Stardust. Non capisci.»

Nealie, che aveva una visuale perfetta su quello che stava succedendo, vide un lampo di rabbia attraversare gli occhi di Stardust. La ragazza fece un paio di passi in direzione di Chris, piantandosi a pochi centimetri da lui e fissandolo dritto negli occhi.

«Tu non sai niente della mia vita, Anderson.» sibilò «Proprio niente.»

«Ragazzi, ragazzi! Calma, andate in classe!»

La voce della professoressa Wotton, che arrivò in quel momento, allentò la tensione. Stardust voltò di scatto le spalle a Chris e Alice e, prendendo Brandon sottobraccio, entrò rapidamente in classe.

«Anderson, Cooper, tornate nelle vostre classi.» la signora Wotton fece segno a Chris e Alice di allontanarsi, poi spinse in aula il resto della sua classe «Tutto bene, voi due?» domandò, rivolgendosi a Nealie e Delsin «Intendo, dopo ieri.» aggiunse abbassando la voce.

«Tutto bene.» rispose subito Delsin, mentre Nealie annuiva.

Andarono a sedersi, e l'insegnante battè le mani per richiamare l'attenzione dei suoi studenti, tutti impegnatissimi a discutere di Austin e Chris. Solo Lea era come sempre seduta composta in prima fila, tentando di ignorare con tutte le sue forze le frasi che sentiva. Lo sapeva che quella storia non sarebbe finita bene. Appena erano arrivati a scuola, Austin era stato praticamente prelevato dalla squadra di football e trascinato via, e solo dopo lei e Chris avevano scoperto i manifesti. Sperava davvero che quel ragazzo stesse bene.

«Assenti?» domandò la signora Wotton, guardandosi intorno «I Callaghan?» disse, guardando i due posti vuoti accanto a Shelley.

La ragazza scosse la testa, ma proprio in quel momento la porta si aprì, lasciando passare i gemelli.

«Scusi il ritardo.» disse Ryan, raggiungendo rapidamente il suo banco.

Raphael, invece, si limitò a fare un cenno come a dire che ripeteva mentalmente la scusa del fratello e a far scivolare lo sguardo in direzione di Stardust per poi crollare sulla sua sedia. Lilandra Wotton sospirò. Come tutti gli insegnanti della James Lenoy High School riconosceva a chilometri di distanza la faccia “post party da Stardust Tudor”. Rialzò lo sguardo.

«Austin Stuart è assente... E anche Maureen Tuck.» disse, annotando i nomi.

Lea strinse le mani sul libro. Dov'era Austin? Cosa gli era successo? Sapeva perfettamente che Chris non era innamorato di lui, che era stata come suo solito una cosa da una notte e basta, ma sapeva che il fratello si sarebbe comunque sentito in colpa se Austin fosse finito nei guai. E il fatto che non si era presentato a lezione poteva significare solo una cosa: Austin Stuart era nei guai.

Al suo posto, Nealie si chiese per un momento che fine avesse fatto Maureen. Forse era rimasta a casa, ancora troppo sconvolta per poter affrontare la scuola. La crisi isterica che aveva avuto la sera prima, quando era scappata in lacrime e quasi urlando nel parco della Tudor Mansion l'aveva piuttosto spaventata, ma avrebbe voluto sapere come stava. Scosse la testa. Anche lei aveva dei problemi, in quel momento, anzi, lei e Delsin avevano un problema bello grosso. Come era possibile perdere i propri poteri? Non doveva lasciarsi distrarre dalla vita quotidiana, quello che voleva davvero, più di ogni cosa, era capire il perchè. E recuperare i poteri.

«Bene, ragazzi. Visto che prossimamente ci occuperemo di alcune ballate antiche che trattano temi leggendari, oggi voglio darvi una rapida istruzione su alcuni personaggi importanti del panorama leggendario celtico.» la professoressa Wotton raggiunse un proiettore posto in un angolo dell'aula e premette un tasto «Meno male!» esclamò, quando il ronzio dell'apparecchio risuonò nell'aula «A quanto pare è tornata l'elettricità!»

Delsin e Nealie si scambiarono un'occhiata.

«Secondo te...» bisbigliò Delsin, senza finire la frase.

Nealie si guardò intorno rapidamente, assicurandosi che nessuno la stesse osservando, poi si concentrò. Una penna comparve dal nulla sul suo banco in meno di un secondo.

«I miei poteri sono tornati!» sussurrò con un enorme sorriso «I tuoi?»

«Non posso certo trasformarmi in un leone o una tigre qui.» mormorò Delsin «Va bene che metà degli studenti sono addormentati, ma... Proverò più tardi.»

Nealie tornò a concentrarsi sulla signora Wotton, che stava continuando a parlare mentre puntava il proiettore su una parete bianca.

«Immagino che tutti voi conosciate il mago Merlino, vero?» disse.

«Certo.» sbadigliò Raphael «Quello della Disney.»

 

*

 

Austin si appoggiò ad una delle travi che sostenevano gli spalti del campo da football della scuola. Gli girava la testa. Lentamente, si passò una mano sul viso, gemendo per il dolore. Aveva sempre pestato ragazzini sfigati del primo anno, insieme ai suoi compagni di squadra, ma non avrebbe mai immaginato che potesse succedere a lui. E i ragazzi della squadra di football avevano decisamente le mani pesanti, pensò, guardandosi la mano sporca del sangue che gli colava dal labbro spaccato.

Quando era arrivato a scuola con Chris e Lea aveva capito appena aveva avvistato i suoi compagni di squadra che qualcosa non andava. Riconosceva quasi a chilometri di distanza le loro facce dei giorni pessimi. Ma quando lo avevano raggiunto e portato via quasi di peso, il suo cuore aveva perso un battito. Aveva capito subito che avevano scoperto il suo segreto, e si era confusamente chiesto come mentre tentava di liberarsi dalla presa dei due che lo trascinavano via. Poi lo avevano scaravantato contro il muro dello spogliatoio e gli avevano sbattuto in faccia un poster. A Austin era parso di morire di colpo appena aveva capito cosa c'era su quel manifesto. Gli sguardi dei suoi compagni erano a dir poco assassini. Non ci era voluto molto. Avevano cominciato a spintonarlo, insultandolo pesantemente con una sfilza di parole che gli cadevano addosso come lame taglienti. Frocio. Finocchio. Checca. Non avrebbe mai pensato che gli insulti potessero fare così male, ancora più male che i pugni che di lì a poco avevano cominciato a piovergli nello stomaco, sulla schiena, sul viso. Era riuscito a liberarsi, a fuggire dallo spogliatoio e a correre via prima che quelli che ormai si potevano definire i suoi ex amici lo massacrassero completamente. Non aveva nessuna voglia che qualcuno lo vedesse in quello stato, nemmeno l'infermiera della scuola, così si era nascosto sotto agli spalti, dove avrebbe potuto piangere.

Non aveva mai pianto, ma quel giorno non riuscì a trattenere le lacrime calde che gli colavano sulle guance. Non era giusto. Non era giusto. Sì, era vero, gli piacevano gli uomini. Aveva cercato di negarlo a sé stesso, comportandosi come uno dei suoi compagni di squadra, si era persino portato a letto Maureen Tuck, che sotto quelle felpe obbrobriose nascondeva delle curve da film vietato ai minori, ma niente aveva fatto effetto. Anche quando stava con lei, in realtà quello che desiderava davvero era lui, sempre lui. Chris Anderson, il ragazzo più bello della scuola, quello che riusciva ad incantare chiunque con una semplice canzone e un balletto. Addormentarsi quella notte a letto accanto a lui era stata la cosa più bella che gli fosse capitata.

La fitta alla mascella si intensificò, e Austin si appoggiò più comodamente alla trave. Chiuse gli occhi. Forse per il dolore, o forse per la stanchezza, si addormentò sotto agli spalti.

 

*

 

Lilandra Wotton fissò Raphael e sospirò.

«No, non è quello della Disney, Callaghan.» disse, premendo un pulsante del telecomando. Sulla parete comparve un'immagine di un uomo giovane con una lunga tunica nera e un lungo bastone nodoso «La versione celtica è questa. Merlino, anzi, Myrddin, il mago più potente delle leggende celtiche. Capace di fare qualsiasi cosa con i suoi poteri.»

«Fortunello.» bisbigliò Delsin, rischiando di far scoppiare a ridere Nealie.

«Con talmente tanti poteri diversi che si dice che dovesse “depositarne” alcuni in un oggetto, il suo bastone magico, perchè persino il suo corpo non poteva sopportare tutta quella magia.» l'insegnante cominciò a passeggiare per l'aula «Eppure, nonostante tutti i suoi poteri, anche quest'uomo cadde vittima del più classico dei raggiri.»

«Indovina quale...» fece Stardust, non molto a bassa voce.

«Già.» continuò la signora Wotton «Myrddin venne ingannato da una donna. Una bellissima donna, per la precisione, e una con dei poteri quasi pari ai suoi. La fata Viviane, che lo sedusse per ottenere il potere più grande, chiamato il Grande Segreto: il potere dell'immortalità. Riuscì ad ottenere quel potere, e abbandonò Myrddin in una foresta della Bretagna, in Francia, trasformato in una quercia.»

«Originale.» sbadigliò Shelley.

Lilandra Wotton tornò al proiettore.

«E questa» disse, premendo il bottone del telecomando «è la fata Viviane.»

Sulla parete comparve l'immagine di una bellissima donna con indosso un abito verde chiaro. I suoi capelli erano nerissimi e inanellati, e le scendevano fino a metà schiena. Aveva una mano appoggiata ad un tronco di un albero, e sorrideva, ma era un sorriso gelido, trionfante, che non si estendeva ai suoi occhi di un verde chiarissimo.

Delsin si accorse che al suo fianco Nealie si era irriggidita e fissava senza muovere un sol muscolo l'immagine.

«Ehi...» la chiamò sottovoce «Tutto bene?»

Nealie scosse la testa, e Delsin vide delle lacrime che le brillavano negli occhi.

«Quella...» balbettò «Quella è mia madre...»

 

*

 

Austin riaprì gli occhi. Stranamente, la mascella non gli faceva più male, ma non la toccò per paura di sentire di nuovo il dolore. Non aveva idea di quanto tempo fosse passato, e non aveva nemmeno voglia di controllare l'ora. Si passò una mano sugli occhi. Avrebbe voluto sparire, non doversi più alzare da lì, mai più.

Un rumore di passi che si fermavano proprio davanti a lui gli fece alzare lo sguardo. Sbattè le palpebre, senza riuscire a credere a quello che vedeva.

«Tu...» fu tutto quello che riuscì a pronunciare.

 

*

 

«Tua madre?» ripetè per l'ennesima volta Delsin.

Erano seduti da soli al loro tavolo in mensa, e il ragazzo la fissava al disopra del suo vassoio. Nealie annuì.

«E' lei... Non ho dubbi.» balbettò, giocherellando con il cibo nel piatto «Mia... Mia madre è la fata Viviane.»

Delsin le posò una mano sulla spalla. Se Nealie aveva riconosciuto Viviane non potevano esserci dubbi. Sì, era razionalmente assurdo che lei fosse la figlia di una fata citata nelle antiche leggende celtiche, ma del resto anche loro e i loro poteri erano assurdi, razionalmente parlando.

«Beh, in fondo lei è immortale.» disse «Magari le è venuta voglia di una famiglia...»

«Hai sentito la Wotton. Viviane è... cattiva.»

«Non puoi saperlo, quelle sono solo vecchie storie.» la rassicurò Delsin «Tua madre ti voleva bene, ne sono sicuro.»

«E mio padre l'ha cacciata.» borbottò Nealie «L'ha cacciata e poi non ha mai voluto parlarmene.»

«Ascolta.» Delsin le accarezzò la spalla «Dopo la scuola andiamo lo stesso da mio nonno. A lui piacciono le leggende del vecchio continente, sono sicuro che ci saprà dire un sacco di cose su Viviane.»

«Va bene.» annuì Nealie, sorridendogli «Grazie.»

Il ragazzo sorrise a sua volta, ma all'improvviso il suo sguardo scivolò oltre Nealie e la sua espressione si alterò.

«Porca miseria.» fece.

Nealie si voltò e sgranò gli occhi. Una ragazza era appena entrata in mensa, e stava attraversando la sala a passo lento. Ma non era la ragazza in sé ad attirare l'attenzione dell'intero corpo studentesco. Era il modo in cui era vestita. Decisamente poco appropriato per un liceo, per usare un eufemismo. Infatti, aveva un paio di microshort neri che lasciavano molto poco spazio all'immaginazione, e un top scollatissimo, sempre nero, che metteva in risalto delle curve che avevano già fatto venire il torcicollo a tutti i ragazzi. Stava avanzando su un paio di sandali borchiati con un tacco altissimo che facevano risuonare ritmicamente il pavimento nel silenzio totale che si era creato. Anche Nealie rimase a fissarla a bocca aperta.

Dopo qualche lunghissimo minuto, il sorvegliante della mensa, un signore di mezza età, si riprese e si avvicinò alla ragazza quasi di corsa, con l'aria di chi è sul punto di soffocare.

«Si... Signorina!» balbettò con voce isterica «Questo è un'istituto di educazione, non... Non...» non riuscì a finire la frase e agitò le braccia «Vada subito ad indossare qualcosa di decente, signorina Tuck!»

Nealie si accorse solo in quell'istante che i capelli della ragazza erano di un viola piuttosto violento, e aveva visto un'unica persona con quella tinta.

«Maureen?» balbettò, senza staccarle gli occhi di dosso.

«Wow.» esalò Delsin, con aria scioccata «Beh, è... E' diversa.»

Maureen si voltò con aria di sufficienza verso il sorvegliante, ma la sua risposta fu coperta dall'improvviso suono di una sirena di ambulanza che si fermò nello spiazzo proprio di fronte alla vetrata della mensa. Le teste di tutti gli studenti si voltarono in quella direzione, anche se con qualche sforzo, e osservarono infermieri e paramedici precipitarsi giù dal mezzo e correre in direzione del campo da football.

«Che diavolo è successo, adesso?» mormorò Nealie, chinandosi di lato per vedere meglio.

Dopo qualche minuto, i paramedici ritornarono, sorreggendo una barella. Tutto il corpo studentesco tentò di capire chi fosse su quella barella finchè la voce di una ragazza in piedi accanto alla vetrata rieccheggiò in tutta la sala.

«Oh mio Dio! E' Austin Stuart!»

Metà della gente si scagliò verso la vetrata, mentre il sorvegliante tentava vanamente di mantenere un vago ordine. Nealie e Delsin si scambiarono un'occhiata preoccupata.

«Spero che...» mormorò Delsin, voltandosi verso sinistra, dov'era il tavolo del club del musical.

A quanto pareva, anche Chris Anderson aveva avuto il suo stesso pensiero, visto che non si era mosso dalla sua sedia ma aveva nascosto il viso fra le mani. Delsin vide Lea posargli una mano sulla spalla, poi si alzò di scatto stringendo i pugni.

«Che cosa fai?» chiese Nealie.

«Se Austin è stato massacrato dai giocatori di football, giuro che li denuncio!» esclamò il ragazzo «Non possono comportarsi così!»

«Hai ragione.» approvò Nealie «Se è davvero così meritano di essere denunciati.»

«Sia loro che Stardust Tudor, visto che è lei la responsabile di questo casino!»

Delsin guardò le porte dell'ambulanza chiudersi e il mezzo allontanarsi a sirene spiegate. Lui era stato educato alla tolleranza, e nulla lo faceva dare in escandescenze più che delle manifestazioni di intolleranza. Prese la borsa e se la infilò in spalla dando un'ultima occhiata in direzione di Chris, sempre immobile nella stessa posizione.

«Dove vai?» domandò Nealie.

«Dalla Wotton.» replicò Delsin «Vado a dirle chi è stato.»

«Vengo con te.»

Anche Nealie si alzò e insieme uscirono dalla sala mensa e attraversarono i corridoi deserti del piano terra della Lenoy. Quando raggiunsero lo studio di Lilandra Wotton, videro che la porta era aperta.

«E' permesso?» chiese Delsin, facendo un passo oltre la soglia.

L'insegnante, che era seduta alla sua scrivania, rialzò la testa.

«Ragazzi...» mormorò con voce spenta, avvistando i due «Come... Come posso esservi utile?»

Aveva l'aria piuttosto sconvolta, e gli occhi lucidi.

«Volevamo parlarle di Austin Stuart.» disse rapidamente Delsin «Sappiamo chi l'ha picchiato. Sono stati i suoi compagni di squadra, lo hanno massacrato.»

«Picchiato?» la signora Wotton fissò Delsin con aria stupita.

«Non... Non l'hanno portato in ospedale perchè è stato picchiato?» esitò Nealie.

La donna scosse la testa.

«Ma allora... Cos'è successo?» domandò Delsin, sgranando gli occhi.

Lilandra Wotton si alzò dalla sedia e andò a chiudere la porta dello studio, indicando ai due di sedersi sulle poltrone di fronte alla scrivania, poi tornò al suo posto.

«Sono stata io a trovare Austin.» cominciò «Era sotto agli spalti del campo da football, e sembrava dormisse. Ma quando mi sono avvicinata...» fece una pausa per respirare, poi andò avanti «Ho visto che aveva gli occhi fissi, immobili. E poi c'era quel marchio sul suo petto...»

«Marchio?» ripetè Delsin.

L'insegnante annuì.

«Una doppia arcata di denti, ancora sanguinante, esattamente in corrispondenza del cuore.» si passò una mano sulla fronte «Ho studiato queste cose, ai corsi di mitologia, ma non pensavo che mi sarebbe mai capitato di vederle.»

«Che genere di cose?» balbettò Nealie, che cominciava a spaventarsi.

Tutto quello sembrava molto peggio che un pestaggio da parte di un branco di idioti.

«A Austin è stata succhiata via l'anima.» esalò Lilandra Wotton.

«Esistono persone in grado di... Di succhiare le anime?!» esclamò Nealie.

«Io ne ho sentito parlare...» mormorò Delsin «Si dice siano esseri malvagi, appunto senza anima, che si nutrono delle anime degli altri.»

«Non è detto che siano malvagi.» intervenne l'insegnante «Si dice che lo siano perchè sono della famiglia dei demoni, che la gente collega con cattiveria e perversione.»

«Ma ha ucciso Austin!» esclamò Nealie.

La professoressa scosse la testa.

«Austin è in coma, non è morto. Potrebbe riprendersi, a condizione che chiunque gli abbia portato via l'anima gliela restituisca.»

«E... Lo farà?» domandò Nealie.

«Bisognerebbe chiederglielo.» disse Delsin «Il problema è che non sappiamo chi sia stato.»

 

*

 

Stardust uscì dall'aula di chimica senza nemmeno curarsi di chiudere la porta dietro di sé. Ne aveva basta, voleva andare a casa. Che noia quella scuola, tutti che se la prendevano per un nonnulla. E, soprattutto, nessuno aveva mai il coraggio di affrontare la verità. Sapeva benissimo come sarebbe andata, se lei non avesse messo quei poster. Austin Stuart non avrebbe mai avuto il coraggio di dire che gli piacevano gli uomini e Chris Anderson sarebbe semplicemente passato al prossimo ragazzo, come faceva sempre. Che ipocriti. Credevano che i loro problemi fossero di importanza capitale, quando in realtà non avevano nemmeno la più pallida idea di cosa fosse avere un problema vero, che ti pesava sulla testa come un macigno.

Stardust uscì dall'edificio senza che nessuno le facesse notare che l'orario scolastico non era ancora terminato. Ma se lo aspettava. Nessuno in quella scuola o nell'intera città aveva il coraggio di contraddire la figlia di Jefferson Tudor. E non perchè non volevano finire nei guai con suo padre, ma perché temevano lei. Lei, la sua indipendenza, quello che aveva fatto, sia picchiare dei giocatori della squadra di football l'anno precedente o far stampare quei manifesti.

Raggiunse la Ferrari parcheggiata come al solito di fronte alla scuola e aprì la portiera, buttandoci dentro in malo modo la borsa. Brandon non l'aveva seguita, sarebbe tornato alla Tudor Mansion da solo.

Di colpo, Stardust si raddrizzò e si voltò di scatto.

«Ma cosa...»

 

*

 

«E' inutile, non riesco a concentrarmi.» sbuffò Nealie.

Appoggiò un gomito al bancone dell'aula di chimica e si passò una mano fra i capelli. Mille pensieri le si scontravano nella testa. Un ragazzo era stato ritrovato in coma, e non era un semplice coma, ma qualcuno gli aveva risucchiato l'anima. Qualcuno doveva ritrovare il responsabile di quell'attacco e fargli restituire l'anima. E perdipiù aveva fatto l'incredibile scoperta che sua madre, quella madre che era svanita nel nulla, era incredibilmente un mito vivente e reale.

«Nemmeno io.» sospirò Delsin accanto a lei, respingendo la soluzione che dovevano creare e che era stata abbandonata a metà «E non siamo i soli, a quanto pare.» disse, abbassando la voce, e indicando con un gesto del mento una direzione.

Nealie si voltò discetamente e fissò Brandon Moore, che da quando Stardust aveva lasciato l'aula di colpo era rimasto a fissare la sua fiala quasi senza muoversi, a parte per le mani, che continuava a stringere a pugno e a riaprire in sequenza.

«Che cosa gli sta succedendo?» domandò Nealie.

«Non ne ho la più pallida idea...» rispose Delsin «Sembra che non sia in grado di resistere senza Stardust.»

«Hanno un rapporto un po'... strano, quei due, mi pare.» disse Nealie.

Delsin annuì.

«Brandon è arrivato qui a metà del primo anno, spuntando praticamente dal nulla. Un giorno è comparso al fianco di Stardust come se fosse la cosa più naturale del mondo.»

«E vivono insieme.»

«Se puoi definire “vivere insieme” vivere nella Tudor Mansion, che è più grossa di un hotel. Comunque sì, vivono tutt'e due alla Tudor Mansion e nessuno ha ancora capito cosa li lega.»

In quel momento suonò la campanella e gli studenti cominciarono a infilare i libri nelle borse e ad uscire dall'aula. Brandon fu il più veloce, e si precipitò fuori correndo.

«Ma dove va così di corsa?» domandò Nealie, mentre raggiungeva l'uscita della scuola insieme a Delsin.

«Forse ha paura che Stardust sia partita con la Ferrari, e che quindi dovrà tornare a casa a piedi.» fece Delsin.

Appena uscirono dal portone principale, sentirono un urlo rieccheggiare per tutto lo spiazzo alberato, che fece trasalire tutti gli studenti.

«Era la voce di Brandon!» esclamò Delsin, cominciando a correre verso il parcheggio.

Nealie lo seguì, raggiungendo il parcheggio poco dopo di lui e immobilizandoglisi di colpo accanto. Brandon era inginocchiato accanto alla Ferrari, e teneva fra le braccia tremanti una Stardust immobile, con lo sguardo fisso.

«Stardust! Stardust, ti prego, rispondimi!!» urlava, la voce rotta dai singhiozzi.

Delsin e Nealie gli si inginocchiarono accanto.

«Calmati...» mormorò Delsin, appoggiando una mano sulla spalla di Brandon, che però non lo ascoltò nemmeno.

«Stardust! Stardust!»

In quel momento, Nealie notò una cosa.

«Delsin... Guarda.» indicò.

Delsin guardò Stardust, notando solo in quel momento che lo scollo della maglietta della ragazza era stato strappato. Rapidamente, scostò il tessuto.

«Mio Dio...» balbettò Nealie.

Sul petto di Stardust c'era il segno di una doppia arcata di denti, ancora sanguinante. Delsin e Nealie si scambiarono uno sguardo.

«Ho chiamato l'ambulanza!» esclamò uno degli studenti che si erano accalcati intorno alla macchina «Arriveranno fra pochi minuti.»

In effetti, l'ambulanza arrivò quasi subito e gli infermieri sollevarono Stardust e la misero delicatamente su una barella.

«Chi l'ha trovata?» domandò uno di loro.

Delsin e Nealie indicarono Brandon, che non sembrava capace di distogliere gli occhi dalla barella che veniva caricata nell'ambulanza.

«Noi siamo arrivati subito dopo.» disse Nealie.

«Allora venite tutti e tre.» fece l'uomo «Potreste esserci utili.»

Delsin e Nealie annuirono e seguirono Brandon all'interno dell'autoambulanza, che partì rapidamente in direzione dell'ospedale. Dopo una corsa di qualche minuto arrivarono al pronto soccorso, dove la barella con Stardust venne portata all'interno dell'edificio.

«Andate nella sala d'aspetto, per favore.» disse l'infermiere ai ragazzi.

I tre annuirono e andarono a sedersi nella stanza. I minuti seguenti trascorsero in un silenzio pesante. Nealie e Delsin si scambiavano ogni tanto un'occhiata, ognuno dei due pensando che Stardust era la seconda vittima di quello che aveva succhiato l'anima ad Austin. Brandon, invece, aveva lo sguardo fisso sul pavimento, e rimase immobile come una statua per tutto il tempo.

Dopo quella che sembrò un'eternità, la porta della sala d'aspetto si riaprì, lasciando entrare il dottor Elias Wotton. L'uomo fece solo un rapido cenno con la testa a Delsin e Nealie e guardò Brandon, che era saltato in piedi.

«Come sta?» domandò il ragazzo, con la voce tremante.

Il dottore scosse la testa.

«Non sappiamo esattamente cosa le sia successo, a parte quel morso sul petto. Tutto quello che sappiamo è che è in coma.»

«In... In coma?» la voce di Brandon si ruppe, e per un momento Delsin temette che sarebbe svenuto «Posso... Posso vederla? La prego.»

Elias Wotton annuì e fece cenno ai ragazzi di seguirlo. Li guidò lungo un corridoio e aprì una delle porte. Nella stanza, sdraiata nel letto, pallidissima e con indosso una delle camicie da notte dell'ospedale, c'era Stardust. Brandon fece qualche passo fino al letto, poi crollò su una sedia, senza staccare per un solo attimo lo sguardo da Stardust, le guancie che si bagnavano di lacrime.

«Dottore...» Nealie alzò lo sguardo su Elias Wotton, senza riuscire a completare la domanda.

«Esatto.» il dottore non ebbe bisogno di una frase più precisa «Il vostro compagno Austin Stuart è nella stanza accanto, e lui e Stardust Tudor sono esattamente nelle stesse condizioni. Morso sanguinante sul petto, coma inspiegabile alla medicina umana. Entrambi senz'anima.»

 

*

 

Waupee alzò di colpo lo sguardo dal bancone del suo negozio, su cui stava dividendo i bulbi di tulipani. Gli sembrò che il negozio attorno a lui svanisse per un istante, lasciando spazio solo ad una sensazione allo stesso tempo gelida e bruciante.

L'anziano sbattè le palpebre, mentre tutti i suoi sensi si mettevano in allerta. Erano anni che non provava quella sensazione inconfondibile di allarme, anni in cui non aveva dovuto temere che succedesse qualcosa. Ed ora, nello spazio di pochissimo, tutto era tornato. L'intuito di capire che qualcosa non andava, di sapere che le cose erano cambiate all'improvviso. E per fortuna, anche la capacità di ricordare come affrontare i cambiamenti. Waupee si chinò e aprì un cassetto del bancone con una chiave che teneva in tasca.

Qualche minuto più tardi, camminava spedito per le strade di Jade City.

 

*

 

Nealie, Delsin e il dottor Wotton erano ancora in piedi davanti alla porta della camera d'ospedale di Stardust quando dei passi pesanti, quasi marziali, rimbombarono nel corridoio. Si voltarono, avvistando un uomo alto in completo nero che avanzava deciso, seguito da un uomo più giovane, anche lui in giacca e cravatta, con una ventiquattrore nera in mano.

«Jefferson Tudor...» mormorò Delsin.

«Dottore!» esclamò il padre di Stardust, fermandosi di fronte a Elias Wotton «Cos'è successo a mia figlia?»

La sua voce era decisa quanto il suo passo, e il suo tono era quello di un uomo abituato ad essere obbedito. Nealie notò subito una certa somiglianza tra padre e figlia.

«Purtroppo non lo sappiamo, signor Tudor.» rispose il dottor Wotton «L'hanno trovata nel parcheggio della scuola con un marchio che sembra essere un morso sul petto, ed è in coma.»

«In coma?» ripetè Jefferson Tudor, dando una rapida occhiata all'interno della camera, dove Brandon teneva fra le sue una mano di Stardust «E cos'ha scatenato questo coma?»

«E' proprio questo che ignoriamo.» disse Elias Wotton «Abbiamo anche un'altro paziente nelle stesse condizioni di sua figlia, e...»

«Non m'importa di quell'altro, mi importa di mia figlia.» lo interruppe il signor Tudor «Pensate di avere gli strumenti adatti a curarla qui?»

«L'ospedale è ben equipaggiato, ma quello che ci manca è capire esattamente cos'è successo.» rispose il dottore, ma Jefferson Tudor lo fissò senza pietà negli occhi.

«Vi lascio ventiquattr'ore per capirlo.» disse «Dopo, farò trasferire mia figlia a New York dai migliori primari. E' evidente che è stata aggredita, e che oltre a farla uscire dal coma dovete avvertire la polizia e fornire loro tutti gli indizi necessari per identificare l'agressore.» fece una pausa, notando per la prima volta la presenza di Nealie e Delsin lì accanto «Agressore che, ovviamente, andrà cercato fra i nemici di mia figlia a scuola.»

Senza aggiungere altro, l'uomo li oltrepassò ed entrò nella stanza, femandosi ai piedi del letto della figlia. Il dottor Wotton si passò una mano fra i capelli e si allontanò lungo il corridoio, mentre quello che doveva essere il segretario privato di Jefferson Tudor rimaneva piantato sulla soglia della camera con l'aria di credersi un buttafuori di un club esclusivo.

Delsin e Nealie si allontanarono a loro volta, camminando in silenzio fino a raggiungere l'uscita dell'ospedale.

«Il padre di Stardust ci ha azzeccato, su una cosa.» disse poi Delsin, quando si ritrovarono sul piazzale davanti all'edificio «Sua figlia è davvero stata aggredita, solo che ovviamente il dottor Wotton non poteva dirgli che le hanno risucchiato l'anima.» sospirò «E ovviamente, ha accusato subito i compagni di scuola.»

Nealie smise di colpo di camminare e si voltò verso Delsin.

«Un momento.» fece «E se avesse ragione anche su questo?»

«Cosa vuoi dire?» domandò Delsin.

«Che stamattina non è stata una mattinata molto tranquilla per Stardust, con quella storia dei poster. E se quello che l'ha aggredita volesse vendicarsi?»

«I poster hanno rovinato Austin, e dato fastidio anche a Chris Anderson...» Delsin ragionò ad alta voce «Ma anche Austin è stato aggredito, e sicuramente dalla stessa persona, quindi qualcuno che abbia delle valide ragioni per odiarli tutti e due...» si interruppe, e fissò Nealie.

Anche la ragazza sgranò gli occhi, mentre la soluzione di quel rebus le esplodeva nella mente.

«Maureen...» balbettò.

Delsin annuì.

«Oggi si è comportata in un modo così strano...» disse.

«E ieri sera, quando abbiamo sorpreso Austin e Chris che si stavano baciando ha quasi avuto una crisi isterica.» mormorò Nealie «Non vorrei dirlo, ma credo davvero che...»

«Che sia stata lei ad aggredire Stardust.» concluse Delsin, lentamente «E se prima ha aggredito Austin, poi Stardust...»

Il cuore di Nealie perdette un colpo.

«Adesso aggredirà Chris!» esclamò «Dobbiamo fare qualcosa!»

«Salvarlo!» gridò Delsin, afferrando Nealie per mano e cominciando a correre.

 

*

 

Lea posizionò con cura le dita sulla tastiera del pianoforte del salotto e guardò il fratello in piedi accanto a lei.

«Ricominciamo?» chiese.

Vide Chris annuire con molta poca convinzione, e si trattenne a stento dal sospirare. Era da quando l'ambulanza aveva portato via Austin da scuola che suo fratello non riusciva a concentrarsi su nulla. Sapeva che si sentiva in colpa per quello che era successo, ma sapeva benissimo anche che una parte di lui non si pentiva affatto di essersi portato Austin a letto. Sorrise allo spartito, rendendosi conto che Chris non le aveva detto assolutamente niente di tutto quello. Ma era inutile, lo conosceva troppo bene per non capire come si sentisse in quel momento.

Cominciò a suonare, le dita che sembravano solo sfiorare la tastiera, poi chiuse gli occhi, lasciandosi trasportare dalla melodia.

«The powerlines went out, and I am all alone, but I don't really care at all not answering my phone...»

Si fermò, lasciano spazio alla voce di Chris, che come ogni volta si incatenava senza fatica alla sua.

«All the games you played, the promises you made, couldn't finish what you started, only darkness still remains...»

«Lost sight, couldn't see» continuò Lea «When it was you and me...»

Fece quasi un salto sullo sgabello quando il pugno del fratello si abbattè sulle note alte della tastiera, interrompendo la melodia.

«Chris...»

«Scusami.» balbettò il ragazzo, passandosi una mano fra i capelli «Non ci riesco proprio, non ce la faccio a concentrarmi.»

Lea annuì e si alzò, avvicinandosi al fratello e abbracciandolo.

«Non ti preoccupare.» gli sussurrò all'orecchio, stringendolo fra le braccia «Andrà tutto bene.»

«Lo spero...» mormorò Chris. Tentò di sorridere alla sorella «Credo che andrò in giardino a prendere un po' d'aria.»

«D'accordo.» sorrise Lea «Io vado a farmi un bel bagno strapieno di schiuma, quindi non ti aspettare che cucini io stasera, d'accordo?»

Chris riuscì quasi a ridere, annuì e lasciò il salotto, uscendo dalla porta principale e fermandosi sotto il portico. Il sole era appena tramontato, e l'aria stava diventando più fresca. Il ragazzo scese i pochi gradini che portavano al giardino e rovesciò la testa all'indietro, osservando il cielo.

Si sentiva malissimo. Non certo per essere andato a letto con Austin, figurarsi, lo avrebbe rifatto molto volentieri, ma perchè in un certo senso era colpa sua se quel ragazzo era in ospedale in quel momento. Non sapeva cosa gli fosse successo, nessuno a scuola lo sapeva con certezza, ma non era difficile da immaginare che i suoi compagni di squadra lo avessero letteralmente picchiato a sangue. Certo, era vero che senza quella puttana di Stardust Tudor nessuno avrebbe scoperto della notte che Austin aveva passato con lui, ma questo non bastava a togliergli di dosso il senso di colpa. Quello, e il fatto che sapeva benissimo che non era innamorato di Austin. Non lo era, e non lo sarebbe mai stato. Per lui era stato solo uno dei suoi soliti divertimenti, ma si rendeva conto in quel momento che quello che divertiva lui poteva essere drammatico per altri.

Chiuse gli occhi per un attimo, tenendoli chiusi anche quando sentì dei passi avvicinarsi a lui.

«Lea, non dovevi andare a fare uno dei tuoi interminabili bagni?» domandò infine, riaprendo gli occhi.

Ma quella davanti a lui non era sua sorella. Era una ragazza decisamente poco vestita, e Chris la riconobbe solo quando notò il colore dei capelli, di un viola violento.

«Maureen Tuck?» fece, incredulo, squadrandola da capo a piedi. Non che gli importasse, ma non aveva mai notato che avesse certe curve, e il top striminzito che portava faceva notare solo quello. Scosse la testa e fissò la ragazza «Certo che se cercavi un restyling, potevi fare decisamente di meglio.» disse.

Maureen non rispose, si limitò a fissarlo negli occhi con uno sguardo cupo, cattivo.

«Comunque, cosa ci fai nel mio giardino?» domandò Chris.

L'istante successivo, Maureen gli si era scaraventata addosso, buttandolo a terra.

«Che cosa...?!»

La frase di Chris finì in un urlo quando Maureen gli strappò di dosso la camicia e gli affondò i denti nel petto.

 

*

 

«Eccoci!» ansimò Delsin «Quella è la casa degli Anderson!»

Nealie, senza fiato per la corsa, si limitò ad annuire e a seguire Delsin, che aprì il cancelletto del giardino e si precipitò all'interno.

«NO!!» lo sentì urlare.

Si fermò di colpo al suo fianco, fissando con orrore la scena che aveva davanti. Sul prato curatissimo del giardino, Maureen era accovacciata sopra Chris, i denti affondati nel petto di lui.

«FERMA!!» strillò.

Non si concentrò nemmeno, il suo potere sembrò agire da solo, sbattendo Maureen a qualche metro da dov'era un istante prima. Lei e Delsin si precipitarono accanto a Chris. Il ragazzo era immobile, il petto sanguinante, lo sguardo fisso.

«Come Stardust...» balbettò Nealie, sentendo le lacrime pungerle gli occhi.

«Non è il momento di piangere!» esclamò Delsin, rialzandosi di scatto «Maureen ha ancora la sua anima, e quella degli altri! Dobbiamo fare in modo che le restituisca!»

Nealie annuì e si rialzò a sua volta, appena in tempo per vedere Delsin fare un passo indietro.

«Merda!» esclamò il ragazzo.

Maureen era in piedi a meno di due metri da loro, e adesso dalle sue scapole spuntavano due enormi ali da pipistrello.

«Che cavolo è?!» strillò Nealie.

«Credo che sia un Succubo, una specie di demone che succhia le anime e vola!» rispose Delsin «Dobbiamo fermarla!»

Si scagliò in avanti, trasformandosi a metà balzo in un'enorme tigre, ma Maureen si sollevò per aria sbattendo le ali e calando in picchiata su Nealie, che urlò. Inaspettatamente, la ragazza si fermò a pochi centimetri da Nealie, che ebbe il tempo di guardarla negli occhi per un istante prima che Delsin, sempre trasformato in tigre, la colpisse facendola rotolare più lontano sul prato, placcandola a terra con un ruggito.

«Aspetta!» esclamò Nealie.

La tigre voltò la testa e la fissò.

«Gli occhi di Maureeen...» disse Nealie «Anche lei ha lo sguardo fisso!»

In quel momento, Maureen tirò una gomitata nello stomaco della tigre, che rotolò via. Ansimando, Delsin tornò in forma umana e guardò la ragazza che si rialzò e si voltò a guardarli.

«Hai ragione...» balbettò «Sembra quasi ipnotizzata...»

«Che cosa facciamo?» balbettò Nealie.

«Io...» cominciò Delsin, ma si interruppe subito, tendendo l'orecchio.

Dal fondo del giardino si sentiva una voce cantare seguendo una melodia lenta, una melodia che lui conosceva. Si voltò.

Dalla direzione del cancello, vide arrivare Waupee, con il suo solito passo maestoso, le labbra che si muovevano formulando un'antichissima canzone nella lingua degli Shawnee, un braccio teso in avanti, la mano che stringeva una pietra azzurro chiarissimo.

A quella vista, Maureen sembrò immobilizzarsi, come se la canzone l'avesse pietrificata. Waupee coninuò a cantare, avvicinandosi sempre di più. Poi si fermò a pochi passi dalla ragazza, smettendo di cantare, ma sussurrando una lunghissima frase che nemmeno Delsin riuscì a capire. L'istante successivo, Maureen crollò in ginocchio e poi a terra.

«Nonno!» esclamò Delsin, rialzandosi «Cosa ci fai qui?»

«Ho sentito cosa stava succedendo.» fu la risposta calma di Waupee.

«Che cos'è quella pietra?» domandò Delsin, mentre si avvicinava al nonno.

«Celestite.» rispose l'anziano «Allontana e combatte il male.»

Nealie si inginocchiò accanto a Maureen.

«Non credo che lei sia il male.» disse.

«Lei no. Il male era ciò che la costringeva ad attaccare.» Waupee ripose la pietra nella tasca del suo giubbotto.

«E cos'era?» chiese Delsin.

«Non lo so.» rispose Waupee, lentamente «Ma la vostra amica è stata usata.»

In quel momento, Maureen mugugnò qualcosa e riaprì gli occhi, mettendosi lentamente a sedere.

«Dove... Dove sono?» balbettò.

Si guardò intorno con aria spaventata, realizzando di non essere sola. Nealie le posò una mano sulla spalla.

«Non ti preoccupare.» le sorrise «Non ti faremo del male.» esitò solo per un secondo «Siamo come te.»

Maureen la fissò per un attimo, poi stiracchiò la schiena, facendo svanire le ali all'interno delle spalle.

«Mi... Mi dispiace.» disse piano «Non riesco a ricordarmi esattamente cos'ho fatto...»

«Hai attaccato Austin Stuart, Stardust Tudor e Chris Anderson.» rispose Delsin.

Maureen deglutì.

«Mi dispiace.» ripetè «Non so perchè l'ho fatto...»

«Credo che fosse qualcun'altro a controllarti.» disse Waupee «Sei un Succube, e possiedi un'energia infinita, che però può essere usata contro di te. Sei stata tu ad assorbire l'intera energia della città ieri notte.»

«Io... Credo di sì.» Maureen annuì «Mi ricordo solo che sono corsa via dopo... Dopo aver visto Austin e Chris che si baciavano, di aver urlato e poi... Più nulla. Non so come ho fatto...»

«Non ne hai colpa, ne sono certo. Né della mancanza di energia, né delle agressioni.» Waupee fece una pausa «Puoi restituire le anime, giusto?»

Maureen annuì.

«Allora comincia con Chris.» disse Delsin, indicando la casa con un un cenno della testa «Prima che sua sorella lo veda in quello stato.»

In quel momento, però, un gemito li fece voltare tutti e quattro. Fissarono increduli Chris, che si stava rialzando lentamente.

«Ma come...» mormorò Nealie.

«Non ha nemmeno più il marchio dei denti...» disse Delsin.

Chris si rimise in piedi, si riabbottonò la camicia con aria stupita, poi si voltò e tornò lentamente in casa.

 

*

 

Il vento si trasformò all'improvviso in una violentissima tempesta che sembrava voler strappare le pietre della terrazza. La donna strinse i pugni, conficcandosi le unghie nei palmi.

«Non finisce qui...» sibilò.

 

*

 

Waupee fu il primo a riprendersi dallo strano comportamento di Chris Anderson.

«Forza, usciamo di qui.» disse «Non è il caso che i signori Anderson ci trovino nel loro giardino senza un valido motivo.»

I quattro uscirono dal giardino della villa, fermandosi accanto alla siepe.

«Come... Come funziona?» domandò Nealie, voltandosi verso Maureen «Voglio dire, come restituisci le anime alle persone?»

«Non è difficile.» sorrise la ragazza.

Chiuse gli occhi e si concentrò, stringendo le mani al petto. A Delsin e Nealie sembrò di vedere due raggi di un vago colore argentato sprigionarsi da lei e librarsi per un attimo nell'aria, prendendo poi una decisione precisa. Waupee li seguì con lo sguardo.

«Tornate a casa.» sussurrò «Tornate al sicuro.»

 

*

 

Brandon alzò la testa dal materasso del letto su cui l'aveva appoggiata. Per un attimo gli era sembrato... No, non se l'era immaginato. Stardust stava stringendo la sua mano. Si rialzò del tutto, fissando la ragazza sdraiata sul letto. Aveva gli occhi aperti, e gli sorrideva.

«Stardust...» balbettò.

«Che cosa ci fai qui?» sussurrò lei.

«Io...»

Le lacrime, ma questa volta di felicità, gli impedirono di terminare la frase. Non potè fare altro che stringere Stardust fra le braccia.

 

*

 

Alice Cooper si sdraiò sul letto, mentre lo stereo ripeteva ad un volume quasi insostenibile l'ultima canzone dei Nightwish. Si passò lentamente una mano sul viso, gemendo quando le dita sfiorarono la mascella. Il dolore non sembrava diminuire con passare del tempo, anzi, sembrava persino aumentare. Alice chiuse gli occhi, tentando di dimenticare il male che sentiva quasi ovunque.

 

 

 

 

 

 

NIGHTWIND'S CORNER

Ciao a tutti! Rieccomi con l'episodio 4, finora quello con più azione! Devo dire che è stato piuttosto entusiasmante scriverlo, mettendo segnali che permettessero di capire il colpevole, ma tentando di tenerli nascosti in modo da non sembrare troppo evidente... Che ne dite, ci sono riuscita?

Finalmente, oltre a Delsin e Nealie, compare anche qualcun'altro con degli strambi poteri! L'idea del demone con le ali che si nutre di anime mi è sempre piaciuta, e dare questo potere (con conseguenti comportamenti nel modo di vestire!) a una ragazza solitaria come Maureen è stato molto divertente!

Una delle mie scene preferite è quella della mattina a casa Anderson, la reazione di Lea che trova Austin nel letto del fratello è davvero esilarante! Invece la reazione dei compagni di squadra di Austin lo è molto meno, purtroppo, ma esiste davvero gente così...

Finora, fra i personaggi adulti comparsi, quello che preferisco è decisamente Waupee, lui e la sua aria saggia, anche se, chissà perché, non sembra aprezzare molto Nealie...

Un'ultima cosa: se vi interessa leggere un'altra interpretazione, molto più “normale” ma decisamente poetica, dei personaggi di questa storia vi consiglio di leggere

«Wonderland» di The Other Me

è davvero bellissima!

Bene, spero che questo episodio vi sia piaciuto, se avete commenti e critiche non siate timidi e fatemelo sapere! :)

A presto!

  
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