Film > Un mostro a Parigi
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Autore: Claudia Ponto    07/06/2012    1 recensioni
Lucille è una cantante scontrosa e vanitosa.
Si sente migliore di tutti e questo causa a lei un isolamento dalle altre persone. Canta di gioia, ma nel suo cuore non vi è nulla di questo sentimento. Ma forse una sera, in compagnia del suo "peggior nemico" Raoul, un incontro mostruoso potrebbe aiutarla ad intraprendere un cammino per la ricercà della felicità
AVVISO: ho deciso di riscrivere completamente dall'inizio la Fiction Monster Heart: a causa di mancanza di ispirazione che mi impedisce di proseguirla come vorrei, ho deciso di cambiarla drasticamente. modificherò tutto: dalla trama in generale al genere di storia, il rating (se necessario) e il ruolo dei personaggi.
chiedo scusa ai lettori che hanno commentato fino adesso, ma sto soffrendo nel non riuscire a continuare questa fiction su un film che adoro sul serio
Genere: Fluff, Mistero, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Francœur, Lucille, Nuovo personaggio
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 2: Festa… con sorpresa.
 
§ Un’ombra si mimetizzò con l’oscurità della notte.
Non era difficile passare inosservati in quella grande città, anche perché nessuno sapeva della sua esistenza.
Quando il mondo non sa che esisti sei come invisibile… e l’ombra ci teneva a rimanerlo per sempre.
Persino il luogo in cui si nascondeva era sconosciuto, antico soprattutto per la sua struttura di pietra, le armature medievali arrugginite sparse per terra e le prigioni che rinchiudevano ragnatele e ossa. Una di quelle celle era abitata da lui, pochi averi presi dalla spazzatura o perduti dalla gente, alcuni stracci che servivano a coprire i lati più raccapriccianti del luogo come le catene sul muro.
Era denutrita e ferita,poco era il cibo trovato e per il suo stato malandato non sapeva cosa fare; l’ombra si rannicchiò in un angolo dove giaceva un piccolo cuscino che, in quel momento, un topo stava rosicchiando, il quale notando la sua presenza scappò, lasciando solo. §
 
                                                                                  ****
 
Tre giorni dopo.
 
Raoul adorava inventare.
Non c’era giorno in cui non si chiudeva nel suo laboratorio, dopo un qualsiasi lavoro, nel tentativo di creare qualcosa di fantastico e rivoluzionario che poteva renderlo famoso in tutto il mondo,
Mai si stancava di tentare e ritentare tutte quelle volte in cui le sue strampalate creazioni non riuscivano a funzionare come aveva previsto, aveva perso il conto dei fallimenti ma questo non contava per lui, il suo motto era “non arrendersi mai”.
Solo il vecchio orologio a pendolo del nonno, allo scandire delle dodici ore, costrinse l’inventore a mettere giù i propri attrezzi e gli appunti, richiamato soprattutto dai brontolii del suo stomaco. Raoul non era un gran cuoco, il problema del cucinare per lui era peggio di una tortura medievale che lui stesso si infliggeva nel vano tentativo di potersi sfamare, ogni volta che metteva mano ai fornelli; per fortuna c’erano giorni in cui la cara zia di Lucille era così magnanima da fornirgli dei pasti caldi, se non ci pensava lei lui sarebbe morto sicuramente di fame.
 
Era domenica e come capitava spesso nel fine settimana, Parigi era più calma del solito.
La gente andava per lo più a passeggiare per il centro oppure in campagna per qualche pic-nic, in strada si vedevano quasi solamente autobus e pochissime automobili, i soliti carretti che vedevano frutta o pesce erano assenti, persino i piccioni mancavano, soliti a becchettare il terreno per cibarsi delle briciole cadute a terra.
L’ammirazione per la quiete svanì brutalmente allo squillare del telefono, rispose all’apparecchio e la “candida” voce di Lucille gli distrusse il timpano. La ragazza parlò talmente in fretta che l’unica cosa che l’inventore riuscì a capire fu solo l’ordine di correre all’istante al club altrimenti l’avrebbe licenziato, lui non rimase lì a  pensarci e partì subito a bordo di Catherine, il suo furgone, guidando rapido per le strade, raggiungendo dopo pochi minuti il locale.
Si trovava davanti alla porta quando, poco prima di bussare, non udì una canzone familiare provenire dall’interno: aprì lentamente la porta e sgattaiolò in punta di piedi nel corridoio che precedeva la sala vera e proprio, da lì sbirciò Lucille intenta a ballare da sola mentre un grammofono d’ottone riproduceva un valzer lento.
Per Raoul fu un’occasione ghiotta per burlarsi di lei.
<< O SANTO CIELO! UN MOSTRO! SI SALVI CHI PUÒ! >> urlò improvvisamente, facendola spaventare e cadere addosso al grammofono che concluse bruscamente la sua melodia. L’uomo rideva coprendosi la bocca mentre lei gli lanciava un infuocato sguardo alterato.
<< Je suis désolè Lucille, ma non sono riuscito a trattenermi. Eri troppo buffa. >> le disse, prima di ricevere in faccia una scarpa.
<< Considerati fortunato che ci serve la tua inutile presenza! Mettiti subito al lavoro e addobba la sala! Ripara il palco e controlla gli attrezzi di scena! >>
<< Subito madame Grimilde. Posso avere almeno sapere perché sua maestà, bravissima ballerina esagerata, si dilettava al ritmo di valzer? >>
<< Non hai sentito quello che ti ho detto al telefono? Questa sera mia zia ha organizzato un party per festeggiare l’anniversario del locale, e in onore ha invitato tutti i personaggi famosi dello spettacolo che hanno iniziato la loro carriera all’Oiseau Rare! >>
<< SSSSSSTTT! Non urlare! I tuoi acuti mi stanno facendo diventare sordo! Ora capisco perché tanta agitazione: ti troverai in mezzo ai tuoi “simili”. >>
<< Proprio così! è un sogno che si realizza! Essere a stretto contatto con gente famosa dello spettacolo e poterci parlare! Potrei svenire dalla gioia! >>
Raoul si batté una mano sulla fronte, incredulo a ciò che aveva sentito, e sentì ancora di più quando lei riprese ad urlare.
<< Quindi mettiti al lavoro! Tutto deve essere perfetto stasera! Se qualcosa andrà storto sarà solo per causa tua! >>
<< Madame, rilassati. Se continui a starnazzare come un’oca il tuo valzer, stasera, diverrà una marcia funebre. >>
<< Non mi ci fare pensare, l’agitazione mi rende più rigida di una scopa. Vorrei avere un partner per la danza, non so nemmeno se sto facendo i passi giusti. >>
Una lampadina si accese per Raoul.
Quelle parole gli squillarono come l’annuncio di una promozione: uscì dal locale e corse al furgoncino, vi rovistò all’interno per tirare fuori un oggetto che con molta fierezza portò davanti alla cantante: si trattava di una specie di manichino da sartoria alla quale erano stati aggiunti centinaia di ingranaggi, rotelle con molle alla base e il componente principale di un carillon all’interno del busto, collegato a una molla che doveva solo essere caricata.
<< Cos’è questo obbrobrio? >>
<< La mia ultima invenzione: il Maestro di Danza. Una macchina speciale capace di insegnare alle persone a ballare i balli di coppia. >>
<< Ho di aver bisogno di un partner, non di spazzatura. >>
<< Forza scettica, prendi le braccia del manichino e tieniti pronto a ballare. >> disse Raoul, euforico come un bambino, caricando la strana macchina per farla funzionare.
Quanto rimosse la chiave per girare la molla aspettò che questa cominciasse a funzionare, ottenendo però come risposta degli stridii e degli sbuffi ben poco rassicuranti, tanto anomali da far allontanare Lucille per la paura.
Non capendo cosa stesse accadendo alla sua invenzione, Raoul ci mise sopra le mani nel tentativo di far cessare quei rumori e movimenti ostili, svitando e avvitando qualche bullone o prendendolo addirittura a calci, fino a quando non ottenne, come conseguenza delle sue azioni, un’improvvisa esplosione che mandò letteralmente in fumo la macchina, lasciando tracce nere di fuliggine addosso all’inventore, il quale rimase senza parole.
<< Va tutto bene? >>
L’inventore non disse niente, limitandosi a ripulirsi dal disastro.
<< Si, tutto ok. No problem. >> gli rispose poco dopo impassibile.
<< Bè, visto che la meccanica non è in grado di eguagliare le capacità umane, vai a pulire e piantala di farmi perdere tempo. >> 
 
                                                                                  ****
Quella sera.
 
L’Oiseau Rare sembrava essere pronto a festeggiare il Natale con tutti gli eccessivi sfarzosi addobbi interni ed esterni con cui era stato decorato, tra nastri rossi, fiocchi dorati, bandiere parigine e rare rose bianche.
In realtà la festa era per un’altra ricorrenza: l’anniversario della sua apertura.
Erano passati molti anni da quando quel posto aveva aperto i battenti, superando mille problemi spesso allietati dagli spettacoli che si erano tenuti lì dentro nel corso degli anni, arrivando all’attuale successo; molti personaggi importanti accettarono l’invito offerto dalla proprietaria, celebrità che un tempo si erano esibite sul piccolo palco posto all’interno della struttura, la maggior parte delle quali indaffarate, in quel momento, a ballare con il proprio partner mentre il resto degli invitati gustava le prelibatezze cucinate per la serata, il cui aroma si diffondeva in tutta la sala.
Quando l’orchestra terminò musica gli invitati applaudirono alla bravura dei musicisti che si erano esibiti con i loro fidi strumenti, inchinandosi orgogliosi davanti al pubblico.
Durante il break il brusio delle chiacchierate tra gli ospiti aumentò e per parlarsi era quasi necessario gridare.
Lì in mezzo c’erano anche alcuni fotografi e giornalisti, tra quelli anche un tipo di nome Emile, un repoter di modesto e timido carattere, statura bassa e leggermente calvo, nonché amico di lunga data di Raoul. Era tranquillo e rilassato, l’atmosfera allegra della festa era contagiosa e i sorrisi si notavano sul volto di ogni persona.
Tranne su Raoul.
<< Suvvia, sei l’unico con il broncio. >>
<< Odio questo lavoro. >>
La mansione di quella sera per l’inventore era di fare il cameriere: si sentiva ridicolo con quella divisa così seria oltreché scomodo, sistemandosi continuamente il colletto che lo soffocava.
<< Odi il lavoro oppure il fatto che non puoi essere con loro? >>
<< Ma non dire sciocchezze, questa è tutta gente che sa solo cantare, ballare e recitare, roba che si vede continuamente in giro. Preferirei essere ad un convegno di scienziati, lì si che trovi persone con un minimo di cervello. >>
<< Anche Lucille è da considerarsi senza interesse? >>
Raoul tacque, alzando gli occhi al cielo.
<< A proposito, dovè? >>
 
Lucille era ancora chiusa nel suo camerino, che tamburellava nervosamente le dita sul tavolino affollato di trucchi, pettini, ornamento per capelli e gioielli.
Era in ansia, lo stomaco sottosopra, la paura di poter compiere qualche brutta di figura agli occhi di quelle persone che considerava degli idoli fin da bambina era un incubo insopportabile, se avesse sbagliato qualcosa pensava che avrebbero cominciato a considerarla una sciocca o un’incapace, cose che avrebbero minato, insomma, per sempre la sua carriera da cantante. Sudava così  tanto che più volte dovette sistemare il trucco che si scioglieva, Carlotta entrò in quel momento, elegante quanto la nipote, che le chiese cosa la trattenesse ancora in stanza.
<< Che succede se mi considerano una stupida? Oppure se mi dicono che non so cantare? Forse diranno che non dovrei nemmeno far carriera nello spettacolo! >> 
<< Tesoro, ascoltami, queste cose non accadranno, non devi essere negativa. Oggi è un giorno speciale, quelle persone sono qui per celebrare alcuni dei momenti più belli della loro vita e stasera anche per te lo sarà. >>
<< Ma io sono solo agli inizi della mia carriera… >>
<< Ma puoi vantare quanto loro un’esperienza che ti rimarrà nel cuore per sempre. >>
Erano rari ormai i momenti in cui Lucille appariva così indifesa, Carlotta si inteneriva, immaginandola ancora nel suo aspetto di bambina ormai passato; era una donna adulta dal carattere forte, ma nemmeno lei poteva rinunciare alla materna consolazione di una persona a cui era affezionata.
<< Giusto! Hai ragione! Non mi farò mettere i piedi in testa da nessuno! Andiamo! Devo entrare in scena! >> esordì all’improvviso, uscendo dal camerino.
La zia fu contenta di rivederla esuberante, ora si doveva solo preoccupare che il resto della serata proseguisse allegra
 
                                                                                  ****
 
§ La fame costrinse il vagabondo a interrompere il ritorno alla tana, i crampi della fame erano divenuti più forti, le poche briciole non erano bastate a saziarlo.
Si sentiva debole, troppo per riuscire persino a pensare.
Aveva bisogno di cibo o sarebbe morto di fame molto presto.
 
L’odore delizioso di carne  e di dolci lo ridestò dallo stato di malessere, era vicino… talmente chiaro che poteva darsi l’illusione che fosse proprio davanti a lui.
Seguì la scia fino a quando, finalmente, non trovò l’origine della traccia a lungo bramata: L’Oiseau Rare; la meta agognata era dentro l’edificio, sprizzante di luci e vitalità anche a quella tarda ora. Sospirò tristemente, tutta quella gente lo metteva in soggezione, mentre se ne stava seduto tra le travi di una casa in costruzione lì vicina, che quasi svettava in mezzo alla metropoli per la sua forma incompiuta, ammirò il mondo sottostante assopito nel sonno ristoratore o, come in quel caso, a gozzovigliare, indeciso se rischiare la sorta o tenersi la fame.
Si era abituato a non mangiare per tanti giorni; però quella rimaneva sempre una necessità irrinunciabile, chiuse per un attimo gli occhi tentando di capire quali incredibili pietanze stessero mangiando lì dentro, magari per distrarsi; ma nulla di tutto ciò che sperò accadde.
Non c’è la fece più.
Con un salto si infilò nel vicolo del club e si addentrò all’interno. §
 
Lucille si era ripresa e in tutta la sua spavalderia aveva “affrontato” gli ospiti.
La zia le presentò alcuni personaggi dello spettacolo assai famosi, lei con falsa modestia li ringraziò tutti e fece bella mostra di sé stessa, la gente si rivolgeva a lei per farle i complimenti su ogni cosa: aspetto e qualità canore.
Lucille era davvero felice, ogni cosa perfetta, non avrebbe mai potuto chiedere di meglio per un giorno talmente importante.
Di certo ignorava che qualcuno senza invito si era intrufolato all’interno e di nascosto, nella cucina semi vuota, rubacchiava alcuni dei cibi cucinati al momento.
Non faceva caso al chiacchiericcio della gente, il suo stomaco “parlava” più forte di ogni voce, mangiava quasi ad ingozzarsi pur di sentirsi meglio, solo quando calò il silenzio… e si susseguì un crescente tono armonioso, interruppe il pasto: camerieri e cuochi gli davano le spalle, in quel modo potè raggiungere i pressi della sala principale, ipnotizzato da quel richiamo che lo costrinse a rischiare di svelare la sua presenza al mondo intero, e vedere Lucille sul palco mentre cantava. Con insistenza gli ospiti avevano chiesto una performance, solo dopo un lungo pregare decise di salire sul palco ed esibire un breve pezzo del suo repertorio, tutti erano incantati, persino l’ospite indesiderato che sorrise ammaliato, sentendosi riempire di una felicità per lungo tempo privata.
Applaudì debolmente a fine esibizione quasi con vergogna, gli altri invece non esitarono a manifestare la loro approvazione.
Era un delirio di gioia.
Bouquet di fiori le vennero lanciati addosso, la cantante cercò di prenderli tutti ma la zia la portò via, eccitata quanto la ragazza.
<< C’è una persona che vorrebbe incontrarti! >> disse estasiata, spingendo la nipote in una determinata direzione.
<< Incontrare… me? >> ripetè lei senza capire.
<<  è un ospite fisso del nostro locale, un uomo molto importante per tutta Parigi che mai ha rinunciato ad una tua serata. A approfittato di questo evento speciale, rivolgendosi a me, per avere finalmente l’occasione di conoscerti di persona. E ti posso assicurare che non vedeva l’ora. Oh, eccolo lì! Yuuhhuuuu! Monsieur Maynott! >>
A rispondere al richiamo della donna fu un uomo di 40 anni circa, alto e dai capelli scuri completamente appiattiti e pettinati con cura in testa, mento spesso e pronunciato con un paio di baffi folti, vestito con uno smoking color panna. In quel momento teneva una mano dietro la schiena e l’altra che reggeva un bicchiere colmo di champagne, ricambiò il saluto della donna e le fece un cavalleresco bacia mano.
<< Monsieur Maynott, spero che la nostra festa sia di suo gradimento. >>
<< Le posso assicurare che non ho mai visto un così fantastico evento come il suo. Ha un talento particolare per organizzare le feste, dovrei ingaggiarla per qualche serata, una donna con un gusto come il suo riscuoterebbe successo. >> le rispose l’uomo.
<< Lei riesce sempre a mettermi in imbarazzo! Ah, mi permetta di presentarle la famosa star del nostro locale: la nostra cantante Lucille. >>
<< Quale onore! Ho assistito a parecchie sue esibizioni madame, ma non credevo che un giorno avrei avuto il privilegio di potervi parlare. >>
L’americano ripetè il bacia-mano con la cantante, gesto che la fece alquanto imbarazzare.
Maynott era un famoso politico di Parigi, il suo lavoro era spesso positivamente commentato sul giornale locale e grandi lavori aveva realizzato grazie al suo operato, le voci erano sempre accurate e giuste sul suo conto, mai una singola lamentela, tanto che alcuni lo volevano come prefetto.
<< Mia zia mi ha detto che è un mio ammiratore. >>
<< Carlotta vi ha già parlato di me? Perbacco, mi ha rovinato la sorpresa. E io che speravo di potervi un poco sorprendere. >>
<< Ci ha solo detto che voleva parlare con me, nulla di molto importante. >>
L’uomo sorseggiò la sua bevanda per qualche secondo e continuò a parlare, sistemandosi la cravatta nera e il fiore all’occhiello.
<< Bè, le confesso che mi sento un poco in soggezione. Lei è praticamente una stella e io sono solo un uomo di politica, la sua fama è giunta anche oltre i confini di Parigi e vorrei trovare parole più adatte per poter descrivere quanto lei sia splendida. >>
<< Monsieur, lei mi mette in imbarazzo, non può dirmi che sono migliore di lei. >>
<< Invece lo faccio, soprattutto perché lei merita tutti i complimenti del mondo. >>
Raoul era vicino, ma nessuno notò le sue espressioni nauseate, anche perché uno dei camerieri gli diede una gomitata per farlo smettere. Lucille e Maynott parlarono a lungo, era un discorso fatto soprattutto di complimenti su di lei, ognuno sempre più migliore del precedente, tutto ciò perché era chiaro che l’uomo era davvero interessato a lei.
<< Signorina Lucille, lei diverrà qualcuno, ne sono certo. >>
<< Ho ancora molto da imparare. >>
<< Davvero? Bè, se il problema è tutto questo, forse posso darle l’occasione di ottenere quella “lacuna”. >>
<< Cosa intende dire? >>
<< Che voglio aiutarla nella sua scalata al successo. >>
Lucille non seppe cosa dire…
 
…e le parole le mancarono del tutto quando un mostro l’aggredì.
  
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