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Autore: Horrorealumna    07/06/2012    2 recensioni
C’è un posto abbandonato e dimenticato nel profondo del cuore di ogni essere umano, dove la realtà e la finzione sono un’unica cosa, dove la verità e la bugia non hanno alcun valore e la paura del silenzio non esiste, così come quella della morte.
E io ne ero completamente a conoscenza.
Il resto del mio cuore era accanto ad una bambina sui sette anni, dai capelli corti e neri, in una città lontana, chiamata Silent Hill.
Genere: Horror, Introspettivo, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Harry Mason
Note: Raccolta | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Fear of ...'
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Tenebre In Cima Al Faro
 
Il faro, come previsto, non era molto lontano dal molo.
Ci sarei arrivato in pochi minuti; uscii dalla barca e mi misi subito in marcia, con la torcia spenta e la pistola nella mano: se dovevo incontrare un “demone” dovevo essere preparato! Come lo avrei trovato? Come lo avrei visto? Un uomo grosso e spaventoso, col forcone e le corna sul capo? Non ero pronto a questo.
- Forse mi sta solo ingannando... ancora. E io ci casco come un perfetto cretino! – sussurrai, appena formulati questi pensieri, su una passerella di legno.
Avrei visto Cheryl sul faro? L’avrei vista imprigionata da un campo di forze, o cose del genere?
E Cybil? Lei stava rischiando moltissimo solo per aiutarmi. Aiutare me!
Non volevo essere responsabile della morte di un innocente!
Il faro era davvero alto.
Le pareti esterne erano ricoperte da piante rampicanti. Non veniva curato molto, ma era davvero bello. Funzionava ancora... com’era possibile?
La porta d’entrata era aperta, così mi intrufolai dentro senza tante storie.
Era davvero strettissimo, un ambiente quasi claustrofobico. Il diametro doveva essere di quasi tre metri; ma era davvero altissimo. Il demone dov’era? Probabilmente in cima e, per arrivarci, dovevo salire una traballante e lunga scala a chiocciola, in ferro.
Non soffrivo di vertigini, ma sapevo mi sarebbe girata la testa.
 
Sentivo qualcosa di strano. Mi sentivo strano. Una strana energia sembrava invadere il mio corpo.
Ero a metà della salita, quando sentii un leggero ma incessante fischio nelle mie orecchie.
Un odore strano... un profumo soave ma quasi asfissiante mi raggiunse.
E poi un rumore lugubre e tetro... la sirena.
La sirena anti-bombardamento che mi aveva accolto in città.
Mi stavo avvicinando al demone... e alla mia piccola...
La città non mi avrebbe fermato stavolta... ero vicinissimo.
Già mi immaginavo la felicità di Cheryl.
“Papà! Andiamo via! Ti prego, ho tanta paura!” mi avrebbe detto, dopo esserci riabbracciati. E io l’avrei tranquillizzata, le avrei detto che era stato solo un brutto incubo e che preso si sarebbe svegliata nel suo comodo lettino.
Avrei portato via anche Lisa, naturalmente. Era così dolce e gentile. Non poteva restare a Silent Hill, non se lo meritava nemmeno.
Naturalmente anche Cybil sarebbe tornata a casa, nella città vicina, e avrebbe avvertito i colleghi delle stranezze che aveva incontrato.
Il dottor Kaufmann avrebbe aspettato sicuramente le sue fantomatiche “squadre militare di salvataggio”... l’aveva detto lui: io non dovevo entrare nei suoi affari!
Dahlia... aveva perso sua figlia a Silent Hill, ed era diventata matta per questo; forse era meglio lasciarla in città. Non potevo affermare di capire la sua perdita, ma al suo posto, sarei rimasto nel luogo in cui la bambina era morta, nella sua città natale.
Mi dispiaceva per lei, ma adesso era mia figlia ad aver bisogno di aiuto.
E io l’avrei salvata.
 
La sirena non si era ancora fermata, quando mi trovai agli ultimi tre gradini della salita.
- Ecco. Ci siamo...
Ricaricai la pistola e, preso un lungo e profondo respiro, mi feci coraggio e mi preparai a quella che si prospettava come una sorta di “battaglia finale”.
Io, uomo... contro un essere capace di ridurre un’intera città a un mondo di sangue e mostruosità ?
Wow...
Non era una prospettiva molto allettante.
Aprii la porta.
- Ecco...
Mi ritrovai in cima al faro. La visuale, un tempo, doveva essere mozzafiato; adesso riuscivi a vedere solo buio e oscurità, anche se si scorgeva leggermente la fioca luce della barca. Il forte rumore della sirena si era interrotto, per fortuna.
Lo strano odore indefinito continuava, e diventava sempre più forte.
Io non vedevo nessun demone. Sembrava tutto tranquillo.
Ma forse avevo parlato troppo presto.
Ai miei piedi brillava qualcosa.
Rimasi a bocca aperta.
Il pavimento di pietra del faro presentava un enorme disegno che risplendeva di una strana luce gialla.
- Cos’è questo...?
Non c’erano dubbi: era il Marchio di Samael.
 
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Era gigantesco.
Dahlia mia aveva avvertito. Aveva detto che io non dovevo lasciare si completasse, ma evidentemente era troppo tardi. L’avevo già visto, per la strada verso il faro, scritto col sangue per terra e sulle pareti, ma non ci avevo fatto molto caso.
Questo... invece, brillava!
Ma non ero solo.
Sentivo la voce di qualcun altro.
Un lieve mugolio, che si trasformò in una dolce melodia... l’avevo già sentita?
Mi guardai attorno e la rividi.
La stessa ragazzine, che stava scrivendo col sangue il Marchio nel cortile della scuola elementare, stava seduta sull’orlo del faro, con le gambe penzolanti nel vuoto.
Non mi aveva sentito, probabilmente.
Mossi alcuni passi verso di lei.
I capelli neri erano raccolti in un piccolo codino. Indossava un grembiule scolastico.
- Chi sei tu? – sussurrai.
La spaventai.
Si voltò sussultando con uno strano scatto e mi fissò, spaventata.
Com’erano lucenti i suoi occhi blu... erano spalancati e lucidi... come se avesse appena finito di piangere...
Era lei il “demone”?
La ragazza si era pietrificata.
- Non volevo spaventarti... – sussurrai, cercando tranquillizzarla.
Dio, quanto somigliava alla mia Cheryl. Eppure, era molto più grande di mia figlia. Ed era bellissima.
Non si era ancora calmata.
Si portò una mano all’altezza del cuore e respirò profondamente, tremando come una foglia.
Era semplicemente una sopravvissuta, come me. Ed era indifesa, aveva bisogno di protezione.
Ma che ci faceva sul faro?
Non era un demone.
- Allontanati... – bisbigliò la ragazzina.
Obbedii subito. Sentivo che dovevo farlo.
- Va tutto bene? Io sono Harry, ti porterò via da qui – dissi piano.
- Lo so.
- Cosa?
- Che ti chiami Harry. Vivi a Portland da quando ti sei sposato; tua moglie è morta anni fa e sei solo con tua figlia, adesso – bisbigliò con voce appena udibile.
Come... faceva a sapere tutte quelle cose su di me?!
Questa volta ero io ad essere pietrificato.
Il volto della ragazza si rilassò.
Iniziò a dondolare le gambe velocemente, nel buio.
Cosa... ?
- I genitori devono sempre dire la verità, Harry. Non devono far soffrire i propri bambini – continuò, guardandomi negli occhi.
Era come un incantesimo: il nostri sguardi non riuscivano ad interrompere quel magico contatto visivo.
- C-cosa vuoi d-dire? – sussurrai.
- Perché le hai mentito? Non credo lo meritasse...
Sorrise.
Cheryl...
Lei conosceva Cheryl!
- Io non le ho mai mentito! – risposi.
- Le bugie non portano mai a qualcosa di buono. Portano a qualcosa di più... – disse alzando la voce – Ad altre bugie... perché le hai raccontato bugie?
A cosa si riferiva?
- Sei un demone? – chiesi.
- Maleducato! – sussurrò, sorridendo – Non si risponde ad una domanda con un’altra domanda!
- Dahlia aveva ragione allora... sei il demone... ma... – sussurrai alla notte.
- Oh, la conosci? Stai con lei, non è vero? Mi dispiace, impazzirai come lei.
- So cosa fai!
- Tu non sai ancora niente di me.
- Ma TU sai tutto di me! Com’è possibile?! IO non ti conosco! – urlai.
Quella discussione stava prendendo una brutta piega.
- Bugie... – si limitò a sussurrare, ancora guardandomi negli occhi.
- Basta! Dimmi dove...
- Sì.
- Cosa?!
La ragazza si alzò e si avvicinò a me. Non era molto alta, era un’adolescente.
- Sono stata io – bisbigliò cauta – Ho disegnato io il simbolo. Ti piace?
Volevo allontanarla da me, ma lei, come se avesse intercettato la mia mossa, si fece da parte ritornando, in pochi secondi, seduta sul ciglio del faro, col rischio di cadere giù e morire.
- Ma chi sei tu... ? – continuai a chiedere, sconvolto.
- Lo sai.
- Invece no! Dimmelo!
- Mi hai chiamato “Maledetta”, appena arrivato in città.
Lei era quella voce?
La voce dell’incidente.
- Tu mi hai portato qui? – dissi.
Non mi ripose.
- D’altronde, che differenza fa? – continuò – Io sono il nessuno, la feccia. Lo sono. Mi reputo ancora tale. Dopo una vita... chiunque ci farebbe l’abitudine.
Stava degenerando? Stava impazzendo?
- Sì, chiamami “demone” o mostro... oramai...
- Perché? Perché... tutto questo... ?
- Il mondo è più strano di quanto tu possa pensare, Harry.
Silenzio.
Riuscivo ad intravedere una certa tristezza nei suo grandi occhi. O era una mia impressione?
- Allora... devi dirmelo... devo trovare mia figlia...
Restò zitta.
- Dimmi dov’è! So che non sei normale! – continuai, avvicinandomi.
La ragazza sembrò sussultare ancora alle mie parole.
- Sei scomparsa proprio davanti a me, per due volte o anche più! – quasi urlai – Devi dirmi dov’è Cheryl, perché so che tu lo sai!
Ricominciò a dondolare con molta più forza.
- Dimmelo subito!
- Bugie e bugie, Harry. Solo bugie... e io... io... e io ti amo tanto Harry.
Cosa diavolo... ? Ti amo?!
Corsi verso di lei: dovevo sapere chi era, cosa voleva da me e cosa sapeva di mia figlia.
Ma lei fu più veloce.
A pochi centimetri da me, si lasciò cadere nel vuoto, giù dal faro.
Urlava.
Era caduta involontariamente o no?
La vidi precipitare ad una velocità altissima verso il basso.
Per miracolo non caddi anche io!
Cosa avevo fatto?
 
Aspetta...
Ma per terra non c’era nessun corpo.
Alzai il capo... ed eccola lì.
Volteggiava nell’aria, davanti a me, alla mia altezza. Sembrava una farfalla, col vestito e i capelli che svolazzavano nella notte.
Sorrideva.
Quel sorriso... così strano...
- Sbrigati, Harry – disse – Non resta molto tempo alla tua amichetta biondina.
Cosa...?
Cybil?
- Ti aspetto al parco divertimenti – sorrise.
Poi, come se fosse capace di camminare sul vuoto, oltre che restare sospesa a quell’altezza, corse via nelle tenebre ridendo.
Una risata malvagia e spietata.
Si voltò per un ultimo secondo verso di me, sempre in corsa, poi si dissolse nell’aria.
 
Si alzò un vento terribile.
Dovevo scendere dal faro.
Cybil!
 
   
 
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