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Autore: Fair_Ophelia    08/06/2012    1 recensioni
Dopo la caduta di Galbatorix, un altro pericolo incombe su Alagaësia e soprattutto su Nasuada: un nemico che silenziosamente stringe intorno a lei la sua rete, separandola dai suoi alleati. Riuscirà a liberarsi dal suo aguzzino e a sciogliere i nodi di questa intricata matassa, alla scoperta del vero essere del Waìse Néiat? Scopritelo con me attraverso un viaggio pieno d'azione e romanticismo... Spero che diate almeno un'occhiatina :)
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Murtagh, Nasuada, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Rieccomi!!! Ma... se ne accorgerà qualcuno? L'altra volta ho ricevuto solo tre recensioni!!! :'( meglio di niente, però... ringrazio quelle che mi hanno recensito e perdono le ritardatarie ;) buona lettura, e commentate commentate commentate!!

7-AMARE SCOPERTE

La sera del giorno dell’incontro con il mellifluo messaggero, Nasuada era stesa sul letto, sotto calde coperte, in preda alla febbre. Il viso le bruciava, e così gli occhi: le sembrava di trovarsi in un incendio, con il fumo che le pizzicava le iridi, sfumando i contorni di ciò che guardava. Nelle orecchie persisteva sommesso un fischio. Una mano che reggeva una pezza imbevuta d’acqua gelida sulla fronte e lo sguardo perso nel paesaggio fuori dalla finestra, pensava a un modo per liberarsi dalla trappola che Orrin aveva creato, e soprattutto di scoprire i motivi dietro quella folle proposta, ma dopo pochi secondi perdeva la concentrazione e doveva ricominciare da capo.
Che cosa vuole ottenere con questo matrimonio...? Sa benissimo che non gli concederei mai il mio potere, anzi!, che non lo sposerei mai e poi mai! Che abbia qualche asso nella manica...? Ma qualunque cosa faccia, lo costringerò a tornare ad Aberon scapolo così com’è venuto, può... starne certo. Ehi... Aspetta! Un pensiero le attraversò la mente come un fulmine a ciel sereno. E se si facesse aiutare da un mago? Diede la pezza a Farica, che cuciva accanto a lei; la serva la bagnò in un catino, la strizzò e gliela porse. Cosa stavo pensando... Un momento! E se si facesse aiutare da un mago? Ma c'è sempre Angela... E' più potente di chiunque, qui.
Ma tutte quelle ragioni non bastavano a sciogliere il nodo di tensione che le attanagliava le viscere al pensiero del giorno dopo; sentiva che doveva ancora aver paura di qualcosa.
Poi le venne un'idea. Che sciocca! Come ho fatto a non pensarci prima? -Farica, va' a chiamare Trianna, per favore.- L'ancella si alzò e uscì. Lei rimase a fissare il soffitto, pensando cosa avrebbe detto a Orrin attraverso lo specchio. Perché gli avrebbe parlato. Non m'interessa se non gli piace la magia; scoprirò cos'ha in mente, e lo obbligherò a tornare ad Aberon con la coda tra le gambe. L'ancella tornò poco dopo, seguita dalle negromante; questa aveva un'espressione seccata sul volto che non presagiva niente di buono. -Va' a prepararmi un infuso, per piacere- fece rivolta alla serva, che fece un piccolo inchino e uscì.
-Cosa c'è, mia signora?
-Volevo chiederti di divinare Orrin per me.
Trianna rimase in silenzio, guardandola con occhi spenti e tetri: il vano tentativo di riunire i maghi in una lega aveva ancora le sue ripercussioni. Temeva davvero che avrebbe risposto di no, quando il suo sguardo si ravvivò e rispose: -Va bene, ma ricordati che non sono la tua serva.- Si rivolse verso lo specchio e borbottò poche parole; la superficie ebbe il consueto bagliore per poi mostrare una spettacolo tanto incredibile quanto orrido. Nonostante la febbre la regina scattò a sedere ad occhi sbarrati, incredula, orripilata, terrorizzata; non voleva credere ai proprio occhi, ma quando realizzò che non era uno scherzo dell'immaginazione, un profondo dolore si scavò strada nel suo cuore.
Nello specchio si rifletteva l'immagine del cadavere di Orrin. L'uomo era stato trafitto da una spada in pieno cuore e sangue scarlatto gli macchiava i vestiti e il volto, con una concentrazione particolare sul petto; i lineamenti contratti in una smorfia di terrore ricordavano appena l'espressione da vivo; la pelle andava già in decomposizione e le mosche banchettavano sul corpo. Trianna sgranò gli occhi e fece un passo indietro, emettendo un gemito strozzato; poi cadde a peso morto, mentre l'immagine sullo specchio scompariva.
Nasuada sentiva il cuore implodere e contorcersi: si alzò fissando il corpo della maga, sconvolta. -Trianna! Trianna, mi senti?- La voce le morì in gola. Si abbassò e le afferrò un braccio, scuotendola, ma non diede il minimo segno di vita. Non può... Con un orrendo presentimento, si alzò e si avviò barcollando verso la porta. La aprì e sbirciò all'esterno: i Falchineri di turno stavano discutendo animatamente tra di loro in fondo ad un corridoio laterale, non l'avrebbero notata uscire. Agile e silenziosa, sgattaiolò verso la sala appoggiandosi alle pareti, attraversando i corridoi bui rischiarati solo dalla debole luce delle torce, i passi stentati e la testa pesante come un macigno.
Chiederò a Occhigialli di far venire Angela in camera mia; certo lui la troverà più velocemente di quanto possa fare io e lei saprà come aiutarmi in questa situazione. Non mi fido di nessun altro. Nessuno tranne lei dovrà sapere quello che è accaduto. Se è accaduto. Trianna è... Davvero morta? Non può! Mi rifiuto di crederlo! Una volta arrivata aprì lentamente il portone ed entrò silenziosamente nella stanza: il gatto era sveglio e la guardava adagiato sul suo cuscino, gli occhi che gli davano il nome brillanti come topazi nel buio oltremare, le orecchie all'erta. Gli spiegò la situazione e lui saettò silenziosamente verso la porta, la sorpassò rallentando appena l'andatura e guizzò per i corridoi morti.
Lei si avviò di nuovo verso le sue stanze, ancor più lentamente di prima. Maledetta febbre! Dovrà pur passare prima o poi, no?
Quando arrivò Angela e Solembum erano già davanti all'ingresso e l'erborista la guardava con aria accusatoria. -Mi prendi in giro?- Le venne incontro con passi decisi e le puntò un dito sul petto.
-Dico, mi prendi in giro? Ma quale cadavere e cadavere? Di Trianna? Ho altro da fare che stare ai tuoi scherzi!- Aveva le sopracciglia aggrottate e l'indice tremava sul tessuto del suo vestito tracciando piccoli cerchi; sembrava vicina al perdere il controllo. Si aspettava che da un momento all'altro l'avrebbe presa a schiaffi -e lei nonostante la febbre avrebbe reagito furiosamente- ma dopo quello sbotto semplicemente si allontanò, seguita dal gatto, tranquillo come al solito, che faceva ondeggiare la coda. La guardò allontanarsi, quasi sollevata che avesse deciso di finirla lì, ma rimaneva l'interrogativo del suo comportamento. Che cos'ha visto? Anzi, che cosa non ha visto?! Il corpo di Trianna è in camera! E'... è in camera...? Ormai non si fidava più neanche della sua stessa ombra. Un terribile sospetto, inculcatole dal suo sesto senso, le diceva di entrare nella stanza. Percorse i pochi passi che la separavano dalla soglia con foga, ma una volta arrivata rimase pietrificata.
Il corpo di Trianna era scomparso.

Il mattino seguente Nasuada si svegliò di buon'ora: aveva passato la notte in bianco alla disperata ricerca di un senso logico per ciò che aveva visto. Le passavano di continuo davanti le immagini del corpo straziato di Orrin, di quello di Trianna, pallida e immota sul pavimento, che non si sapeva se fosse un cadavere, di Angela che le puntava un dito sul petto accusandola di essere una falsa; della stanza deserta al suo ritorno. Quando il sipario delle sue palpebre si era finalmente chiuso su quelle scene da tragedia e il sonno l'aveva accolta tra le sue braccia protettive, il sole stava per sorgere.
Eseguì le solite abluzioni mattutine aiutata da Farica, poi si sedette su una sponda del letto e la serva uscì. Rimase per un po' con gli occhi persi nel vuoto, poi trasse un lungo respiro. Quel giorno sarebbe arrivato Orrin -sempre che non fosse morto; ormai non ci stava capendo più niente- e avrebbe chiesto di sposarla. Non si sentiva abbastanza forte da resistere a qualche suo trucco: la febbre le faceva ancora pulsare le tempie e girare la testa. Non le restava che aspettare, aspettare il momento in cui lui sarebbe venuto, e quello di lottare giunto, e pregare che la sua forza l'assistesse ancora una volta.
E arrivò. Dopo un'oretta, sentì un vocio confuso in corridoio che si avvicinava sempre più, poi Farica che protestava vivamente: -Sire, insomma, non potete entrare! Vorreste contrastare gli ordini della regina?
-Portatemi da lei o entrerò lo stesso! Si tratta di una questione urgentissima, che non sto qui a spiegare ad una serva!
Oh, no... Ti prego, no... Nasuada, che ti succede? Fatti forza! Rimandalo ad Aberon umiliato e sconfitto!
-Lady Nasuada mi ha espressamente ordinato di non far entrare nessuno!
-Ora ci entrerai tu, e a pezzettini, se non ti decidi ad aprire quella maledetta porta!
Un mugolio stentato fu la risposta, poi la maniglia si abbassò ed entrarono la serva, terrorizzata, sul punto di scoppiare i lacrime; il messaggero lusinghiero del giorno prima, che le rivolse un sorriso dolciastro come lui; un uomo sconosciuto, vestito con una lunga tunica, che portava un baule di medie dimensioni tra le mani; e Orrin.
Il re indossava una splendida camicia di lino candido, calzoni neri attillati ed un mantello purpureo bordato di una morbida e lucente pelliccia corvina; i fianchi erano stretti da una cintura di cuoio nanico con le borchie d'oro, da cui pendeva una spada a una mano e mezza.
Era di una bellezza solenne, ma lei riusciva a vedere in lui solo una minaccia.
-Buongiorno, mia bella- fece con una profonda riverenza e voce mielata. Una voce che non gli apparteneva. Lui è morto... Come fa ad essere qui? E se è lui ed è vivo, perché si comporta in modo così strano? La cupidigia l'ha spinto davvero fino a questo punto? Nonostante cercasse di controllarsi, non poté impedire al cuore di iniziare a battere all'impazzata come un tamburo da guerra. -Mai.- Non se l'aspettava, ma il suo tono di voce era duro, fermo e risoluto. -So benissimo che lo fai solo per costringermi a dividere il mio potere con te. Ribellioni nelle città? Sciocchezze! Hai preso quelle scaramucce come scuse per arrivare al tuo scopo... E ti aspettavi davvero che mi arrendessi? La sete di potere ti ha reso davvero cieco e spietato, allora.- Voleva tenere ancora nascosto il suo asso nella manica, la scoperta di quel cadavere, ma non sapeva se per strategia o per panico.
-Ma cara, quanta rabbia insensata che c'è nel tuo cuore! Riesco a perdonarti, solo perché comprendo il tuo desiderio di proteggere il tuo popolo, che ti induce a essere diffidente come un riccio che si richiude al riparo dei suoi aculei... Ma questo scetticismo ti può anche far perdere preziosi alleati, come me. Voglio solo aiutarti, tesoro. Mentre arrivavo in città ho avuto la brillante idea di fare una deviazione per Dras-Leona, per constatare di persona la tragica situazione del luogo, e devo ammettere che è davvero peggiore di quanto pensassi. Qui ad Ilirea le informazioni arrivano attutite e distorte come pettegolezzi, ma la situazione è davvero drastica. I nobili rivendicano la parte dei beni che hai loro confiscato, e se non si interverrà la città diverrà loro nel giro di poche settimane. E non bastano le truppe ordinarie a sedare qualcosa di proporzioni così grandi: serve un evento politico, quale potrebbe essere il nostro matrimonio, che possa creare instabilità. E la mia cavalleria eliminerebbe in un batter d'occhio queste difficoltà: non per niente è rinomata in tutta Alagaësia.- La voce del re diventava via via più suadente; sgranò gli occhi.
-Inoltre, non sto qui ad elencarti i vantaggi che ne ricaverebbero entrambi i regni: tu prima hai parlato di "costringerti a dividere"... La metti in modo troppo drastico! Si tratta di semplice collaborazione politica, come è sempre stato fatto tra i nostri territori! Immagina i risultati: la pace e la prosperità, unendo i nostri forzieri e le nostre forze, andrebbero dalla periferia di Ceunon al palazzo sul mare di Roccascissa. E per concludere, io ti amo, e sono certo che anche tu ti innamorerai di me. Sarò dolce, gentile, vivrò solo di te, e insieme governeremo i nostri regni con giustizia e amore. Sposami, e questo sogno diventerà realtà.
Il discorso anziché tranquillizzarla l'aveva terrorizzata; c'era qualcosa di errato. Poi ebbe un deja-vu. Quella voce. Così allettante e gentile, eppure che odiava più della morte; quell'inflessione dialettale antica, che una volta che ti entrava in testa non ti usciva più. Qualcosa da evitare ad ogni costo, a cui era stata abituata sin da bambina. Allora capì. E la comprensione la gettò nel baratro dell'incredulità e della convinzione che il mondo non avesse più regole, se era possibile quello. La certezza che più contava per lei da un anno e mezzo era solo un'illusione. Anni e anni di battaglie... Invano. Ancora lì. L'aria le rimase intrappolata nelle viscere contorte. -Tu menti.- Deglutì, ma aveva la bocca prosciugata.
-Tu... Tu sei Galbatorix.
Nello stesso momento un'entità potentissima le spazzò le barriere mentali e s'impossessò della sua mente.


NdA: non è una vostra impressione, è il cap che fa schifo... Ho avuto dei problemini e la fine dell'anno scolastico mi ha stancata... ricopritemi pure di tutte le critiche che volete... :(

   
 
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