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Autore: hobrienxx    08/06/2012    4 recensioni
There's always hope è la storia di cinque adolescenti problematici senza il coraggio di andare avanti con la propria vita ma che, per qualche scherzo del destino, sono destinati ad incontrarsi e a conoscersi.
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"We come into this world unknown
but know that we are not alone"
- Kelly Clarkson.

jamie bower | via Tumblr






















La ragazza che avevo urtato all'inizio delle lezioni nei corridoni mi stava fissando negli occhi, incerta se avvicinarsi o no. La salutai allegramente, sorridendo ancora una volta.
'Sono Violet' disse lei timidamente. 'Io Josh'
Mi girai verso il bancone e vidi attraverso lo specchio del bar che lei sobbalzò piano, cercando di non farlo notare.
Sarà per via di quel tatuaggio?
Dovrei nasconderlo quando esco..
Ora anche lei scapperà come tutti, non so se questo segno è una condanna o un ricordo costante di chi mi è stato portato via.
Josh, Josh e basta. Che sensazione si ha nell'avere un cognome?
Lo avevo ne ero certo, tutti lo hanno, ma non lo ricordavo più da tempo.
Ero troppo piccolo, solo cinque anni, quando rimasi orfano in un incidente d'auto dove entrambi i miei genitori persero la vita, troppo innocente per meritarmi una cosa del genere, non scrivendo il mio cognome da anni nè ripetendolo a voce alta o nella mia mente e piano piano me lo sono dimenticato. E' triste dirlo, ma è la pura verità.
E' brutto dire anche Josh e basta ma ormai mi sono abituato così e sto molto meglio da quando non ricordo la mia vecchia vita.
Quella era composta da spostamenti da una famiglia affidataria ad un'altra, da fughe da quelle persone che non erano LA MIA FAMIGLIA, da quelle che non ERANO I MIEI GENITORI. Scappai numerose volte e altrettante fui ritrovato e riaffidato, fino quando all'età di 12 anni gli Anderson non ne vollero più sapere di me ero solo un problema, andava bene per loro far finta che fossi in casa mentre ero ingiro per strada.
Vivevo male in quella famiglia, loro continuavano a sorridermi, io non volevo quei sorrisi, erano finti, non volevo le loro attenzioni, non volevo le prese ingiro all'interno di quelle scuole private, non volevo andare ingiro vestito tutto tirato e lucido, volevo solo tornare indietro. Impossibile.
Un giorno pianificai tutto: legai una corda a letto calcolando che la mia finestra era solo al secondo piano e che quindi avrei rischiato poco o niente, mi calai giù evitando ogni tipo di rumore e ci riuscii. Mi girai un'ultima volta, fissai l'enorme casa da ricconi, non versai una lacrima, non dissi una parola, semplicemente iniziai a correre via, lontano il piu' possibile. Nessuno mi venne a cercare.
Vissi per diversi mesi da solo, al freddo con una semplice coperta che non copriva poi così tanto, qualche pagnotta e riserva di cibo, acqua, un cambio di abiti e i soldi che ero riusciuto a mettere via.
Ma quando hai 12 anni non riesci a vivere da solo per molto tempo.
Ad un angolo di una strada mal ridotta trovai per caso un gruppo di ragazzi, chi piu' piccolo chi piu' grande, ma con una cosa in comune: l'essere orfani.
Erano gli orfani della città, scappati anche loro, abbandonati, a nessuno importava di loro, vivevano tutti insieme per strada come una piccola famiglia o meglio gang, si perchè ciò che facevano era rubare per sopravvivere.
Ero il più piccolo, mi adattai in fretta, mi accolsero a braccia aperte anche se ero una nuova bocca da sfamare ma penso che tra persone che soffrono per lo stesso motivo si farebbe questo e altro. Ero il fratellino minore ma anche l'incapace di turno, che non sapeva guadagnarsi nulla, che poteva fare solo una misera e insignificante guardia, cosa che capii piu' avanti non era del tutto irrilevante ma a quel tempo mi sentivo in continuazione messo da parte, escluso e trascurato. Volevo far parte della mia comunità, rubare con loro anche se non era una bella cosa. Ma come potevamo sopravvivere altrimenti? Non ci volevano far lavorare, spesso i colloqui finivano alla domanda 'il suo cognome mi scusi?' o 'dove abita?' nessuna delle due aveva una risposta accettabile e verificabile.
Rubare per vivere, dividere il cibo per sopravvivere. Non c'era spazio per amare e per divertirsi, il tempo non andava sprecato, mai, era una lotta la nostra, per portare qualcosa a casa.
Come legame avevamo un tatuaggio, un'aquila, la mia si trovava dietro al collo, non so perchè questo simbolo me lo sono sempre chiesto, ma lo avevamo tutti.
Col passare del tempo la gente iniziava ad aver paura di chiunque lo avesse e a starci lontano piu' di quanto già lo facesse perchè i furti si erano trasformati in rapine, molto spesso a mano armata, gli orfani erano diventati criminali, carcerati e cominciarono a sparire dalla città anche se vennero sostituiti da molti altri facendo crescere il pericolo di essere scoperti.
Proprio in questo modo mi furono portate vie le due persone piu' importanti di questa mia nuova vita. I loro nomi erano Lucas e Sam. Vivere da emarginati mi era stato insegnato da loro, li incontravo solo la sera quando mangiavamo e dormivamo tutti nello stesso posto ma in quel tempo mi tenevano compagnia e mi facevano sentire all'inzio un vero bambino, poi un'adolescente e poi piu' nulla. Quando feci 16 anni furono arrestati.
Quando la prima volta comparì mi diedero la LORO razione di cibo perchè non sapevo funzionava e continuarono a farlo fino a quando riuscì a capire come rubare senza farmi vedere. Erano e saranno sempre la miglior cosa che mi sia capitata da orfano.
Il loro ricordo quasi mi fa piangere tutt'ora.
Lucas, il piu' vecchio di tutti, con i suoi capelli tendenti all'arancione e gli occhi azzurri limpidi, era il capo, lui decideva tutto, Sam invece era il vice, nonchè il piu' agile di noi, dai capelli abbastanza lunghi castani e gli occhi dello stesso colore, così veloce e furbo che nessuno lo avrebbe mai visto. Almeno questo pensava chi lo conosceva.
La certezza che non era davvero così ma che era semplicemente una nostra illusione avvenne quando furono arrestati per furto, Sam era stato bloccato da un poliziotto e Lucas beccato sul fatto mentre infilava dei semplici e banali biscotti per noi nella giacca, aveva detto che ci avrebbe fatto un regalo e finì con lo scomparire per sempre. Ancora oggi mi chiedo se sospettavano già di loro perchè tutto era troppo organizzato nella perfezione.
Piansi tanto quando me lo raccontarono. Sì, può sembrare stupido piangere a sedici anni ma loro erano tutto per me.
La mia rabbia si accumulava giorno dopo giorno, non rispondevo male agli altri orfani, non mi comportavo in nessun altro modo, ma se qualcosa mi faceva alterare, sì, era la fine. Me ne accorsi quando, poco tempo dopo dall'arresto dei nostri amici, un ragazzino piu' piccolo di me si mise a urlare che quello che aveva in mano un altro era il SUO CIBO, cosa non affatto vera perchè tutti avevamo visto che aveva appena finito la sua razione quotidiana, ma non gli importava doveva avere ragione lui e a me questo non andava per niente bene.
Mi alzai e gli dissi arrabbiato che non era giusto, e lui ripose che io non ero nessuno per dirlo, che tanto non avevamo piu' un capo e quindi poteva far giustamente cosa desiderava. Gli sferrai un pugno. Cadde a terra con un tonfo che fu seguito da un lungo e interminabile silenzio.
Sam e Lucas mi avevano sempre insegnato ad essere onesto e a non mentire, e questo moccioso non aveva appreso questa lezione forse così avrebbe imparato, pensai. Da quel momento nessuno mi venne piu' contro, la potenza con cui gliela diedi gli riportò danni permanenti sul viso e tutti iniziarono a temermi.
Diventai il piu' vecchio, presi il posto di Lucas e cominciaia ad andare a scuola.
Come? Un'assistente sociale, il suo nome era Lydia, scoprì che rubavo per vvere e decise di fare un patto con me o mi avrebbe denunciato. Era giovane, forse aveva il compito di trovare gli orfani che derubavano la città e riportarli nelle famiglie affidatarie, ma io riuscii ad arrivare a un compromesso: niente famiglia ma sarei andato a scuola, e tutto sommato, non era poi così male soprattutto perchè tutti mi evitavano, non rischiavo di prendere qualcuno a pugni.
Il non avere amici in quel contesto sociale pesava ma ben presto mi abituai alla solitudine anche perchè la sera mi aspettava la mia famiglia. Molto spesso lasciavo loro dei libri di scuola così che avrebbero potuto imparare qualcosa.
Chiunque ripeta che andare a scuola è stupido e noioso si sbaglia perchè c'è chi non ne ha la possibilità e non può imparare praticamente nulla.. Quando portavo loro qualche libro insegnavo loro a leggere e si dimenticavano delle proprie vite per un momento.
'Posso sedermi qui?' una voce mi riportò alla realtà, era Violet.
Era rimasta, forse non aveva così tanta paura, anche perchè le avevo sorriso e quando lo facevo non trasmettevo terrore.
'Certo' e le feci spazio notando solo ora che affianco a me si trovava un ragazzo con un'aria triste.
'Scusami per prima' e le risorrisi così non se ne sarebbe andata.
'Grazie di non avermi insultata' disse lei con lo stesso tono timido di prima
'Chi ti insulta? E... scusami perchè mai?' la guardai confuso.
'Tutti' e abbassò la testa ma non fece in tempo a spiegarmi il motivo perchè sentimmo delle voci e vedemmo qualcosa di insolito.
Un gruppo di ragazzi stava prendendo a calci un loro coetaneo che emetteva gemiti e pianti, gli stavano facendo parecchio male.
  
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