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Autore: turnright    08/06/2012    6 recensioni
A volte credere nel "per sempre" è la cosa più sbagliata che tu possa fare, a volte invece si può rivelare un investimento che valeva la pena di essere fatto.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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«Cassie porta qualcosa da bere al tuo nuovo paparino» urlò John seduto sul divano a guardare il football in televisione. Odiava quando si definiva “nuovo paparino” solo per ricordarle che quello “vecchio” non c’era più. In realtà odiava il fatto che osasse solo pronunciare la parola “papà” riferito a lui. Non poteva definirsi uomo figuriamoci papà.
«Alza il culo dal divano» gli urlò Cassie dall’altra stanza. Trovava sempre un pretesto per stare fuori casa quando dentro c’era lui ma da quando John si era attaccato a sua madre, o per meglio dire al suo televisore, peggio di una fan scatenata al suo idolo la cosa le risultava quasi impossibile. Alicia spesso stava seduta nel divano accanto a lui nell’intento di elemosinare qualche attenzione e quello, come segno quasi di carità, le metteva un braccio intorno al collo. Lei lo prendeva come un bellissimo segno d’affetto, in realtà John voleva solo farla stare zitta per seguire meglio la partita.
«Cassie» la richiamò con voce severa. Lei lo ignorò ma John imperterrito continuò a chiamare. Quando si alzò i suoi passi rimbombarono nella casa come potevano rimbombare i passi di un gigante in un villaggio di nani. Aprì la porta della camera di Cassie e questa sbatté violentemente contro il muro. John aveva il tipico aspetto da camionista, era rozzo e il 50% del suo corpo era ricoperto di tatuaggi privi di senso.
«Ti avevo detto di portarmi da bere»
«E io ti avevo detto di alzare il culo» disse Cassie continuando a tirare sul muro una pallina rossa che aveva riportato alla luce nell’immenso casino della sua camera. John intercettò il lancio, strinse la pallina nella mano e la lanciò fuori dalla finestra. Cassie lo guardò attentamente, John si fece fare spazio nel letto e si sedette esattamente di fronte a lei. 
«Ti ho chiamato varie volte, bambina» disse accarezzandole il volto con le mani sporche.
«Riserva pure questi soprannomi per mia madre» rispose allontanandogli la mano dal suo viso con forza.
«Pensi di essere talmente bella e forte da respingermi? I capelli biondi lunghi fin sotto il culo e gli occhi azzurri non cambieranno il fatto che non ti si può guardare per quanto sei grassa» disse con tutta la cattiveria che aveva in corpo. Cassie era in realtà più magra di quanto non fosse mai stata, anche troppo. Il suo viso era sciupato e più che mettersi a dieta avrebbe dovuto ricominciare a mangiare. Nonostante tutto John non perdeva occasione per rinfacciarle quanto lei non andasse bene, quanto lei fosse sempre in sovrappeso anche se continuava a dimagrire. Avrebbe voluto essere abbastanza forte da fregarsene delle sue parole, da dire che quello che la gente diceva sul suo conto le scivolava addosso come se le loro parole fossero acqua e lei una sostanza impermeabile ma non lo era. Ogni parola sul suo aspetto fisico colpiva la sua corazza rendendola ancora più fragile e ogni volta lei si ritrovava a dover prendere gli attrezzi per rinforzarla e aggiungere un altro strato promettendo a se stessa che la prossima volta non sarebbero arrivate così infondo, che non l’avrebbero più ferita.
John le diede un schiaffo facendole diventare il pezzo di guancia colpita di un rosso vivo. L’uomo uscì dalla stanza sbattendo violentemente la porta. Cassie istintivamente portò la mano sulla parte colpita. Si alzò dal letto tenendo ancora la mano sulla guancia e si posizionò davanti allo specchio che si trovava all’altro capo della camera. In quel momento avrebbe preferito essere un vampiro per non vedere il suo riflesso. Continuava ad odiarsi e il desiderio di dimagrire l’assaliva come se fosse un demone. Era capace di non mangiare per giorni e giorni e ogni volta che ingeriva un boccone di qualsiasi cosa si sentiva in colpa come se avesse commesso il peggiore dei crimini.
Rassegnata prese dall’armadio una maglia larga e un paio di jeans. Si vestì, si mise ai piedi le converse che erano sotto il letto ed uscì per recuperare la palla rossa che le piaceva far rimbalzare sul muro imitando dottor. Hause nei suoi momenti di riflessione. Chiuse la porta alle sue spalle e si infilò le chiavi di casa in tasca. Uscita in strada trovò la palla ferma in un punto del marciapiede opposto. Attraversò non curante delle macchine che passavano e si chinò a recuperarla. Quando si rialzò la testa le girava spaventosamente, si appoggiò al primo muro che riuscì a toccare e aspettò che passasse, come passava ogni volta. Pian piano i palazzi attorno a lei smisero di girare e tutto ricominciò ad avere un senso, i piedi erano sul terreno e niente girava senza motivo. “Avanti, Cassie, dopo quasi due settimane che non mangi praticamente niente dovresti aspettartelo qualche giramento di testa” disse tra sé e sé. Odiava svenire e dopo le prime volte che le era capitato si era ripromessa di non arrivare più a quel punto, di mangiare e di riacquistare le forze almeno per continuare ad avere il controllo di se stessa. Continuò a camminare sapendo di dover fermarsi da qualche parte e rispettare quello che aveva detto ma più incontrava ristoranti o bar o qualsiasi altro posto con del cibo commestibile più si rifiutava di entrare. Era come avere due opinione opposte sulle spalle. L’una, che doveva essere il grillo parlante della situazione, le diceva di entrare e che se avrebbe continuato così invece di sentirsi meglio con se stessa si sarebbe solo sentita peggio. L’altra, invece, urlava forte nella sua testa in modo da coprire tutto il resto, urlava che mangiare quando si era come lei era sbagliato, che lei era sbagliata, urlava tutto quello che si era sentita dire o che aveva pensato che gli altri dicessero di lei in tutti questi anni. Continuò a vagare per le strade usando la pallina rossa che teneva in mano come anti-stress, decise, infine, di entrare nel suo solito starbucks in cui non metteva piede da quando vi aveva incontrato Nick. Meg era sempre lì al bancone che distribuiva le ordinazioni e non era cambiato una virgola da quattro mesi e mezzo fa. Non aveva intenzione di tornare a casa e non aveva più voglia di camminare quindi optò per sedersi ad uno dei tavolini liberi e aspettare la sua ordinazione. Si guardò intorno per qualche minuto finché due tavoli davanti al suo vide un volto conosciuto, stringeva la mano della ragazza seduta di fronte a lui mentre lei continuava a parlare, la fermò e gli stampò un bacio sulle labbra. Qualche minuto dopo lo sguardo del ragazzo incontrò quello di Cassie come la prima volta che si erano incontrati solo che adesso erano un po’ più lontani.
«Che stai guardando?» gli chiese la ragazza voltandosi. I capelli neri le arrivavano fin sotto le spalle e il viso roseo era illuminato da degli occhi verdi a cui nessuno avrebbe resistito.
«Niente» rispose distogliendo lo sguardo e posandolo sulla sua ragazza per poi qualche minuto dopo ritornare a guardare in direzione di Cassie.
Erano passati quattro mesi dall’ultima volta che lo aveva visto. New York è grande ma quando due persone sono destinate ad incontrarsi ancora e ancora nonostante sia meglio non farlo alla fine si incontrano sempre. È una forza indistruttibile quella che li lega, sono fili comandati da qualcosa di più grande, fili che sono nati per intrecciarsi in un periodo preciso, senza fretta. Se due punti sono destinati a toccarsi l’universo troverà sempre un modo per metterli in collegamento. Attraverso lo spazio, il tempo, lungo percorsi che non possiamo prevedere la natura trova sempre una via.
Cassie distolse lo sguardo e si affrettò ad alzarsi decisa a non mangiare. Si alzò talmente in fretta che tutto intorno a lei cominciò a girare di nuovo, perse l’equilibrio e cadde a terra sbattendo violentemente la testa sul pavimento freddo. Nick come di scatto corse verso la ragazza facendosi spazio tra la folla che le si radunava attorno. «Chiamate un’ambulanza» urlò.




PUBBLICITA': okay è la prima volta che scrivo qualcosa oltre il capitolo, wow. ammetto di essere un tantino in ritardo ma colpa della scuola, adesso con l'estate credo di riuscire a postare più frequentemente. detto questo spero vi piaccia e che non iniziate a tirarmi i pomodori, se vi va potete andare a leggere anche la FF che sto scrivendo con itsasiaJ (@xthebesthing) 
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1022666 per concludere se vi interessasse su twitter sono @xsaysabotage :)

  
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