Disclaimer: I personaggi
presenti in questa fanfiction non mi appartengono. Sono proprietà di JK
Rowling. Da questo scritto non traggo alcun profitto, è
solo per puro divertimento.
My Christmas
Tale
Ancora pochi rintocchi
della lancetta e sarebbero state le dieci e mezzo.
Ronald Weasley contemplava
tristemente l’orologio magico tirato fuori dal
taschino, battendo a terra il piede nervoso, guadagnandosi così curiose
occhiate dalle per nulla irrequiete persone attorno a lui sulla metropolitana.
Mancavano pochi giorni
a Natale e il Mondo Magico era letteralmente impazzito, come del resto accadeva
tutti gli anni. Le strade di Diagon Alley erano impraticabili a qualsiasi ora del giorno e
della notte, i negozi erano presi d’assalto senza sosta, per non parlare dei
Camini: viaggiare con la Polvere Volante significava quasi certamente cozzare
contro un altro viaggiatore o scivolare per sbaglio sulla sua traiettoria
ritrovandosi magari nel sud dell’Olanda o in pieno Giappone. Solo Materiallizandosi forse ci si riusciva a spostare, ma anche
in quel caso, le probabilità di incidenti aumentavano
regolarmente con l’inizio delle feste.
Fino a un decennio prima l’intera famiglia Weasley si muoveva a
bordo della Ford Anglia
volante, rendendo le cose notevolmente più semplici. Da quando non c’era più,
mamma Weasley cominciava a provvedere ai regali già un mese prima, non senza
fatica, e non perdendo mai l’occasione di ricordare a Ron e ad
Harry, tra le risate generali, quanto le mancasse la vecchia auto.
Ron sospirò.
Aveva deciso di
viaggiare con i mezzi babbani per guadagnare tempo e invece si ritrovava ancora
imbottigliato nella folla. Rimpiangeva di aver creduto a Fred,
il quale lo aveva convinto che i babbani londinesi non festeggiassero così
tumultuosamente la festività.
Sbuffando irritato e
accaldato, diede un’occhiata alla mappa delle fermate.
Fortunatamente la prossima sarebbe stata la sua.
A fatica nel rumoroso
vocio riuscì a distinguere le parole dello speaker automatico, che annunciavano
l’arrivo alla stazione, ormai prossimo.
Inalò profondamente
non appena sentì il mezzo rallentare e le porte aprirsi, e poi…via! Scattò in
mezzo alla folla nonostante l’impaccio del cappotto lungo e pesante, zigzagando
tra le persone come un giocatore di calcio babbano con i suoi avversari.
Si era talmente
abituato al calore dentro il vagone, che quando si scontrò con il freddo
esterno gli parve che la temperatura fosse bruscamente
scesa rispetto a quando era entrato; ma non gli importò.
L’unica cosa che gli
occupava la mente era l’immagine delle lancette dell’orologio che
inesorabilmente procedevano, rendendo la sua corsa una
gara contro il tempo.
Arrivò in fondo alla
via che già il fiatone spirava fuori dalla sua bocca
in piccole nuvolette di vapore.
Si guardò attorno in
un attimo di smarrimento, poi vedendo il campanile della Chiesa svettare in
mezzo ai comignoli fumanti delle case, riprese a correre, mancando di poco un
mercante ambulante all’angolo di una traversa.
Si ritrovò nel
piazzale innanzi la Chiesa, affollato di gente che si muoveva tanto
freneticamente da fargli incrociare la vista.
Attraversò il pesante
portale legnoso con un solo lungo passo e fu immerso nel silenzio.
Si fermò, ansimando.
Il suo respiro
affannoso era l’unica cosa che si udiva oltre ad un lontano e ovattato canto,
che nella sua finezza si diffondeva per tutta la grande struttura.
Tirò quasi
inconsciamente un sospiro di sollievo: era ancora in
tempo.
Prese a seguire le
voci, che sembravano provenire dal piano di sotto.
Dopo aver sceso le scale immerse nel buio saltando i gradini due
alla volta, si precipitò nella sala dalla quale vide scaturire voci e luce.
Quando la sua testa
fece capolino nessuno si accorse della sua presenza o fece qualche commento sarcastico
sul fatto che fosse arrivato proprio nel momento in cui lo spettacolo volgeva
al termine fra un’ovazione di applausi.
Si intrufolò tra la calca
di gente, tutta con i visi raggianti rivolti verso il palco, dove un corposo
gruppo di bambini terminava il canto natalizio, esibendo per la gran parte
sorrisi sdentati.
La sala era enorme,
addobbata a festa, con grandi ghirlande rosse e oro che pendevano dai
lampadari, mentre le candele, poste lungo tutto il
perimetro, conferivano un’aria di gioiosa sacralità.
Dalla posizione in cui
si trovava, Ron non riusciva a scorgere l’intero palco, ma solo la parte più
alta, né tanto meno la postazione dove normalmente si sarebbe dovuto trovare il
direttore d’orchestra.
Un attimo e fu il
caos.
Il chiasso degli applausi
era esasperante per chi come lui aveva ben altri motivi per presentarsi lì.
Vide pian piano la
scena liberarsi, mentre i bambini si accalcavano tra le braccia dei loro
genitori, radiosi di felicità.
E poi finalmente, la
ragione di tutta quella strada fatta fin lì si concretizzò
davanti ai suoi occhi.
Una folta chioma di
ricci castani dall’aria molto familiare catturò la sua attenzione, facendo
svanire tutto il fracasso da cui era circondato.
Una ragazza salì sul
palco, con un sorriso che Ron reputò essere magnifico, e tra i rinati applausi,
s’inchinò dolcemente, facendo oscillare i capelli, che le ricadevano morbidi
sulle spalle.
Passò un buon quarto
d’ora prima che la sala si svuotasse, almeno da
consentire al rosso di avvicinarsi.
Appena ebbe l’occasione,
scivolò dietro le spalle della ragazza.
“...Hermione?”
sussurrò.
La ragazza si voltò di
scatto al suono della sua voce.
Senza neanche il tempo
di un respiro, Ron si trovò due braccia al collo che minacciavano di strozzarlo
per quanto erano avvinghiate strette.
“Ehi...”.
“Allora sei venuto!”.
Hermione si staccò da
lui.
“Beh, come potevo non
venire? Mi hai assillato tutta una sera” replicò Ron
in tono serio, anche se il suo sorriso nascondeva tutt’altro che serietà.
Hermione fece
schioccare la lingua sotto il palato.
“Allora?” chiese lei,
impaziente.
Ron la fissò un
momento, con aria rimbambita.
“Allora cosa?”.
“Lo
spettacolo!” prese a parlare Hermione, freneticamente, gesticolando
animatamente con le mani. “Come è stato? Banale? Mi è
sembrato sia andato abbastanza bene, anche se
nell’ultima prova siamo andati megl-”.
“E’ stato bellissimo”
mentì lui, con un sorriso dolce dipinto sul volto, anche se dello spettacolo
aveva visto poco o niente.
“All’inizio c’è stata una steccata... si è sentito tanto laggiù?”.
“Ehm..
un pochino”.
“Dannazione, lo
sapevo! Roger aveva la voce rauca
oggi” disse sorridendo come in tono di scusa.
Ron rispose al sorriso
con uno ancor più largo.
Rimasero un momento muti, in un silenzio imbarazzato.
Il rosso fissava il
pavimento dietro la ragazza, mentre faceva pesantemente sprofondare le mani nella tasche, deformando il lungo capotto.
Ecco, sapeva che si
sarebbe arrivati a quel punto. Al punto in cui nessuno dei
due aveva più niente da dire all’altro, anche se a dir la verità non si erano
detti poi tanto. Ormai erano anni che ognuno viveva per conto proprio, e
non era più come a scuola, dove la complicità era un ingrediente quotidiano.
Ora non aveva alcun
diritto di comportarsi come se il tempo non fosse mai passato e loro non
fossero mai cresciuti e cambiati, prendendo strade diverse.
E’ vero: la loro
amicizia non era mai mutata...ma i rapporti si erano raffreddati così come era inevitabile che accadesse. Anche
con Harry sarebbe stato lo stesso se lo avesse incontrato.
No. Con Harry no. Sarebbe stato come sempre. Il tempo non poteva
minimamente scalfire il loro legame.
Era con lei che...
Tirò su col naso, ma
non poté evitare un forte starnuto, che riecheggiò beffardo nelle volte della grande sala, ormai completamente deserta se non per loro due
e la vecchia custode che già cominciava a spazzare i festoni che giacevano a
terra in ogni parte.
Hermione si riscosse.
“Ron!” lo ammonì lei.
Il ragazzo la guardò
immobile, ancora col fazzoletto stampato sul naso, chiedendosi quale crimine avesse compiuto.
“Ti sei
raffreddato...!” continuò lei, mentre non riusciva a nascondere un sorriso.
Ron fece spallucce. E decise di prendere il coraggio a quattro mani.
“Ha-...-re...-sera?”
chiese, ancora alle prese col fazzoletto.
“...Cosa?”.
Trasse un profondo
respiro, perfettamente mascherato da starnuto evitato all’ultimo momento e
ripeté la domanda, questa volta con più calma.
“Hai da fare
stasera?”.
“Vuoi dire...
adesso?”.
Ron annuì
semplicemente.
“Beh no...Lo
spettacolo è finito e… ma se vuoi...”
Ron rimase
inspiegabilmente in attesa.
“...potremmo...andare
a prendere una tazza di cioccolata” concluse lei
timidamente.
“Per il mio
raffreddore”.
“Per il tuo
raffreddore”.
Entrambi sorrisero alquanto imbarazzati.
“Beh... vado a prendere
il cappotto... è di là” disse indicando con il pollice una piccola porta.
Oxford Street era
affollata quella sera.
A dir la verità lo era
sempre, ma in quel momento di più. Persone che passeggiavano ammirando le
vetrine scintillanti, oppure ferme a chiacchierare con gli amici.
I bar erano talmente
saturi di clienti che le vetrine dall’esterno erano offuscate dal vapore,
impedendo praticamente ogni sbirciatina.
Chi non li conosceva
avrebbe scambiato Ron e Hermione per una delle tante coppie che camminavano
sotto la galleria di luci iridescenti che correvano da un palazzo all’altro,
creando un ponte di scintillii sopra le loro teste.
E invece... e invece
erano Ron ed Hermione. Solo dannatamente
Ron ed Hermione.
Anche
se il rosso non sapeva cosa avrebbe potuto dare per chiudere la mano della
ragazza nella sua. Anche solo per un istante. Anche solo
per riscaldare la sue dita, che sapeva essere gelate
senza guanti.
Si fermarono al bar
più vicino.
La luce all’interno
era soffusa e un dolce motivetto natalizio era in sottofondo, pervadendo
l’aria.
Dopo aver ordinato
presero posto ad un tavolo vicino la finestra, anche se era impossibile
riuscire a scorgere qualcosa della via.
“Allora... Cosa hai fatto in tutto questo tempo, oltre che impegnarti
con il coro?” chiese Ron, cercando di dare un tono alla conversazione.
“O
Ron, ci siamo visti tre settimane fa!”.
“Per me è stata
un’eternità” rispose lui troppo sinceramente.
Sei un completo idiota, Weasley...
La ragazza rimase un momento interdetta, poi come se nulla fosse riprese il
filo del discorso, che si stava pericolosamente perdendo.
“Beh... gli studi
procedono, vanno avanti egregiamente direi... Il
penultimo esame l’ho dato una settimana fa e la specializzazione dovrebbe ormai
essere vicina...”.
“Quindi
fra poco si festeggerà?” chiese Ron sorridendo, mentre su esempio della
ragazza, si toglieva il cappotto.
Lei annuì allegra,
mentre appoggiava la sciarpa di lana bianca sullo schienale della sedia.
Ron fece nuovamente
spallucce, cercando di dirigere la conversazione, facendo in modo da non cadere
ancora in silenzi imbarazzanti.
Nel frattempo due
belle tazze di cioccolata bollente venivano servite
proprio sotto i loro nasi.
Hermione ebbe un’esclamazione di dolce sorpresa, dopodiché lo guardò.
“Sei tornato? A Grimmauld
Place, voglio dire...”
Ron annuì,
sorseggiando la calda bevanda.
“Sì, ci sono stato proprio pochi giorni fa. Per questo mi è stato
possibile venire anche qui. Fra un paio di settimane partirò con Bill per l’Egitto”.
Hermione lo fissò da
dietro la sua tazza fumante.
“Oh..” riuscì solo a pronunciare. “...E
come sta Harry? E gli altri?”.
“Tutti
bene. Papà ci ha rimesso un po’ di schiena. Voleva cambiare una
lampadina nell’ingresso. Manualmente.
Le urla della mamma sono state spaventose...”.
Entrambi risero.
Nonostante l’inizio barcollante,
la serata passò presto, fra risa, parole e cioccolata e guardando per sbaglio
l’orologio da polso, Hermione sobbalzò sulla sedia.
“Devo andare, Ron...! Mi porti sulla cattiva strada” disse,
infilandosi veloce il cappotto. “La sveglia non perdona e ho ancora un mucchio
di libri da leggere e pergamene da riempire”.
Il ragazzo si bloccò a
fissarla, per un attimo incredulo.
“Ma
fra poco è Natale! …Non puoi studiare!”.
Hermione lo guardò
alzando un sopracciglio.
“Non credo di aver mai
fatto festa a scuola. Motivo in più per non cominciare ora” disse falsamente
stizzita, mentre di dirigeva di gran carriera fuori.
Ron la seguì fuori dal locale, rimbambito.
La compagnia di
Hermione lo metteva tutto in subbuglio e questo gli faceva piacere. In qualche
modo il tempo gli era sempre nemico.
L’afferrò per un
braccio per farla rallentare. In fondo un minuto in più...
Lei lo guardò un
attimo con la coda dell’occhio, ma rallentò il passo, facendo in modo che la
raggiungesse.
Il contatto della mano
di Ron con il suo braccio l’aveva elettrizzata, nonostante la pesante stoffa
del cappotto.
Passeggiarono per il
corso, vicini nel freddo della notte, mentre già qualche vetrina aveva spento
le luci.
Erano talmente usciti
di fretta dal locale, che non avevano prestato la
minima attenzione al fatto che aveva cominciato a nevicare.
Dapprima lievemente,
ora in modo più marcato.
I marciapiedi
cominciavano ad essere finemente ricoperti, mentre la strada era ancora solo
bagnata.
Ron rimase incantato.
I fiocchi di neve si
posavano sui capelli di Hermione come fossero stati piccole
farfalle bianche e rendevano più luminose le sue gote, arrossate dal freddo.
I suoi occhi
brillavano di magia...
“O
no!”.
...e
le sue labbra parevano così morb-
“Ron!”.
Il ragazzo si riscosse
violentemente come fosse stato buttato giù dal letto.
“Ch’è
successo?” chiese allarmato.
“Ho dimenticato la mia
sciarpa sulla sedia nel bar...!” disse Hermione dispiaciuta, le mani attorno
alla gola nuda. “Magari non la troverò più”.
“Vado a vedere. Aspettami qui, faccio in fretta”.
E non lasciando neanche
il tempo a Hermione di ringraziarlo, si mise a correre.
Tornò pochi minuti
dopo, con la sciarpa e col fiatone.
La porse ad Hermione, che intanto aveva trovato posto sul una
panchina lì vicino. Si poteva ancora vedere il posto dove si era seduta e dove
non c’era neve.
La ragazza la prese
con un sorriso, ma un pensiero le balenò in testa. Un’idea migliore di tutte le
parole che erano state pronunciate quella sera, di tutti gli sguardi rubati e i
sorrisi.
Lanciò un lembo della
sciarpa dietro il collo di Ron, afferrandolo con l’altra mano.
Tirò delicatamente,
costringendo il ragazzo ad abbassarsi, fino a che non riuscì a sfiorare le sue
labbra con le proprie.
Gli occhi di Ron si
allargarono, diventando grandi come uova al tegamino, mentre sembravano
scomparsi i respiri affannosi della corsa.
Rimase immobile mentre
Hermione lo baciava delicatamente.
Le labbra della
ragazza erano calde, nonostante la mano appoggiata sulla guancia destra di Ron
fosse gelata.
Hermione si scostò
lievemente, guardandolo fisso negli occhi, mentre la sua bocca si allargava in
un sorriso che Ron sapeva avrebbe dedicato solo a lui.
Ricambiò il sorriso.
Impacciato. Terribilmente.
Ma non aveva poi tanta
importanza.
Abbassò lo sguardo e
prese le mani di Hermione nelle sue, mentre la neve danzava attorno a loro,
come ad avvolgerli in un abbraccio freddo, ma al tempo stesso pieno di calore.
I due risero, senza un
apparente motivo e Ron non poté più trattenersi.
“Herm,
io… ti amo” mormorò sfinito e un po’ a disagio, temendo che la magia del
momento potesse dissolversi all’istante.
La ragazza si liberò
dalla dolce presa e ritirando la sciarpa, prese ad allontanarsi,
indietreggiando.
Sorrise ancora una
volta e, prima di voltarsi e correre via, sillabò silenziosamente due brevi
parole. Lo so. *
* “Ti amo”.
“Lo so”.
Leia Organa e Han Solo in Star Wars Episodio V. Non ho saputo
resistere^_______^
Spero che vi sia
piaciuta.
Buone Feste! Tanti
Auguri a voi e alle vostre famiglie!
Valeria