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Autore: _ivan    08/06/2012    6 recensioni
[ COMPLETATA LA PRIMA PARTE: la seconda verrà scritta e pubblicata al termine di 'Monetarium - la neve e le ombre' ]
Theodore è un ragazzo come tanti: alterna la sua vita tra facebook, videogiochi, televisione e uscite con pochi e fidati amici. Sua madre adora interpretare la parte del tiranno, suo padre quella dell'uomo saccente e un po' troppo pretenzioso. Eppure basta il discorso del presidente degli Stati Uniti, un giorno, a cambiare tutto. Al mondo viene rivelato che..
Genere: Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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!! ringrazio coloro che hanno cliccato su 'segui' o 'ricorda' o qualunque altro comando disponibile. spero di non deludere le aspettative.
faccio un piccolo appunto: la versione 'originale' prevede una suddivisione dei capitoli meno frammentaria ( per intenderci: ogni capitolo dovrebbe durare tra le 15 e le 20 pagine )
tuttavia per non 'pesare' troppo sulle vostre menti ( ammesso che qualcuno leggerà mai tutto quanto ), su questo sito dividerò alcuni capitoli in più parti.
questo è il caso ad esempio del capitolo 2, che dividerò in 2.0, 2.1 e 2.2. buona lettura!

*


CAPITOLO II.0

[ il testo è presente anche in formato pdf, più ordinato e pulito. questo è il link > http://tat.altervista.org/BLOG_Jade/JADE_CAP_2.0.pdf ]

L‘atmosfera che si respirava nel cafè sotto casa era quella di sempre: fatta esclusione per il volume del televisore oltre il bancone, che talvolta sfiorava i duemila decibel di potenza, la gente, gli odori, i sapori, il caos dei piatti proveniente dalla cucina, il menù e i movimenti goffi dei camerieri restavano gli stessi.
Per un attimo il ricordo di ciò che avevo visto e sentito la notte prima mi sembrò pallido e appartenente a un sogno.
Guardai, oltre il tavolo, il volto di Cassie coperto da un paio di lenti da sole. Sbirciai alla mia destra il cielo oltre la grande vetrata: il sole del mattino era coperto da spumose nuvole grigiastre.
L’odore di bacon mi strappò un sorriso.
«Hai sentito…?» dissi sfogliando distrattamente il menù, mentre l’unica cameriera presente ci riempiva le tazze di caffè bollente.
«Cosa, che dovresti tagliarti i capelli…?»
«Smettila.» liberai il polso destro dal piccolo elastico, col quale feci un codino alto dietro la testa.
«Ah, ti riferisci a quel brufolo?» alzò per un secondo gli occhiali.
«Stronza. Dai, sai di quello che parlo.»
«No. Non lo so.» Bevve un sorso di caffè.
«Credo che tu sia l’unico essere umano disinteressato alla faccenda, davvero. Non esiste qualcosa che ti importi veramente? A volte mi domando come…»
«Ci penserò quando sarà il momento.» disse interrompendomi  «Fino ad allora credo che spegnerò il televisore e mi limiterò a leggere le notizie su internet, seppure il novanta percento delle pubblicazioni siano solo spazzatura. Contento?»
«Ma tu ci credi…?»
«Vedi…?» alzò il Times e lo sventolò a mezz’aria, prima di gettarlo nell’angolo più lontano del tavolo rispetto alla sua posizione «spazzatura travestita da immondizia.»
«Non mi hai risposto.» stavo cominciando ad irritarmi.
«Ah non l’ho fatto?» passò una mano tra i suoi curati capelli castani, raggruppandoli sul lato sinistro e facendoli cadere sul petto. Chiamò la cameriera e le sorrise. «Cream tea e scones per me, grazie».
Mi rassegnai all’idea di dover rimandare la risposta. Sospirai e raggruppai i menù per porgerli alla ragazza. «Bacon. Niente uova, grazie.» La seguii con lo sguardo, prima di tornare con l’attenzione puntata su Cassie.
«…Allora?» tornai all’attacco.
«Sì. Ci credo. Ma aspetterei a cantar vittoria» si abbandonò allo schienale della sedia, incrociando le braccia sotto ai suoi seni acerbi «Fossi un alieno troverei ben poco di interessante negli umani, lo dico sinceramente. Dai, sii serio: non crederai davvero che vogliano venire qui a riempirci di regali, vero? Voglio pensarli un po’ meno scemi. Lo dico per loro. Trovo molto più credibile il fatto che, piuttosto, siano interessati a schiavizzarci e venderci a qualche tratta intergalattica, o a sterminarci per rubare le risorse più importanti del pianeta» sospirò e sollevò le spalle «non lo so».
Solo quando sfilò del tutto gli occhiali per poggiarli sul tavolino notai le vistose occhiaie che le appesantivano il volto. Così, riusciva addirittura ad apparirmi brutta.
«Pensa però che figo sarebbe,» dissi «se ci donassero la loro tecnologia. O se si portassero dietro alcuni di noi!» cercai di forzare il mio entusiasmo nella speranza di contagiarla, nonostante sapessi che sarebbe stata un’impresa pari a quelle affrontate da Ercole prima di me.
«Theo a volte mi sembri un coglione. Grazie.» sorrise alla cameriera con le nostre ordinazioni, si sistemò sulla sedia e per un attimo osservò gli scones. «Questi non dovrei mangiarli» disse poco dopo, cacciandosene uno tra le labbra sottili.
«Secondo te che forma avranno?» non avevo intenzione di gettare la spugna.
«Sei davvero convinto che possano essere interessati ad uno come te?» in effetti, ci speravo «senza offesa, ma non sei esattamente il prototipo di ragazzo che penserei a portare per primo sul mio pianeta distante anni luce da qui» studiò con minuzia il cream tea, passandosi più volte la lingua sui denti per liberarli da qualche fastidiosa briciola.
«La smetti di fare la stronza?»
«Dico solo quello che penso. Lo sai. E comunque che si dice in casa Hughes?»
«Si sono chiusi in silenzio stampa» infilzai una striscia di bacon con la forchetta, quindi la adagiai su una fetta di pane croccante e diedi un grande morso. Il grasso caldo si sciolse sul palato, mentre quel connubio di sapori bruciacchiati ed odori intensi mi ricordavano perché fossi tanto felice di poter consumare ogni giorno la mia colazione in Inghilterra.
Cassie sorrise, poggiando la tazza sul tavolino ed incastrando il mento tra i palmi sollevati delle sue mani. «Immagino già i tuoi a discutere accesamente della questione, durante il loro importante meeting di sesso in camera da letto. Oh, sì tesoro, così, ancora, gli alieni arriveranno verso ottobre, devo far trovare la casa pulita, ancora, sì…!»
Le prime persone cominciarono a voltarsi stranite nella nostra direzione. Cassie non era certo tra le persone più silenziose e discrete che conoscessi.
«DAI! Razza di cogliona! Non sei divertente! Che schifo, cazzo!»
Scoppiammo entrambi a ridere, dimentichi di tutti i turbamenti che avrebbero dovuto attanagliarci.
 
Una volta tornato a casa mi gettai in maniera scomposta sul divano, complice il fatto di essere completamente solo e privo del pericolo di incorrere in uno dei numerosi rimproveri di mia madre.
Mi allargai sui cuscini e afferrai con la destra il telecomando.
Benedicendo l’esistenza della tv satellitare, cominciai a far scorrere sullo schermo diversi programmi delle reti americane.
L’inconfondibile volto di Oprah Winfrey fu inquadrato per lunghi secondi, nel momento esatto in cui si stava dilungando in un discorso inerente all’intervento del presidente avvenuto meno di ventiquattro ore prima.
Il suo indiscusso ruolo di Opinion Leader americana la poneva obbligatoriamente in una posizione di favoritismo nei confronti del governo.
Aveva il potere di avvalorare qualunque articolo di cui parlasse, e fu lei la persona che coniò il termine ’Giorno della Rivelazione’, poi adottato da tutto il mondo, a furor di popolo.
La sua voce, insomma, era in grado di incantare le masse: uno strumento eccellente, se posto nelle mani giuste.
«Sento dunque il bisogno» stava appunto spiegando « di riporre la mia fiducia in coloro che hanno difeso noi e le nostre famiglie. Che ci hanno assistiti durante i terremoti, hanno ricostruito la nostre case dopo gli uragani, che ci hanno difesi dai terroristi e che ci hanno sempre offerto un pezzo di pane, quando la crisi ci impediva di andare avanti e di sfamare i nostri figli. Se volete sapere cosa ne penso io, fratelli e sorelle, ci potete scommettere che gli alieni arriveranno sulla Terra!» un grande sorriso si allargò sul suo viso raggiante, mentre lo scroscio di applausi di un pubblico prevalentemente di colore gonfiava a dismisura il suo ego.
«Li inviterò personalmente a dire la loro!» rise, mentre il pubblico festoso veniva inquadrato dall’alto. Mi sembrò piuttosto che stessero parlando, tutti felici, della sagra dello zucchero filato. Dubitai del fatto che si rendessero realmente conto della massima serietà di ciò che stavano, o meglio avrebbero dovuto trattare.
«Oggi» proseguì la donna più potente d’America «alcuni frammenti degli archivi della CIA sono stati divulgati alla stampa. In questo episodio i protocolli, tenuti finora nascosti per il Nostro Bene e per questioni di sicurezza nazionale, verranno analizzati in studio da tre dei più importanti ospiti che abbiamo mai avuto » altri applausi interruppero il discorso.
«Buoni, buoni. Ecco a voi Shinobu Tanaka, Generale della Japan Air Self-Defense Force, l’attuale aeronautica militare del Giappone. Anatoliy Kuznetsov, ricercatore dell’Agenzia Spaziale Russa…»
Il clangore provocato dalla porta di ingresso e dalle chiavi di mia madre rovinò miseramente la mia concentrazione, nel mentre i volti seri degli ospiti d‘onore venivano ripresi in primo piano.
Mi persi dunque quella che poteva apparire come la semplice presentazione di tre personaggi illustri, ma che fu in realtà l’inizio simbolico di una collaborazione e coalizione mondiale tra potenze che, fino ad allora, avevano vissuto di confronti e concorrenza.
Stati Uniti, Giappone, Russia e Cina erano finalmente uniti dalla stessa importante causa.
     Mia madre, sulla soglia del soggiorno, mi guardò come se fossi appena uscito da chissà quale film dell’orrore.
«Non dovresti essere a studiare?» mi sembrava strano non l’avesse ancora detto.
«Ho ventun’anni, saprò anche da solo quando, quanto e come studiare, non credi?»
«Siediti bene, se non vuoi una gobba ora dei trent’anni.»
«Com’è andata al lavoro?» cambiai argomento, evitando una sfida verbale che mi avrebbe assicurato una sonora sconfitta. Mi sedetti in maniera composta, dandomi anche una sistemata ai capelli per anticipare la sua prossima eventuale mossa.
«Male.» lanciò le chiavi nello svuota tasche e sparì in cucina, alzando il tono di voce per farsi sentire «la gente ha sempre meno voglia di lavorare. Pensa che per il mese di ottobre si sono messe in ferie già dodici persone. Di questo passo faremo prima a chiudere l’azienda» la vidi tornare in soggiorno con uno yogurt tra le mani. Con rigidità robotica si imboccò con il cucchiaino. Attese di aver ingoiato, prima di riprendere a parlare.
«Te lo dico io: la gente non aspettava che un’occasione, proprio come questa storia degli alieni. Non aspettavano altro che una scusa per dare di matto e mollare tutto» c’era del disappunto nel suo tono di voce. Inarcai un sopracciglio, studiando le sue reazioni all’avvenimento. Restai in silenzio.
«Hai sentito di zio Arden?» continuò «mi ha chiamata la zia questa mattina, ha detto che non sa assolutamente cosa fare. Quello stupido si è messo in testa ieri notte di convertire la cantina in bunker antiatomico. Questa mattina ha iniziato a martellare. Hanno cercato di spiegargli l’inutilità di un riparo simile, contro un’invasione aliena, ma è testardo come un mulo. La zia e Sammy si sono trasferiti dalla nonna.»
La notizia, ammetto, mi lasciò turbato.
«Cosa guardi..?» proseguì. Si sedette al mio fianco, snack alla mano, dando un rapido sguardo al televisore.
«Niente, c’è Oprah…» ero certo del fatto che da lì a un secondo mi avrebbe fatto spegnere.
«Immondizia travestita da spazzatura.» mi anticipò, spegnendo da sé la tv.
«Dio, ma vi siete messe d’accordo?»
«Uhm…?»
«Niente, lascia perdere» mi alzai e incamminai verso le scale, con mamma che esprimeva ad alta voce pessimi pensieri riguardo al mio solito look sciatto.
Accesi il pc e feci il log in su facebook. Zero notifiche.
Decisi di scrivere uno status.
Avete visto Oprah? Ecco dov’è avvenuto il reale cambiamento: non nella cameriera, non nell’impiegato, non nel menù del cafè e non nel mio bacon. E’ qualcosa di talmente grande da aver rischiato, paradossalmente, di passare inosservato. Il mondo, inteso come insieme di governi e non di popolazioni, ha cominciato finalmente ad unirsi sotto un unico stendardo’.
Collezionai ben undici ‘mi piace’. Abbastanza per gonfiare il mio ego.
Cassie lasciò un commento: ‘Come filosofo sei fallito in partenza!’. Sorrisi.
Cedric, un mio amico, fece lo stesso: ‘Fidati. C’è gente che ci è uscita scema’.
Fissai lo schermo. Ripensai a mio zio. Il sorriso svanì.
‘Mi piace’.

   
 
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