Chapter n°12: “Come va, Ed?”
Per
l’ennesima volta, nella solitudine della sua camera, Tino era giunto alla conclusione
che di tempo, nella camera, ne stava passando davvero troppo. Ok che
rifletteva, ok che poco tempo prima era uscito per salvare Lily, ma doveva
parlare con Eduard, assolutamente. Eppure qualcosa lo bloccava. Qualche giorno
fa, semplicemente, avrebbe aperto la porta e si sarebbe diretto in biblioteca,
cercando la sua testa bionda dietro ad un Apple bianco. L’avrebbe volentieri
fatto anche in quel momento, ma qualcosa era cambiato. Tino non poteva sapere che anche Eduard, con il computer
sottobraccio, stava pensando più o meno le stesse cose. Non sapeva che anche il
suo amico desiderava con tutto il cuore incontrarlo. Voleva chiarirsi. Volevano chiarirsi.
« Uoh,
Ed! Eduard, Ed! Posso chiamarti Ed? » Luk venne letteralmente addosso
all’estone. Quello era il primo incontro in assoluto tra salvatrice e salvato,
quindi si allisciò i capelli con una mano. Doveva apparire magnifica ed in
ordine. D’altronde i supereroi non hanno mai un capello fuori posto, giusto? E
lei non voleva essere da meno.
« S-sì?
» chiese lui, esitante. Trovarsi una groenlandese a pochi centimetri non era
cosa alla quale gli estoni erano preparati. Non che adesso lo siano…
« Come
va? »
Sono tranquilla,
non è davvero successo niente. Un semplice incontro fra colleghi, ecco cos’è
questo. Non ho salvato nessuno, non mi aspetto mica ovazioni e grazie da
persone commosse…
«
Ah, bene… insomma… » il ragazzo si pentì subito dell’insomma. Aveva già
abbastanza problemi e sentiva che la regista gli avrebbe sicuramente chiesto
qualcosa al riguardo. Si vedeva dalla faccia.
Il mio grazie…?
«
Insomma che? » ecco, Luk alla riscossa.
«
Niente… » L’estone riprese a camminare, più spedito di prima. Non voleva certo
apparire maleducato, ma lei gli avrebbe sicuro fatto vuotare il sacco. Purtroppo
lei cominciò a seguirlo.
« Non
posso permettere che i componenti della mia troupe mi nascondano qualcosa! Poi
finisce che si deprimono e questo non va assolutamente bene! » esclamò Luk,
accelerando. In un altro momento, in un’altra galassia, sarebbe sembrato un
gesto davvero carino. E forse lo era,
anche se Eduard non sembrava d’accordo con questa opinione.
Tenendo
il computer ancora più stretto a sé, il ragazzo girò improvvisamente,
accelerando. Stavano giocando a gatto e topo? Anche se, guardando le rispettive
dimensioni dei due studenti, più che altro giocavano a topo e gatto. E l’estone, che qualche giorno prima si era opposto a
Brangiski, adesso scappava da Jensen.
« Ed,
se poi ti deprimi e ti butti giù da un ponte io che faccio, poi? » chiese la
groenlandese, quasi al limite. L’unica buona notizia era il fatto che lo stesse
portando verso un vicolo cieco, ergo la Walk
of Fame dell’istituto. Un corridoio grigio tappezzato di foto e premi
accademici, sportivi e non. Un paradiso luccicante al quale chiunque avrebbe
voluto appartenere, soprattutto per il fatto che ciò comportasse magnifici
crediti extra. Luk, incantata da tutto quel luccichio, si fermò per osservare
le medaglie e poi indicare uno spazio vuoto sulla parete con l’indice. « Noi
saremo qui! E poi tra qualche anno riuscirò ad appoggiare il palmo della mia
mano in uno spiazzo con del cemento ancora fresco ad Hollywood – o Hollynuuk –
ed a scriverci il mio nome, quindi la gente inizierà a conoscermi ed amarmi ed
io diventerò ricca e famosa! » concluse, entusiasta.
« Te lo auguro, Pipaluk… » fece
Eduard, cercando di non dare peso al fatto del ponte. Non era così depresso. O
almeno non ancora. Nel caso le avrebbe consigliato qualcun altro come tipo del montaggio prima di buttarsi nel
Tamigi.
« Ad ogni modo, se tu ti butterai da un ponte tutto ciò non succederà! »
esclamò la ragazza in tono seriamente preoccupato. « E moriresti di una morte
lenta e dolorosa! E moriresti da solo! Chi vorrebbe morire da solo? »
« Perché, ho scelta? »
« Mh? » mugolò Luk, curiosa.
« Eh? »
« A te piace qualcuno! » affermò infine lei, con il dito puntato
stavolta verso il viso di Eduard, che si affrettò a fare cenno di no con le
mani. Ci mancava solo la regista schizzata che si immischiava nei suoi personalissimi affari. La sola cosa che
lo tranquillizzava era che non avesse Lukaseiwcz davanti. Almeno Pipaluk
avrebbe mantenuto il segreto, giusto?
Non che glielo volesse rivelare, no.
« Comunque, Ed… se me lo volessi dire potrei anche aiutarti, visto che
ho una certa esperienza… » continuò la studentessa, con l’atteggiamento più
calmo e disinteressato del mondo, mentre nel profondo del suo cuore moriva
senza il suo “grazie”. Sperava soltanto che se l’avesse aiutato avrebbe ottenuto
un ringraziamento qualsiasi, prima o poi.
« Esperienza? » domandò il tipo del montaggio, piuttosto scettico. «
Sentiamo, quanti ragazzi hai avuto? »
« A sei anni ho organizzato dodici matrimoni nella mia vecchia classe. »
annunciò seria, incrociando le braccia. « E adesso sto aiutando un mio amico
nello stesso campo, quindi me ne intendo. »
Eduard sbuffò. « Ma ti è mai piaciuto seriamente qualcuno? »
Luk era spiazzata. Sapeva che non avrebbe potuto rispondere “sono
attualmente sposata con il mio cane e credo che adotteremo un gatto”, anche se
sarebbe stato davvero bello. E poi non le era mai piaciuto nessuno, Ed aveva
fatto centro. Aveva solo letto qualche libro, visto qualche film ed assistito
allo spettacolo di due cani che si accoppiavano, ma niente di più. L’amore era
semplicemente una parola, un link su facebook o una frase di un bel libro, ma
niente di più.
« Voglio dire, sai quanto sia tremendo quando sai di amare qualcuno, ma
quel qualcuno è addirittura troppo importante perché una semplice cotta possa
rovinare il vostro rapporto? Sai quanto sia orribile quando la cotta non è più
tale, quando cerchi di fare l’amico di sempre? E quando capisci che non ce la
puoi, non ce la vuoi fare e devi far
uscire da quella parte quel sentimento, tanto “o la va o la spacca”? E finisce
che spacca. »
« Non lo so. » improvvisamente Luk sentiva il bisogno di fissare i suoi
stivali. Si sentiva un’ipocrita. E lo era stata per tutto quel tempo. Adesso si
sarebbe volentieri buttata nel Tamigi assieme ad Eduard. Suicidio di gruppo.
Depresso, ma non troppo.
Cosa. Sto. Pensando.
« Sai chi mi piace, Luk? »
« Beh… »
« Ch’ t’ piace? » tuonò Berwald, sbucato da chissà dove. In realtà aveva
adocchiato il simpatico duo mentre attraversava il corridoio, sorprendendoli a
fissare uno spazio vuoto nel muro. In altri casi avrebbe semplicemente provato
pietà, ma in quello era più che altro curioso. Insieme a Luk c’era Eduard,
ossia colui che gli doveva delle spiegazioni. Non siamo intimi nel senso che voglio io era una frase troppo
ambigua per essere archiviata senza problemi.
Eduard impallidì, incapace di alzare lo sguardo. Rispondere “Tino” era
una condanna a morte bell’e buona con un bestione davanti che soffriva della
stessa sindrome. Pensò che magari fra qualche anno ne avrebbero riso, mentre
qualcun altro apostrofava loro Tinomani.
Magari.
« È difficile da spiegare… » con quella risposta poteva aver guadagnato
tempo, ma si rendeva conto benissimo da solo di non poter fare il misterioso
per tutta la vita. Prima o poi sarebbe esploso o l’avrebbe detto a qualcuno,
che l’avrebbe detto a qualcun altro che l’avrebbe spifferato a Łukasiewicz. Quindi sarebbe giunta
la fine della sua giovane vita, che aveva sempre immaginato come qualcosa di
pittoresco e misterioso.
L’hacker
– modello a tempo pieno – Eduard Von Bock si perde in un pomeriggio d’autunno,
dopo essere stato visto scomparire in un turbinio di foglie. Men’s Health
reclama il suo modello migliore, sguinzagliando investigatori ovunque.
L’Estonia ed il mondo intero si chiudono nel dolore.
E invece no. Sarebbe stato incenerito da uno svedese geloso. Geloso? Ma
se Tino non aveva fatto che parlargli di quanto fosse fastidioso, spaventoso e
tremendo? Lui aveva molte più carte vincenti, cavoli! Poteva rimontare! Non era
tutto perduto!
Gli si dipinse un sorriso speranzoso sul volto, che gli altri due non
poterono interpretare in alcun modo. O forse sì.
« Stai sorridendo! Ti piace qualcuno! » esclamò Luk, saltellando da un
piede all’altro. « Non è vero, Nanuk? Non si capisce? » il progetto sul
suicidio di gruppo era stato appena cancellato dalla sua personale lista delle cose da fare. « Se ci dessi
qualche indizio potremo aiutarti! Ti prego, Ed! Se vuoi puoi dircelo anche con
un indovinello! Sarà divertente, Ed! Ti sposerai! »
« Fors’ no’ vuol’ dircelo. Peccat’. »
« Infatti. » Disse Eduard, piatto. Non voleva un matrimonio organizzato
dal suo più tremendo rivale. Si liquidò velocemente, con il computer ancora
sottobraccio. Non si era mai sentito tanto speranzoso quanto quel giorno.
Ce la puoi fare, Ed.
Camminò attraverso il corridoio, con la testa alta, tra le nuvole.
Troppo alta. Troppo tra le nuvole. Non si accorse che la sua testa era in collisione
con una sciarpa. Con un sorriso raggelante. Con qualcuno che lo aspettava da
tempo, appostato dietro l’angolo che stava girando.
Pomf.
Era troppo tardi quando l’estone si accorse di lui. Gli aveva già
scompigliato i capelli, nell’impatto. Lui
indietreggiò, aggiustandosi meglio la sciarpa e cercando di lisciarsi i
capelli. Toris non faceva altro che spostare lo sguardo dai suoi capelli ad Ed,
da Ed ai suoi capelli. Ormai era accaduto l’irreparabile.
« Cholera! Eliza mi aveva
prestato la piastra ed erano, tipo, totalmente perfetti! Che ti salta in mente,
Eduard?! »
« Scusa… »
« Le scuse non bastano, Ed. » il polacco si arrotolò una ciocca tra le
dita. « Voci sicure hanno, tipo, detto che ti sei messo a piangere per un pugno
di Tino. E so anche che quello stesso giorno stava, tipo, piangendo totalmente
anche lui. Mi devi, tipo, delle spiegazioni, non delle scuse. »
« Non sei la prima persona alla quale racconterei un segreto… »
Feliks gonfiò le guance, in una smorfia di disappunto. Non era il
pettegolo di turno, lui. « Non avrebbe
dovuto, tipo, agire così! Perché non ti vuoi, tipo, aprire totalmente con me? E
con Toris? » strinse il braccio del lituano, avvicinandolo. « Lui è tuo amico,
no? Parlane, tipo, con lui! »
Toris sospirò, imbarazzato. « Scusalo, lo fa in buona fede… »
« Per cosa? Avere un’altra storia da spifferare a mezzo mondo?! » non
voleva alterarsi, ma aveva voglia di sfogarsi in qualche modo. La situazione
che gli gravava sulle spalle era un fardello troppo pesante per permettergli di
restare il pacato Ed di sempre. « La
smettete di impicciarvi tutti negli affari? Se non ne parlo saranno pure cazzi
miei, no? »
« Ehi, c-calmati! » tentò Toris, facendogli segno di tranquillizzarsi
con le mani. « Feliks non vuole mica raccontare i fatti tuoi a tutto l’istituto…
volevamo semplicemente sapere come stavi, Ed… »
Chi ti piace, Ed?
Dicci cos’è successo, Ed?
Cos’hai, Ed?
Cos’è successo fra te e Tino, eh?
… Quindi voi due siete intimi?
Si rese improvvisamente conto che nessuno, fino a quel momento, gli
aveva chiesto come stesse. Ok, Pipaluk gli aveva chiesto di non deprimersi o
suicidarsi, ma era diverso. Un suo amico era preoccupato. Per lui. E anche
Feliks. Abbracciò il lituano, d’impulso, iniziando a singhiozzare e pensando
che stesse seriamente rovinando la sua reputazione da pacato, piatto e
ordinario nerd modello.
A
volte ritornano…
Della serie “e per fortuna che
sapevi cosa scrivere…”! Scusatemi se non ho risposto alle recensioni, ma EFP
aveva dei problemi, almeno sul mio PC .-. non me ne vogliate, sapete benissimo
che amo follemente ognuna delle vostre recensioni! Mi sciolgo al solo leggerle…
;__; fortunatamente adesso la scuola è giunta al termine e avrò molto più tempo
per scrivere, ma non posso promettervi un nuovo capitolo prima delle due
settimane! Sto diventando davvero svogliata, lo so… ma migliorerò, sì.
Dedico questo capitolo a… *rullo di tamburi*
Cosmopolita, l’orologiA svizzerA che
possiede Ippolita, il pony più magnifico del west;
Yanyan, che scrive sempre delle belle
recensioni ed è appena entrata nel giro ;w; ;
Bazylyk, alla quale non ho risposto nell’ultima
recensione causa cecità, pc demente e altra roba che non vorrete ascoltare;
Chiaki, che è diventata la mia beta~;
Chloe, perché so che legge sempre tutto!
So che ci sei, Chloe!
Patsit a tutte voi, carissime, e alla
prossima…!