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Autore: Dicembre    09/06/2012    1 recensioni
Inghilterra, 1347.
Di ritorno dalla battaglia di Crécy, un gruppo di sette mercenari è costretto a chiedere ospitalità ed aiuto a Lord Thurlow, noto per le sue abilità mediche. Qui si conoscono il Nero, capo dei mercenari, e Lord Aaron. Gravati da un passato che vorrebbero diverso, i due uomini s'avvicinano l'uno all'altro senza esserne consapevoli. Ne nasce un amore disperato che però non può sbocciare, nonostante Maria sia dalla loro parte. Un tradimento e una conseguente maledizione li poterà lontani, ma loro si ricorreranno nel tempo, fino ad approdare ai giorni nostri, dove però la maledizione non è ancora stata sconfitta. E' Lucifero infatti, a garantirne la validità, bramoso di avere nel suo regno l'anima di Aaron, un prescelto di Dio. Ma nulla avrebbe avuto inizio se non fosse esistita la gelosia di un mortale. E nulla avrebbe fine se la Madonna e Lucifero fossero davvero così diversi.
Genere: Drammatico, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Quella giornata era incredibilmente limpida. A differenza dei giorni precedenti, il freddo acuto  aveva gelato tutta la nebbia che era caduta sugli alberi e sui prati, ricoprendoli di ghiaccio e brina. Sembrava quasi avesse nevicato. Le nuvole da tempo minacciavano neve, ma per ora rimanevano immobili e grigie, sopra tutta la Cornovaglia.
Al primo albeggiare, William era già nelle stalle, come s’era deciso la sera prima. Il suo cavallo non era lì, era rimasto a Suffolk e gli spiaceva di non potersi esercitare con lui. Tuttavia rimase meravigliato dalla bellezza di alcuni esemplari.
“Sei arrivato per primo, non ci posso credere. Avrei scommesso che avresti preferito dormire e stare sotto le coperte!”
La voce di Chiaro spaventò William, il quale era così intento a guardare uno dei cavalli che non l’aveva sentito arrivare.
“Non vedo l’ora di cominciare” gli rispose entusiasta il ragazzino “ Non potevo certo sprecare un’occasione del genere dormendo!”
Chiaro sorrise “Effettivamente no, ho chiesto io stesso a Nero d’insegnarmi qualche trucco del mestiere, ma s’è sempre rifiutato”
“Trucco del mestiere…” disse a sua volta Nero appena arrivato “Io ti  ho detto di chiedere a Levante. A lui certi movimenti vengono più naturali…”
“A proposito di Levante, non mi avete detto che s’è recato in Italia?”
Nero annuì “Sì, ho inviato Cleto a Venezia per vedere come sta e dirgli di tornare qui. Non è un ordine, ma non posso nascondervi di essere preoccupato”
“Da quello che si sente in città, la peste ormai dilaga in tutto il continente”
Nero annuì “E non tarderà ad arrivare anche qui. Già Londra non è più sicura…”
Sospirò, cercando di lasciar scorrere via quel filo di preoccupazione che ormai da tempo lo accompagnava. L’idea che Levante fosse nel mezzo dell’epidemia, l’idea di dover andare a Londra - una volta che Forgia si fosse rimesso del tutto - e portare i suoi uomini di fronte a un nemico che non potevano combattere, erano pensieri che non l’abbandonavano. Insieme a molti altri che, però, quella mattina di tardo gennaio, preferì accantonare. Si concesse solamente un sorriso, leggero, prima di prendere le redini del proprio cavallo.
“Stai pensando ad Anselm, non è vero?”
Non era il vecchio maestro d’armi ad aver generato quel sorriso, tuttavia Nero annuì. Quante volte s’era trovato lui, nella situazione di William, ansioso di cavalcare ed impugnare una spada, mentre il suo maestro slegava il proprio cavallo e si prendeva il suo tempo, senza correre.
Nero si girò a guardare William: la stessa passione ed entusiasmo di quando lui era piccolo.
“Sì” disse infine “mi divertivo sempre, ogni volta che Anselm decideva di portarmi fuori fra i boschi” Poi sapendo del rischio che correva, nel parlare di casa con Chiaro, interruppe il corso dei pensieri, sorridendo “E questi ruoli invertiti fanno di me uno che sta invecchiando”
“Capita a tutti, pare” commentò Chiaro. Nero lo guardò con sguardo di rimprovero, ma non riuscì a trattenere una piccola risata.
“Che strana sella…” disse William notando cosa Nero stava montando sulla schiena della propria bestia, se di sella si poteva parlare
“E’ una bardatura Nagaybäk, non è una vera e propria sella”
William apparve confuso.
“Ho vissuto parte delle mia adolescenza in Russia, insieme ad una tribù conosciuta col nome di Nagaybäk”
“E’ da lì che viene questo Levante, di cui parlate? Josephine m’ha accennato ad un vostro compagno coi tratti orientali”
“Esattamente. E loro cavalcano con questa” disse indicando la sella “Una volta imparato ad usarla, è molto più comoda”
”Certo” commentò sarcastico Chiaro “Se vuoi ritrovarti disarcionato ad ogni passo del cavallo, è sicuramente la sella migliore”
William scoppiò a ridere.
“E’ così terribile?”
“All’inizio sì, devo essere sincero” spiegò Nero “Ho rischiato più ossa rosse in quel periodo che in tutta la mia vita. Poi, quando ci si abitua, diventa molto meglio” e così dicendo portò il cavallo fuori dalla stalla.
“Ti permette di essere molto più libero…”
“Non credergli, ragazzo” disse Chiaro “te lo dice uno che ha provato diverse volte a salirci.”
William guardò bene il cavallo di fronte a sé, accompagnando il proprio al passo.
”Ma non c’è il sedile!” quasi gridò dalla sorpresa. Nero non riuscì a trattenere una risata
”In questo modo posso mettermi in piedi sul cavallo e sotto la sua pancia senza grossi problemi”
“In piedi?” Gli occhi di William divennero enormi “E cavalcate, quindi, a pelo?”
“In un certo senso, anche se la bardatura è meglio metterla sul cavallo”
”Fatemi provare!” disse quasi gridando il ragazzo “ Quando lo saprà lo zio Aaron…Gliel’avete mai detto?” chiese, inciampando sulle sue stesse parole, tanto sembrava emozionato. Non attese risposta “Dovete assolutamente dirglielo! Ne sarebbe entusiasta! Oh, a pelo, non ci posso credere!”
”Calma ragazzo, come mai questo fiume di parole?” Chiaro cercò di interromperlo, ma l’unica cosa che ottenne fu una lieve pausa da parte di William che deglutì e poi riprese.
“Lo zio adora cavalcare, lui adora i cavalli… Da piccolo lo faceva sempre…o comunque così mi ha detto mia madre… e poi s’è ammalato e ha dovuto smettere, e passava tantissimo tempo nelle stalle comunque, e so che ha cercato più volte di montare, nonostante il nonno non volesse, e poi gli è stato proibito di cavalcare e…” William si fermò d’improvviso, arrossendo prima e poi diventando scarlatto “mi sono lasciato andare…”
Nero scoppiò a ridere “ Non ti preoccupare, è bello incontrare un po’ d’entusiasmo” disse rivolto più a Chiaro che al ragazzo. William, difatti, aggrottò le sopracciglia, non capendo.
 “O, non ti preoccupare, è una questione aperta fra me e Chiaro. La sua anima aristocratica pare gli impedisca d’infervorarsi”
“La mia anima è la tua, Nero”
Nero non rispose, né guardò negli occhi il fratello.
“Perché dici che Lord Aaron sarebbe così contento di sapere della mia cavalcatura?”
William, che s’era perso per un istante, in uno scambio di battute che non aveva capito bene, riprese a sorridere, entusiasta.
“Perché ha imparato nuovamente a cavalcare nonostante le obiezioni del padre, ma ora cavalca esclusivamente a  pelo e, scherzando, dice spesso che nessuno è in grado di capire veramente cosa vuol dire cavalcare”
“Scusami l’impertinenza ma” lo interruppe Chiaro “Non è più difficile cavalcare a pelo, per uno zoppo?”
Nero si girò di scatto a guardare il fratello. Nonostante la premessa, il tono di Chiaro era volutamente impertinente e poco cortese. Se non fosse stato abituato all’autocontrollo, Nero non sarebbe stato in grado di sopprimere quell’istintiva voglia di prendere le parti di Aaron.
William tuttavia, parve non fare troppo caso al tono del cavaliere, perciò rispose leggermente:
”Lo pensavo anch’io, ma dimentichi che mio zio riesce a comunicare con gli animali. Cavalcare a pelo permette al cavallo di sentirlo meglio…”
“Quindi si fa aiutare dal cavallo…”
“Lo dici come fosse una cosa negativa. Perché, Chiaro?”
Il sorriso di Nero era infastidito, sapeva che Chiaro non avrebbe ammesso la vera motivazione che stava dietro al suo comportamento
“Perché lui è felice quando riesce a sminuire gli altri” disse Cencio unendosi anche lui al gruppo. Il tono era così gioviale, però, che non ne nacque nessuna discussione. Nero sorrise a Cencio, grato delle capacità del ragazzo di dire le cose, ma al contempo, di sdrammatizzarle.
“Vedi William” iniziò a spiegare l’italiano al ragazzo “Quella di Chiaro è tutta invidia perché ha provato più volte a salire su un cavallo che non era sellato, ed ogni volta è stato disarcionato senza convenevoli. Io invece” disse poi con aria tronfia “sono l’unico, se si esclude il capo e Levante, che riesce a stare in piedi sul proprio cavallo” e così dicendo salì sulla schiena del suo cavallo, senza che questo fosse ancora sellato e ci si mise in piedi.
William rimase a bocca aperta.
“Devo ammettere che non mantengo bene l’equilibrio quando il cavallo si muove, però, non sono bravo?” William stava per annuire quando Nero bisbigliò qualcosa al cavallo di Cencio.
Questi scrollò le spalle  facendo scivolare l’italiano che cadde goffamente, sul terreno morbido.
Nero si rivolse di nuovo al cavallo “Grazie”
“Ehi tu” gli gridò invece contro Cencio “Si può sapere da che parte stai? Possibile che fai quello che ti dice lui quando sei il mio di cavallo?”
William scoppiò a ridere e con lui lo fecero Chiaro e gli altri.
Cencio si rialzò “Potevo rompermi l’osso del collo, e voi siete qui a ridere!”
“Il Signore avrebbe fatto troppa grazia se, invece del collo, tu ti fossi ferito la lingua. Qualche giorno senza il tuo blaterare avrebbe di sicuro fatto bene alle nostre orecchie!” S’era unito al gruppo anche Luppolo che, appena arrivato, non aveva potuto fare a meno di prendere il giro l’amico.
“Ecco, ci mancava il solito che, se non dice qualche cattiveria su di me, non inizia bene la giornata!”
William era così felice quella mattina, che gli sembrava d’impazzire. Quand’era partito da Suffolk era entusiasta perché finalmente avrebbe potuto rivedere lo zio, adesso l’idea di rimanere a Castel Thurlow fino all’estate e in compagnia non solo dello zio, ma anche di questi cavalieri, lo elettrizzava.
“E’ meglio spostarsi più in là” disse Nero indicando in direzione del bosco “l’erba è spessa”.
Nero portò il suo cavallo vicino al bosco camminando davanti agli altri.
Pensava alle parole di William e al suo entusiasmo quando aveva scoperto il suo modo di cavalcare. E a quello che aveva detto riguardo ad Aaron.
Sorrise. Per tutta la permanenza lì, non aveva mia visto Aaron cavalcare e si stupì, accorgendosi di non essersi mai chiesto il perché. Forse aveva dato semplicemente per scontato il fatto che in realtà Aaron non cavalcasse. Ma ora, l’idea che potessero cavalcare insieme, l’idea che Aaron potesse mostrargli quelle terre a lui così poco note, fu sufficiente per renderlo felice Era un’idea semplice ma perfetta, quella di poter chiacchierare in riva al mare e poi tornare a casa, la sera, e star con lui fino alla mattina successiva.
Tornare a casa…
“Possibile che pensi sempre a Lord Aaron?”
Appena sentita la frase pronunciata da Chiaro, Nero si raggelò, non capendo immediatamente a chi fosse rivolta. Un istante, poi tutto fu di nuovo nascosto e il cavaliere fu in grado di voltarsi indietro e vedere che Chiaro stava parlando con William.
“Non è colpa mia se anche lo zio la pensa così” il ragazzo si difese da un accusa che Nero non aveva sentito.
“E poi scusa, mi sembra naturale ammirare una persona così. Io è esattamente così che voglio diventare, quando sarò grande…”
Chiaro lo prese in giro “Fortunatamente noi non saremo qui a testimoniare l’evento”
“Come no? Non avete intenzione di tornare mai più?”
Chiaro stava per rispondere, quando Cencio lo interruppe “Sicuramente torneremo, non ti preoccupare”
”E questo chi l’ha deciso?” chiese sorpreso Chiaro.
“Ne stavamo parlando con Forgia qualche giorno fa, abbiamo preso questa strada per andare verso suo cugino, ma ormai si sarà di sicuro spostato. Potremo ritornare in inverno. Addirittura il prossimo, se è possibile”
“Ma non ne vedo…”
“Torneremo sicuramente” tagliò corto Nero guardando William “ne ho parlato già con tuo zio, quindi appena ci sarà possibile, e il Re lo permetterà, passeremo di nuovo qui”
“Lo sapevo!” disse felice il ragazzo “una volta conosciute queste terre è così difficile allontanarsene”
Dei presenti, l’unico che non sembrava d’accordo con la decisione pareva Chiaro, ma, ancora una volta, la sua protesta fu interrotta sul nascere.
“Sì” ironizzò Luppolo “l’aria è un po’ troppo inglese per i miei gusti, ma devo dire che, in fin dei conti, non è poi così male”
Gli altri risero.
“Sei sempre il solito guastafeste. Ammetti una volta tanto che ho ragione e che farebbe piacere anche a te tornare qui”
“Ma cosa c’entri tu? Non sei tu che hai deciso di tornare…”
“Però ho detto io a Forgia che sarebbe stato bello…”
“Che l’abbia detto tu o no, le cose non cambiano”
“Che noioso che sei, sempre il solito guastafeste! Basta dire oh Cencio hai ragione, per accontentarmi”
“Io pensavo che bastasse darti da mangiare per farlo…”
Cencio si fermò un  attimo a pensare e poi sorrise: “A volte, Luppolo, incredibile a dirsi, sembri uno assennato”
Luppolo scoppiò a ridere “Hai troppa aria in quella testa!”
I suoi uomini continuarono a parlare per un po’, ma Nero si perse di nuovo e le voci dei compagni scomparvero.
Era così difficile…Così difficile rimanere lucido quando l’unica cosa che avrebbe voluto fare era restare. E pensare a lui.
Ma l’autodisciplina che il suo ruolo gli imponeva era così ferrea che il senso del dovere continuava a predominare; sapeva che non poteva lasciarsi vincere dal desiderio egoistico di fare ciò che fosse meglio per lui solo.
Doveva negare – perché dimenticare era impossibile – e doveva cercare di non soccombere alla nostalgia, che a volte scaturiva imperiosa dal nulla, per un uomo che era lì, a poca distanza da lui, ma che non poteva afferrare.
  
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