Ci
sono riuscita davvero? wow, grazie agli Skillet, era da troppo che
scrivevo
senza musica ._. Grazie anche a Homicidal Maniac, è
bellissimo parlare con te
(Konquistiamo il mondo insieme!!) e a Smollo05, sei tornata! Non posso
credere
che tu abbia ancora il coraggio di leggere questa roba, grazie *-*
Allora,
questo capitolo e più che altro introduttivo per il prossimo
(ma come in quello
precedente vi avevo promesso un po’ di sangue, beh un
po’ c’è) che sarà di
certo un disastro
per i miei neuroni. lo ammetto, alla fine della prima parte avrei
dovuto inserire anche una scena con Rhies... che invece sarà
ne prossimo capitolo u.u
Devo
ammettere che a volte mi vien voglia di prendere per il collo Azue e
scrollarlo
un po’, non so perché… mai avuti
istinti omicidi verso i propri personaggi?
Suonerà strano detto da me stessa ma non riesco a sopportare
Lishe (e l’ ho
creata io!! >.<).
Scusate
se l’ ultima parte non è un gran che ma non ce la
facevo più u.u
Scusate
per il finale deludente…
Se vi dico con che
programmi ho fatto questo banner mi piacchiate ._.
Capitolo
17. Ala d’ Argento. Parte 2
“Siamo
folli, ma non siamo soli. Tieni duro e lascia
perdere.”
[Soundgarden – Live and Rise]
“Non
dovresti giocare con i morti.” Disse la vampira sfilando
lentamente la lama dal
palmo della sua mano, provando un insano piacere nel vedere il sangue
colare a
fiotti più di prima.
“Ma
io è con te che voglio giocare.” Rispose
sommessamente il Generatore mentre
brividi di dolore gli percorrevano la schiena.
“Infatti;
non dovresti giocare con i morti.” Un’ angolo delle
sue labbra si sollevò
lievemente, dando l’ idea che le cicatrici su quella parte
del volto si
stessero contorcendo.
“Posso
vedere i risultati?” Sentirono di nuovo la voce del re, che
si avvicinava
lentamente, infastidito dalla nebbia troppo fitta.
“Vedere?
Con questa nebbia mi sembra un po’ difficile.”
Scherzò Azue per poi rivolgersi
verso Neah come per chiedere il permesso, lei in risposta si
appoggiò all’
albero mettendosi in modo da non essere vista, aspettando il momento
giusto per
farsi vedere o per fare qualsiasi altra cosa. Li sentì
discutere brevemente e
sporgendosi vide Azue che allungava la mano buona verso la fossa
afferrando una
mano informe e con forza tirare fuori da quel buco il corpo di un
cadavere che
sembrava annaspare alla ricerca di qualcosa, le dita scheletriche
graffiavano
la pelle pallida del Generatore ed emetteva un verso raccapricciante.
Vi siete
mai chiesti perché gli zombi facessero quei strani versi?
Semplicemente per il
fatto che le loro corde vocali erano tanto consumate dalla
decomposizione da
non funzionare più come da vivi, quindi l’ aria
che vi passava attraverso
invece che trasformarsi in parole diventava quel suono ruvido e
soffocato.
“Lo
so che sembra messo male, ma con il tempo migliorerà, adesso
se lo colpissi non
sanguinerebbe neanche.” Commentò Azue mentre si
accingeva a tirarne fuori un’
altro.
“Quanto
gli ci vorrà?” Chiese ansioso il re, si capiva
dalla voce, non vedeva l’ ora di
entrare in guerra.
“Un paio
di giorni per quelli messi peggio,
qualche ora per quelli messi meglio.”
Rispose il Generatore mentre tentava di non far ricadere
uno dei Risorti
nella fossa da cui lo aveva ripescato, imprecando sommessamente.
“Quali
sono quelli messi meglio?” Domandò il re
allontanandosi dal primo Risorto che
aveva tirato fuori mentre tentava di ghermirlo con le sue dita
scheletriche,
per un istante dubitò del fatto che neanche con una vita
intera quello si
sarebbe potuto rimettere, dato il fatto che ogni traccia di tessuti era
sparita
quasi del tutto dal suo corpo e per la gamba mancante.
“Quelli
che hanno ancora i bulbi oculari.” Disse tranquillamente Azue
mentre spostava
poco gentilmente uno dei Risorti con un calcio, questo prese a tossire
e a
sputare terra.
“Ah!
Quasi dimenticavo.” Iniziò
il Generatore
spostando lo sguardo ambrato su Eiron “Ho portato quello che
cercavate.” Le
labbra del Generatore si sollevarono in quello che non poteva essere
chiamato
un sorriso. Il re lo guardò con un’ aria
interrogativa e un po’ speranzosa. Si
voltarono entrambi quando si sentì l’ orribile
suono di ossa che si rompevano
sotto una pressione troppo forte e videro la vampira schiacciare con un
piede
il cranio di un Risorto come se stesse cercando di schiacciare una
formica che
si infilava neo buchi della suola per non essere uccisa.
“Scusate,
me lo sono ritrovato fra i piedi.” Commentò a
bassa voce mentre iniziava ad
incamminarsi verso di loro scrollandosi come poteva dal piede i residui
di
cervella e sangue.
“È
l’ Ala d’ Argento?” Chiese speranzoso il
re socchiudendo gli occhi per vedere
meglio attraverso la nebbia mentre il Generatore si portava una mano
alla
tempia, dispiaciuto per quello che era appena successo alla testa del
Rinato
che ora giaceva a terra senza muovesi. Ottimo, si disse, la guerra non
era
ancora arrivata e già perdevano pedine, perché se
un Risorto viene ucciso di
nuovo; decapitandolo o riducendolo in cenere non
c’è più modo per riportarlo in
vita.
“Un’
ala logora, chissà se vola ancora.”
Rifletté da solo, comunque per quanto
potesse essere rovinata la sua ala,
di certo avrebbe svolto il suo ruolo per bene, avrebbe continuato a
volare
ancora per un po’ sulle cicatrici della guerra, era ancora
presto per vederla
precipitare mulinando nel cielo buio.
Quante
ne aveva passate, ricordava in modo estremamente vivido gli istanti in
cui la
chimera si divertiva a torturarla mentre il sangue imbrattava qualunque
cosa,
parecchie delle Creature oscure lì presenti erano inorridite
davanti a quell’
orrido spettacolo mentre lui non aveva battuto ciglio, anzi si era
quasi
divertito e ora era del tutto certo che quei segni non solo quelli
visibili ma
anche quelli che con rancore portava dentro di sé
l’ avevano segnata.
“Re
Eiron?” Chiese con finta curiosità Neah.
“L’
Ala d’ Argento?” Ribatté il re alzando
un sopracciglio.
“In
persona.” Rispose sommessamente osservando attentamente il
re, era abbastanza
vecchio, qualche capello bianco spuntava in mezzo alla chioma scura, la
pelle
era tanto pallida e sottile da poter scorgere i vasi sanguigni e farle
desiderare di infilarci i denti e prosciugarlo del tutto.
“Cosa
posso offrire per ripagare la vostra presenza?” Chiese il re
congiungendo le
mani e incrociando le dita, stringendo con forza, sembrava provare una
sorta di
timore infondo si trovava di fronte alla leggenda che aveva ucciso suo
padre
con immenso piacere.
Il
suo collo.
“Un
posto dove stare.” La tentazione di dare una risposta
differente era stata
forte, ma alla fino lo avrebbe avuto lo stesso, in un modo o
nell’ altro anche
i re di questa generazione sarebbero caduti.
Si
sorprese quando il re le porse la mano sinistra, lei la
guardò per qualche
istante per poi sollevare il polso sinistro all’ altezza del
viso, la manica
scura scivolò a mostrare il moncherino che ne rimaneva,
ottima scusa per non
stringere la mano al più schifoso ed inutile degli esseri
Umani. Il re ritirò
la mano sentendosi stringere le viscere valutando tutte le cicatrici
della
vampira, non sembrava pronta per una guerra, piuttosto per una tomba.
“Bene,
lasci che vi accompagni all’ interno.” Il re
iniziò a incamminarsi, mentre la
vampira rimase ancora qualche istante a fissare con astio il mantello
immacolato che svolazzava in quella nebbia umida, fino a che non
sentì una mano
fredda posarsi sulla sua schiena.
“Presto
non conterà più nulla,”
Iniziò il generatore, sussurrando “Né
questo segno che
ti porti sulla schiena” E il suo tocco era lì
gelido e doloroso a ricordarle
quella cicatrice che sembrava aver dimenticato, da tempo non le faceva
più
male, eppure era arrivato lui a far riemergere dolorosi ricordi.
“Né tantomeno
quello che provi, quello che noi tutti sentiamo, avrà
più importanza, nessun
posto sarà sicuro, per nessuno. C’è
solo una cosa che il popolo vuole, per
quanti re o tiranni possano cadere, nel cuore della gente
resterà l’ oscuro
desiderio della guerra. Nel nostro cuore, tutti noi, desideriamo vedere
il
sangue scorrere, ancora e ancora.” Sentì la sua
mano scivolare via, come
ghiaccio che si scioglie “Scommetto che tu lo desideri
più di tutti, quindi è
inutile tentare di evitarla.”
Rise appena mettendosi di fronte a lei, passò un’
istante sui suoi occhi, rabbrividendo involontariamente quando si
accorse che
quel rosso impressionante che le aveva colorato le iridi sembrava voler
inghiottire anche la pupilla.
“E
dimmi, quello che c’è qui sotto batte ancora o
è completamente congelato?”
Chiese sommessamente battendo con una nocca sul corpetto di pelle nera
di Neah.
“È
atrofizzato.” Rispose con semplicità la vampira
scostando poco gentilmente la
mano del Generatore e seguendo il re, l’ altro rimase
indietro a finire il suo
lavoro.
I
preparativi erano stati ultimati e un lieve vociare si era alzato dalle
vie
della città, il vento si era alzato e ora soffiava
attraverso gli spiragli
fischiando e creando una lugubre melodia.
I
suoi passi creavano suoni sordi e cupi, se solo non avesse sentito il
cozzare
di metalli da dietro la porta del tempio avrebbe potuto giurare che in
quel
castello non ci fosse più nessuno, oppure che fossero tutti
morti, cosa che non
gli sarebbe dispiaciuta affatto.
Si
avvicinò alla porta imponente, all’ altezza degli
occhi una serratura enorme,
grande quanto la testa di una persona, vi poggiò le mani
sopra avvertendo una
lieve fitta lì dove c’ era la ferita fasciata e
immaginando che fosse chiusa
come al solito, con grande sorpresa la superficie cedette sotto la sua
spinta
aprendo leggermente e senza alcun cigolio un porta delle dimensioni di
una
persona normale. Lo trovò piuttosto strano visto che
raramente il tempio veniva
aperto, ma chi ancora aveva bisogno di pregare?
All’
interno uno spazio dal soffitto alto alcune torce appese ai muri
emanavano una
luce soffusa e allungavano in modo spettrale le ombre. Al centro della
stanza
c’ era un altare di marmo chiaro inciso con scritte minute e
precise.
In
piedi davanti a esso, il corpo minuto della piccola Lishe si allungava
in punta
di piedi nel tentativo di raggiungere la superficie dell’
altare e posarvici
sopra alcune pietre scure, ai suoi piedi erano sparse a caso strani
oggetti.
L’
elfo si avvicinò e quando la raggiunse le sfilò
dalle mani la pietra nera e la
posò lui stesso sull’ altare. La bambina lo
guardò male, come sempre aveva
fatto, ma questa volta sembrava quasi incolparlo con quei pozzi neri.
“Tu
non hai più un anima.” Sussurrò
l’ elfo avvicinandosi appena con sguardo duro
rinfacciandole le stesse parole che gli aveva detto lei tempo prima.
Gli
occhi scuri della bambina si riempirono di lacrime di rabbia e odio.
L’ elfo la
prese in braccio mettendola a sedere sull’altare ignorando le
urla di rabbia
che le lanciava lei nella speranza di essere lasciata stare.
Appena
si fu calmata posò una manina fasciata sulla pietra che
aveva posato Zephit
sull’ altare al suo posto e la spostò appena.
La
piccola ancora non parlava ma sembrava bruciare dal desiderio di
stringere tra
le sue mani il collo dell’ elfo.
“Non
voglio più essere toccata da persone sporche.”
Abbassando lo sguardo si passò
una mano sul petto.
“La
sorellona ti ha fatto tanto male?” Chiese falsamente
preoccupato Zephit
ripensando a quanto il re si fosse arrabbiato quando Neah aveva ucciso
la sua
piccola figlioletta e al volto del Generatore tirato in un’
espressione
divertita, mentre si occupava di riportare in vita Lishe.
“Non
farà del male solo a me, vi ucciderà tutti e poi
cadrà anche lei, questa guerra
distruggerà tutto.” In lontananza delle campane
risuonarono nell’ aria raggiungendo
anche loro due, una corrente d’ aria invase il tempio
sibilando e facendo
tremare il fuoco nelle torce e le loro ombre. L’ elfo si
voltò verso la porta
ancora aperta, aspettandosi quasi di vedere qualcuno entrare.
“Sarà
il caso che vada.” Si disse voltandosi un’ ultima
volta verso la bambina.
“Ed
ora la senti, bambina malsana, la nostra ninna nanna sporca di
morte?” E fu
certo di parlare a nome dei Generatori.