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Autore: StephEnKing1985    10/06/2012    1 recensioni
- Marco? - chiamò Manuel. Marco era lì seduto sul panettone di cemento a piangere sconsolato.
Manuel gli andò vicino e s'inginocchiò di fronte a lui, incontrando i suoi grandi occhi color cioccolato, ora bagnati dalle calde lacrime- Ehi - gli disse - Ma perché piangi? Guardati intorno. C'è Torino di notte che è tutta per noi. E poi... Ci sono io con te. - Gli sorrise e gli porse la mano. Marco lo guardò. In quegli occhi azzurri c'era molta più sincerità di quanta non ne avesse mai vista in vita sua... Quegli occhi color cristallo gli sorridevano, e sembravano dire "Non abbandonarmi, amico mio. Se mi abbandoni, tutto sarà stato vano." Marco allora prese quella mano e Manuel dolcemente lo tirò su. - Andiamo - disse soltanto.
- Ti voglio bene, Manuel. - sussurrò Marco all'orecchio di Manuel, mentre sotto di loro il Po scorreva tranquillo...
- Ti voglio bene anch'io, Marco. - rispose Manuel, stringendolo ancora di più nell'abbraccio.
*****

Marco e Manuel. Un anno d'età di differenza, anni luce differenti per modi di pensare ed agire. Eppure così simili, così saldamente uniti da un legame fraterno che li farà incontrare e sperare di nuovo nella vita. Sostegno l'uno dell'altro contro le delusioni della vita, prime fra tutte quelle d'amore. Una meravigliosa storia di amicizia, che vede protagonisti Marco De Cristina e Manuel Chiaravalle, già presenti nelle fiction di Notrix "Finalmente... Laureati!" e "Troppo bello per essere vero". In questo nuovo romanzo, Notrix ci conduce per mano verso un grande ed inesplorato parco (la città di Torino, che ha dato i natali a Marco e Manuel), dove la falsità e l'opportunismo sono elementi del paesaggio, e dove due ragazzi, così differenti in tutto e per tutto, trovano nell'amicizia una sicurezza contro le avversità della vita.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La cena era stata ottima e abbondante. Non era stato raro per Manuel, quando era ancora insieme ad Adelmo, cucinare. Temeva addirittura di aver dimenticato come cucinare dei piatti buoni, invece era riuscito a tirare fuori una cena casalinga degna forse del migliore ristorante in giro. Data la mancanza di tempo, però, non era riuscito a preparare un buon dolce. Per fortuna, Alberto si era accontentato di una torta comperata poco dopo all’ipermercato.

Alberto era lì di fronte a lui, che mangiava la torta scura, gustandosela ad ogni boccone. Era stato suo ospite e di Thomas tante volte, ma mai aveva cenato da solo con lui. Manuel parlava di più con Thomas, e prima di quel giorno, Manuel pensava che Thomas fosse gelosissimo del suo ragazzo. Quanto si sbagliava…

- Davvero un’ottima cena – disse Alberto – Ma dove hai imparato a cucinare? –

- Grazie – rispose Manuel, ridacchiando - Anni e anni di esperienza… e genitori sempre assenti. –

- Ah già, e i tuoi dove sono ora? –

- Mia madre sta facendo un altro viaggio. Sembra che abbia repellenza di stare in casa… Come torna, riparte subito. –

- Ah capisco… Mia madre è molto diversa, sta sempre in casa… non esce quasi mai. Se esce, è per fare la spesa o andare al mercato… ma non ha mai fatto viaggi all’estero o fuori dal Piemonte. –

- Da un estremo all’altro, direi… Forse bisognerebbe farle conoscere, se non altro potrebbero trovare dei punti d’incontro. –

A quella proposta, Alberto si mise a ridere. Incominciò piano, per poi continuare in un crescendo di risate, che coinvolse anche Manuel.

 

*****

 

Poco prima di sedersi in salotto a guardare un DVD (“Titanic”, uno dei film preferiti di Manuel), Alberto aveva aiutato Manuel a sparecchiare il tavolo e a lavare i piatti. L’aveva invitato per discutere il da farsi su Thomas, ma in verità Manuel non credeva ai suoi stessi intenti. Voleva solo distrarre il buon Alby, sperando che si sarebbe ripreso piano piano.

Seduto sulla poltrona a guardare il film, Alberto sembrava un bimbo paffuto che guarda curiosamente ciò che non conosce alla televisione. Sembrava essere parecchio interessato al film, e di tanto in tanto Manuel gli lanciava un’occhiata. Quando Alberto se ne accorgeva, si voltava verso di lui e gli sorrideva.

Ma quando arrivò il pezzo più commovente, ovvero quello del naufragio del transatlantico, Manuel notò qualcosa.

I suonatori dell’orchestra che continuavano a suonare quell’aria triste, mentre i passeggeri più facoltosi si salvavano e quelli più poveri erano destinati a morire nelle fredde acque dell’oceano, i due amanti che stavano per essere separati… Tutto quanto era talmente commovente che Manuel provò una stretta al cuore, come sempre. E Alberto…?

Lo guardò nuovamente, e vide che il ragazzo sospirava. Aveva gli occhi lucidi, ma non voleva piangere. Tirava su col naso più forte, si teneva la fronte con la mano destra, appoggiato al bracciolo della poltrona, ma tutto ciò che i suoi occhi mostravano era un po’ d’acqua ai contorni. Gli venne da sorridere: di solito il buon vecchio Alberto faceva sempre la parte del burbero, di quello che non si fa scalfire da niente e da nessuno, invece era bastato che Thomas lo lasciasse e un film strappalacrime per far emergere la parte più nascosta di lui. Insieme a quel sorriso, nel cuore di Manuel si formò prima un senso di compiacimento per essere riuscito dove molti dovevano aver fallito, ma poi si sentì un po’ una merda. Forse, pensò, avrei dovuto scegliere una commedia e non un’avventura romantica.

Alberto. La stessa età di Marco, forse qualche mese più giovane, nonostante la pancia ed i capelli scuri che stavano scolorendo con l’andare degli anni. Di lui sapeva che lavorava all’Università, era riuscito ad entrarci vincendo un concorso che aveva fatto senza troppe speranze. Guadagnava bene, quel tanto che bastava a permettersi di vivere in affitto in un appartamento in periferia, e di dividerlo con Thomas. Di lui sapeva solo queste poche cose, ma guardandolo più attentamente, gli venne voglia di conoscerne ancora di più. Perché?

…A vederlo così sembrava un adulto.

Per questo l’hai lasciato, Thomas? Non ti piace l’idea che il tuo ragazzo dimostri più anni di quelli che ha realmente…? Pensò Manuel, mentre Alberto si teneva il mento con il palmo della mano, mangiucchiandosi le dita. Il suo corpo morbido seduto sulla poltrona sembrava così invitante, proprio com’era stata la pancia di Adelmo (quel poco di pancia che aveva l’uomo) quando Manuel da ragazzino vi aveva poggiato la testa. Chissà se Alberto era così comodo? Pensò ai suoi incontri precedenti. Tutti i ragazzi che aveva incontrato dopo Adelmo, l’avevano usato solo per una cosa. Mentre Alberto era lì, seduto in poltrona, a guardare un film. Come se lui fosse stato una persona qualsiasi, e non un bel ragazzo dalle gambe lunghe, appetibile per chiunque. In quel frangente, l’unico ad avere appetiti (ma d’affetto) era Manuel, anche se non sapeva bene come mettergliela.

Ebbe un’idea.

Si alzò dal divano e dichiarò – Vado in bagno. – poi aggiunse – Se nel frattempo vuoi metterti sul divano, magari sei più comodo… quella poltrona è rotta. –

- Ah… non … non me n’ero accorto. – disse Alberto, sempre cercando di mascherare la sua commozione.

- Già. Vai, siediti pure sul divano, se ti fa piacere. Io torno subito. –

- D’accordo. –

Tornò poco dopo, e andò a sedersi al suo posto sul divano. Alberto aveva seguito il suo consiglio e si era spostato. Ora era lì, accanto a lui, ad un posto di distanza.

- Ti sta piacendo il film? – domandò Manuel.

- Oh sì. È molto interessante. –

Dì pure che stai versando tutte le tue lacrime… pensò Manuel, concludendo con un sorriso. Lanciò un’ultima occhiata ad Alberto, che si era già di nuovo immerso nel film. Decise di prendersi un altro momento, prima di mettere in atto i suoi propositi.

Il film era arrivato quasi a metà, e Manuel decise che aveva aspettato troppo.

Quindi si stiracchiò, adagiandosi dolcemente contro Alberto. Sentì che si irrigidiva, ma non gli importava. Voleva andare fino in fondo, e sentire se Alberto era in grado di aiutarlo.

- Ti dispiace…? – domandò sottovoce Manuel.

- N… no. – rispose Alberto, facendogli spazio.

- Sono un po’ stanco, sai… -

- Ah … fra poco vado via allora. –

- No, dai… resta ancora un po’. – E dicendo questo, poggiò la testa sulle cosce di Alberto, sorridendogli. Questi lo guardò da sopra e sorrise lievemente, continuando a tenere le mani ben distanti dai suoi capelli. Era così tenero… Altri al suo posto avrebbero tirato fuori il loro arnese, ma lui non si scomponeva. Anzi era addirittura imbarazzato. Povero Alberto…

Piegando le lunghe gambe fino a raccoglierle dietro di sé, Manuel si acciambellò con la testa in grembo ad Alberto, che restava lì calmo come se niente fosse. Intanto Manuel da quella posizione chiuse gli occhi, godendosi quella morbidezza corporale, e per un momento tornò a dieci anni fa, quando si era sentito per la prima volta bambino insieme ad Adelmo. Ora era insieme ad un ragazzo suo coetaneo, ma la sensazione non mutava. Era contento lo stesso, e poco gli importava ora di Thomas. Anzi, pensò, se Thomas non si fosse fatto più sentire, avrebbe incominciato a frequentare Alberto. Arrossì, nel pensare quelle cose, soprattutto con Alberto lì… che intanto aveva iniziato ad avvicinare le mani e ad accarezzargli i capelli biondi. Manuel iniziò a fare le fusa, ronfando come fanno i gatti. Alberto ridacchiò, e Manuel fece lo stesso. Ad un certo punto Manuel si girò, e lo guardò negli occhi. Sorrideva.

Si guardarono negli occhi per un lungo istante, mentre Alberto gli accarezzava i capelli. Il film continuava con le sue parole, ma loro erano lì, l’uno con l’altro, in una dimensione tutta loro.

Quanto vorrei che mi baciassi, pensò Manuel per un momento. Ma Alberto se ne stava lì a guardarlo; la sua espressione quella di un bimbo curioso, mentre Manuel apriva e chiudeva le sopracciglia in segno di richiamo.

Ad un certo punto, Alberto smise di accarezzargli i capelli e dichiarò di dover andare in bagno. Allora Manuel si scostò e lui si alzò.

In bagno, Alberto si sciacquò un po’ il viso, e si guardò nello specchio. Thomas era ancora lì nei suoi pensieri, a tormentarlo. Si mise a piangere per un po’, prima di risciacquarsi il viso e aprire la porta.

Sulla soglia trovò Manuel, con la zip della tuta nera Adidas che aveva indosso slacciata, a rivelare il suo torace scolpito e allungato.

- Manuel…? – chiamò Alberto, guardandolo dal basso della sua statura. Manuel era a piedi nudi adesso, ma anche così era troppo alto. Il ragazzone avanzò verso Alberto, spingendolo delicatamente sul lavandino. Gli cinse le spalle con le braccia, e lo guardò negli occhi ancora una volta.

- Cosa stai…? – domandò timidamente Alberto, ma Manuel lo zittì con un dolce bacio sulle labbra. Alberto era talmente stupefatto che accettò il bacio ad occhi aperti.

- Shh. – disse Manuel poco dopo – Fai finta che io non ci sia. Fai finta che questo sia solo un sogno. –

- Ma… ma cosa dici, Manuel? – chiese di nuovo Alberto. Non gli era mai capitata una cosa simile.

Come una mamma che consola il suo bambino, Manuel gli prese il viso tra le mani, poggiando la sua fronte contro quella di Alberto e parlandogli sulle labbra.

- Thomas non tornerà. Lo conosco. Quando fa una cosa simile è per sempre. Scusami se te lo dico così, non avrei voluto, ma tu meriti di meglio. – disse, e posò un altro bacio sulle labbra di Alberto.

Questa volta Alberto chiuse gli occhi, e si lasciò baciare da Manuel. Nella sua testa, c’era la confusione più totale, oltre allo sconforto per aver sentito quelle parole. Thomas non sarebbe tornato. E cosa sarebbe stata la sua vita senza di lui?

Come se avesse letto nei suoi pensieri, Manuel gli rispose – Non pensarci, Alby. Non pensarci. Vieni di là con me, ti prego. So che ne hai bisogno. –

- S… sì… - rispose solo Alberto, senza sapere bene perché.

Guardandolo negli occhi, come per non perderlo di vista, Manuel lo condusse fino al divano, lo fece distendere e si mise sopra di lui, togliendosi la giacca della tuta. A torso nudo Manuel era ancora più bello, e Alberto stentò a credere che un ragazzo così si stesse concedendo a lui. Incominciarono a baciarsi, Manuel con la foga di dieci anni di solitudine, intervallata qua e là da incontri occasionali, e Alberto sotto la spinta della tristezza, tanto che più di una volta dovette mordersi la lingua mentre pronunciava il nome “Thomas”.

Fu una notte intensa per entrambi, nessuno dei due si aspettava che sarebbe finita in quel modo.

   
 
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