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Autore: Martins    10/06/2012    7 recensioni
La ragazza sentì gli occhi gonfiarsi di lacrime tanto di gioia, quanto di rabbia. Non sapeva cosa dire, come comportarsi. Se saltargli al collo e abbracciarlo oppure prenderlo a pugni per non essersi fatto vivo tutto questo tempo.
Rimasero parecchi istanti a guardarsi, quando finalmente uno dei due si decise a parlare.
“Ciao, Ran. Mi sei mancata.”
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Uno, due, tre squilli, ma niente. Sonoko era davanti la Torre di Tokyo da ben più di tre quarti d’ora, ma dell’amica nessuna traccia.
Era di proposito arrivata qualche minuto prima dell’ora prefissata, con l’intenzione di farsi trovare già lì da Ran e non farsi sgridare per i suoi soliti ritardi.
“Ma dove diavolo sarà finita? L’ho chiamata un milione di volte!” continuava a ripetere gesticolando e attirando l’attenzione dei passanti “Ah! Ma questa volta non la passa liscia! Adesso mi sente!”.
Continuò a chiamarla ancora e ancora, ma Ran, per il momento, aveva ben altro a cui pensare.
Era seduta nel tavolo di un bar vicino il parco di Beika con Shinichi, a mangiare un mega gelato al cioccolato e a parlare del più e del meno.
Spesso, all’inizio della primavera, i due ragazzi andavano a prendere qualcosa in quel bar, sin da quando erano bambini, ma purtroppo, da quando l’amico d’infanzia aveva deciso di sparire per chissà quale caso irrisolvibile, non avevano più avuto occasione di ritornarci.
Poteva anche essere una sciocchezza, ma per Ran, essere lì in quel bar, con la persona che amava, aveva un valore importante.
Quello, era il luogo che li aveva visti crescere, litigare, scherzare, scoprire quello che l’uno provava per l’altra.
Era un loro punto di riferimento, una tappa importante della loro vita e Ran non sapeva se ci sarebbe più ritornata con Shinichi date le sue continue e misteriose apparizioni e sparizioni: credeva fosse diventato un illusionista, tante volte lo faceva.
Nemmeno le loro solite ordinazioni erano cambiate: gelato al cioccolato per lei, gelato alla nocciola e vaniglia per lui.
Il tempo in quel posto volava, i due ragazzi nemmeno si rendevano conto di quanto tempo fosse passato da quando erano arrivati (più o meno un’ora e mezza), ma sembrava non gli importasse nulla: c’erano solo Shinichi e Ran, Ran e Shinichi.
“Quindi, sei tornato per restare? Davvero Shinichi?” disse estasiata la ragazza, gli occhi le brillavano come non mai. “Si Ran! Te l’avrò ripetuto centinaia di volte! Cos’è, non puoi stare senza di me vero?”.
Ecco, non era cambiato affatto. Era il solito detective spavaldo e presuntuoso di sempre.
“Scemo, non credi invece che mi serva qualcuno da cui copiare i compiti di matematica? Devo ammetterlo, da quando te ne sei andato e non mi aiuti più, la media è scesa a picco e non posso permetterlo! Soprattutto quest’anno che abbiamo gli esami! Tsè.” “Questo perché io sono un genio e tu una schiappa.” “No, questo perché tu sei un secchione e io invece non mi applico abbastanza, con l’intelligenza che mi ritrovo non escluderei che un giorno potrei batterti nelle tue famose deduzioni, Signor detective dei miei stivali”.
I due ragazzi scoppiarono a ridere all’unisono: che bello, niente tra di loro era cambiato, finalmente era ritornato tutto come prima.
Uscirono dal bar senza ancora aver finito i gelati e, data l’ora, si diressero verso casa di Ran.
“Non vorrai mica che tuo padre mi uccida vero Ran? Sono ancora troppo giovane per morire e ho ancora tantissime cose da fare, da dire…”disse il detective, guardando di sottecchi la ragazza.
A Ran sembrò quasi che quella frase avesse un doppio senso, che Shinichi volesse..? No, non era possibile.
“Dai non è poi così terribile, come al solito sei esagerato ahah!” “Si, vai a dirlo alla cicatrice che mi ha fatto l’ultima volta, tre anni fa, perché ti ho riportata mezz’ora più tardi a casa tirandomi una lattina di birra e poi ne riparliamo”.
Arrivati alla porta d’ingresso dell’agenzia investigativa, Shinichi guardò con aria sognante Ran, per l’ultima volta in quella giornata, ammirandola in tutta la sua bellezza, in tutta la sua semplicità. A malincuore le rivolse un ultimo saluto girandosi per ritornare a casa, quando la ragazza gli corse incontro e lo abbracciò da dietro sussurrandogli: “Non sono felice che rimani solo per aiutarmi in matematica, ti voglio bene Shinichi, davvero!”.
La giovane Mouri sciolse l’abbraccio e, di corsa, forse per il troppo imbarazzo, entrò in casa, lasciando il giovane detective paonazzo e incapace di intendere e di volere solo nel marciapiede.
Shinichi in quel momento si sentì l’uomo più fortunato del pianeta, si rese conto di quanto l’amava, di quanto la desiderava, più di qualsiasi cosa al mondo.
S’incamminò verso casa, quando, dopo pochi minuti gli arrivò un messaggino: “Alzati presto! Domani passo a prenderti io per andare a scuola. Xxx Ran.”.
Sorrise trionfante, camminando verso Villa Kudo senza staccare gli occhi dal display.
Nel frattempo Ran, appena entrata in casa, come al solito trovò quell’ubriacone di suo padre spaparanzato sul divano, mezzo sbronzo.
Sbuffò continuando a ripetersi: “Ti ha pur sempre messa al mondo Ran, trattieniti, trattieniti”.
Si diresse in cucina cominciando a preparare il pranzo quando improvvisamente una mano le si poggiò sopra la spalla.
Si girò di scatto, pronta ad attaccare l’eventuale aggressore con una mossa di karate ma si fermò non appena vide di chi si trattava.
“Sonoko?!”
“DICO IO RAN! MI HAI LASCIATA SOLA DAVANTI LA TORRE DI TOKYO E NON RISPONDEVI NEMMENO AL CELLULARE! MI HAI FATTO PREOCCUPARE! OH, SPERO TU ABBIA UNA BUONA SCUSA SIGNORINA!”
“Emh, Sonoko?” “NON POSSO CREDERCI, AVRESTI ALMENO POTUTO FARE UNA TELEFONATA” “Sonoko..” “INSOMMA, POTEVI ANCHE DIRMELO CHE NON TI ANDAVA DI USCIRE” “SONOKOOO!” “COSA C’E’?!” “E’ tornato Shinichi”.
  
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