Depths
Accanto al camino nella grande sala della pensione Salvatore, Damon fece oscillare il ghiaccio nel proprio drink.
Non aveva detto a nessuno della sua chiacchierata
con Klaus. La versione ufficiale era che, rientrato a casa, aveva
trovato Stefan e Tyler storditi per terra, mentre Katherine e Klaus
erano già fuggiti. Nessuno sapeva che Klaus aveva
l’incantesimo e sapeva come portarlo a termine.
La verità era che
Klaus aveva ragione. Ci stava pensando dall’inizio, da quando
tutta la storia dell’incantesimo era venuta fuori. Alla
possibilità di far tornare Elena umana. Doveva morire lui
per questo? Dettagli. Semmai, il
vero problema era trovare il modo per neutralizzare Klaus. Ma su
quello, ci stava già lavorando.
La questione al momento era
piuttosto convincere Bonnie a tenere la bocca chiusa fino al momento
giusto, o almeno il più a lungo possibile. E quando Elena lo
fosse venuta a sapere … beh, non aveva intenzione di
lasciarle molta scelta.
***
“Ehi!
Tu, sì, dico a te! Cos’è quella roba?
Devono essere fronde, come in una
foresta, hai presente?”
Dalla cima della scala, Caroline
fulminò una ragazza a pochi metri da lei. Alzò
gli occhi al cielo e tornò a rivolgersi ad Elena.
“A volte penso proprio che dovremmo soggiogarli per avere le
cose fatte per bene!”
Caroline si sporse per prendere
la farfalla di cartone che Elena, con un mezzo sorriso, le stava
porgendo e la appuntò con cura al tulle che ricopriva la
parete della palestra in vista del ballo scolastico a tema Sogno di una notte di mezza estate.
“Sai chi usa il
soggiogamento, secondo me? Rebekah.” –
proseguì Caroline – “Non è assolutamente possibile che da quando
è arrivata lei, alla fine per il ballo vengono sempre scelte
le sue idee. E vuoi sapere la cosa peggiore? Stamattina ho appena
ricevuto questo!” Tirò un biglietto fuori dalla
tasca posteriore dei jeans e lo gettò ad Elena.
Elena lo aprì. Con
calligrafia elegante, c’era scritto
Se vuoi
Mezzanotte a Parigi, posso sempre portarti io. K-
Prima che Elena potesse
commentare, Caroline scese dalla scala, le prese il biglietto dalla
mano e lo gettò in un cestino.
“Penseresti che lo
abbia capito, a questo punto, e invece no! Se penso che l’ho
anche baciato, pensando che fosse Tyler … ew!”
– commentò con un’espressione di
disgusto.
“Mi dispiace,
Elena” – proseguì –
“Sono così contenta che Tyler sia tornato che
… non mi rendo conto ... Hai parlato con Stefan
ultimamente?”
“Solo
…” – Elena si strinse nelle spalle
– “… poche parole, sai.”
“Questo significa che
non hai intenzione di rimettere a posto le cose con lui?”
– le chiese Caroline.
Elena sospirò.
“Non lo so cosa voglio, Care. E’ che le cose sono
cambiate, io sono
cambiata.”
Caroline la scrutò
sospettosa. “E questo non ha niente a che vedere con i tuoi
… trascorsi irrisolti con Damon?”
“No. Non è
una partita a flipper” – scosse la testa Elena
– “Non posso … rimbalzare da uno
all’altro, continuare a prenderli in giro. Ho lasciato andare
Damon perché fosse felice. Voglio che sia felice.”
Lo voleva davvero, e magari lui
poteva esserlo, con qualcuno che non fosse Elena.
Dopo che aveva deciso di
scegliere Stefan, Elena aveva rinchiuso i propri sentimenti per Damon
da qualche parte nel profondo, rinnegandoli, sempre di più.
Ma se l’umanità era una stronza, anche loro non
scherzavano. Trovavano sempre il modo di tornare. Non poteva negarlo.
Per quanto provasse a lasciarlo andare, c’era sempre una
parte di lei che continuava ad aggrapparsi a lui, ad attirarlo verso di
sé.
Ma se avesse permesso a se
stessa di sentire veramente … tutto quello che lui aveva
bisogno che lei sentisse, tutto quello che lei voleva sentire
… il solo pensiero la atterriva. Aveva paura che, se si
fosse lasciata andare, anche solo per un secondo, quel sentimento
avrebbe travolto non soltanto lei, ma tutto quello che le stava attorno.
***
Quando Elena rientrò
in camera, trovò Damon appoggiato accanto alla finestra ad
osservare fuori, lo sguardo un po’ perso.
“Stai facendo il tuo
solito giro di controllo?” – gli chiese Elena con
un mezzo sorriso. Le sue visite a sorpresa in camera sua per
controllare se stava bene erano diventate sempre meno una sorpresa e
sempre più una piacevole abitudine.
“Quello, e ho pensato
che potesse farti piacere … lo sai, andare a fare un
giro” – rispose Damon con un sorrisetto malizioso.
Elena si avvicinò ed
andò a sedersi sotto la finestra. “No, sto bene
così” – sorrise –
“Nessuna novità su Klaus?”
Damon esitò, prima di
sedersi accanto a lei. “Nessuna.”
Elena lo guardò con
espressione seria. “Dobbiamo fermarlo in qualche modo, Damon,
prima che scopra come fare l’incantesimo
…”
Damon alzò lo sguardo
su di lei. “Oppure potremmo lasciarglielo fare, e pensare
dopo a come sistemarlo” – suggerì.
Elena rise brevemente.
“Non stai parlando sul serio, Damon.”
Damon mantenne gli occhi fermi
su di lei e non rispose.
Elena si alzò di
scatto, e ribatté decisa - “No.”
“Perché
no?” – le chiese Damon risentito.
“Perché
è sbagliato …”
“Lo
è? Lo è davvero?” –
Damon si alzò, le prese il viso tra le mani e la
guardò con gli occhi pieni di speranza -
“Torneresti umana, Elena …”
Elena appoggiò le
mani sulle sue, e lo scrutò con espressione disorientata.
“A che costo, prendere la vita di qualcuno
…”
Damon la lasciò
andare e si strinse nelle spalle. “Dettagli,
te l’ho già detto. Possiamo usare
…” – guardò in aria, e fece
una smorfia – “… non so, qualche
omicida, o una persona che è stata veramente veramente
cattiva, se ti fa stare meglio. Abbiamo già constatato con
John che, grazie a Dio, non si
trasferisce anche la personalità.”
Elena si strinse le braccia al
petto, continuando a fissarlo allibita. “Come puoi anche solo
pensarlo? … Non dai alcun valore alla vita umana?”
Damon allargò le
braccia spazientito. “Oh, Elena, certo che lo
faccio!” Le si avvicinò e piantò gli
occhi nei suoi. “Alla tua.”
Elena si allontanò e
scosse vigorosamente la testa. “No. Devi smetterla di pensare
in questi termini, Damon. Essere una persona migliore.”
“Beh, non lo
sono!” – ribatté Damon alzando la voce
in un tono irritato.
Elena fece una smorfia
indispettita. “Non iniziare.”
“Nel caso te ne fossi
dimenticata, io uccido le persone” - Damon la raggiunse
nuovamente, e si assicurò di guardarla negli occhi, lo suo
sguardo acceso – “E non m’importa. Anzi,
se vuoi saperlo, mi piace
anche.”
Elena lo guardava sconvolta,
mentre sentiva le lacrime salirle in gola. “Smettila di
comportarti così. Non è vero. Che non
t’importa, che …” –
deglutì, cercando di scacciare il nodo che le serrava il
respiro – “… ti piace.”
Damon si voltò in
un’altra direzione con un gesto spazientito. “Non
lo sai questo.”
“Sì,
invece.” – Elena gli afferrò il volto e,
vincendo infine le sue resistenze, lo costrinse a guardarla.
“L’ho sentito, Damon.” – gli
sussurrò con dolcezza – “
L’impulso, il dolore, l’urgenza. Adesso, lo so cosa
si prova.”
Damon le rispose con
un’espressione contrariata. “Tu credi, ma non sai
niente, Elena. Sei un vampiro da quanto, un paio di mesi? Non hai mai
spento la tua umanità, non ci sei sprofondata, neanche
lontanamente. Tu non lo sai.”
– sottolineò l’ultimo concetto con un
rapido movimento degli occhi e allontanò le sue mani da lui.
“E smettila di
aspettarti da me comportamenti che non mi si addicono. Questo
è quello che sono. Fattene una ragione. Qualcuno deve morire
per farti tornare umana? Che sia così, non
m’importa.” –
proseguì scandendo le ultime parole.
“Beh,
dovrebbe!” – ribadì Elena, la voce
decisa, ma con le lacrime che iniziavano a riempirle gli occhi.
“Perché ti
è così difficile capirlo?” –
replicò Damon incollerito – “Non sono
Stefan. Non sono te. Smettila di aspettarti che lo sia!”
Elena strinse le labbra e non
rispose, poi proseguì con una voce calma che sentiva non
appartenerle. “No, hai ragione. E’ colpa mia.
Perché tu non vuoi dover rispettare le aspettative di
nessuno.”
Si guardarono in silenzio.
Infine, Damon rispose - “Vedo che hai capito.”
Elena scosse la testa, e
lasciò la camera sbattendo la porta.
Ryan Linwood alzò il volume della radio
alle prime note di quella canzone. Era sempre stata una delle sue
preferite, ed iniziò a cantarla tra sé e
sé, battendo ritmicamente la mano sul volante. Fu solo
all’ultimo momento che si accorse del corpo disteso in mezzo
alla strada. Inchiodò di colpo e, senza neanche chiudere la
portiera della macchina, si precipitò nella sua direzione.
Non appena si
avvicinò, la ragazza si mosse lentamente e, a fatica, si
alzò su un gomito. Sembrava stordita.
“Ti senti
bene?” – le chiese toccandole leggermente il gomito.
La ragazza si scostò
dal volto una ciocca di lunghi capelli bruni e sbatté le
palpebre, come per cercare di metterlo a fuoco. Era molto bella, non
poté fare a meno di notare.
“Ti sei
persa?” – le domandò, avvicinandosi un
po’ di più. Forse qualche bastardo
l’aveva drogata e lasciata lì, o chissà
cos’altro.
“Sì
…” – mormorò –
“… forse sì.”
“Vado a prendere il
telefono per chiamare aiuto.”
Non fece in tempo a tornare
verso l’auto che la ragazza gli si era parata davanti, e lui
si ritrovò a fissarla nei suoi grandi occhi castani, velati
da un'ombra di turbamento.
“Resta fermo dove
sei” – mormorò Elena. Poi, si
ricordò di cosa altro diceva Damon, ed aggiunse -
“Non avere paura.” Il ragazzo si
immobilizzò.
Con gesti lenti, Elena si
portò i capelli su un lato della spalla e si
chinò per morderlo. Non appena riconobbe il familiare sapore
sulle labbra, vi si abbandonò completamente, lasciando che
il piacere del sangue prendesse il sopravvento sui suoi pensieri.
Tu
credi, ma non sai niente, Elena.
Lo morse un po’
più forte, e scacciò il pensiero di Damon in un
posto molto lontano nella sua mente.
Sentì il corpo del
ragazzo vacillare leggermente, e capì che doveva fermarsi.
Damon, lui glielo aveva
insegnato. Ogni volta che le era rimasto accanto, per lasciarle
esplorare le altezze dei suoi nuovi abissi, ma sempre pronto a
raccoglierla per non rischiare mai di farla cadere troppo nel baratro.
Non ci
sei sprofondata, neanche lontanamente.
E’ vero, grazie a
Damon, non lo aveva fatto. Chissà, invece, quanto a fondo lo
aveva fatto lui. Nei tormenti che ogni volta scorgeva nei suoi occhi, e
che mai era riuscita a comprendere pienamente. Come avrebbe potuto
farlo? Non aveva mai permesso a se stessa di sentire senza riserve, di
scoprire con quanta intensità lui potesse consumarla.
Questo
è quello che sono.
Ma se si fosse fermata adesso
… allora, forse, non lo avrebbe mai saputo.