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Autore: Abirthofbrokendreams    10/06/2012    3 recensioni
Evelyn, una giornalista Echelon a Los Angeles. Jared e Shannon, finalmente a casa, si godono le vacanze. Cosa succederà quando le vite dei tre si incroceranno?
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jared Leto, Nuovo personaggio, Shannon Leto
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Decimo capitolo! Credo che ci si avvicini alla fine, purtroppo o perfortuna. Questo capitolo è un po' corto, ma cambierà un bel po' di cose. Ne rimarrete contenti o delusi, dipende da voi. Sono lunatica, perciò questa storia va avanti secondo il mio umore. Non sapete mai cosa potreste leggere! Il titolo è tratto dalla canzone "Make you feel my love" di Adele, una meraviglia. Ora vi lascio al capitolo e vi auguro una buona lettura. Alla prossima :*




I could hold you for a million years, to make you feel my love. 

La vita sarà sempre piena di decisioni dure da prendere.
Ogni volta che tu apri una porta, un’altra si chiude.
In fondo uno deve imparare a vivere secondo le proprie decisioni,
non importa quanto sanguini il cuore o quanto faccia male.
 
- Sergio Bambarén, Il guardiano del faro.

 

***
 

Erano passate due settimane dall’incidente. Quel Lunedì mattina, Evelyn e Jared si ritrovarono insieme all’ospedale, per l’ennesima visita. Entrarono non appena fu dato loro il permesso e rimasero accanto a lui per alcuni minuti, in silenzio. Evelyn gli accarezzava il braccio e Jared, seduto, si limitava ad osservarlo. Ogni tanto i loro sguardi si incrociavano, ma erano sguardi solamente di intesa, perché entrambi provavano lo stesso dolore. Due settimane in quello stato, aspettando un segno, un qualcosa, ma niente. Evelyn piangeva ormai tutte le notti, nel suo letto, preoccupata. Lui le mancava, voleva vederlo sorridere e scherzare con Jared e Tomo, voleva vederlo suonare la sua batteria, voleva riaverlo accanto a sé. Non ne poteva più di quell’ospedale, di quella stanza, di tutto quel verde e bianco; era sempre più angosciata. Per Jared era lo stesso: non dormiva più di un’ora a notte, ormai. Era distrutto, le occhiaie diventavano ogni giorno più profonde ed era pallido più del solito.
Shannon invece aveva l’aspetto di sempre, tranne per la barba e i capelli cresciuti. Sembrava essere semplicemente addormentato, ma lo era da troppo tempo ormai e tutti ne erano angosciati.
D’improvviso, Evelyn iniziò a piangere, incurante della presenza di Jared.
“Shan, ti prego.. svegliati.” Lo supplicò tra i singhiozzi, stringendogli sempre di più la mano. Jared si alzò e le andò vicino, posandole le mani sulle spalle, cercando un modo per rassicurarla, per farle capire che lui era lì, se ne avesse avuto il bisogno. Lei portò la mano libera su quella di Jared, sfiorandola poi con la guancia. Le lacrime non si arrestarono, continuarono ad offuscarle la vista e a bagnarle i vestiti, ma non le importava. Era una situazione che non riusciva più a sostenere, la buttava giù più di qualunque altra cosa. L’unico suo volere era che Shannon si svegliasse, niente più.
Jared, dal canto suo, lasciò che lei si sfogasse, non sapendo in che altro modo consolarla. Sentiva la sua pelle bagnata sfregarsi contro la sua mano, ma non gli procurava alcun fastidio. Anzi, lo faceva sentire utile, sentiva che in questo modo lei si aggrappava a lui, buttando fuori tutta la rabbia, la frustrazione che aveva dentro. D’altronde, chi poteva capirla meglio di lui?
Nello stesso istante in cui i singhiozzi di Evelyn cessarono, Jared si rese conto che la ragazza aveva preso a fissare immobile le dita di Shannon, che si muovevano quasi impercettibilmente. L’elettrocardiogramma confermava l’unica cosa che per tutto quel tempo avevano voluto sentirsi dire: Shannon, dopo due settimane, era sveglio. Gli occhi di Evelyn, ancora umidi, ricominciarono a lacrimare, ma stavolta la causa era la gioia, la sensazione di vittoria che in pochi minuti aveva cancellato tutte le emozioni negative. Fu chiamata l’infermiera che accorse immediatamente e confermò che finalmente lui li sentiva, era lì con loro, non dormiva più. I suoi occhi, quegli splendidi occhi cangianti, si aprirono, rivelando il loro verde brillante. Jared si mosse verso di lui, sorridente come non mai; si sedette a sul bordo del letto e gli strinse delicatamente il polso, come a dargli il ben tornato. Evelyn singhiozzava ridendo, gli occhi brillanti e vivi dalla felicità. In poco tempo la stanza non appariva più così spenta come lo era stata in quelle due settimane. Tutto sembrava splendere, illuminato dalla luce che Shannon emanava, mentre sorrideva, un po’ frastornato, alle due persone che gli erano accanto. Alzò la mano verso il volto di Evelyn, posandola sulla sua guancia. Lei la coprì con la sua, baciandogli poi il palmo. Jared li osservò, con la consapevolezza che quel momento era solo loro; per una frazione di secondo, a Jared sembrò una scena perfetta e si sentì il terzo incomodo. Ebbe la sensazione che lui non doveva essere lì e non perché era geloso di Evelyn, o del fratello. Semplicemente trovò meraviglioso il loro rapporto in quell’istante, come se fossero sempre dovuti essere così, e che era stato un grosso sbaglio mettersi tra di loro. Non riusciva a capirne il perché, qualche ora prima non la pensava affatto così. Ma in quella stanza d’ospedale, tutto sembrò essere al proprio posto: Evelyn che si lasciava accarezzare da Shannon in un gesto di infinita dolcezza e lui che da bravo spettatore li guardava con ammirazione.
Forse lui era davvero destinato a non avere quel rapporto. Forse davvero l’amore non faceva per lui, forse il suo destino era proprio quello di donare amore a chi ne aveva più bisogno di lui. I suoi Echelon, ad esempio. Forse il suo posto nel mondo era sul palco, a far sognare e ispirare milioni di persone. Non era forse durante i concerti che si sentiva al settimo cielo? Che si sentiva a casa?
Con Evelyn era tutta un’altra sensazione. Solo adesso si rendeva conto che non era amore, quello che provava per lei. Era stata un illusione, sì, una sensazione che non aveva mai provato. Sembrava amore, ma in realtà non lo era. Lui aveva semplicemente convinto se stesso che fosse così, perché credeva di averne bisogno. Credeva che con qualcuno da amare e che lo amasse, avrebbe risolto le cose, non avrebbe più sentito quella mancanza che aveva dentro. Ma quella mancanza che sentiva, quella brutta sensazione all’altezza del petto, non era assenza di amore. Era assenza di qualcosa che lo facesse sentire vivo. E non a caso, gli stava capitando proprio ora che non erano in tour. Capì improvvisamente che per lui la cosa più importante era l’affetto per la sua famiglia, quella vera e quella acquisita. Lui non si era mai legato a nessuno perché non ne aveva bisogno, perché lui un amante ce l’aveva già, ed era la sua musica, i suoi Echelon. Si alzò lasciandoli soli, stranamente sereno, nonostante quell’incredibile consapevolezza. In un attimo era cambiato tutto, in un attimo tutte le sue convinzioni erano crollate, facendo il posto ad altre ben più forti. Sorrideva tra se e se, ormai libero da quel peso che aveva tenuto dentro fino a quel momento. Si sentì svuotato da quel tormento e riempito di qualcosa di nuovo e di ben più benevolo. Capì che Evelyn apparteneva a Shannon, era lui che era cambiato da quando l’aveva conosciuta, era lui che aveva messo in discussione tutta la sua vita solo per quella donna. Lui invece era stato preso dalla gelosia, o dal desiderio di provare anche lui quella felicità, neanche lui sapeva darsi una risposta. Quello che sapeva però era che mai più avrebbe rubato a suo fratello la serenità che provava con Evelyn. Mai più avrebbe permesso a se stesso di intromettersi nella vita di Shannon e turbarlo, perché non se lo meritava. E lui questo lo sapeva dall’inizio. Ma credeva di provare sentimenti che non li appartenevano veramente, credeva che quella ragazza avrebbe davvero messo a posto le cose nella sua vita, che era stato un segno. Invece Evelyn era stata un segno per Shannon. Era lui che da essere un donnaiolo, da non volere relazioni serie con le donne, era improvvisamente diventato dolce, romantico, protettivo con una donna che non conosceva neanche fino in fondo. E questo può significare solo una cosa.
Evelyn, che intanto si era accoccolata accanto a Shannon, non fece molto caso all’uscita di scena di Jared. Si limitò a guardare la porta per un attimo, ritornando poi ad incastrare i suoi occhi in quelli del maggiore. Rimasero in quella posizione a lungo, desiderosi di recuperare quelle due settimane passate lontani l’uno dall’altra. Evelyn sapeva ciò che aveva detto a Shannon quindici giorni prima, ma ora non aveva importanza. L’unica cosa a cui riusciva a pensare, senza trattenere la sua grande felicità, era che finalmente lui era sveglio, aveva vinto contro quelle maledette macchine, ed era lì accanto a lei che le accarezzava i capelli. Sentì delle fitte improvvise all’altezza dello stomaco, fitte piacevoli. Saranno queste le famose farfalle nello stomaco? Pensò. A lei sembravano più grandi delle farfalle, in realtà. Il cuore le martellava nel petto, al contatto con la bocca di Shannon, che ogni tanto la baciava piano, ancora debole. Un miscuglio di sensazioni che non riusciva a controllare, ma che le piacevano dopo tutto; Si rese conto dopo tanto tempo che erano sensazioni che aveva provato una sola volta nella sua vita e dalle quali era scappata per paura di rimanerne ferita. Ora però l’idea di scappare non la attraversava neanche per idea. Sarebbe rimasta così per sempre, al sicuro, tra le braccia possenti di Shannon che nonostante non fosse in condizioni fisiche perfette, sapeva darle quella sensazione di protezione che le aveva sempre fatto provare. Evelyn capì che era lì che voleva rimanere, era lì che si sentiva a casa.
Shannon. Quel nome le rimbombava nel cervello. Shannon. Il nome che portava nel cuore.
Lentamente, quasi ad imprimerglielo bene negli occhi, nella testa e nel cuore, pronunciò con le labbra quelle parole che non era mai riuscita a dire a nessuno: “Ti amo.

 
  
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