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Autore: xUnbroken    10/06/2012    1 recensioni
Piccola fan fiction sulla seconda serie di Teen Wolf.
SPOILER PER CHI NON HA VISTO LE PRIME DUE PUNTATE DELLA SECONDA SERIE.
Genere: Drammatico, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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“Stai bene?” gli chiesi. Mi avvicinai e lo aiutai a raccogliere i libri.
“Si” mi rispose senza alzare lo sguardo.
Notai che alzava lo sguardo solo quando non lo guardavo.
Quando ci sollevammo da terra gli porsi i libri e li mise nell’armadietto.
C’era un silenzio imbarazzante tra di noi, ma vedevo che era lui a non voler parlare. Forse per timidezza o forse per altro. Poi si voltò verso di me. Ci scambiammo uno sguardo intenso, e per un secondo fu come se il mondo circostante si fosse fermato. Almeno finché non abbassai lo sguardo imbarazzata.
“Allora… io vado. Ci vediamo.” dissi.
Mi fece cenno con il capo e mi incamminai verso l’uscita.
All’uscita mi trattenne Stiles con dei discorsi futili, ma fui felice di vedere che a qualcuno interessava parlare con me che ero completamente asociale.
Mi incamminai verso casa e poco dopo Isaac dietro di me. Avanzava imbarazzato, finché non fu al mio fianco.
“Ti dispiace se… torniamo insieme?” mi chiese in imbarazzo.
Gli sorrisi “No, certo che no.” Il mio sorriso lo fece rilassare un po’. Non parlammo molto, ma il silenzio non era più imbarazzante.
“Che musica ti piace?” mi chiese ad un certo punto.
“Il rock, ma ascolto qualsiasi genere. A te?”
“Lo stesso.” Mi rispose con un lieve sorriso.
Una macchina accostò accanto a noi.
“Isaac” esordì suo padre, in tono di saluto.
“Papà”
“Entra, andiamo a casa” fece lui in tono autoritario. Mi davano fastidio le persone così. Isaac esitò.
“No, torno con lei” rispose senza guardarlo.
“Vi accompagno io, salite in macchina”
“No, ti ho detto che torniamo a piedi” ribatté Isaac.
Il padre mantenne il controllo, ma a stento. Fece un sorriso nervoso. “Ci vediamo a casa, figliolo” gli disse. Sembrava più un avvertimento del tipo ‘quando arrivi a casa te le suono’.
“Piuttosto autoritario” commentai quando la macchina si allontanò.
“Già” sembrava nuovamente a disagio. Si alzò le maniche della maglia e notai dei lividi sulle braccia.
“Tutti quei lividi te li sei fatto giocando a lacrosse?” chiesi.
Si guardò le braccia “Si” rispose nervoso, e riabbassò le maniche.
Arrivati davanti a casa il padre era sulla soglia della porta ad aspettarlo.
Si voltò verso di me. “Allora… ci vediamo” mi disse.
“Si, ci vediamo” risposi guardando il padre che mi inquietava.
Mi diressi verso la porta di casa e quando mi voltai era già sparito.
I miei la sera andarono a cena fuori e rimasi a casa a studiare. Notai la luna riflettere sullo schermo del cellulare e mi affacciai per guardarla. Nel silenzio del quartiere non si sentiva nulla.
Almeno finché non sentii delle urla in lontananza. Cercavo di capire da dove provenissero ma non ci riuscivo. Poi di colpo smisero. Le luci in casa di Isaac si spensero e tutto tacque.
Mi spaventai. Chiusi porte e finestre.
Poco dopo qualcuno bussò alla mia finestra. Isaac era attaccato al cornicione.
“Come diavolo sei salito qui sopra?” chiesi sbalordita. Se ne stava nell’ombra per non farsi vedere. Mi fece cenno di stare in silenzio. Suo padre era di nuovo fuori. Quando chiuse la porta si avvicinò alla finestra ed entrò.
Finalmente lo vedevo sotto la luce. Era sudato, sanguinava e aveva un occhio nero.
“Che ti è successo?” mi fece cenno di fare silenzio e lo rassicurai sul fatto che non c’era nessuno in casa.
Mi guardò sconvolto e tremante. “Vuoi spiegarmi?”
“Sto bene”
“Una persona che sanguina e ha un occhio nero dubito che stia bene.”
Continuava a guardarmi. Non l’aveva mai fatto fin’ora.
“Ti vado a prendere qualcosa? Che so, un bicchiere d’acqua o qualcosa da mangiare”
“Un bicchiere d’acqua va bene” mi disse. “Ti dispiace se uso il bagno?”
“No, fai pure” risposi con un sorriso.
Quando tornai di sopra era senza maglietta ad asciugarsi le ferite sul torace. Aveva un bel fisico ma cercai di non farmi incantare.
“Grazie” mi disse, quando gli porsi il bicchiere.
“Mio dio, ma ti sei visto la schiena?”
Mi guardò, poi si spostò davanti allo specchio a guardarsi. Rabbrividì nel vedere tutto quel sangue.
“Prendo qualcosa” gli dissi.
Tornai con dell’acqua ossigenata e cotone per cercare di fermare il sangue che sembrava non finire mai.
La sua schiena era calda e riuscivo a sentire il battito del suo cuore mentre pulivo il sangue dalla sua schiena.
“Sento il battito del tuo cuore e stai ancora tremando.” dissi sorridendo “Puoi calmarti adesso”
Lo vidi sorridere imbarazzato. Iniziai a versare cautamente l’acqua ossigenata sulle ferite. “Oh Dio, brucia”
“Scusa, cercherò di fare più piano” dissi.
Poco dopo “Ho fatto” dissi.
Si guardò allo specchio. “Grazie. E… mi dispiace. Non sarei dovuto venire qui.”
“E’ tutto a posto” lo tranquillizzai “ma sarei felice se mi dicessi che ti è successo o almeno la smettessi di tremare.”
Sorrise. Qualcuno suonò il campanello. Isaac trasalì.
“Dev’ essere lui” disse.
“Calmo, ci penso io”
Scesi di sotto con più calma che potevo fingere e aprii la porta. Il padre di Isaac mi fece quel suo sorriso che mi inquietava.
“Ciao, cerco Isaac, per caso l’hai visto?”
“No, perché?”
“E’ uscito di casa e mi è sembrato fosse venuto qui”
“No, non è qui” dissi, cercando di sembrare più convincente possibile.
Il padre esitò un secondo, continuando a sorridermi. Poi entrò di soppiatto, mi bloccò la bocca per impedirmi di urlare e tirò un calcio alla porta per chiuderla.
“Isaac. So che sei qui, vieni fuori!” urlò.
Il silenzio. Iniziò a trascinarmi su per le scale con violenza. Poi mi tirò un primo schiaffo, e poi un altro. Mi sentii avvampare di rabbia. Se lui era irascibile evidentemente non sapeva com’ero io quando mi montava la rabbia. Iniziai a divincolarmi ma mi teneva stretta. Riuscii a mordergli la mano, gli tirai un pugno nello stomaco, ma lui fu più agile. Mi prese entrambe le braccia e mi caricò sulle spalle minacciando di buttarmi giù dalle scale.
“Lasciala!” urlò Isaac sbucando dal nulla.
Mi liberò lentamente e Isaac si avvicinò e mi tirò dietro di lui.
“Hai medicato le ferite al cucciolo” fece il padre sarcastico.
Isaac lo guardò in cagnesco. “Vattene, non hai nessun diritto di infilarti in casa della gente”
“Questa è colpa tua!” gli urlò il padre.
“Che razza di padre è” gli dissi guardandolo con disgusto.
Scoppiò a ridere, strattono Isaac e lo sbatté contro il muro, poi si avvicinò a me lentamente. Indietreggiai tremante. “Che razza di padre picchia suo figlio?”
“E’ tutta colpa tua. Sei tu che gli hai fatto questo.” Mi  disse.
“E’ lei il violento, non io”
“Si è sentito forte al tuo fianco, come se potesse permettersi di mancarmi di rispetto.”
“E’ lei che ha mancato di rispetto a suo figlio. Dovrebbe chiedergli scusa per tutto il male che gli ha fatto. Fisico e psicologico.”
“Chiudi quella bocca, tu non sai un bel niente!” mi urlò.
“Lo vuole un consiglio? Se ne vada a casa prima che chiami la polizia.”
Cambiò di colpo espressione e guardò suo figlio, rannicchiato contro il muro. “Andiamo, Isaac.”
“No, Isaac resta qui” risposi decisa.
“Decido io cosa fa mio figlio”
“Facciamo che decide lui cosa fare” proposi infine.
Guardammo Isaac. Tremava contro al muro, indifeso. Gli rivolsi uno sguardo di complicità come per dirgli ‘fa’ la scelta giusta, non tornare a casa con lui’.
“Resto” disse tremante.
Il padre si infuriò, tirò qualche pugno contro il muro e se ne andò di corsa sbattendo la porta. “Non finisce qui”
  
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