11.
Consuming
Elena giunse in camera di Damon e non lo
trovò.
Stava vagando da qualche ora, senza una vera meta,
finché non si era
ritrovata nei pressi della pensione Salvatore senza neanche sapere bene
come
esserci arrivata.
Si raggomitolò nel suo letto, ed attese.
Damon si alzò dal letto senza fare
rumore, Meredith ancora addormentata
accanto a lui. Si rimise i pantaloni, si infilò la camicia
senza abbottonarla e
si diresse in cucina.
La sera prima, Elena lo aveva di nuovo fatto uscire
di testa. Dopo la loro
discussione, era tornato a casa, aveva afferrato una bottiglia di
bourbon e deciso
di andare a sdraiarsi sull’asfalto a sfogare la sua
frustrazione su qualche
ignaro automobilista.
Perché, pensandoci, era davvero da
troppo tempo che non uccideva qualcuno (a
parte le streghe, si disse, ma arrivò
alla conclusione che loro non contavano veramente). In
realtà, rifletté, dovute
eccezioni a parte, era sempre stato piuttosto un tipo alla
bevi-e-rilascia. Non
per scrupoli morali, certo. Nel corso degli anni aveva semplicemente
imparato
che era sempre meglio mantenere un basso profilo. E poi, fare le cose
disordinate e lasciare corpi in giro non era davvero il suo stile. Non
era un
Ripper, lui. Solo che poi, beh,
c’erano quelle volte in cui uccidere gli era necessario. Come
per togliersi lo
sfizio, o grattarsi un fastidioso prurito. E quella, era decisamente
una di
quelle volte.
Ogni volta che si
presenta un ostacolo sulla
strada, tu dai di matto.
No, non era esatto. Lui
era
l’ostacolo sulla strada.
E così sarebbe stato anche quella sera,
disteso e dannatamente pronto ad
essere l’ostacolo anche sulla strada di
qualcun’altro.
Era con questi propositi che stava per uscire di
casa la sera prima, lui e
la sua fedele bottiglia di bourbon, quando Meredith lo aveva chiamato.
“Vuoi del caffè?”
– gli chiese Meredith raggiungendolo in cucina, ed
iniziando a preparare.
“Sarebbe grandioso” –
rispose Damon. “Cos’è questo?”
– aggiunse sedendosi
sul divano e sfogliando tra la pila di fogli sparsi sul tavolino.
“Quello, Damon, è il motivo
per cui ti ho chiamato ieri sera” – rispose
Meredith raggiungendolo e porgendogli una tazza di caffè.
“Ma non mi hai
lasciato il tempo di parlartene.”
Damon sogghignò - “I vampiri
hanno i loro istinti, sai.”
“Oh, l’ho notato”
– rispose Meredith prendendo un sorso con un leggero
sorriso.
“Di che si tratta?” –
le domandò Damon osservando più attentamente.
Meredith posò la propria tazza.
“Beh, dopo che quel bastardo mi ha …”
–
fece una pausa ed un’ombra passò sui suoi occhi -
“… preso e costretto a dirgli
che era stato il tuo sangue a trasformare Elena, ho iniziato a indagare
più a
fondo su quale potesse essere un modo, uno qualsiasi per metterlo fuori
gioco. Ed
ho trovato questo.”
“Credi che possa funzionare?”
– gli chiese Meredith mentre Damon leggeva
attentamente la pagina di un vecchio diario Fell che Meredith gli aveva
passato.
“Possiamo sempre provare. Anzi, mi
stupisce non averci pensato prima.” –
osservò
Damon. “Lo sai, Mer” –
proseguì, attirandola deciso a sé e
solleticandole il
profilo del mento con le labbra – “ Sei una ragazza
davvero piena di risorse …”
“… lo so.”
Tornato alla pensione Salvatore, Damon
trovò Elena in camera sua, seduta con
le mani in grembo sul bordo del letto.
“Sei venuta a farmi un’altra
lezione di morale?” – le domandò Damon
girando
gli occhi con aria scocciata.
Elena mormorò - “Ho quasi
ucciso una persona ieri notte.”
Damon sentì il cuore perdere un battito,
e si bloccò di colpo.
Elena si alzò e lo raggiunse,
continuando ad evitare il suo sguardo, mentre
Damon la osservava con espressione disorientata.
Damon le sfiorò un braccio con un
movimento leggero, quasi impercettibile.
Elena si ritrasse.
“Mi sono distesa sulla strada.”
– Elena proseguì d’un fiato –
“La stessa
dove tu ed io ci siamo incontrati. Ho aspettato. E’ arrivato
questo ragazzo, ed
io … l’ho morso. Sapevo che dovevo fermarmi. Ma
non l’ho fatto. Ho continuato,
finché non è crollato a terra. Credevo fosse
morto, l’ho creduto davvero. Poi
ho notato che non lo era. A malapena. Gli ho dato il mio sangue,
soggiogato e
lasciato andare.” Fece una pausa, prima di aggiungere con
voce incrinata – “Sono
solo stata fortunata.”
“Elena …”
“Potevo fermarmi. Sapevo quando, sapevo
come. Tu me lo hai insegnato. Non
ho voluto.”
Damon provò ad attirarla verso di
sé, ma Elena rifiutò il suo contatto.
“No.”
Damon la circondò con le braccia con
più decisione, mentre lei tentava di
liberarsi della sua presa. La strinse più forte, e
lottò contro le sue
resistenze fin quando Elena non smise di agitarsi. Le poggiò
una mano sulla nuca
per tenerla stretta contro il proprio petto, le labbra che sfioravano i
suoi
capelli.
Restarono così a lungo,
finché il respiro di Elena non si fece più calmo.
“Vuoi sapere cosa provo per te, Damon?
…” – mormorò Elena alzando il
volto
verso di lui, gli occhi ardenti dietro la nebbia delle lacrime.
“E’ questo
…”
Damon spostò la propria mano sul suo
volto, e le passò lentamente il
pollice sulla guancia per scacciare una lacrima.
“… e mi divora”
– proseguì Elena con voce rotta dal pianto
– “ tu … tu mi
divori …”
Damon continuava a tenere gli occhi fissi nei suoi,
dimenticandosi persino
di respirare.
“… perché tu non
hai idea, neanche lontanamente
di quanto io …”
La voce di Elena si spezzò prima di
riuscire a finire la frase. Non sapeva
cosa voleva dirgli, improvvisamente non sapeva neanche più
perché si trovasse
lì. Abbassò lo sguardo, scansò la mano
di Damon dal proprio volto, si sciolse
dalla sua presa, e lasciò la stanza, incapace di restare
accanto a lui un solo secondo
di più.
Damon rimase immobile, le parole bloccate in gola,
con lo sguardo affranto
perso nel vuoto.
“Era dannatamente ora, strega”
– la apostrofò Damon, prendendo un sorso
direttamente dalla bottiglia.
“Non sono al tuo servizio”
– replicò Bonnie con tono asciutto -
“Cosa vuoi?”
Damon si lasciò andare sul divano, e
proseguì in modo laconico - “Klaus ha
l’incantesimo, e tu lo aiuterai a farlo. E’ ora di
reclamare ufficialmente il
mio bonus.”
Bonnie rimase in silenzio, leggermente confusa,
mentre il suo sguardo si
spostava da Damon ad una seconda bottiglia già vuota sul
pavimento. Magari era
solo ubriaco. Strinse lo sguardo su di lui, e Damon con un gesto
spazientito la
invitò a rispondere.
“Sei pazzo, Damon.”
Damon rise. “Sì, beh,
così mi hanno detto.”
“Il nostro scopo era quello di fermare
Klaus, non aiutarlo” – ribatté decisa
Bonnie.
Damon alzò le spalle stizzito.
“Troviamo lo stesso un modo per
neutralizzarlo. Dopo
l’incantesimo.
Ci sto già lavorando.” – la
scrutò in cerca della sua reazione - “Oh, andiamo,
non fare quella faccia. Lo sai tu, lo so io, lo sanno tutti. Non vedevi
l’ora
di avere l’occasione per farmi fuori. E se ti stai facendo
scrupoli, basta che
pensi a tutto quello che ti ho fatto e te li fai passare.”
“Ci penso, e, credimi, non è
di quello che mi preoccupo. Ma Elena non …”
“Ha quasi ucciso un ragazzo,
Bonnie” – Damon posò la bottiglia, si
alzò e le
si avvicinò. Il suo sguardo era quasi febbrile.
“Vuoi sapere perché? Perché era
sconvolta, a causa mia. Ha quasi
ucciso
una persona, a causa mia.
E’ di Elena
che stiamo parlando. Non posso permetterlo. Tu
non puoi permetterlo.”
Bonnie sostenne il suo sguardo, e rimase in
silenzio.
Damon si ritrovò a dire qualcosa che non
avrebbe mai pensato. “Ti prego.”
“Va bene” –
acconsentì infine Bonnie.
Damon fece un gesto con la mano a mo’ di
ringraziamento, e proseguì - “Non
puoi dirlo a nessuno lo sai questo, vero? Non ad Elena, non a mio
fratello.”
“Lo so” –
annuì.
“Siamo
d’accordo allora”. Damon strinse un attimo le
labbra. “Vediamo di
dare inizio a questa festa."