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Autore: margherIce46    11/06/2012    3 recensioni
Dal terzo capitolo:
“[...]Senza sapere esattamente cosa dire, si limitò a osservare con dispiacere il livello del pregiato Cabernet-Sauvignon calare molto più velocemente di quanto avrebbe voluto, poi il suo calice ancora vuoto e infine l’espressione stravolta di El.
“Ho bisogno del tuo aiuto!” esclamò infine la donna, dopo avere vuotato anche il secondo bicchiere di vino.
L’uomo si sporse verso di lei e si preparò ad ascoltare [...]”
Terza classificata al contest "You and I: di coppie, intrighi, vendette e tradimenti", indetto da LunaGinnyJackson su efp.
Genere: Erotico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Già il titolo di questo capitolo ne svela in parte il contenuto…
Grazie a Nike87 e a DeAnna in particolare ma anche, ovviamente, a chi ha voglia di continuare a leggere questa pazza pazza fanfiction!
 
 
 
Capitolo 3
 
Il tre è un dato di fatto
 
Il suono del campanello fece sobbalzare Elizabeth, strappandola alle malinconiche elucubrazioni in cui si era immersa, sprofondata sul divano, con un cuscino stretto al petto come una corazza e il muso umidiccio di Satchmo posato sulla coscia a darle conforto. 
Nemmeno il sorriso allegro di Mozzie, che fece capolino quando aprì la porta d’ingresso, servì a tirarla su: il tarlo crudele del dubbio si era insinuato nella sua anima, il sospetto scavava nel suo cervello come una termite e lei non avrebbe trovato pace fino a quando non avesse saputo la verità. Anche se la verità le avrebbe spezzato il cuore.
“Piccola, sono venuto appena ho letto il tuo messaggio!” esclamò Moz, posando sul tavolo del salotto una bottiglia di vino che aveva “preso in prestito” dalla riserva personale di Neal pensando che - data la stranezza del comportamento di Elizabeth e considerato il tono singolare della sua richiesta di incontrarlo - un po’ di alcol avrebbe impresso una direzione più rilassata alla loro conversazione.
Poi, notando il pallore dell’amica, la sua aria preoccupata e le occhiaie scure che rivelavano come avesse trascorso una brutta nottata, aggiunse: “Ma…stai bene? Hai una faccia…”.
“Siediti, ti prego” rispose solo El.
Andò in cucina e dopo un minuto fu di ritorno con un cavatappi e due ampi calici di cristallo; prima che Moz potesse fare un solo gesto per aiutarla, aprì la bottiglia quasi con rabbia e si riempì il bicchiere fino all’orlo. Poi lo trangugiò tutto d’un fiato e se ne versò subito dopo un altro, ugualmente colmo.
A questo punto, il truffatore fu certo che qualcosa non andava e vedere Elizabeth, di solito così allegra e gentile, sull’orlo di una crisi di nervi lo mandò a sua volta in tilt.
Senza sapere esattamente cosa dire, si limitò a osservare con dispiacere il livello del pregiato Cabernet-Sauvignon calare molto più velocemente di quanto avrebbe voluto, poi il suo calice ancora vuoto e infine l’espressione stravolta di El.
“Ho bisogno del tuo aiuto!” esclamò infine la donna, dopo avere vuotato anche il secondo bicchiere di vino.
L’uomo si sporse verso di lei e si preparò ad ascoltare.
 
***
“Non è possibile!” fece Moz inclinando leggermente la testa e spalancando le braccia “Ti stai sicuramente sbagliando, Mister Suit non ti tradirebbe mai!”.
“Oh Dio, Moz…” replicò Elizabeth, con gli occhi ancora lucidi di pianto e la voce incrinata “Non hai idea di quanto vorrei sbagliarmi, ma ci sono troppi indizi…troppi! All’apparenza il suo comportamento è del tutto normale, Peter è gentile con me e affettuoso come al solito, ma io sento che c’è qualcosa che non va! Quando crede che non lo guardi assume un’aria distratta, come se la sua mente fosse altrove, come se non gli interessasse fare ciò che sta facendo in quel momento ma stesse immaginando di trovarsi altrove…con qualcun’altra…”.
“E poi” proseguì, passandosi solo per un istante la mano sul volto pallido e sofferente “torna sempre più tardi dal lavoro, a volte deve stare fuori anche nel week-end e quando è a casa ha l’aria di non sentirsi completamente a suo agio, fissa in continuazione il cellulare e sembra sempre in attesa di qualcosa…”.
“Beh, magari è solo molto impegnato” ribatté Moz “forse Neal gli dà più problemi del solito…”.
El sbuffò leggermente.
“Magari si trattasse solo di Neal!” replicò.
Poi, dopo averci pensato su un istante, aggiunse: “Ma Neal non ti ha accennato niente? Non ti ha detto se lui e Peter stanno seguendo un caso particolarmente impegnativo, oppure se mio marito ha qualche problema?”.
Moz scosse la testa con un sorrisetto: “Mi dispiace deluderti, ma Mister Suit non è certo l’argomento di conversazione principale tra me e Neal!”.
Tuttavia, dopo avere fissato ancora un volta il viso segnato dell’amica, all’improvviso il piccoletto si alzò e le prese le mani.
“Sai quanto mi costa ammetterlo” continuò, assumendo per la prima volta un tono serio “ma tuo marito è una brava persona…per quanto può esserlo un servitore del governo, ovviamente. Io ti aiuterò, se vuoi, ma sono certo che ti stai preoccupando per niente!”.
 
***
 
Sistemare con l’aiuto di Moz una microcamera invisibile che riprendesse ciò che avveniva all’interno della sua stanza da letto era stato relativamente facile per Elizabeth Burke.
Molto più difficile fu dover mentire a Peter, inventandosi un inesistente viaggio di lavoro a San Francisco che l’avrebbe tenuta lontana per due giorni e una notte: glielo disse a cena, giocherellando nervosamente con la forchetta e senza riuscire a guardarlo in faccia.
La sua reazione, tuttavia, non solo non la rassicurò ma anzi ebbe l’effetto di trasformare i suoi sospetti più angoscianti quasi in bruciante certezza: Peter infatti invece di brontolare, come avrebbe fatto in passato, perché lei lo lasciava a casa tutto solo, non batté ciglio e non tentò di dissuaderla. Anzi, ebbe come l’impressione che il marito avesse trattenuto a stento, e con notevole difficoltà, un sorriso di gioia quando lei gli aveva annunciato la sua partenza.
Fino a non molto tempo prima lui si sarebbe accorto subito che sua moglie era a disagio perché gli stava nascondendo una cosa tanto importante, avrebbe insistito affinché gli aprisse il suo cuore…adesso, al contrario, pareva quasi contento di avere campo libero per una notte!
 
***
 
Sistemare la videocamera perché riprendesse il suo letto coniugale era stato piuttosto semplice, mentire a Peter decisamente più difficile; resistere un giorno e una notte tappata in hotel fingendo di trovarsi a San Francisco, soffocata dall’incertezza e dall’ansia, fu invece quasi insostenibile per Elizabeth.
Peter, nonostante stesse lavorando, l’aveva chiamata più volte nell’arco della giornata e lei non riusciva a capire cosa ci fosse dietro il suo atteggiamento: si trattava di nostalgia o piuttosto di sensi di colpa? E se, addirittura, volesse sincerarsi che lei effettivamente si trovasse lontano da New York?
Adesso, sdraiata sul letto, incapace di pensare ad altro, fissava il soffitto bianco latte dell’anonima stanza d’albergo desiderando con tutte le sue forze che la notte passasse il più velocemente possibile.
“Peter, Peter… dove sei adesso? Con chi sei? Cosa stai facendo? È possibile che tu abbia una storia con un’altra donna? Tu, proprio tu… Tu che sei sempre stato il migliore dei mariti, il più gentile, il più sincero?”.
“Quante volte mi sono sorpresa a pensare che a noi non sarebbe mai capitato, che noi due non eravamo come tutte le altre coppie…che il nostro amore aveva qualcosa di unico, di speciale!”.
“Quante volte, confortando un’amica in lacrime, ho detto a me stessa che tu non mi avresti mai fatto una cosa del genere, perché noi eravamo felici…felici davvero…”.
“E invece eccomi qua, anche io come tutte le altre, anzi più disperata perché mi sono sempre fidata ciecamente di te…”. 
Elizabeth si era imposta di non chiamarlo, di lasciarlo completamente libero…e invece a mezzanotte passata non ne poté più e compose il suo numero di telefono, temendo, e al tempo stesso sperando, di svegliarlo. Invece, dopo che il cellulare aveva squillato a lungo e quando lei stava quasi per riattaccare, Peter aveva risposto.
La sua voce non era né assonnata né infastidita: sembrava perfettamente sveglio. Sorpreso e, allo stesso tempo, comunque felice di sentirla.
Era a casa, le disse.
Insieme a Neal, che aveva cenato lì per fargli compagnia e adesso lo stava aiutando con i fascicoli di alcuni casi insoluti che si era portato appresso dall’ufficio, come faceva spesso quando lei rimaneva fuori per lavoro. Neal davvero era a casa con Peter, aveva sentito la sua voce mentre parlava a telefono con lui… allora non le aveva mentito! E se suo marito trascorreva la notte a lavorare in compagnia del suo giovane consulente, allora certo non poteva avere un’altra donna!
Fu come se l’ago sottile e appuntito che nelle ultime settimane le era penetrato nel cuore fino alla cruna improvvisamente venisse sfilato via da una mano gentile; le si inumidirono gli occhi per la felicità e il sollievo e non trattenne un ampio sorriso, il primo da chissà quanti giorni.
Li salutò con una battuta scherzosa, raccomandano loro di non fare troppo tardi su quelle scartoffie, e prima di chiudere la comunicazione lasciò al marito un “Ti amo” sussurrato a voce così bassa che forse lui non lo sentì, dato che non le rispose “Anch’io”, ma soltanto “Buona notte”.
 
***
 
Il mattino dopo la sicurezza di Elizabeth era scomparsa, si era miseramente disciolta come neve al sole.
Vero, Peter aveva trascorso la serata a lavorare insieme a Neal, ma poi? Non poteva avere nessuna certezza su cosa avesse fatto, o non fatto, dopo.
E se avesse chiesto al truffatore di coprirlo? E se invece fosse stato lui a coinvolgerlo in qualcuno dei suoi affari poco puliti? Magari in compagnia di una delle ragazze, bellissime e con pochi scrupoli, che gli giravano intorno?
Si era sempre fidata del marito, però non poteva negare che ultimamente Peter stava trascorrendo tantissimo tempo in compagnia di Neal…Neal sempre così seduttivo, impeccabile, brillante, come circondato da un’aura di sensualità che attirava irresistibilmente ogni donna con la quale entrava in contatto. Nessuna sembrava potergli resistere e lui certo non era tipo da soffrire di solitudine tra le lenzuola…
E se fosse stato proprio lui a portarlo sulla cattiva strada? E se lo avesse contagiato con i vizi e le bassezze dell’ambiente nel quale era vissuto per anni?
Elizabeth voleva bene a Neal Caffrey, le era simpatico e l’aveva accolto a braccia aperte a casa propria; anche lui, del resto, sembrava provare affetto nei suoi confronti. Possibile che, invece, fosse stato così vile da spingere suo marito a tradirla? Possibile che gli avesse facilitato le cose, procurato una ragazza, coperto le spalle?
Insomma, Elizabeth era più angosciata che mai e fu con questa disposizione d’animo che a metà mattinata, dopo avere fatto squillare una ventina di volte il telefono di casa per assicurarsi che non ci fosse nessuno, entrò nel suo appartamento col cuore in gola. Senza degnare di uno sguardo Satchmo che, appena lei varcò la soglia, le trotterellò allegramente incontro aspettandosi di ricevere qualche coccola, salì di corsa le scale e si precipitò in camera.
Lì, almeno in apparenza, era tutto come doveva essere: il letto coperto alla bell’e meglio, come faceva sempre Peter, le sue scarpe abbandonate a casaccio, una sotto il comodino e l’altra dietro la tenda. Niente fuori posto o di sospetto.
Tranne - ed Elizabeth se ne rese conto con cuore prima ancora che con l’odorato -  un vago, vaghissimo sentore sconosciuto che ancora aleggiava nella tiepida penombra della stanza: seppe con assoluta, subitanea, certezza che si trattava del medesimo odore sconosciuto che aveva sentito addosso al marito quando aveva fatto l’amore con lui qualche sera prima.
Si accasciò sul letto- la vista annebbiata, il respiro vacillante - spezzata dal dolore.
Dunque, era vero.
Tutti i suoi più atroci sospetti trovavano conferma: Peter la tradiva. La tradiva in casa loro, nel loro letto coniugale…
Ma con chi? Chi era quella squallida sgualdrina che lui aveva osato scoparsi nel letto che per anni aveva diviso con lei? Nel tabernacolo, ormai profanato, del loro amore? E se fosse qualcuna che conosceva? Diana certamente no, per ovvi motivi… forse allora un’altra collega? O qualcuna delle amichette di Neal?
Doveva saperlo, doveva assolutamente saperlo!
Come una furia, tirò fuori la microcamera che Moz l’aveva aiutata a nascondere.
Era sotto shock, le tremavano le mani e respirava affannosamente ma riuscì comunque a estrarre la pen-drive con la registrazione digitale delle immagini che l’aggeggio aveva catturato la notte precedente e a infilarla nel suo pc.
Non riusciva a rimanere seduta e, divorata dall’ansia, attese in piedi davanti al comò che il video partisse.
All’inizio nella penombra si distinguevano soltanto le sagome familiari dei mobili; i minuti scorrevano senza che avvenisse nulla ed Elizabeth, follemente, si sorprese a sperare ancora una volta di essersi sbagliata.
Poi, all’improvviso, si udì il cigolio della porta della stanza aperta con energia e tutto fu atrocemente chiaro.
Inequivocabile e, al tempo stesso, incredibile.
La qualità delle riprese non era eccezionale, ma non poteva avere dubbi su ciò che stava guardando: davanti ai suoi occhi scorrevano le immagini di Peter e Neal insieme.
Elizabeth sbatté le palpebre, incapace di reggere anche quel colpo: non solo suo marito la tradiva, ma non con una donna, bensì con un uomo! E per di più con lui, con Neal…    
Strinse convulsamente le dita al bordo del cassettone ma non poté impedire alle sue ginocchia di cedere: scivolò piano sul pavimento, scossa da conati di vomito.
Guardarli faceva un male cane, eppure non riusciva a smettere: le mani di suo marito sul corpo di Neal, tra i suoi capelli, sul suo sesso. Le loro gambe strettamente allacciate, i corpi frementi, scossi da sussulti, i movimenti frenetici nel momento del piacere più intenso. Le bocche premute una sull’altra in baci insaziabili, il suono dei loro gemiti che riempivano l’aria.
E poi il silenzio, rotto da respiri confusi e affannosi.
Lo schiocco di un bacio sonoro.
Un mugolio, una risata soffocata.
E il buio, fuori e dentro di lei.
 
 
 

  
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