Quando quella
mattina Hermione si svegliò,
stringeva in mano la lettera. E il tanto atteso 31 ottobre era arrivato.
Lentamente si avviò in Sala Grande per fare
colazione, dove mangiò piuttosto in silenzio con Harry e
Ron, ignorando
le vistose decorazioni di Halloween.
«Hermione, che facciamo stasera?», le chiese
il giovane Weasley.
«Ehm…dovrei andare in biblioteca per terminare
una ricerca di Aritmanzia. Perché?», disse lei, in
tutta risposta.
«Mah, Harry ed io volevamo andare a trovare
Ginny.».
«Beh, ma voi andateci. Forse, se finisco
prima, vi raggiungo.», assicurò lei.
***
Nemmeno le nuvole
grigie che incombevano sui
tavoli della Sala Grande turbarono l’umore di Draco Malfoy.
Il soffitto non faceva di certo presagire una
giornata di sole, ma a lui poco importava. Guardò per un
momento le zucche, le
macabre candele e i pipistrelli galleggianti a mezz’aria, poi
si sedette al suo
solito posto, tra Zabini e Nott, mettendo un bel po’ di
spazio tra sé e le
ragazzine ridacchianti del primo e secondo anno che casualmente
lo accompagnavano fin lì ogni mattina.
Come d’abitudine, lanciò uno sguardo al tavolo
dei Grifondoro, dove Hermione stamattina gli dava le spalle.
Scrutò i suoi ricci, irritato dal fatto di non
poterle vedere il viso.
Il 31 ottobre, che lui aveva tanto aspettato,
era finalmente arrivato. Il problema, però, era uno. La
Mezzosangue lo odiava
e, probabilmente, se fosse accaduto qualche anno prima, non se ne
sarebbe
curato o, addirittura, gli avrebbe fatto piacere. Ma adesso era diverso.
Dopo aver distolto per poco lo sguardo, tornò
a concentrarsi su di lei, fin quando non la vide alzarsi e dirigersi
verso l’aula
di Difesa Contro le Arti Oscure.
Con noncuranza la imitò. Doveva trovare un
pretesto per parlare e chiarire con lei.
Camminava con passo svelto per raggiungerla
prima del suono della campanella, e quando vide che stava
già iniziando a
scendere verso i sotterranei, accelerò la sua andatura.
«Granger!», esclamò quando fu sicuro che
nessuno fosse nei dintorni.
Lei si voltò di scatto, sorpresa. Draco la
raggiunse e la prese bruscamente per un braccio, portandola in un
corridoio
secondario.
Hermione aggrottò le sopracciglia,
interrogativa.
«Allora?» domandò dopo una breve pausa
di
silenzio.
«Allora cosa, Granger? Fammi parlare.»,
sbottò
lui.
«Se mi hai portato qui per insultarmi,
lasciami pure andare. Non sono in vena di sentire le tue parole
velenose.»,
sibilò la Grifondoro spazientita.
Draco sospirò.
«Qui, quella che insulta sei tu…»,
mormorò, ma
poi aggiunse: «Diamine, Mezzosangue, non ti hanno insegnato
ad ascoltare le
persone?».
«Oh, ma io ascolto benissimo. Solo che non
digerisco te, Malfoy.»,
esclamò la
ragazza, mentendo sull’ultima frase.
Draco non ribatté, ma rimase in silenzio a
riflettere, sotto lo sguardo furente della ragazza.
Non capiva proprio cosa gli stesse succedendo.
Doveva comportarsi da Serpeverde e non da pappamolle Grifondoro. Aveva
sbagliato a portarla lì. Non aveva concluso un bel niente,
anzi, si ritrovava
davanti una ragazza che lo stava solo insultando.
Possibile che scherzasse? Che fingesse solo
per non dargliela vinta a lui, una volta tanto?
Ma cosa diceva? Non avevano un rapporto abbastanza
stretto che permettesse loro anche solo di scherzare. In cinque anni
avevano
litigato molte volte…ma cos’era cambiato?
Perché, ora, lo turbava tanto vederla
così irritata con lui?
Lievemente amareggiato, ma impassibile come
sempre in volto, se ne andò senza aggiungere parola.
Hermione aspettò per qualche secondo che si
allontanasse, poi andò anche lei verso l’aula, per
non fare tardi.
Prese posto lontano da lui, ma quando Piton
entrò in classe, le ricordò glacialmente chi
fosse il suo compagno.
La Grifondoro si alzò e si sedette, nervosa,
vicino a Draco. Lui la ignorò completamente e lei decise di
fare lo stesso.
Lavorarono ciascuno per conto proprio, sotto
lo sguardo indagatore di Ron e Harry, e Hermione non poté
che ringraziare il
suono della campanella.
Draco si alzò velocemente e lasciò la stanza
senza degnare nessuno di uno sguardo, ma la Prefetta rimase indietro a
riordinare i libri giusto per avere un po’ di tempo per
pensare.
Solo un’ora prima, il Serpeverde l’aveva
condotta in un posto più tranquillo per parlare e per
chiarirsi. Lei, però, non
l’aveva ascoltato. Ma perché? L’aveva
addirittura aggredito verbalmente.
Comprese che un po’ le dispiaceva, ma si disse
che avrebbe avuto modo di risolvere quella sera alla festa.
***
Hermione si
lasciò cadere mollemente su uno
dei divani di fronte al camino. Aveva l’ora libera e
solitamente la condivideva
con Ginny, ma la sua migliore amica era ancora bloccata in infermeria.
Anche quando arrivarono Harry e Ron, la
ragazza si sentì stranamente sola, percependo un forte
bisogno di confidarsi, ma
non sapendo con chi.
La Prefetta chiuse il libro che stava solo
sfogliando, quando arrivò il momento di scendere per il
pranzo.
L’ora libera era passata troppo lentamente e
aveva bisogno di ricrearsi un po’ con il cibo, anche se
ciò le sembrava troppo
sullo stile di Ron.
Quando arrivò in Sala Grande, si rese conto di
avere una grande fame, ma diversamente dal solito, i piatti non erano
colmi di
cibo.
La Professoressa McGranitt si alzò ed esclamò:
«Cari studenti, io e gli altri Professori qui presenti
abbiamo deciso di
lasciarvi il pomeriggio libero per festeggiare insieme la festa di Halloween che,
come di tradizione,
avrà inizio alle sei in punto di stasera. Chi
vorrà, potrà indossare un abito a
tema.».
Un mormorio pervase la sala.
«Ma come?», sbottò Ron a bassa voce.
«A quell’ora
dovevamo andare da Ginny. Non è giusto che abbiano
anticipato la festa!».
«Dai, forse convincerete Madama Chips a lasciarla
venire alla festa.», azzardò Hermione, decisamente
rallegrata dal piatto di
polpette con contorno di patate che le era apparso davanti.
«Scherzi, Hermione? Quella donna non la
lascerà libera fino al due novembre. Ce l’ha detto
l’ultima volta che abbiamo
fatto visita a Ginny.», interloquì Harry.
«Stasera verrai alla festa?», chiese Ron,
speranzoso.
«Te l’ho già detto, Ronald. Sono
piuttosto
indietro con la mia relazione di Aritmanzia per domani. Se ho tempo, vi
raggiungo.».
Il Weasley, per tutta risposta, alzò gli occhi
al cielo.
***
Ore 20:30. Sala
comune Grifondoro.
Completamente vuota. Hermione fece capolino dal dormitorio per
assicurarsene e
poi uscì, sfoggiando il meraviglioso abito di Ginny. Si era
chiusa in bagno per
due ore per sistemarsi e poteva dirsi soddisfatta.
Ore 20:40. Sala comune Serpeverde. Altrettanto
vuota. Draco uscì dalla sua stanza con indosso dei pantaloni
neri e una camicia
bianca sbottonata a metà. Al collo, una cravatta grigia
scura aspettava di
essere annodata. Un profumo aveva invaso la stanza sotterranea al
momento del
suo ingresso.
Se quelle snervanti ragazzine fossero state lì
in quel momento, sarebbero impazzite.
C’era, però, una sola persona a cui voleva far
perdere la testa quella sera.
Ma l’avrebbe fatto col suo stile. Alla Malfoy.
Poco importava che la ragazza in questione
fosse una Mezzosangue.
La Granger sarebbe stata sua entro quella
notte.
Con un ghigno sulle labbra, si annodò la
cravatta e si passò una mano tra i capelli biondi,
scompigliandoli, così, ancor
di più. Infine, lasciò quella stanza dalla luce
verdastra, incamminandosi
lentamente verso il settimo piano, mentre tutti gli altri erano alla
stupida
festa di Silente.
***
Hermione giunse al
settimo piano. Camminò
avanti e indietro per tre volte e davanti a sé si
materializzò una pesante
porta di legno.
Lasciò cadere a terra il suo mantello e subito
dopo lo fece Evanescere.
Poi, nonostante fosse pervasa dal nervosismo,
chiuse gli occhi, spinse la maniglia, ed entrò.
La festa doveva essere cominciata da mezz’ora,
perché la Stanza delle Necessità era piuttosto
piena di studenti mascherati
che, appena entrata, avevano concentrato la loro attenzione su di lei.
Spostò lo sguardo verso il resto della sala e
trattenne il fiato. Era esattamente decorata come nel sogno. Tutto
quanto. Gli
ornamenti, le zucche, gli scheletri e i fantasmi magicamente animati.
Ora che prestava attenzione anche la musica
era la stessa. Rabbrividì. Che scherzo era quello?
Poco lontano scorse un paio di magnetici occhi
grigi. Catturarono il suo sguardo per qualche istante, ma poi si
staccarono.
Guardò Draco Malfoy darle le spalle e
allontanarsi.
Sì, adesso era nella realtà. Il Serpeverde,
nel sogno, era andato da lei.
A qualche metro di distanza scorse Dean Thomas
che, anche se mascherato, era facilmente riconoscibile.
Era indecisa se andare a parlarci o no, ma
alla fine gli si avvicinò.
«Ciao Dean!», lo salutò.
«Hermione, ciao! Anche tu qui!», esclamò
lui,
piuttosto sorpreso.
«Già…sei arrivato da molto?»,
gli chiese.
«Da un po’. Sono andato da Ginny, prima, a
salutarla, e poi ho deciso di venire qua. Mi spiace che sia ancora in
infermeria. Comunque sei un incanto.», rispose lui.
«Anche a me dispiace. E ti ringrazio per i
complimenti.», disse lei, arrossendo lievemente.
«Beh, non credo di essere l’unico a pensarlo,
qui.», ribadì Dean, facendole divertito
l’occhiolino. «Balliamo?»,
domandò poco
dopo. «Non riconosco nessuno qui. Sei l’unica
persona amica che conosco.»,
aggiunse, guardandosi in giro.
«D’accordo.», rispose lei, sorridendo
pensando
alla reazione di Ron. Cosa avrebbe pensato se avesse visto il ragazzo
di sua
sorella ballare con la ragazza di cui lui era innamorato?
Dopo aver danzato per un buon quarto d’ora
insieme, si avvicinarono al buffet, ricco di prelibatezze.
Poco sorpresa, la Prefetta notò alcuni
alcolici, ma senza indugiare versò un po’ di
Whisky Incendiario in un
bicchierino di cristallo.
Dean la imitò e due bicchieri dopo si
ritrovarono a ridacchiare.
Draco li osservava dall’altro capo della
Stanza, palesemente innervosito dal Grifondoro. Ah, quella Casa piena
di
sciocchi!
E se il suo piano di “farsi desiderare” non
stesse funzionando?
Decise di passare all’attacco, avvicinandosi
ai due Grifondoro.
Prese un boccale di Burrobirra, sfiorando
lievemente il braccio di Hermione, e nonostante avesse avvertito il suo
brivido, non l’aveva degnata di uno sguardo.
Quindi, si allontanò con evidente indifferenza
e andò verso una sghignazzante Pansy.
La Grifondoro era furente.
Draco, invece, guardandola di nascosto,
ghignava. Forse, il suo piano, funzionava davvero.
La tenne d’occhio per tutto il tempo,
scompigliandosi i capelli di tanto in tanto.
Vide Hermione avvicinarsi ad una finestra che,
presto, si allargò, affacciandosi su un piccolo balcone.
La ragazza uscì nell’aria fredda di fine
ottobre e rabbrividì.
Senti dei passi, dietro di lei, e la porta-finestra
chiudersi. Qualcuno le poggiò una giacca sulle spalle. Lei
gli fermò la mano
dov’era e percorse il contorno del prezioso anello con un
dito.
Draco sospirò e la girò, incatenando gli occhi
nei suoi.
«Sei una sciocca, Granger.», disse, alzando
gli occhi al cielo stellato. Rimase piuttosto sorpreso da quella
visione: la
mattina stessa, il cielo era coperto di grosse nubi grigie che
preannunciavano
pioggia.
Guardò intensamente i suoi occhi marrone
cioccolato e sentì un nodo all’altezza dello
stomaco.
Il cuore di Hermione accelerò e le sue guance
si imporporavano. Deglutiva a fatica. Sapeva cosa sarebbe accaduto di
lì a
poco.
Le loro teste si avvicinarono lentamente,
mentre i loro occhi si scrutavano.
La Grifondoro
avvertì il suo respiro sulle proprie labbra, mentre rimaneva
inebriata dall’intenso profumo del ragazzo.
Ah, quel Serpeverde!
Le stava facendo perdere la testa!
Chiusero
entrambi gli occhi. Si avvicinarono
sempre di più. E il bacio arrivò. Inizialmente
delicato, cauto, come se nessuno
dei due volesse essere troppo affrettato. Poi diventò
più passionale. Le loro
bocche si toccavano, mentre le lingue andavano in perlustrazione.
Sembravano
non averne mai abbastanza l’uno dell’altra.
Lei aveva bisogno di lui.
Lui aveva bisogno di lei.
Decisamente accaldati, rientrarono nella
Stanza delle Necessità nello stesso momento in cui il
balcone sparì.
Notarono che la musica era cambiata.
Dean Thomas aveva proposto una musica Babbana
che Hermione conosceva bene.
…Light
a fire, light a spark,
Light
a fire, a
flame in my heart.
We’ll
run wild,
We’ll
be glowing in
the dark.
We’ll
be glowing in the dark…
Senza
accorgersene, Draco e Hermione avevano
iniziato a ballare. Non esisteva più la festa. Non esisteva
più la Stanza delle
Necessità. Non esisteva più il mondo.
C’erano solo loro due. Lui e lei.
Note
dell’autrice
Oookay,
salve di
nuovo a tutti. Spero che questo capitolo vi sia piaciuto più
del precedente
(che non ha ricevuto nemmeno una piccola recensione! >.<
Siete cattivi
u.u)!
Che dire…lasciate
un piccolo commento, anche solo per dire la vostra!
Aggiornerò
presto, promesso ^^
Buona serata a
tutti. :D
Kisses,
Yuls
c: