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Autore: GreedFan    12/06/2012    9 recensioni
«Ho caldo, desidero fare un bagno».
Ed è nell'improvviso rossore sulle guance del fratello che Loki scorge un campanello d'allarme. Le sue labbra si tendono in un sorriso sottile, derisorio, mentre pensa che no, Thor non è decisamente in grado di dire bugie, e inarca le sopracciglia in un'espressione di amichevole scherno.
«Se è così sarà mio piacere farti compagnia, fratello».

[ThorKi]
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Loki, Thor
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Ma fintanto che sei qui, posso dirmi vivo ~


Tu, il mio orgoglio che può aspettare

Anche quando c’è più dolore

Non trovo un rimpianto

Non riesco ad arrendermi

A tutti i miei sbagli

Sei tutti i miei sbagli”

Subsonica – Tutti i miei Sbagli


Thor ha soltanto diciotto anni, eppure la sua schiena è larga e forte sotto il Sole di Asgard.

C'è qualcosa di profondamente elegante nei suoi movimenti, mentre si allena in uno dei tanti cortili del Palazzo Reale; Loki, all'ombra di un porticato poco distante, sorride amaramente a quel pensiero. Non è mai stato nemmeno lontanamente elegante, suo fratello. Forte, sì - impetuoso, forse, ma non elegante: c'è qualcosa di ancora bambinesco in lui, nell'arrogante sicurezza con cui parla e combatte, nell'espressione chiara e costantemente allegra dei suoi occhi azzurri - identici a quelli di sua madre, della regina Frigga, ma più leggeri, non ancora adombrati da una consapevolezza antica quanto l'Universo.

Non capita spesso di scorgere un'espressione concentrata in quegli occhi, e Loki si stupisce ogni volta di come il futuro re di Asgard sia capace di impiegare il proprio ingegno soltanto quando tra le mani stringe un'arma. Lui, che passa la propria vita tra libri di antichi incantesimi e pergamene sbiadite dal tempo, rinchiuso nella penombra della biblioteca di palazzo, a stento comprende l'esaltazione del fratello per quelli che considera soltanto ridicoli giochi. Non è mai stato il miglior combattente di Asgard, Loki, e questa consapevolezza non fa che inimicargli ancor di più una disciplina che già mal sopporta.

Con un voluminoso tomo aperto sulle ginocchia, contempla con vivo interesse lo schema e le figure che suo fratello e il precettore seguono mentre incrociano le lame prive di filo di due daghe da esercitazione; è come un balletto, in cui ogni mossa si articola con la sua risposta in una sequenza di movimenti precisi e fluidi, accompagnati dal luccichio freddo dell'acciaio, e il giovane principe sorride al pensiero di quanto possa divenire orribile questa danza quando a condurla sono dei veri avversari, non già dei figuranti. Thor sicuramente non ha mai riflettuto sul significato dei suoi allenamenti, né sul frutto che porteranno, ma Loki sa già che presto o tardi dovrà fare i conti con una realtà ben più dura di quanto immagina.

Nel frattempo, è giusto che l'erede al trono prenda il proprio addestramento come un semplice gioco.

Si è tolto la casacca di tela che solitamente indossa, e fasci di muscoli allenati guizzano sotto la pelle cotta dal sole; Loki potrebbe enumerarli uno ad uno, dare a ciascun nervo un nome e definirne la funzione e l'importanza in caso di ferite. Potrebbe colpire il fratello con una minuzia che l'altro nemmeno immagine, avvalendosi di conoscenze sepolte nei libri di anatomia abbandonati negli scaffali più alti della biblioteca, farlo gridare con appena una puntura di spillo - lui, che si crede tanto sicuro della sua forza. E ne sarebbe capace - oh, se ne sarebbe capace. Lo fissa, uno scintillio cupo nelle iridi smeraldine, e già progetta un prossimo tranello da tendere al suo amato fratello.

Thor lo raggiunge qualche minuto dopo, completato l'allenamento. Ha indossato nuovamente la casacca, e sorride cercando di sistemare la stoffa incollata alla pelle per via del sudore; puzza, eppure Loki non riesce a trovare la sua presenza completamente sgradevole.

«Fratello... sempre assorto nei tuoi impieghi da scrivano, vedo». Lo dice senz'ombra di malizia, sicuramente non con l'intento di risultare caustico (Loki dubita persino che sia in grado di nascondere sottintesi nelle proprie parole) ma il figlio minore di Odino impallidisce leggermente, piccato.

«Deve pur esservi un rampollo della casa reale in grado di utilizzare il cervello». Rimbecca, chiudendo il libro con uno scatto e alzandosi in piedi. È alto quasi quanto il fratello, anche se visibilmente più sottile, ma nei suoi occhi verdi, affilati, brilla una fiamma gelida pregna di una forza spaventosa; molti, a corte, lo ritengono infido e pericoloso, pensano che in futuro attenterà alla vita del fratello per prendere possesso del trono a cui è destinato dalla nascita. E lui non può fare a meno di sorridere della loro ignoranza - benché, nel suo ghigno, vi sia ogni volta qualcosa di terribilmente simile all'autocommiserazione.

«Potremmo recarci al fiume».

«Per quale motivo, fratello? Non hai occupazioni più proficue del vagabondaggio da svolgere?» Tagliente, si dirige a passo svelto verso le corti più interne della reggia senza preoccuparsi se Thor lo stia seguendo o meno. Naturalmente sa che non lo lascerà andare per nessun motivo - non ora, almeno, che ha completato le proprie mansioni quotidiane e può dedicare del tempo allo svago. Può essere maledettamente insistente quando vuole, come un cane che si attacca disperatamente ad un osso troppo grande per lui.

«Ho caldo, desidero fare un bagno».

Ed è nell'improvviso rossore sulle guance del fratello che Loki scorge un campanello d'allarme. Le sue labbra si tendono in un sorriso sottile, derisorio, mentre pensa che no, Thor non è decisamente in grado di dire bugie, e inarca le sopracciglia in un'espressione di amichevole scherno.

«Se è così sarà mio piacere farti compagnia, fratello».

E Thor risponde al suo sorriso con una smorfia che ha del felice e del colpevole, della gioia segretamente custodita e di una macchia che nulla può lavare via. Senza smettere di ghignare, Loki tiene il libro nella mandritta e tesse con l'altra arabeschi complessi nell'aria davanti a lui, finché il tomo, all'improvviso, non scompare.

«Che hai fatto?»

«Mi tediava riportarlo in biblioteca. Non temere, ora è al suo posto. Vogliamo incamminarci?»


***


Il fiume si trova a poche miglia dal palazzo. Scorre, sottile come un nastro d'argento, tra due costoni di rocce nere e ripidissime, tra rapide irte di scogli acuminati e tratti in cui l'acqua gorgoglia e ribolle in mulinelli di un azzurro cupo. Thor e Loki soltanto, in tutto il regno, conoscono l'ubicazione esatta dell'unica insenatura che consenta l'accesso a quelle rive gelide: nemmeno lo sguardo dello stesso Heimdall vi può errare, perché a nessuno è concesso vedere ciò che gli incanti del giovane Dio degli Inganni proteggono. È giovane, ma già pochi nel regno possono rivaleggiare con lui nella conoscenza delle arti magiche, ed è questo un dato di fatto che Loki procura di tenere segreto – anche se sa bene che gli porterebbe l’ammirazione del padre.

I figli di Odino scendono lungo un sentiero scavato nella pietra scura, tenendo i cavalli per le redini. Il pavimento di roccia sbreccata è sdrucciolevole, reso infido da un’umidità che copre le pietre di una sottile patina viscida, ma hanno percorso quella strada per anni e la conoscono quasi meglio dei corridoi del palazzo.

Alla fine della lenta discesa si apre uno spiazzo non più largo di una ventina di metri quadri, una minuscola insenatura naturale di sabbia nera in cui crescono piante alte e frondose, che si abbarbicano lungo le pareti di roccia e tendono i loro rami fin quasi a toccare la superficie dell’acqua. I cavalli vengono legati all’ombra di quella cupola verde, e Thor perde qualche secondo nell’accarezzare la criniera bionda del suo stallone, sussurrandogli chissà cosa. Loki sa che lo sta facendo solo per perdere tempo, per ritardare un momento che agogna e rifugge allo stesso tempo.

Sorride, ancora, e si avvicina alla riva del fiume.

Calcia via gli stivali con una certa impazienza, poi affonda i piedi nudi nella sabbia arroventata dal Sole; tocca l’acqua con la punta delle dita, ed è più calda di quanto si aspettasse, quasi tiepida.

«Sai, fratello...» sussurra, mentre slaccia il cordone che tiene accollata la camicia «... quando avrò appreso ogni segreto che la  nostra magia custodisce ho deciso che farò un dono a nostro padre».

«Ah, sì?» Thor è rimasto accanto al cavallo e lo fissa, immobile.

La stoffa della camicia scivola leggera sulle costole e sulle spalle, poi cade a terra. La pelle del Dio degli Inganni brilla di un candore eburneo sotto la luce de Sole, liscia come il marmo bianco delle statue che adornano il Palazzo Reale di Asgard. Non una cicatrice la intacca, non un livido; sembra quasi che irradi gelo.

«Le leggende della biblioteca narrano dell’esistenza di un destriero magico di nome Svaðilfœri, la cui bellezza non può essere comparata a quella di nessun altra creatura del nostro mondo». Sussurra, consapevole che il fratello riesca perfettamente ad udirlo. Sente il suo sguardo bruciare lungo le spalle e la schiena, può quasi percepire il battito confuso del suo cuore e l’incertezza che, certo, gli ha invaso la mente.

È così prevedibile, suo fratello. Così disgustosamente puro.

«Pensi di catturarlo e portarglielo?»

«Oh, no...» la voce di Loki si anima di una malizia appena accennata, mentre le dita pallide e lunghe, quasi adunche, corrono ad abbassare le brache di tela che indossa. Centimetro dopo centimetro, il tessuto scivola lungo i fianchi sottili del ragazzo. «Per quanto sia indubbiamente una bestia dalla magnificenza leggendaria, nostro padre non merita nulla di tanto scontato. Inoltre sono certo che Svaðilfœri appartenga già a qualcuno, e Odino non accetterà mai un dono frutto di ladrocinio, perciò...»

La stoffa si ammucchia attorno alle caviglie magre di Loki, ormai completamente nudo.

«Perciò?» La voce di Thor trema, animata da qualcosa di strano, inaccettabile. Loki non può far altro che ridere, e la sua risata è come il canto dei corvi che si avventano sui campi di battaglia per cibarsi dei corpi di coloro che non torneranno dalla guerra. Cupa, sottile e, in un certo qual modo, sgraziata.

«Perciò, sarò io stesso a generare per lui il miglior destriero che si sia mai visto. Lo crederesti, fratello? Una creatura di tale bellezza che al suo cospetto persino gli astri dovranno inchinarsi». Il Dio degli Inganni si volta di scatto e punta i propri occhi verdi in quelli, spalancati dallo stupore, di Thor «Non immagini nemmeno ciò che ho trovato nel nostro palazzo, fratello. Pergamene antiche, corrotte dai millenni, che spiegano come esercitare le arti magiche in modo da assottigliare il confine tra la creatrice e il creatore, tra il sesso femminile e quello maschile, tra uomo e animale. Incanti di una tale potenza che al confronto...» nello sguardo di Loki si accende una luce febbrile, quasi folle «... che al confronto quelli che crearono il Bifrost non sono che scherzi da bambini».

«Non starai parlando...»

«Delle Arti Oscure, Thor? Temi forse la magia nera, tu che non hai paura di nulla?» Lo canzona, scuotendo piano la testa. Quando sorride, nell’espressione del suo viso c’è l’astuzia della volpe e il sogghigno predatorio del serpente.

«Io, solo... non capisco perché me lo stai dicendo, fratello».

«Perché di te posso fidarmi,» mellifluo, si avvicina al fratello con il suo solito passo elegante, silenzioso «perché so che non mi tradiresti mai».

In un modo estremamente distorto, Loki prova del sincero affetto per suo fratello. Ne è convinto mentre gli appoggia le mani sulle spalle, mentre avvicina il viso al suo con una lentezza volutamente snervante e, infine, mentre lo bacia, sollecitando una replica che non tarda ad arrivare.

Sa che Thor ha tentato – senza riuscire – di resistere al richiamo della carne. Sa che ogni volta che si ritrovano sulla riva del fiume è costretto a combattere contro tutto quello che gli è stato insegnato sin da quando era un bambino, contro il suo stesso senso morale.

Eppure, non gli interessa.

Loki brucia d’amore e d’invidia per un fratello che non è mai riuscito a sopportare, e la dualità dei suoi pensieri lo confonde. Odia Thor, detesta il suo essere sempre il primo tra loro due, il suo stupido, onnipresente sorriso, la sua forza, il suo coraggio, l’azzurro terso dei suoi occhi, la sua arroganza e quell’irritante senso dell’onore che lo ha sempre contraddistinto. Odia il suo essere ancora un ragazzino ingenuo, guidato da semplici e rozzi istinti, la sua incapacità di sporcarsi.

Quest’ultima cosa, in particolare, il Dio degli Inganni la aborrisce con tutto se stesso.

Perché la verità è che, all’inizio, ha dato il via ai loro incontri segreti soltanto per insozzare la dignità del fratello; si è concesso con astio e gelosia, un ghigno vittorioso congelato sulle labbra, finché non ha capito che era tutto inutile. È impossibile macchiare l’anima di una creatura così ridicolmente buona, per quanto arrogante e tronfia essa sia.

Loki, soltanto, avrebbe voluto capirlo prima di invischiarsi in un affare da cui non può più  tirarsi fuori.

Con la bocca di Thor che preme disperatamente sulla sua e le mani de Dio del Tuono che lo stringono, Loki sa che ormai è troppo tardi per pianificare, per cercare di sottrarsi all’inevitabile spirale di sensi di colpa che seguirà a tutto questo. Non si fa illusioni né sulla sua libertà rubata, né su quello che succederà quando questa sottospecie di relazione avrà una fine, ma, frattanto che i tempi maturano e suo fratello continua a vivere nell’illusione dorata di un mondo che lo ama, lui può godere del suo corpo quando più gli aggrada.

Mentre Thor lo distende sulla sabbia bollente e si spoglia a sua volta, guardandolo con degli occhi che esprimono una dolcezza infinita, il Dio degli Inganni sente un riso ilare opprimergli la cassa toracica con il peso di un macigno.

Perché non riesce a provare soltanto odio, per questo fratello irraggiungibile e perfetto.

Perché nonostante tutto, fratello mio, forse sei davvero l’unica persona a cui detesto mentire”.










_Angolo del Fancazzismo_

Non c’è molto da dire... è la mia prima ThorKi, è piuttosto bruttina e l’ho scritta sulle note dei Subsonica. Mi auguro di non aver trattato la “scandalosa” tematica dell’incesto con toni un po’ troppo leggeri e se non avete capito qualcosa (tipo la parte del cavallo) si tratta di riferimenti alla mitologia norrena che Wikipedia sarà felicissima di spiegarvi ù.ù

*lei ha troppo sonno per inserire collegamenti ipertestuali*

Buona notte, e buon ThorKi!

Greed


   
 
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