Disclaimer:
I diritti di Harry Potter & Co. appartengono a J.K. Rowling e sono solo
un’occasione per esercitare la mia gaelica fantasia perversa. Love ‘n’ Peace.
Ah, dimenticavo, invece il personaggio di Alisun Bay
mi appartiene e guai a chi la tocca senza chiedere il permesso.
Genere:
Angst
Pairing:
Alisun e Alisun
Spoiler: 1 2 3
4 Hp
Colonna sonora:
Where did you sleep last night? All Apologies; The man who sold the world dei
Nirvana ( prima e terza sono cover)
Riassunto:
Le motivazioni… Cosa ci spine a compiere determinate azioni? E
cosa ha spinto la piccola Alisun Bay a diventare Mangiamorte? Non adatta agli
impressionabili. Leggere e commentare è richiesto… Pur favor? Ti plego… Leggi e
commenta, dimmelo che la mia ffic fa schifo ma dimmelo.
Note:
Per favore non inviatemi spoiler, ve lo chiedo con tutto il mio cuoricino.
Grazie.
Ringraziamento:
…E’ stata scritta tanto, tanto tempo fa… Ma ho
cambiato il finale solo ora, perché si adegua al mio umore… Leggendo i
ringraziamenti che avevo scritto a luglio, quando l’avevo appena cominciata, mi
sono messa a ridere… Come si cambia…
Ringrazio
le Asc’lin, le visioni oniriche e beh… Basta.
- Che noia Ruff… La
ricerca sui Mangiamorte. Terribile. Lo odio.- borbottò
Ginny Weasly scartabellando i libri del ripiano più alto dello scaffale della
libreria, al quale arrivava a malapena. Si lasciò andare all’indietro, urtando
il bordo del tavolo e sentendo una fitta alla schiena.
-Ehi
Weasly invece di escogitare un nuovo modo per sedurre Potter perché non fai la
tua ricerca?? Tieni, può esserti utile… Lo sai che io
sono un esperto in materia, no?- Ginevra sentì un sussurrò malevolo alle
spalle, sentì il fiato caldo, dolorosamente caldo, sul suo collo scoperto. Si
girò per bloccare Malfoy, fargli ingoiare il libro che le aveva infilato tra e mani, e fargli rimpiangere di essere nato; ma
quando si voltò lui era ormai scomparso.
Osservò
l’oggetto tra e sue mani.
Un
brivido leggero le scosse le membra, un invito ad aprire quel libriccino dalla
copertina consunta. Si sedette ad un tavolo appartato ponendosi alcune domande.
-
E’ come quando ho avuto tra le mani il diario di Tom… E’ un oggetto dello
stesso genere. Potrei far sospendere Malfoy se volessi. Ma allora perché me l’ha dato, sapendo che l’avrei potuto minacciare?- la risposta
le arrivò tormentosamente alle labbra, sentendosi sporca pronunciando quelle
semplici parole.
- Perché sa che io amo questo.- si
avvilì, restando nel silenzio della biblioteca.
Aprì
il libro e cominciò a leggere.
Quella
sera ero stremata. Li odiavo, tutti quanti. Mia madre mi aveva abbandonato. Mio
padre se ne andato per colpa del suo maledetto capo.
Li odio. La zia è convinta che io sia un mostro insensibile perché non piango,
perché non mi abbandono nel dolore come loro.
-
Tu sei una bambina molto cattiva. E per questo devi
essere punita.- mi sussurrava la mattina svegliandomi. Cosa
crede? Cosa le fa pensare che rinchiudermi da sola, al
buio senza viveri e conforto oppure frustarmi, picchiarmi selvaggiamente mi possa
cambiare? Non ha mai capito che più mi faceva del male più io mi sarei intestardita a fare sempre come volevo. Fu un piccolo
sollievo partire per Hogwarts. Ricordo all’inizio la sua indecisione. Indugiava,
pensava che forse lì l’avrei potuta maledire a distanza, a causa del mio
spirito maligno. Ma non capiva che se l’avrei fatto
sarebbe stato per colpa sua, sua…
A
scuola le cose non andavano né bene né male. Semplicemente non andavano. Le
compagne desistevano dal frequentarmi, solo perché mi ero liberata da tutta la
sporcizia che le avvolgeva, il lordo bozzolo di ipocrisia
e falsità, finto buonismo che avrebbe dovuto formarsi attorno a me non aveva
trovato il posto per nascere e crescere. Le odiavo, tutte dalla prima
all’ultima. Cominciarono a mal giudicarmi solo perché non mi vestivo con i loro
abiti di gran moda, e di gran costo, le mie divise erano di seconda mano e
rattoppate. Poi mi odiarono perché dissi loro la verità, perché fui cruda,
perché non le illusi, perché fui me stessa.
Lui
mi faceva soffrire molto. Pensavo che da come si comportava mi avrebbe
apprezzato. Sì, lui era come me. Quando lo avvicinai mi vidi rifiutata,
dileggiata e ricordo con precisione che scappai via,
ma inciampai su un gradino della scala e mi feci molto male. L’infermiera fu scortese, si comportava come mia zia. Tutti mi trattavano
con disprezzo e io li odiavo.
Quella
sera mi buttai sul letto vestita, cercando di
addormentarmi prima che salissero le altre a disturbarmi con il loro sottofondo
di chiacchiere inutili.
Feci
un sogno bellissimo. Vedevo mia zia, in tutta la sua bellezza sfolgorante, i
capelli biondi sciolti sulle spalle, gli occhi azzurri dilatati dal disprezzo
nel vedermi, il vestito elegante nero, perfetto sul suo corpo da bambola. Aveva
un coltello in mano. Me lo tirò contro. Feci in tempo a scattare di lato e
quello si conficcò nella parete spoglia di un corridoio della casa.
Ricordo con precisione la nitidezza con
cui sentì le forti emozioni che provai, pur essendo in un sogno. Mi passarono sotto gli
occhi tutte le volte che mi aveva insultato, picchiato, crudelmente
fatto presente che ero una bestia cattiva.
Il
mio cuore palpitava. Delle fitte terribili al petto, lancinanti. Il sangue che
scorreva nelle mie vene, lei che lo odiava tanto, sembrò istigarmi.
Le
mie mani, si pararono davanti agli occhi, le vidi
distintamente. Mi avvicinai alla zia. Le sussurrai una frasina all’orecchio e
poi, lentamente, le appoggiai le mani sul collo diafano e sentì la sua vita
pulsare sotto le mie dita. Strinsi la presa. Sempre di più,
sentendo la sua via respiratoria restringersi, dibattersi sotto la mia presa.
Vidi gli occhi stralunati della zia, diventare sempre più opachi, fino
all’assomigliare ad un pezzo di vetro. Era bellissimo poter sentire, perché
tutto si basava sulle sensazioni, un oggetto vivo tra le mani, dove avrei potuto liberamente sfociare la mia rabbia. Sentì la
calma passare su di me. Sentì che finalmente avrei avuto la pace, che tutto il
mio incubo personale era finito. Sapevo che da lì a poco mio padre sarebbe
rispuntato fuori, dicendomi che non era veramente morto, congratulandosi con
me. La gioia, avevo provato gioia, nell’ucciderla, il balenio di sensazioni
provate era stato incredibilmente forte, bello, era qualcosa che ti dava
l’estasi più assoluta. Passato… Tutto finito.
Mi
risvegliai verso l’una. Sentivo l’adrenalina a mille nel mio corpo e la
delusione che provai nell’accertarmi di aver fatto solo un meraviglioso sogno.
L’indomani,
mentre mi circondavo di tutti i famigli delle mie compagne, che amavo molto più degli uomini, (loro non mi avevano mai
serbato rancore), venni convocata nell’ufficio del vecchio Dippet, che per
inciso, ritenevo e ritengo tutt’ora un imbecille della prima risma. Fece molti
giri di parole. Troppi e glielo dissi, beccandomi un’occhiataccia
dal Vice, quel Silente, che mi intimava di portare rispetto al vecchio prossimo
alla morte. – Tua zia è morta. Mi dispiace Alisun. Era una donna virtuosa… Non sappiamo chi è stato. Cercheranno di prenderlo. E’ stata
strangolata in camera sua, a mani nude. Non c’è traccia di nessuno. E’ stata
trovata vicino ad un pugnale conficcato alla parete. Ti dice
nulla?- la sorpresa fu incredibile. E solo grazie al fatto che non
riuscivo ancora a crederci e spalancai gli occhi e mi chiusi in un mutismo che
si addiceva perfettamente alla situazione che non fui
bollata nuovamente come senza cuore.
-
Alisun… Mi dispiace.- disse Silente serio.
-
Anche a me dispiace che non ci sia più la donna che ha
fatto questo.- sussurrai a mezza voce, sentendomi travolta, per l’ennesima
volta, da quell’orda di sentimenti che avevo già provato durante la notte. Mostrai parte del ventre ai due uomini, senza arrossire, priva
ormai di un qualsiasi pudore. Li vidi impallidire osservando le
cicatrice degli anni passati con la donna virtuosa. Ma
non riposi alle loro domande. Accettai solo ad andare in
infermeria, non dopo aver screditato la solerte infermiera dell’altra vola,
vecchia ubriacona senza scrupoli.
-Allora
è interessante?- di nuovo lui, di nuovo le sue parole fredde, sussurrate al suo
orecchio. Era talmente vicino a lei che Ginevra poteva udire l’irregolare
respiro di Malfoy, mentre la cingeva da dietro, poteva udire anche i battiti
del suo cuore.
-Lasciami.-
rispose arrabbiata. Non voleva dargli la soddisfazione di crederla in suo
potere. Mai.
-
Continua a leggere, è meglio, mia piccola cara bambina…- rise amaro, scostando un ciuffo biondo
argenteo di capelli dagli occhi grigi morbidamente screziati di viola.
Ginevra
lo scacciò con una mano, che passò subito dopo tra i lunghi capelli rossi.
Si
rituffò nella disordinata calligrafia del diario, piangendo mentalmente la
ragazza di cui stava leggendo.
“…Ora
tutti mi trattano con rispetto. Gli insegnanti mi compiangono, la loro piccola cara bambina vittima
sfortunata di entità malvagie e sconosciute. Quasi
quasi sono io a compiangere loro… Ora il potere è in
me e nessuno potrà fermarmi… Cosa vogliano che dica? Il loro bene, tutte quelle
belle parole sull’altruismo e sulla regalità dell’anima si sono rivelate
infondate, mai credute… Credenze prive di ogni
fondamento. Per loro ero una bestia cattiva. Bene. Allora lo sarò fino in
fondo, li brucerò con il mio fuoco, a loro tutti bugiardi che mi hanno
costretto a vivere la vera vita, non l’illusione di una dolce caramella rosa che
si scarta giorno per giorno, assaporandone lo zuccherato sapore…
…Li
odio? Forse. Ma io devo scoprire chi è che mi ha fatto
quel meraviglioso dono, chi è che mi ha regalato una parte della caramella, che
mi ha fatto provare finalmente l’ebbrezza di decidere per conto di qualcuno,
che mi ha permesso una piccola vendetta.
…Ora
so. Ora so il destino che mi aspetta. Ho conosciuto colui che
mi ha liberato dalla mia schiavitù. Sono libera ora, anzi no. Ora sono legata a
lui, non da un sentimento ma da qualcosa di più profondo. I sentimenti sono
impuri. Tutte le persone che se ne sono appropriate li hanno contaminati,
usati… Mi viene la nausea a pensarli
legati a lui.
Io
sono pronta ad abbandonare tutto quello che mi tormenta. Ho voglia di morire,
così potrò rinascere cullata dalle sue braccia e finalmente troverò la mia
pace.”
Il
diario si era interrotto. Ginevra se lo rigirò tra le mani.
Sentì
un dolce prurito alla nuca, segno evidente che qualcuno la stava fissando.
-Alisun
Bay è morta servendo il suo Signore. E’ morta dopo aver
compiuto la sua vendetta, è morta felice.- disse lui rigirandosi un lungo stiletto
d’argento tra le mani.
-Ma non ho lo stesso progetto per te. Stai
tranquilla. Io e te, faremo opere ancora più grandi.- le si
avvicinò furente e la prese per una spalla. Stringeva. Faceva male. Ma non importava.
Si
chinò su di lei in un gesto che qualche mente intatta e mai toccata dal dolce
oblio, avrebbe definito d’amore. Ma
quel bacio non riguardava i sentimenti, troppi impuri per qualcosa di troppo
grande.
Non
esisteva più il Signore Oscuro, non c’era più terrore.
Ma era nato qualcosa di molto più grande.
E molto più terribile.