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Autore: Inucchan    30/12/2006    2 recensioni
Due vite. Due stili diversi. Due modi d'essere diversi. Un passato in comune forse... Il Mondo Visto da Lei. Il Mondo Visto da Lui. A volte non è il fato a far si che due persone s'incontrino...sono loro che si cercano...si trovano... e a volte...
Genere: Romantico, Commedia, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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Simply Mine

Simply Mine

 

Atto secondo : Il mondo…Visto da Lei…

 

 

A prescindere da quel che si dice in giro. Esistono due tipi di donne, almeno in relazione alla visuale maschile.

Le suore e le puttane.

Non c’è nulla di male a dichiararlo apertamente. Anche perché è la visuale contorta che ‘li’ inculca pensar ‘a cazzo’ per l’appunto.

Non vedono  il lato vero gli uomini.

Non vedono il lato vero le donne. Che strano mondo quello dei sessi opposti, sono attratti, ma non capiscono una cicca l’uno dell’altra.

Eh no.

C’è chi le regole del sesso le conosce e come…chi l’ha inventata questa cazzata?

Gli uomini non si procacciano le prede. Mica son animali. Lo appaiono e basta su.

Le donne, non sono prede avete mai visto un uomo mangiare una donna? O viceversa?  Altra cazzata.

Sarebbe da immaginare un quadretto.Donna-Uomo.

Comincia la caccia.

Avete mai assistito ad un documentario dove le leonesse in branco cacciano uno gnu? (o robe simili) Immaginate che quello Gnu sia l’uomo. Un bel ragazzo è conteso da molte.

Idem vale per il sesso opposto.

La parte più interessante è divisa in due parti: Conquista,Preservazione.

La prima è abbastanza facile, basta sfoderare qualche arma di qui, qualche occhiata di la e il gioco è fatto. E’ la seconda che è veramente faticosa, trattenere la conquista per tempi prolungati è difficile. Soprattutto il maschio, che tende a svagarsi con altri tipi di ‘unione’.

Tornando dunque alla visione maschile, bisognerebbe che le donne fossero suore all’aggancio e zoccole quando le situazioni si fanno smorte.

Già, un colpo tra i coglioni ci starebbe bene eh ?

Ecco. Lei la pensava esattamente così. Gli uomini erano tutti uguali.

Bastardi e con l’unico pensiero del sesso. Di tre storie che aveva avuto, non una era andata come le aggradava. Una volta concesso il ‘tesoro’ non rimanevano più di tre o quattro mesi.

Inizialmente se l’era presa. E molto anche.

La sua prima storia pareva una favola. Lui. Un ragazzo meraviglioso, la ricopriva di regali, le faceva complimenti, la vezzeggiava in ogni modo. Tattica perfetta se vuoi farla cadere ai tuoi piedi subito.

C’era riuscito. Era pazza di lui, non passava giorno che non ne parlasse ad alcuno o che non lo chiamasse.

Dopo due mesi.Tracollo. Era successo, la loro prima volta, meravigliosa.

Con una scusa qualsiasi, poi, l’aveva lasciata. Tipico. (Se non lo so io che sono un maschietto … Nda).

Ora gli facevano schifo. No, non era lesbica. Però aveva perso la cosiddetta fiducia. Da dolce ed ingenua che era, s’era trasformata in quello che un uomo desidera veramente in una donna.

Una Stronza. Con la S maiuscola.

Un uomo la corteggiava? Bene. Cazzi suoi.

Aveva attuato una sottospecie di divertimento personale. Ogni qualvolta concedesse ad un uomo  ‘la sua mano’ , tentava di non affezionarsi al soggetto in questione. Dopo un mese di recitazione ben interpretata, prima ovviamente che lui s’era illuso ben benino sul successivo passo della loro ormai fondata relazione.

Lo mollava. Il suddetto test ci rimaneva di merda. Completamente spiazzato.

Grazie a questo, gli ex della mora tornavano sempre alla carica, tempo un mese o due. Un uomo torna sempre dal padrone quando vede in esso una sfida.

Era Bella. Si sentiva bella. Sapeva di poter avere tutto.

Le iridi brune correvano sul lastricato verdognolo, il rumore sordo del taccheggiare s’estendeva nell’aria circostante quasi fosse il sonar d’un sommergibile. Solo che al posto del classico ‘Tin’ v’era il ‘Tac’.

La mano destra, innalzata, come di consueto al pari delle labbra a consumare quella che secondo lei era la medicina del nervosismo. Una sigaretta.

Le piaceva degustare quel sapore di tabacco e fumo che  si rimescolano nella bocca, scendendo alla gola e ritornando sottoforma di respiro dai polmoni.

“Non vedevo l’ora”

Di fianco a lei, la sua ‘anima gemella’ camminava spedita, intenta ad attraversare lo stradone che divideva il parco dalla zona ‘malfamata’ di Tokyo.

“…Mmh…Sango…non è che io sia così sicura di volerlo fare…” sottolineò la mora gettando nervosamente il mozzicone sotto il tacco.

La bruna l’osservò Torva. Prima le faceva una tausana di quattro settimane, poi ci ripensava? Nemmeno per sogno.

Sango era il classico esempio di Amica Deviante colei che standoti accanto praticamente come l’ossigeno ai globuli rossi ‘in simbiosi’, ti induce a fare cose che non avresti mai fatto.

Anche se stavolta la bella idea di decollarsi a ‘piecingarsi’ l’aveva avuta Kagome.

Una cosa che sicuramente le riusciva bene era quella di pentirsi. Decisione.Ripensamento.Pentimento.

Ecco le tre cose che non sarebbero mai cambiate in lei. Sango era più decisa, se voleva una cosa o la otteneva subito o la otteneva subito. Non c’erano mezze vie.

 

Sango era testarda. Kagome era orgogliosa.

Sango era una pazza.Kagome la matta che la seguiva.

Sango era la mente. Kagome il braccio. (O Viceversa)

 

Stavolta la mente era stata la mora. S’impuntellò proprio all’entrata del negozietto ‘colorito’ poco distante da loro.

Ovviamente l’amica non voleva perdersi l’occasione di bucherellarsi una qualsiasi parte del corpo.

Trasgressiva.

“Lo sai che non sopporto gli aghi” piagnucolò Kagome. Stronza quanto le pare ma alla fine paurosa come pochi. Sango Inarcò  un sopracciglio, incazzata ovviamente.

“Senti Bella di notte, o entri da sola o sarò costretta a chiamare quell’aitante omaccione che risiede all’interno del negozio per trascinarti dentro”.

Kagome lanciò uno sguardo all’interno del negozio.

Sbarrò gli occhi. Un uomo, sulla quarantina forse, se ne stava ritto in mezzo alla stanza. Tatuaggi in ogni dove, barba incolta ed untuosa che gli solleticava il villoso petto semi-nudo, pareva un pappone se non fosse stato per quel sorriso bonario, troppo insolito per una faccia simile.

Si fece coraggio. Entrò.

Sango alzò il lato destro della bocca in un sorrisetto di malizia. Ora cominciava il bello.

All’entrata lo scacciapensieri posto all’altezza tra la porta e lo scorcio murale poco sopra, tinnò. Rumore che fece rizzare i capelli alla mora.

L’amica sembrava molto tranquilla, si osservava intorno, notando compiaciuta le moltitudini di disegni e prove per tatuaggi.

“La prossima volta anche quello” esordì decisa.

Decreto che a Kagome risultò quasi un cazzotto nello stomaco. Quella stronzetta della sua migliore amica voleva vederla morta. La trucidò con una sguardata omicida.

Non parve avere alcun effetto sulla bruna, che continuo ad osservarsi attorno interessata.

“Cosa desiderano queste belle figliole?” mormorò una voce poco più in la. Kagome osservò schifata l’omone di poc’anzi. Aveva uno sguardo del tipo ‘voglio farmiti in tre mosse’.Te pijo.Ti sbatto al muro. E ti impecoro.

Una smorfia le delineò le labbra immediata. Lo sguardo dell’uomo si portava vertiginosamente dal davanzale di lei, alle gambe di Sango pareva stesse ballando un valzer con le pupille. Gettò uno sguardo attorno a lei, giusto per distrarsi da quella vista poco genuina per la mente.

Una porta Chiusa.Un bagno.Una saletta che pareva disegnata per le bambole. Il tutto d’uno squallore fuori dalla media.

L’unica cosa che pareva più pulita era il cesso. Innalzò le iridi passando dall’omone al bagno in pochi istanti. Chissà cosa cazzo ci faceva dentro quel bagno quando vedeva clienti come loro.

La bocca s’inarco verso il basso in una smorfia di disgusto.

“Brutto Caprone, queste due figlione vogliono farsi due bei piecing” esordì Sango con la solita finezza che le si attribuiva.

Il ‘Caprone’ in questione non ribattè nemmeno che già era nella stanzetta adiacente per preparare l’altare dei sacrifici  per immolare le sue vittime.

“La sopra ci sono delle riviste per vedere dove v’aggrada il buco belle bambine”

Dove v’aggrada il buco. Ovviamente era uno scontatissimo doppio senso.

Sango lanciò una sguardata a Kagome che stava trattenendo un conato di vomito. Sapeva che per lei tutto equivaleva ad un doppio senso.

Che tarlata mentale.

Sango scagliò un occhiata torva al babbione insinuato nella mini-camera che pareva più un parente stretto di Budd Spencer che una persona normale.

Si immaginò una manata di quell’allegro signore dove l’avrebbe mandata.

L’espressione ‘belle bambine’ probabilmente le arrivò tardi all’orecchio, giacchè ebbe una bradipante sensazione.

Ringhiò appena, quasi fosse un’animale in preparazione ad un attacco. “Bambina? Ma s’è visto quel decrepito del cazzo? Potrebbe essere mio padre Cazzo” sbottò tirando a sé qualche santo.

Kagome rimase interdetta. Fregandosene altamente delle parole del grassone. A parte i doppi sensi ovviamente.

“Su vecchio barile, abbiamo deciso…ombelico” sottilizzò lei, con un evidente delusione da parte del barbuto signore che sperava in qualcosa di più hard. Si sarebbe accontentato di sbavare dietro quel ventre piatto e ben piazzato che sicuramente la ‘signorina’ possedeva.

“O-ombelico?” mormorò Kagome in preda al panico. Si guardò attorno, per nessuna ragione al mondo si sarebbe lasciata bucare la pancia.

L’amica la osservò minacciosa “…Decidi Ombelico…o labbra…” ancora meglio. Due scelte assolutamente differenti e con la stessa percentuale di dolore.

“…Labbra…” decise lei, buttando la quella parola quasi dovesse giocare al lotto.

Per prima entrò Sango, lasciando una paralizzatissima Kagome in sala d’aspetto che pareva attendere l’ora del giudizio.

Dieci minuti.

Sango nel frattempo s’era accomodata come meglio le aggradava sul ‘lettino’ che pareva quello del dentista.

L’omone s’avvicinò con cautela, stringendo tra le mani un ago dalle dimensioni mastodontiche e quello che pareva un rudimentale aggeggio per fermare il piercing una volta ‘bucata la ciccia’.

Deglutì appena. Non le metteva paura l’ago, ma l’espressione che quel grassone aveva stampata in volto. Pareva un arrapato cronico con quegli occhietti semi nascosti dalle occhiaie, indice di qualche nottata passata probabilmente nel bagno dello stesso negozio.

Schifo.

Nemmeno s’accorse che la mano del sudicione le correva sul ventre per indicarle il punto ‘x’ su cui effettuare l’opera di maniscalco.

“Fallo dove di pare, basta che mi rimandi a casa viva” ironizzò notando l’ indigenza del luogo ove l’uomo operava.

Perle di sudore, più che perle parevano pozze nel vero senso della parola scendevano lungo la fronte dell’uomo, impigliandosi talvolta tra le ispide e folte sopracciglia grigiastre.

La mano destra dell’uomo stritolava un sigaro il quale puzzo s’intrometteva pericoloso nella stanza, nauseando non poco la povera Sango.

Con un gesto rapido della mancina infilò l’ago sulla parte di pelle prescelta. Avvitando la piastrina del piercing con la maestria degna ad un illusionista.

Sango emise un piccolo uggiolìo. Nulla di più.

S’alzò seduta sul lettino e compiaciuta osservò la parte arrossata dove solamente un po’ di sangue n’era stillato.Niente di grave.

“Ti piace bambola?” sibilò l’omone mangiandosela con gli occhi.

L’espressione di Sango era paragonabile ad un misto tra disgusto ed un ‘sto per tirarti un bel calcio tra le gambe in modo da farti divenire la prossima donna barbuta del circo qui di fronte’.

“Passabile” confermò alzandosi e sculettando verso l’uscita.

Quando la porta s’aprì, Kagome fece uno scatto in avanti, alzandosi repentina dalla sua postazione. Al suo gesto, mille pezzi di carta appallottolati scesero dalle gambe sino al terreno, pareva una trincea.

La mora deglutì facendosi avanti di qualche passo, titubante.

Sango maliziosa, le sferrò una bella pacca sul sedere per farla avanzare maggiormente. “Zoccola” ringhiò l’altra.

“A dopo Troietta bella” le mormorò facendole ciao ciao con la mano.

La porta si richiuse dietro di lei. Paura.

In quel momento si sarebbe sotterrata volentieri.

Ci volle un’ora buona per fissarle quello stramaledetto piercing sotto il labbro inferiore, ma alla fine,gli sforzi del caprone s’erano rivelati non inutili.

“Perfetta” esordì Sango, notando l’amica uscire leggermente barcollante dalla sala di tortura. La stanza pareva girare da sola attorno alla testa, giacchè era svenuta ben tre volte alla vista dell’ago.

“Quanto vuoi grassone?” stormì la bruna inarcando pericolosamente il sopracciglio destro.

“Facciamo 10000 yen e non se ne parla più” Sango alzò le spalle, certo che l’omone non era per nulla caro. Di solito quella roba veniva a costare un bel sacco di soldi.

“Se mi viene l’infezione ti denuncio” lo minacciò la ‘mite brunetta’. L’omone sventolò allegramente la mano intimando alle ragazze di tornare presto con evidente desiderio perverso negli occhi.

 

“Che schifo” principiò Sango studiando ancora quella sottospecie di essere maschile che piano piano scompariva alla loro vista.

Kagome non osava muovere bocca, il dolore che si propagava dal labbro a tutto il resto della bocca era micidiale.

“Sembra che ti sia fatta un botulino” la canzonò Sango, indicando la parte del labbro che si stava lentamente gonfiando, effetto normale.

La mora inarcò le sopracciglia, avrebbe voluto ribattere qualcosa ma non le riusciva.

E’ buffo come un’amica può costringerti a fare ‘certe cose’.

Primo pensiero. Cos’avrebbe detto sua madre? Non era al corrente della ‘sua’ decisione.

Già perché era stata sua.

Sango s’era limitata a fargliela ‘attuare’.

Immaginava già la scena. Lei che entrava in casa, sua madre che la squadrava, sbiancava e rimaneva incazzata con lei una settimana.

Ottimo lavoro Kagome.

Secondo pensiero. Il sabato sera. Giorno sacro per gli adolescenti, soprattutto per mettere in mostra le novità. In questo caso il piercing.

Luogo d’incontro? Ovviamente l’ X-Zone la discoteca più frequentata di Tokyo.

 

Lanciò uno sguardo furtivo a Sango. Pareva rilassata. Lei al contrario era tesa come una corda di violino. Avrebbero usato la solita scusa per star fuori sino al mattino successivo.

Mamma, io vado a dormire da Sango.

Mamma, io vado a dormire da Kagome.

Mai state beccate. Mai state colte in flagrante.

E dire che era una scusa vecchia come il mondo, usata sapientemente da ben tre anni.

L’unico ostacolo. Il piercing. Col cavolo che sarebbe uscita con quella roba sigillata sul labbro. Perché non l’aveva fatto sull’ombelico come l’amica?

Al solito. Pentimento.

 

Sango s’era voltata ad osservata con un cipiglio perplesso disegnato in volto.

Kagome stava pensando,era preoccupata e pentita.

Lo si intuiva dal modo frenetico da come giocherellava con i capelli, a destra, sotto la spalla una ciocca nerissima faceva invidia al resto della liscia capigliatura.

Riccia. A forza di rivoltare quel povero ciuffo di capelli, l’aveva modellato secondo la forma dell’indice.

Fissata.

A volte pensava che l’amica fosse troppo in tensione. Tentò di rassicurarla.

“…Sei preoccupata?” chiese fingendo di non essere a conoscenza della sua situazione.

 

Kagome sobbalzò. “Ch-chi io?” farfugliò tendendo entrambe le braccia lungo i fianchi. Gesto sbagliato.

Quando era agitata o nervosa, o si faceva la permanente dell’abituale ‘ciocca’, o s’irrigidiva come un animale imbalsamato o arrossiva improvvisamente.

Questa volta era molto scossa. S’era impuntata sul marciapiede, lasciando che l’amica proseguisse da sola per qualche metro. Subito dopo era esplosa in un pomposo colorito cocciniglia.

 

“No La Befana…Si…mia cara Befana…devi essere molto preoccupata…” fece una pausa. Osservò per qualche istante la parte che Kagome aveva ‘forato’ e capì il messaggio subliminale delle reazioni dell’amica.

“…Mmh…conosco un modo per far si che tua madre non si accorga nemmeno che hai il piercing” lo sguardo di Sango aveva assunto una maliziosa tonalità più scura nello sguardo, questo non presagiva nulla di buono.

 

Ecco. Ora la mora era ancora più preoccupata di prima. Sentiva vampe di calore in ogni dove.

“Come?” s’azzardò. Non l’avesse mai detto.

Il sorrisetto di Sango le tolse ogni dubbio, alzò lo sguardo al cielo, maledicendosi d’aver posto quel quesito. Con sottomissione si lasciò trasportare dall’amica che l’afferrò per il braccio destro.

“Dove andiamo?”

Altro Sbaglio. Mai domandare a Sango dove ti porta.

 

Sorriso malpensante, seguito da un inarcarsi furbo delle sopracciglia.

Poteva voler dire solo una cosa. Sbarrò gli occhi, aprendo la bocca per dire qualcosa ma il dolore fu più in gamba di lei nel palesarsi.

“…No…No…No…” questa volta tentò di divincolarsi in modo disperato dalla stretta dell’amica. Il suo era un brutto. Un bruttissimo presagio.

 

La strada pareva lunga. Lunghissima. Quell’edificio alto, allungato tra le metà di due grattacieli la metteva in soggezione.

Pareva un bordello quel posto. L’unica volta che c’era stata era rimasta sconvolta per una settimana.

Le rampe delle scale sembravano infinite.

Sango la trascinava, ormai aveva smesso di ribellarsi da un pezzo. Però non osava procedere di sua sponte.

Ecco quella porta.

[Non suonare, non suonare …] Aveva bussato. Maledetta.

Una voce che tutto aveva tranne di mascolino sibilò un qualcosa dalla parte opposta. Spalancando la soglia con entusiasmo.

La cosa che vide dopo la traumatizzò come la prima volta.

“Amore!” eccolo … o meglio, eccola. Un ragazzo s’era affacciato alla porta, e che ragazzo. Unica pecca. Non esattamente, un lui.

“Tesoro!” rispose Sango travolgendo letteralmente l’amico/a. Si presentava sulla ventina, all’apparenza belloccio, un taglio di capelli decisamente fuori dal comune trattenuti da una sottospecie di chignon femminile. Ribrezzo.

Un demone. Mmh…no forse un mezzo demone. Bho.

Il fatto è che parlava con quella vocetta ‘effeminata’ che lo faceva apparire totalmente diverso da quel che sembrava.

In poche parole . Un finocchio.

“Sango, piccola…cosa può fare la tua Kenny per te?” gesticolò portando entrambe le mani, ovviamente, in modo ‘femminile’ sulle ginocchia, piegandole appena.

“Naraku-chan…la mia amica deve cammuffare il piercing se no sua madre stasera non la fa restar fuori…tu, puoi fare qualcosa?”

Kagome si sentì avviluppata da una sensazione stranissima. Ogni volta che vedeva quel Naraku, o Kenny che fosse, sentiva un magone allo stomaco. Forse di imbarazzo, o di inadeguatezza.

Il ragazzo/a, sorrise bonario facendo accomodare le due nel suo ‘studio’ tutto al maschile/femminile.

 

“Kagura, bella, vieni qui ho un lavoro per te mia cara” parlava con un tono talmente melenso da far accapponare la pelle.

Una ragazza, stavolta ‘una vera’ si presentò dinanzi all’ ‘incognito sessuale’ muta. Finchè non sfoggiò un sorriso fulgido che dalle labbra dipinte d’un rosso ben demarcato pareva ancora più grande. Si avvicinò a Kagome, studiandone il problema.

“Non c’è problema capa, risolvo io in pochi minuti” suggerì masticando una gomma rumorosamente.

Sango sorrise maliziosa all’amica, che le lanciò un’occhiataccia pericolosa. Ma che razza di gente frequentava la bruna?

La ‘pseudo ragazza-uomo’ sospinse Sango in una saletta d’aspetto, vistosamente dipinta d’un rosa appariscente che accecava la vista solo ad osservarlo.

Mentre Kagome, per la seconda volta rimasta Sola, se la doveva vedere con quella Kagura di cui non aveva mai sentito parlare.

“Tranquillizzati cocca, Kenny è una brava bambina…ti spaventano quelli dell’altra sponda?” farfugliò facendola sedere su d’una seggiola girevole.

“N-no…è solo che mi sento un po’…in soggezione” mormorò accavallando le gambe per mostrare la sua sicurezza. La donna sorrise continuando a ciancicare la gomma.

Quel rumore le dava i nervi.

Avrebbe voluto prendere quella Kagura e sbatterla al muro solo per quel casino.

La ragazza s’avvicinò al volto di Kagome, per controllare la situazione. Lo sentiva, si stava sentendo male. Sentiva il suo respiro così tremendamente vicino da esalarne il sapore mentolato.

“Tranquilla baby, io sono etero” la tranquillizzò.

Ma non era quello il problema della mora, più sentiva quel ciancichìo, più aveva voglia di malmenarla.

“Ferma così tesoro…ora sentirai un picchetto” oddio, cosa voleva farle? Dove cazzo s’era ficcata Sango? A prendere il thè col finocchio? Questa gliel’avrebbe pagata. Molto Cara.

Sentì un ‘immenso’ dolore al labbro dove era posato il piercing. Amplificato ulteriormente dal pensiero ‘del male’ che stava provando.

Emise un gemito soffocato.

[Sango…Vaffanculo…] l’unico pensiero che le attraversò la mente morì pochi istanti dopo, sostituito dal biascicare di Kagura che aveva preso una strana roba marroncina. Ma che cazzo stava facendo?

Perché aveva un’amica così deficiente...

  
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