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Autore: avalon9    30/12/2006    2 recensioni
Gli youkai sono essere terribili: affascinano e uccidono. Sono esseri diversi. I ningen sono insignificanti, per uno youkai; creature semplici, irrazionali, che trascinano la vita senza comprenderla. Dei ningen gli youkai non si curano; li ignorano con superiore indifferenza.
Sesshomaru è youkai ed è orgoglioso della sua essenza. Ma un inverno, incontrerà una ningen e, da quel momento, la linea netta che separa uomini e demoni inizierà ad assotigliarsi.
Genere: Romantico, Malinconico, Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Sesshoumaru
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ciao a tutti

Ciao a tutti!

 

Per prima cosa, vi faccio gli auguri (anche se in anticipo) di buon anno nuovo!!!

Questo è l’ultimo aggiornamento dell’anno, e spero che vi piaccia il capitolo, perché c’è una sorpresa! Dunque, ci eravamo fermati con Alessandra e Sesshomaru vicini al baciarsi e interrotti da qualcuno. Chi sarà? Per scoprirlo basta leggere!

 

Ne approfitto anche per chiarire alcune piccole cose, visto che mi sono accorta che nel precedente aggiornamento, per chissà quale scherzo del mio “caro” computer, le note di commento sono saltate. Allora, andando con ordine, i segni §§ indicano i ricordi dei personaggi (forse era chiaro, ma è sempre meglio mettere una leggenda ^__^!). Inoltre, ho aggiunto l’introduzione, cosicché la numerazione appare sfasata; nulla di particolare, solo chiarisce che ci troviamo nella prima parte della storia e che quindi dovete aspettarvela mooolto lunga. Si tratta comunque di due storie di cui la seconda è il seguito della prima; so che molti preferiscono spezzare, ma io ho optato per un solo titolo (e spero di riuscire a scriverla tutta, prima o poi). Infine, piccolo appunto: ad ogni aggiornamento, da oggi in poi, posterò aggiornandolo sempre un piccolo dizionario con la traduzione e le spiegazioni dei termini giapponesi e con piccole note esplicative di alcune situazioni della storia (come perché Alessandra ha un costume da bagno, che sembra inusuale come mi è stato fatto giustamente notare, me che, libri alla mano, ha una sua possibile motivazione),in corsivo e con termini in più di quelli che ho finora usato, anche perché è il frutto di un mio lavoro e riguarda i capitoli anche futuri.

 

Un’ultima cosa: ringrazio tutti quelli che leggono e commentano e anche chi legge soltanto e in particolare Jame, che commenta ogni capitolo e rispondo alla sua domanda, anticipandole che ho effettivamente intenzione di affrontare il problema del rapporto Sesshomaru-Inuyasha, sia in questa prima parte della storia, sia nella seconda, dove avrà un certo peso.

 

Bene, per ora è tutto. Ancora grazie e tanti auguri!!!

 

Avalon

 

 

 

 

 

CAPITOLO 22

FIDUCIA

 

 

Si erano separati.

Veloci. Imbarazzati. Ma mentre Alessandra si era rifugiata dietro alla schiena di Sesshomaru, il demone fissava gli occhi vuoti davanti a sé. Sulle labbra una smorfia di disgusto. Non la poteva vedere, certo, ma il suo odore era inconfondibile. Un odore che lo nauseava.

 

Kagura” sibilò, scoprendo appena i canini appuntiti. Non sopportava quella yasha. Il suo modo di fare, le sue attenzione e le sue provocazioni. E poi, era un’emanazione di Naraku. Era responsabile quanto lui di quello che gli era successo.

 

La demone strinse di più il ventaglio. Lo fissava con occhi rabbiosi e ogni muscolo della sua persona fremeva d’indignazione. Un’umana. Le aveva preferito un’umana. Una ragazzina. Inutile. Insignificante.

 

Non aveva voluto crederci. Quando nello specchio di Kanna aveva visto il demone accarezzato da quella ningen, dormire con lei, abbracciarla, non aveva voluto crederci. Aveva scaraventato a terra l’oggetto ed era uscita, decisa a constatarlo di persona.

 

Aveva impiegato molto tempo a rintracciarlo, perché la sua aura demoniaca era pressoché sparita. Ma alla fine lo aveva raggiunto. E lui stava di nuovo stringendo fra le braccia quel corpo che le sembrava acerbo e disgustoso.

 

Stava per baciarla…

 

In un modo di rabbia isterica, aprì il ventaglio, scagliando loro contro una raffica di vento. Solo vento però. Intrecciò i capelli di Alessandra e Sesshomaru e confuse i kimoni, ma non li ferì minimamente.

 

“Cos’è, Sesshomaru? La tua nuova amante?”

 

Sapeva di non poterlo battere sul piano fisico. E allora preferì stuzzicarlo. Sondare la realtà di quello che aveva visto. Inoltre, avrebbe umiliato quella insulsa ningen.

 

“È graziosa…ma è sempre una ningen…Mi hai delusa, lo sai? Desiderare una sciocca femmina umana…Finora, le tue amanti sono state donne sofisticate, esperte nel dare piacere, nel farti godere…”

 

Kagura allargò il sorriso malizioso. Aveva visto la ragazza, seminascosata dal demone, appiattirsi ancora di più contro di lui e sbarrare gli occhi. Incredulità.

 

“Ah, non glielo avevi detto?...Non le avevi detto che sarebbe stata solo un passatempo?”

 

Sesshomaru sentì il corpo di Alessandra irrigidirsi. Immaginò la sua espressione stravolta. Kagura lo stava facendo passare per un bastardo. Per uno che usa le donne solo per il suo piacere e poi se ne libera senza farsi problemi.

 

“Smettila”

 

Glielo sibilò con un tono carico di minacce. Voleva che tacesse. Che smettesse quelle sue folli farneticazioni. Lui non era così. Non lo era mai stato. Non aveva avuto amanti. Mai nessuna. Gli si erano offerte molte donne, quello non lo poteva negare, ma lui aveva sempre rifiutato. Non aveva mai cercato l’amore e neanche il piacere dei sensi. L’unica gioia che aveva era quella della battaglia, del potere nelle vene.

 

Solo quella, fino a quando non aveva conosciuto Alessandra.

 

Kagura assottigliò lo sguardo di rubino. L’youkai aveva qualcosa di strano. Era ancora inginocchiato a terra, come a proteggere la ragazza, e muoveva continuamente gli occhi e la testa, anche se in modo impercettibile. Perché non la fissava con quel suo sguardo di ghiaccio? Perché sembrava cercarla dovunque, mentre la yasha era ben visibile davanti a lui?

 

Sesshomaru non riusciva a individuarla. Il vento aveva confuso gli odori e adesso da ogni atomo di quel luogo trapelava l’odore rivoltante della demone. Non riusciva a capire dove si trovasse. E temeva un attacco improvviso. Non capiva esattamente lo scopo del suo discorso. Se era per farlo arrabbiare, ci stava riuscendo. Ma non sperasse che si muovesse alla cieca come uno sciocco. La demone sembrava avercela soprattutto con Alessandra, e finchè lui fosse rimasto lì il campo d’azione si restringeva.

 

Una risata. Roca. Nervosa. Rimbombava ovunque. E lo faceva fremere ancora di più. Doveva ricorrere a tutta la sua volontà per dominarsi e non muoversi.

 

Kagura gettò indietro la testa, nascondendo la bocca con il ventaglio. Divertita. Era sinceramente divertita dalla passività del demone. Non si muoveva. Teneva la mano sull’elsa della katana, ma non accennava un movimento.

 

“E perché smettere? Non è forse la verità? Non ti si sono offerte già molte donne?”. Fece una pausa, spiando di nuovo la ragazza. Aveva il volto teso in un’espressione sofferente. Alessandra non voleva credere a quello che sentiva.

 

Solo un’amante. Una delle tante. Anzi, la più insignificante. Non riusciva a riconoscere, nelle parole della yasha, l’uomo con cui aveva dormito. Era davvero così? Davvero usava le donne solo per il suo piacere?

 

“Cosa si dirà quando si saprà che nel tuo letto c’è spazio per tutte? Anche per le umane?...Il grande signore delle Terre dell’Ovest che commette lo stesso errore del padre…Divertente, non trovi?”

 

Sesshomaru non ci vide più. Estrasse Tokijin e si avventò nella direzione da cui aveva sentito provenire la voce. Voleva farla tacere. Farla smettere. Nessuno poteva permettersi di parlargli a quel modo. Di insultarlo. E di insultare suo padre. Nessuno.

 

Kagura evitò facilmente il fendente. Ma nell’attimo in cui gli passò accanto potè vedere le iridi spente di Sesshomaru. E capì. Capì il motivo dello strano comportamento del demone. Quei suoi gesti apparentemente insensati, anche se quasi invisibili. Il fatto che l’avesse mancata e non sapesse con esattezza dove mirare.

 

Cieco…sei diventato cieco…e tutto per lei?...

 

Kagura si materializzò accanto ad Alessandra, ancora inginocchiata a terra. Le afferrò il viso con una mano e glielo sollevò. Gli occhi della ragazza erano cupi come il cielo notturno. Vuoti e senza espressione.

 

“Ma guarda, sei più graziosa di quello che avessi visto…”. Affondò leggermente le unghie nel volto della ragazza, che però non si mosse.

 

“Non toccarla”

 

La voce di Sesshomaru arrivò distorta in un ringhio, ma la yasha lo ignorò. Sapeva che in quelle condizioni era lei a condurre la partita, perché l’youkai non avrebbe mai sferrato un attacco col pericolo di colpire anche lei.

 

…davvero provi qualcosa per questa stupida umana?...Non sa neanche difendersi…

 

Alessandra sentì la voce del demone e si riscosse giusto in tempo per ricevere un’altra offesa. Kagura aveva avvicinato maggiormente i loro visi.

 

“Allora, mia cara…”. Fermò con malizia la frase, occhieggiando verso Sesshomaru. “Com’è giacere con il Principe dei demoni? A letto è tanto focoso quanto è freddo in battaglia?”

 

Alessandra fu gelata da quel discorso. Ma chi credeva che fosse? Davvero pensava che gli fosse accanto per quello? Solo per quello? Kagura lesse il disgusto nei suoi occhi e anche l’imbarazzo. E ne rise estremamente compiaciuta.

 

“Ma come, Sesshomaru?”. Lasciò la ragazza che ricadde nella neve senza un respiro. “Non l’hai ancora fatta tua? Da quando sei così galante con una semplice femmina umana? Di solito, non vai tanto per il sottile…”

 

Il demone rimase spiazzato. Da dove le usciva quel discorso? Cosa diavolo voleva ottenere con quelle parole, con la sua volgarità? Un mostro. Lo stava dipingendo come un mostro. E lui non provò mai come in quel momento la voglia di ucciderla. Di sentire il suo sangue scorrere e i suoi ultimi rantoli.

 

“Sei disgustosa”.

 

Protese la lama in un invito mortale, mentre si lasciava avvolgere dal suo youki. Sarebbe morta. Ora. Subito. Per l’avare l’offesa. Come aveva osato parlargli così? Come aveva potuto lui, permetterglielo?

 

Kagura agitò il ventaglio producendo una piccola corrente d’aria che nuovamente confuse gli odori. Sesshomaru era di nuovo incapace di localizzarla attraverso l’olfatto, e anche l’udito non glielo permetteva. Sentì solo la yasha gridare il nome del colpo, e aspetto un impatto che non avvenne.

Il vento calò d’improvviso.

 

“Maledetta sgualdrina!”

 

Alessandra si era gettata su Kagura con il pugnale ben saldo, ed era riuscita a strapparle di mano il ventaglio prima che il colpo partisse. Ma non aveva potuto evitare il manrovescio che l’aveva gettata a terra. E adesso Kagura serrava le sue dita affusolate sulla sua gola.

 

“Cosa credevi di fare? Tu non sei nulla al mio confronto…Tu non vali nulla…sei solo una patetica umana che ha dormito fra le braccia del Principe dell’Ovest…una delle tante…neanche capace di dargli il piacere che vi cercava…una stupida, debole e insignificante umana…solo un’amante…una squallida amante…”

 

Perché non ha voluto me? Cos’ho in meno di lei? Cosa?!

 

Un nuovo fendente la costrinse ad allontanarsi e Alessandra tossì per recuperare il respiro. Sesshomaru adesso era davanti alla ragazza, gli occhi d’ambra assottigliati e minacciosi. Voleva ucciderla. Aveva esagerato. E non gliela avrebbe fatta passare liscia.

 

Kagura si sfilò dai capelli una piuma, gettandola in aria. Lo odiava e lo disprezzava. Avrebbe potuto avere lei, gli si era offerta assieme ai frammenti della sfera. Gli si sarebbe data in cambio dell’aiuto per liberarsi da Naraku. Gli avrebbe dato il suo corpo perché uccidesse il suo signore. Una proposta invitante, visto che così Sesshomaru avrebbe potuto vendicare anche l’onta che l’hanyou gli aveva fatto.

 

Invece, l’aveva rifiutata. Lei. Una demone completa. Potente, anche se schiava. E adesso le preferiva una semplice umana. Una donna umana. Una ragazza.

 

“Mi fai schifo”. Saltò sulla piuma e lo fissò un’ultima volta, piena di disprezzo. Perché non l’aveva ritenuta all’altezza del Principe dei demoni. Perché giudicava una ningen più degna di attenzione di lei.

 

“Godi di lei, finchè puoi. Pesto non avrei più il tempo per farlo”

 

*****

 

Silenzio.

Per tutto il resto del giorno, nessuno dei due aveva parlato. Dopo l’attacco di Kagura si erano rimessi in marcia senza scambiarsi una parola. Erano entrambi concentrati nelle loro riflessioni, e paurosamente silenziosi.

 

All’inizio, il silenzio prolungato aveva reso inquieta Alessandra. Si era aspettata che il demone rispondesse qualcosa a tutte le allusioni che la yasha aveva fatto, invece si era limitato a rinfoderare la katana e a incamminarsi. Lei lo aveva guardato allontanarsi e poi si era trovata costretta ad alzarsi per seguirlo. Lo aveva fissato intensamente, ma l’youkai sembrava non ricordarsi nemmeno della sua presenza.

 

Dimmi qualcosa, non startene lì zitto senza dire una parola…Qualcosa lo avrai pur da dire! Starai ben pensando a qualcosa con quell’espressione cupa stampata in faccia! Vorrei tanto dirti che ti odio quando non parli!

 

Aveva anche provato l’impulso si parlare lei, di chiedergli di spiegarsi, ma aveva resistito, per orgoglio. Aveva tanto su cui riflettere e il silenzio avrebbe giovato anche a lei.

 

Sesshomaru non si era accorto delle mute domande della ragazza. Non aveva percepito l’odore dei suoi dubbi e delle sue preoccupazioni. Aveva ripreso il cammino con un solo pensiero fisso in testa: non era riuscito a ucciderla.

 

Lui, il grande demone, il signore degli Inuyoukai , non era riuscito a uccidere una patetica yasha; anzi, non l’aveva neanche sfiorata. E le aveva permesso di giocare con lui, di insultarlo. Si era continuamente detto, nei giorni precedenti, che la cecità non costituiva un problema per lui. Aveva sempre indovinato qualsiasi movimento esterno alla grotta, grazie all’olfatto e all’udito. Aveva sperato di poter fare ugualmente in caso di battaglia. Si era illuso.

 

Era bastata una leggera brezza a far crollare le sue certezze. Il vento aveva confuso gli odori e l’eco gli aveva impedito di localizzare l’avversario. Era stato cosciente solo del fatto che fosse intorno a lui. Dove, non lo aveva saputo.

 

Solo alla fine era riuscito a respingerla, approfittando del fatto che fosse distratta da lui. Ma non si faceva illusioni. Era perfettamente consapevole che, in uno scontro frontale, sarebbe stato lui a soccombere.

 

Patetico!

 

Gli bruciava. Quella sua incapacità di difendersi gli bruciava dentro come un fuoco che lo consumava. Nonostante il portamento eretto e il passo sicuro, era una preda facile. Dannatamente facile. Era ancora vivo perché Alessandra aveva strappato di mano a Kagura il tessan, prima che lei potesse attaccare.

 

Debole. Lui era debole. Una realtà che non aveva voluto accettare e che gli era stata sbattuta in faccia nel modo più brutale. Con una sconfitta sul campo. Una sconfitta che gli bruciava. Neanche le parole della yasha avevano prodotto le stesso effetto.

 

Si era irritato per le sue allusioni, ma non vi aveva dato in seguito tanto peso. Perché farlo, poi? In fondo, nessuno avrebbe mai prestato fede a un’emanazione di Naraku e comunque si trattava di voci che già aveva sentito circolare sul suo conto.

 

No. Sesshomaru non si soffermò a considerarle neanche per un attimo. Non gli interessavano. Gli arrecavano solo fastidio, perché insinuavano il dubbio che lui si stesse comportando come suo padre.

 

…No…Non farò mai lo stesso errore…

 

Però, per quanto lo ripetesse convinto nella sua mente, sapeva benissimo che le sue azioni dimostravano il contrario. Perché non era forse una femmina umana quella che gli camminava alle spalle, silenziosa e pensierosa?

 

Alessandra continuava a torturarsi con le parole di Kagura. Le rimbombavano nel cervello come una crudele cantilena. E più il tempo passava, senza che Sesshomaru dicesse niente, più lei si convinceva che quelle parole fossero vere.

 

Si cerca di chiarire solo quello che è falso…tu non dici niente, però…

 

Il bel demone non aveva mai detto che fossero menzogne. Non aveva negato che già molte donne gli si erano offerte; che aveva già preso molte umane, con la forza; non aveva negato che lei era solo un passatempo.

 

…non hai negato niente…

 

Alessandra si convinse che il silenzio del demone fosse la sua implicita ammissione, altrimenti chiunque avrebbe reagito e poi provato a chiarire. Invece, lui non aveva fatto nulla di tutto questo. Altrimenti, avrebbe dovuto ammettere che la sua strategia di seduzione era fallita per le parole troppo insolenti di una yasha.

 

Perché era solo un gioco di seduzione quello che il demone aveva intrapreso. Nulla di più. Invece di prenderla con la forza, aveva preferito illuderla, comportandosi da amico, consolandola, fingendo di assecondare le sue richieste. Lo scopo finale era sempre lo stesso: averla. Avere il suo corpo. Goderne.

 

Alessandra sentì la disillusione invaderla completamente. Era stata una stupida; si era fatta ingannare per bene, perché in lui aveva riposto fiducia. Si era lasciata irretire dai suoi modi eleganti, dal suo atteggiamento freddo che nascondeva carezze ardenti. Si era lasciata sedurre da lui, come un’ingenua. E quasi gli aveva ceduto.

 

Un bacio. Gli aveva quasi concesso un bacio. Il primo della sua vita. A un uomo di cui non sapeva nulla. Anche se ci viveva assieme da tre mesi ormai. Eppure continuava ad essere quasi uno sconosciuto. Lo aveva curato, accarezzato. Lo aveva amato con gli occhi e desiderato che si svegliasse. Aveva pianto davanti a lui e da quelle braccia si era fatta stringere.

 

…ho perfino…dormito…con lui…

 

Inganni. Tutto era stato un inganno. Con il solo scopo di condurla al suo castello. Di esibirla come nuovo trofeo. Di farla entrare nel suo letto. Ecco cosa voleva quel bellissimo demone da lei: una notte di passione.

 

*****

 

Aria pungente.

Nonostante la protezione delle radici, nel piccolo anfratto ai piedi di una quercia secolare il freddo della notte penetrava tranquillamente, facendo danzare il fuoco. Un fuoco che non riusciva però a scaldare il gelo di quel silenzio.

 

Alessandra era seduta in un angolo, quasi avvolta dal buio. E davvero avrebbe voluto essere inghiottita dalla notte. Scomparire. Si abbracciò le ginocchia con più forza e vi tuffò il viso, mentre una lacrima rotolava solitaria sulla sua guancia.

 

L’asciugò con rabbia. Anche se in quel momento era sola, non avrebbe pianto. Non valeva la pena piangere per un uomo come lui. Per un misogino, per uno che è abituato a vedere le donne come un oggetto e che le ricerca solo perché ha voglia di un bacio o di una notte d’amore.

 

Non gli faceva paura comunque. Era solo profondamente affranta. Di essere stata così ingenua; di essere caduta nelle maglie della sua rete con un candore disarmante. Chissà come doveva essersi divertito, il bel demone, nel “cacciarla”, nel percepire la sua confusione emotiva e nel fingere disinteresse verso di lei.

 

…perché fingere?...In fondo, non sono nulla per lui…Ha solo provato ad avermi in un modo diverso…Forse aveva tempo di giocare…

 

Sesshomaru tornò alcune ore dopo. Aveva ispezionato gran parte del bosco, accertandosi che non ci fossero pericoli. In realtà, si era allontanato per allenarsi senza che la ragazza si dovesse preoccupare per lui. Non era ancora abituato ad aver accanto qualcuno da proteggere, nonostante la presenza di Rin.

 

Qualcuno da proteggere…

 

No. Era diverso. Non era ancora abituato al sentimento che sentiva verso una delle persone che aveva da proteggere.

 

Trovò Alessandra raggomitolata in un angolo, addormentata. La giornata doveva averla stancata molto, soprattutto a livello emotivo. Aveva sempre considerato le ningen insignificanti e deboli, indegne della sua attenzione, ma doveva ammettere che quella ragazza era riuscito a incuriosirlo. Di più, ad attrarlo. Perché era più fragile di quello che volesse mostrare, eppure, in caso di bisogno, era capace di sfoggiare una determinazione e una durezza invidiabile. Era un’anima mutevole, caleidoscopica e cangiante come lo erano i suoi occhi.

 

Quanto gli mancavano. Gli mancava poterci affogare dentro. Gli mancava poter spiare le ombre del suo volto. Gli mancavano la sua tristezza e il suo sorriso leggero. Avrebbe tanto voluto sentirla ridere. Percepire in lei spensieratezza e allegria, come in Rin.

 

Aveva sperato di trovarla sveglia, di poterla stringere a sé inebriandosi del suo profumo e assaporando il suo calore. Aveva sperato di trovarla sveglia, per poterla avvolgere nel suo kimono e piegarsi su di lei. Per baciarla. Aveva sperato di poterla finalmente baciare.

 

Se non fosse stato per Kagura, quel pomeriggio avrebbe conosciuto il sapore di quelle labbra. Invece, aveva dovuto rinunciarvi. E per tutto il resto del giorno era stato avvolto da pensieri così infausti da dimenticarsi perfino della presenza della ragazza e di quello che quasi era riuscito ad avere.

 

Si sedette accanto a lei, richiamando alla memoria il suo viso tranquillamente addormentato. Lo aveva visto poche volte e solo dopo che lei gli aveva narrato la sua storia. Non l’avrebbe svegliata, ma la voleva comunque accanto a sé. Passò il braccio attorno alla vita di Alessandra e mosse piano per farla adagiare al suo fianco.

 

Un bruciore improvviso alla guancia lo costrinse a lasciare la presa e lo lasciò a bocca aperta per lo stupore, mentre una voce gli rimbombava nelle orecchie.

 

“Non ti avvicinare!”

 

Alessandra, nel dormiveglia, si era accorta del suo braccio e aveva reagito d’istinto, colpendolo con uno schiaffo con tutta la sua forza. E adesso se ne stava lì davanti a lui, con gli occhi colmi di rabbia e disgusto. Sì. La disgustava. Perché aveva cercato il suo corpo senza preoccuparsi di lei. Perché, in fondo, di lei non gli importava nulla.

 

Sesshomaru si portò una mano alla guancia bruciante. La sentiva pulsare in modo nuovo. Non ricordava di aver mai ricevuto uno schiaffo. Neanche da suo padre. E adesso, una semplice umana si permetteva di darglielo. Senza neanche una ragione.

 

“Ma cosa ti salta in mente?” le chiese, massaggiandosi la guancia e recuperando la sua abituale freddezza. Se non voleva dormire con lui, bastava dirlo. Non si sarebbe opposto. Ma non vedeva la necessità di prenderlo a schiaffi e urlargli contro.

 

“Cosa mi prende?! Credi che non lo sappia cosa vuoi? Mi credi davvero così ingenua?”. Alessandra era furiosa, tutti i suoi dubbi le erano stati schiaffeggiati in faccia da Kagura, e il silenzio di Sesshomaru non aveva fatto altro che alimentare la convinzione che le parole della yasha fossero veritiere. Quando poi aveva percepito il suo tocco, non aveva avuto più dubbi. “Pensi davvero che io sia pronta a cadere ai tuoi piedi perché ti sei mostrato gentile con me? Credi che sia rimasta ammagliata dal tuo corpo o dai tuoi begli occhi? Sei affascinante, è vero, ma non credere che questo basti a farmi cedere.”

 

Sesshomaru subì la sfuriata isterica senza riuscire a trovare il tempo di controbattere. Troppo impegnato a tenere il filo di quel veloce discorso. Alessandra era davvero arrabbiata, come non l’aveva mai vista.

 

Cosa le era successo? Nei giorni addietro e anche quel pomeriggio lo aveva lasciato avvicinare senza nessuna reazione. Si era avvicinata lei, facendosi stringere dalle sue braccia, contro il suo petto. Poteva capire che il suo passato l’avesse resa diffidente, lui stesso aveva avuto una reazione simile alla morte di suo padre, ma ormai credeva di aver superato quello scoglio. Che lei si fidasse. Invece, era a un punto morto. Ogni volta che credeva di essere ad una svolta, doveva ricominciare tutto da capo. E il bel demone non era abituato a rincorrere qualcosa troppo a lungo.

 

“È per Kagura, vero?”

 

Ne era sicuro. La causa di quella reazione dovevano essere le parole della yasha. Probabilmente, lei si era sentita offesa e ignorata dal suo silenzio. Ma lui non era abituato a dover rispondere delle sue azioni e neanche in quel caso lo aveva fatto.

 

Alessandra rise. Una risata roca e amara. Da ubriaca. E forse lo era davvero. Era ubriaca di rabbia e delusione.

 

“Cos’è, ti dispiace che il tuo piano di seduzione sia stato svelato? Oh, certo: arrivare al tuo palazzo assieme ad una nuova amante deve essere molto eccitante. Ti deve far sentire importante e dominatore. Il grande Principe è tornato dalla caccia con un buon bottino. Che passerà ai suoi subordinati quando lui se ne sarà stancato. In fondo, un’umana è insignificante, serve solo per fare nuove esperienze quando l’oiran di turno non è soddisfacente.”

 

“Non ti permettere”.

 

Lo sibilò appena, assottigliando gli occhi d’ambra. Quella sciocca ragazzina lo stava insultando. E lui non lo poteva permettere. Non due volte nello stesso giorno. Non di nuovo le stesse insensate allusioni. Lui non era come suo padre. Lui non avrebbe rifatto lo stesso errore. Lui non era così.

 

Sesshomaru si alzò in piedi in un impeto di collera. Aveva gli occhi ridotti a due fessure, i muscoli delle guance tirati e sporgenti e le labbra serrate. Afferrò la ragazza per un polso, poi per le spalle. Alessandra si contorse per il dolore, per quella presa fortissima che sembrava volerle spezzare le ossa. Afferrò la mano del demone e cercò di liberarsi. Gli occhi dell’youkai erano di ghiaccio, attraversati da fiamme rabbiose.

 

“Lasciami, Sesshomaru!”

 

“No!”. L’attirò di più a sé, fissando le iridi vuote sul suo volto. “Dimmi chi ti autorizza a parlarmi così! Dimmelo!”.

 

Sesshomaru alzò ancora di più la voce e la scosse per la spalla. La sbatté contro il tronco dell’albero e si sporse verso di lei. Alessandra poté avvertire il copro del demone premere contro il suo, i suoi occhi carichi di rabbia. Sentì crescere in lei la voglia di ribellarsi, di sottrarsi a lui e scappare lontana. Aveva sbagliato. Aveva sbagliato a fidarsi di lui.

 

“Lasciami andare! Puoi anche forzarmi alle tue voglie, puoi anche avere il mio corpo, ma sappi che non mi piegherò mai a te!”

 

Sesshomaru lasciò immediatamente la presa, come se quelle parole l’avessero fatto rinsavire di colpo, e si allontanò di alcuni passi, mentre Alessandra scivolava a terra, massaggiandosi la spalla sinistra dove le unghie del demone avevano lasciato dei lividi dolorosi.

 

“Alessandra…”. Sorpreso, era fermo con il viso abbassato verso la sua mano, tesa in un’immobilità marmorea. “Io…”

 

“Cosa?! Non è forse quello che volevi? Non sarei forse stata la tua amante? Uno stupido oggetto! La ricompensa per la gentilezza mostratami.

 

Sesshomaru indietreggiò ancora di un passo. Davvero credeva che il suo comportamento avesse doppi fini? Non aveva mai avvicinato una donna come lei senza alcuna volontà se non quella di farla sorridere. Se fosse stata un’altra ningen a parlargli a quel modo, probabilmente sarebbe già morta.

 

“Cosa te lo ha fatto credere?” chiese con innocenza. Non era mai riuscito a capire gli esseri umani, e quella ragazza meno di tutti.

 

“Oh, non guardarmi così, perché l’innocenza sul tuo volto stona! Gli uomini desiderano sempre qualcosa in cambio, non fanno mai nulla senza uno scopo: c’era forse una sfida? Il primo che ottiene una donna, vince una nuova spada? E poi, naturalmente, una nuova amante nel letto”. Ora era sfrontata, irriverente e irrispettosa. Non sembrava più neanche importarle di quello che sarebbe potuto accaderle.

 

“Non ti ha mai trattata come una yotaka

 

Sesshomaru raddrizzò le spalle. Sembrava davvero imponente, alla luce rossa del fuoco che si infrangeva nei suoi occhi e scivolava lungo il suo corpo.

 

“Forse. Ma questo pomeriggio non mi sembra che tu ti sia prodigato nel rassicurarmi del contrario”

 

L’youkai si sentì un po’ in colpa. In fondo, lei non lo conosceva molto e lui aveva dato troppe cose per scontato. Non aveva pensato a chiarire nulla.

 

“Bastava che tu chiedessi”

 

“Davvero? Per sentirmi rispondere col silenzio? No, grazie!” Alessandra ora era in piedi davanti a lui, con i pugni chiusi. Ancora arrabbiata. Ancora offesa.

 

“Non lo avrei fatto”

 

“Non mi sembra di ricordare la tua spiccata capacità oratoria”

 

Sesshomaru rialzò il viso su di lei. Aveva ragione. Aveva dannatamente ragione. Lui non parlava molto. Anzi, non parlava proprio. Ma credeva di averglielo fatto capire, quello che contava per lui. Con i gesti. Con il rispettarla.

 

“Come posso capire qualcosa se tu non dici mai niente e non rispondi neanche alle domande! Sai solo ordinare. Ordini, e basta! Sono tre mesi che ti conosco, e non ti ho ancora sentito dire qualcosa che non sia un comando! Finora, ho parlato solo io! Ho sempre parlato solo io!”

 

Alessandra abbassò sconsolata la testa. Ecco che fine faceva la sua nuova amicizia. Ecco il risultato della voglia di aprirsi, di trovare qualcuno su cui contare. Sbagliato, sbagliato! Aveva sbagliato tutto. Non le era bastata la lezione del passato? Non le era bastato vedersi abbandonata da ragazzi che conosceva da una vita per capire che non si può far affidamento su nessuno? No. Probabilmente non aveva ancora imparato. Altrimenti non si sarebbe trovata in quella situazione. Davanti a quel ragazzo, a piangere senza riuscire a controllarsi

 

Sesshomaru sentì l’odore del sale e ne ricevette una stretta al cuore. Non voleva che piangesse. Non lo sopportava. E più di tutto non sopportava l’idea di essere stato lui a farla piangere. Con il suo atteggiamento.

 

Vorresti che ti parlassi? Per dirti cosa? Tutto il dolore che ho provato quando mio padre è morto? La rabbia per vedermi preferito un fratello mezzo-sangue? La solitudine della mia infanzia, quando non mi era permesso neanche giocare perché dovevo allenarmi…dovevo diventare il migliore…Gli obblighi che la mia nascita mi impongono…Vorresti che ti dicessi perché non rido? Sono secoli che non lo faccio…Non so neanche se l’ho mai fatto…Non ricordo di aver mai avuto qualcosa per cui valesse la pena anche solo di sorridere…

 

“Perché piangi?”

 

Alessandra sollevò il viso, cercando di apparire dignitosa nonostante le lacrime, e di nascondere lo sconforto. Si morse le labbra e socchiuse la bocca, ma non riuscì a esprimere il tumulto di emozioni e le uscì solo un lunghissimo sospiro. Sesshomaru allungò una mano per asciugarle il viso.

 

“Hai idea di come mi sono sentita?...un oggetto privo di valore…solo una cosa da usare e poi gettare…” mormorò premendo la guancia contro la mano di lui. Perchè non riusciva a sottrarsi a quel contatto? Perché, nonostante tutto, riusciva a tranquillizzarla e a farla sentire al sicuro?

 

“Non so nulla di te…Solo il tuo nome…”.

 

Sesshomaru l’attirò al petto, sprofondando nel suo profumo. Era la sola cosa che volesse. Averla vicina. Sentirla sorridere.

 

“Non sei un oggetto…”. Si fermò, cercando le parole giuste. Era difficile per lui spiegare qualcosa che non conosceva.

 

“Sei…importante…per me…”. Si fermò di nuovo. Non era timidezza a bloccarlo, ma la paura di non riuscire a parlare senza essere frainteso. Di perderla.

 

“Non ci sono mai state amenti. Io…non ho mai…amato…nessuno…Tu…tu sei la prima…la prima che riesca a farmi sentire così…” Sorrise. Una leggera smorfia gli increspò le labbra. “…coinvolto…”

 

Di nuovo, silenzio. Alessandra aveva smesso di piangere e ora lo ascoltava trattenendo il respiro. Per la prima volta, era lui a parlare di sé. Seguì il movimento del suo corpo che si sedeva e si abbandonò fra le sue braccia, con la testa sulla stola e gli occhi al fuoco.

 

“Io…non so cosa voglia dire…amare…Non l’ho mai saputo…Un youkai non può provare amore, questo mi hanno insegnato…Ma…da quando ti ho incontrata…qualcosa è cambiato…qui, nella mia anima…Stai abbattendo la mia corazza…le mie sicurezze…Tutto ciò per cui ho sempre combattuto…”

 

Le passò la mano fra i capelli. Era strano quel discorso. Quel modo di mettersi a nudo senza provare imbarazzo, senza avere la sensazione di mostrarsi debole. E la cosa che più di tutto lo sorprendeva era che non lo faceva perché sperava così di averla. Assolutamente no. Gli sarebbe bastato anche solo restare con lei fra le braccia tutta la notte. Non gli importava più neanche del sapore delle sue labbra. Voleva solo che si fidasse di nuovo di lui.

 

“Io…non ho mai cercato di approfittarmi di te…Voglio che tu lo sappia…Ti ho trattato con un rispetto che non avevo mai usato con nessuno…Forse questo non era il modo giusto, ma era l’unico che conoscessi… per dirti che…per me…sei importante”

 

Respirò a fondo. Non avrebbe cercato di baciarla, per farle capire che era sincero, né le avrebbe detto che l’amava, perché neanche lui sapeva esattamente cosa significasse. Cosa provasse. Non si sentiva ancora pronto per parlarle di tutto il suo passato. Perché significava riaprire ricordi e sensazioni che lo avevano fatto stare troppo male. Però, non voleva perdere quel rapporto. Quel sentimento strano che li legava l’uno all’altra.

 

“…Fidati ancora di me…”

 

Alessandra lo aveva ascoltato spigare il suo comportamento e quando finì di parlare si girò verso di lui. Aveva il viso tirato in un’espressione di angoscia. Stava aspettando la sua risposta. Cosa sarebbe successo se lei lo avesse rifiutato? Se gli avesse detto che non si fidava più di lui? Alessandra guardò nei suoi occhi spenti e ricordò il modo in cui l’aveva chiamata quella sera in cui aveva scoperto di essere cieco. Aveva una voce roca da bambino. Come di chi cerca di ingoiare le lacrime. Gli aveva fatto tanta tenerezza. Ma sapeva anche che era capace di uccidere. Lo aveva visto farlo, davanti ai suoi occhi, lo aveva visto sporco di sangue. Eppure, si era fidata di lui. Per istinto. Era stato l’istinto a condurla fra le sue braccia, a farglielo amare sempre di più.

 

“…Tu…mi vuoi…bene?...”

 

Sesshomaru abbassò il viso verso di lei. Per un attimo, i loro cuori risposero al loro posto. Anche se la mente diceva loro cose differenti sul valore delle parole, i loro cuori parlavano la stessa lingua. Si fissarono per un lunghissimo istante.

 

“Sì”

 

Alessandra sorrise debolmente; sentiva un gran calore dentro. Non era una dichiarazione, ma era pur sempre un’ammissione. E lei sapeva che non era falsa. Il bel demone non stava giocando con le parole. Era la verità. Perché aveva letto la stessa risposta nel bagliore che aveva attraversato i suoi occhi spenti.

 

Per adesso, mi basta questo…

 

Le braci crepitarono, mentre Alessandra si alzava sedendosi di fronte lui.

 

Sei stato sincero…Io…mi fido di te…

 

Il fuoco frustò l’aria quando Alessandra allungò le braccia attorno al collo del bel demone. Nel riparo, la luce soffusa rendeva incerti i contorni.

 

“Alessandra…”

 

Lei si sporse di più. “Se fai così, non riuscirò più a controllarmi…” sussurrò Sesshomaru impacciato.

 

“E tu non lo fare…”

 

Sesshomaru tremò mentre le mani di Alessandra passarono ad accarezzargli la nuca, tuffandosi in modo dannatamente sensuale nei suoi capelli. Una scarica di brividi si trasmise come un’onda a tutto il suo corpo quando avvertì quello della ragazza appoggiarsi al suo.

 

Poteva sentire il suo petto alzarsi e abbassarsi sempre più velocemente, il suo cuore aumentare il battito. Impazzito. Sembrava che ogni suo fibra, ogni suo muscolo fosse impazzito. Cinse la vita di Alessandra attirandola ancora di più verso di lui.

 

Ora i loro visi erano vicinissimi. Potevano sentire l’uno il respiro dell’altra. Alessandra non aveva diminuito la distanza, continuava a torturare i serici fili d’argento. Aspettava. Era stata lei ad avvicinarsi per prima, a offrire le sue labbra, ma voleva che fosse il bel demone a continuare, ora.

 

Sesshomaru sembrò capire il motivo di quella fase di stallo. Sorrise dentro di sé, mentre si chinava su Alessandra, sfiorando appena le sue labbra. Un bacio delicato, casto quasi. Voleva assaporare ogni emozione.

 

Fragola. Le sue labbra avevano il sapore della fragola. Dolce e delicato, appena un po’ aspro. Il sapore delle fragole selvatiche. Delle fragoline di bosco. Piccole e rosse, zuccherine ma con un retrogusto amarognolo che consente di non stancarsi mai del loro sapore.

 

Un contatto leggero, perché stranamente il demone capì che quello era il primo bacio che la ragazza riceveva. Così come era il primo per lui.

 

Pino. Le labbra dell’youkai sapevano di fresco. Del pino selvatico che cresce possente sulle pendici di vette invalicabili. Sapevano di pino e di vento.

 

Alessandra provò una sensazione strana quando le avvertì sulla sua bocca. Un vuoto allo stomaco e crampi continui. Crampi che le trasmettevano una frenesia costante. Eccitazione pura. Il primo bacio. Lo stava ricevendo da un ragazzo che era ancora uno sconosciuto, ma di cui sapeva di potersi fidare. Ciecamente. Ormai, ne era sicura.

 

Anche se lui doveva essere molto più vecchio, riusciva a percepire nel tremore sommesso delle sue labbra la sua stessa agitazione. Forse, davvero non aveva mai amato. Davvero non aveva mai baciato. I suoi gesti erano imbarazzati, timorosi di sbagliare.

 

…Sesshomaru…Voglio fidarmi di te…

 

  
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