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Autore: Eleanor _ Jude _ Michelle    14/06/2012    0 recensioni
Il disco girava a velocità indecifrabile
e appena la musica partì si sentì subito meglio.
I pensieri svanivano e al posto di essi aveva già preso posto la
voce di Elvis, nonostante la canzone fosse solo all'introduzione
strumentale. Gli occhi si chiusero e il piede cominciò a muoversi
involontariamente a ritmo. La voce finalmente uscì ed entrò forte
nelle sue orecchie. Si sentiva bene....
Never know how much I love you
Never know how much I care
When you put your arms around me
I get a fever that's so hard to bear
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: John Lennon , Paul McCartney
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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EFP FEVER
FEVER

Era ancora notte e tutti dormivano, tutti tranne lui ovviamente, che da giorni era scosso da continui incubi, causa della febbre fin troppo alta che gli impediva non solo di dormire ma anche di suonare e di fare qualsiasi altra cosa fosse per lui normale prima.

Nessuno sapeva bene la causa di quella febbre, forse perchè nessuno sapeva bene cosa avesse fatto o dove fosse stato, "Potrebbe aver preso una qualunque malattia, magari facendosi qualche puttanella per strada" aveva detto Paul dopo un paio di giorni che lo vedeva sempe in quel letto tutto sudato e accaldato ma coperto da brividi e pelle d'oca.

Paul.. Lui odiava Paul, non lo sopportava proprio, sembrava tanto tenero e dolce, a detta delle fan, ma a lui sembrava solo uno stronzo. Ecco tutto, per lui Paul McCartney era uno stronzo.


Si conoscevano da più di due anni ormai e all'inizio sembrava andare bene tra loro ma poi tutto iniziò, una sera, solo per una donna.

Era sua, l'aveva puntata e voleva che fosse sua. I capelli rossi le ricadevano sulla spalle mentre ballava quel pezzo Rock 'n Roll che a lui tanto piaceva. Erano entrambi sul palco e suonavano impegnati a far bella figura. Entrambi si erano mandati un'occhiata e un leggero sorrisetto incicandosi a vicenda la rossa. Piaceva evidentemente a tutti e due ma John la voleva. Glie lo fece capire in qualche modo mentre continuavano a suonare sul palco, Paul gli avava annuito in segno che quella ragazza sarebbe andata al suo amico e John gli aveva stupidamente creduto. Appena finito lo spettacolo Paul scomparve, dopo un paio di occhiate in giro John non se ne curò più e rimase a bere qualcosa con gli altri, poi appena entrò in bagno, vide Paul che usciva fiero con la ragazza che lo seguiva. Quella ragazza. La rossa. Quella che LUI aveva puntato. Quella che LUI voleva.

Rimase a fissarlo per alcuni secondi poi sbottò colpendo rumorosamente con la mano la porta del bagno "Vaffanculo Paul."e se ne andò senza dire nient'altro.


Da quella sera non cessarono mai i litigi, un giorno si e l'altro no, uno si e uno no, sempre così tutti i giorni di tutte le settimane di tutti i mesi.

La verità è che Paul non capiva, non aveva mai capito e si ostinava a non capire ancora. A John non importava nulla di quela stupida sgualdrina da quattro soldi, se la poteva fare fino a morire, quallo che a John importava era Paul. Era solo Paul.

Lui aveva tradito la sua fiducia, gli aveva fatto credere di essere dalla sua parte e poi si era rivelato un nemico, quell'episodio era stata solo la goccia che aveva fatto traboccare il vaso.


Quella sera, come sempre, Paul entrò con aria superiore da quall stupida porta che continuava a sbattere facendogli pulsare le tempie, gli sembrava quasi che il cervello gli dovesse scoppiare da un momento all'altro.

"La cena." si limitò a dire Paul con un tono assai strafottente, insensatamente strafottente.

John alzò solamente lo sguardo, ma non su Paul, solo sul piatto di zuppa che teneva fra le mani e che stava appoggiando con ben poca leggerezza sul comodino.

Lasciò che tornasse in sala e lui si mise seduto sul letto, appoggiato alla testata, prese in mano scodella e cucchiaio e cominciò a mangiare. Benchè non avesse per niente fame il suo innaturale istinto alla golosità lo spingeva a mangiare lo stesso, lui che anche se vomitava alla fine si ingozzava lo stesso di pasta.

Finì dopo poco e ripose il piatto accuratamente sul comodino, per poi tornare a sdraiarsi sul suo morbido cuscino. Socchiuse piano gli occhi, sospirando. La gola gli andava a fuoco e i polmoni gli bruciavano ad ogni respiro. Si concentrò sul suo respiro, lo rese il più regolare e lento possibile e la sua mente si svuotò di tutto quello di cui poteva essere stata riempita fino ad ora.

Si addormentò ben presto, con la mente vuota e la vista annebbiata, davanti ai suoi occhi non più il buio, ma strane figure senza forma a colori psichedelici degni di LSD.

Dopo un tempo nella sua mente indefinito, dopo un sonno denso di colori confusi col nero ma privo di sogni, venne risvegliato da un tocco, anzi più che un tocco una senzazione. Gli era parso come se qualcuno lo stesse sfiorando, sul viso, gli occhi, la fronte... Alzò una mano diretta con decisione verso la fronte e si tamponò leggermente. Ok, non era pazzo, quello che sentiva sulla fronte non era altro che un fazzoletto umido e fresco, che allietava appena il fuoco alle tempie.

Paul.. Era sicuro, era stato Paul. Solo lui ha quella leggerezza necessaria per non rompere il leggero sonno di John e solo lui può pensare che anche solo un fazzoletto bagnato lo possa far stare meglio. Lui, lui che non capive nulla, certe volte era invece l'unico che sapeva farlo stare meglio, con un fazzoletto bagnato o con un semplice sorriso da bambino innocente, che vuole stupirti raccontando qualche sua storia, qualche sua avventura ma intrisa di immaginazione e che non si accorge essere scontata tutta quell'immaginazione agli occhi dell'adulto, che però lo segue con attenzione, stupore e non si vuole perdere nemmeno un particolare, perchè una volta finito lui dovrà stare al gioco, forse anche per tornare un po' bambino.

Si stava perdendo di nuovo nei suoi pensieri, i suoi monologhi interiori lo annoiavano da solo, che poi tanto l'unico protagonista dei suoi film era Paul. Paul, Paul, Paul, sempre e solo Paul.

Ne aveva abbastanza di Paul, fin sopra i capelli, ma non ne poteva fare a meno, ci pensava sempre anche contro voglia e sinceramente se avesse potuto, si sarebbe fatto amputare quella parte di cervello dove risiedeva la sua immagine.

Pensava al perchè infondo litigavano. Un perchè non c'era, c'era solo stato quel tradimento all'inizio e... un accenno di delusione si fece spazio tra i suoi ragionamenti... e poi tante altre delusioni e comportamenti che non si sarebbe mai aspettato da quello che considerava il suo migliore amico.

La gente non li dipingeva cosi. John era il duro, il capo, quello scettico che voleva la ragione sempre dalla sua parte. Mentre Paul era quello piccolo, tenro e indifeso, il belloccio sicuro della sua bellezza che piaceva tanto alle ragazzine. Invece no, in quel caso le parti erano completamente ribaltate, la verità non era affatto come la volevano far sembrare.

Quello indifeso ora era John, quello che si sentiva tradito, che certe volte pensava che avrebbe voluto lasciare tutto per il semplice fatto che almeno non avrebbe più rivisto Paul. Paul che era sempre irrispettoso, le voleva tutte vinte e cambiava idea ogni 20 secondi, idee che se a qualcuno non stavano bene, beh allora sembrava che da un momento all'altro dovesse scollare il mondo.

No, era stufo di stargli dietro, lui era solo un bambino viziato, abituato alla vita altolocata, non gli è mai mancato nulla. Mentre a John era mancato sempre tutto, a lui era mancata proprio la vita. Il pensiero gli va dritto a sua madre ma presto viene riscosso dal rumore della porta che si aprì, lasciando intravedere l'ombra del bassista, definita dalla giallastra luce che proveniva dalla sala. Entrò nella stanza con poca attenzione, forse aveva capito che era sveglio. John di impulso, senza nemmeno pensare se ne usci con un "Parli del diavolo e spuntano le corna".

Paul accese la lampada sul comodino e il suo volto fu illuminato nel buio della stanza. John lo guardo fisso, sprezzante della sua espressione calma, monotona, quasi senza sentimenti.

"Perchè, stavate parlando di me tu e..." Si guardò attorno ironicamente, facendo capire a John che non poteva parlare di lui con nessuno essendo solo in camera.

"Stavamo parlando di te io e il mio migliore amico John." Disse di rimando lui, con aria di sfida, non voleva darla vinta a Paul anche questa volta.

"Si? Anche io e il mio migliore amico Ringo stavamo parlando di te e di quando cazzo ti saresti ripreso." Paul guardò John sbattendo forte il termometro con la mano fino a far scendere tutto il mercurio, per poi cacciarglielo in bocca. John la chiuse e rimase a fissare Paul. Prese fiato per parlare perchè era rimasto stranamente scosso dalla sua frase, che sicuramente non aveva senso per il bassista in piedi di fronte a lui, ma a John era sembrata piuttosto scomoda e l'aveva un po' intristito. Paul però gli richiuse immediatamente la bocca guardando l'orologio per poi sedersi accanto alle sue gambe.

I due rimasero a fissarsi negli occhi che si fondevano insieme, i loro pensieri sembravano scorrere gli uni nella mente dell'altro, si sentivano ma non capivano fino in fondo. I minuti passavano e loro non smettevano di guardarsi, il tempo era scandito dalla lancetta dei secondi dell'orologio da polso di Paul che aveva ormai smesso di controllarlo per togliere il termometro. Nonostante sentissero forte e chiaro quel rumore, ad entrambi il tempo sembrava non passare mai. Ad un tratto Paul allungò la mano verso John. Lui ebbe paura e si scostò un attimo trattenendo il fiato con il cuore che gli batteva forte nel petto, non tanto per la paura ormai nulla o la febbre, ma per gli eterni minuti passati a leggere nel orgoglio dell'amico.

Paul estrasse il termometro e lo guardò attentamente corrugando appena la fronte, poi alzando il suo solito sopracciglio. "Lui dice che non ce l'hai..." Guardò per un istante John prima di piegarsi in avanti con il busto e poggiare piano le labbra sulla fronte del cosiddetto ammalto.

John non pensò nemmeno a cosa stesse facendo, o meglio ci pensò, ma solo dopo essersene accorto.

La sua mano gli scivolò involontariamente sul collo di Paul, sulla pelle scoperta tra i capelli perfettamente curati e il colletto della camicia. Con quella presa lo fece abbassare quel tanto che bastava perchè le loro labbra si sfiorassero. Poco dopo, con lo stupore di tutti e due si ritrovarono con le labbra incollate, in un bacio innocente di due bambini che SI VOGLIONO BENE.

Non osavano andare oltre, altrimenti avrebbero rotto tutta qulla perfezione, tutta quella comprensione di quell'attimo che mai c'era stata fino ad quel momento, che mai si erano nemmeno sforzati di trovare. Rimasero in quella posizione per un tempo indefinito, Paul con le labbra a cuore, rosee e morbide che premevano contro quelle bianche e ruvide, quasi inesistenti di John. Il respiro di John caldo come fuoco e affannato per la febbre incontrava quello fresco e regolare di Paul che aveve l'inconfondibile odore di chi è appena rientrato dopo una passeggiata nel freddo e umido autunno.

Quel bacio eterno che durò solo pochi attimi, beh nessuno di loro se lo sarebbe mai scordato. Nessuno avrebbe riosato dire che odiava l'altro. Nessuno avrebbe più solo pensato di tradire l'altro. Si erano finalmente ritrovati e dopo quel bacio tornarono veramente, molto più di prima, a VOLERSI BENE.

...

Il disco girava a velocità indecifrabile
e appena la musica partì si sentì subito meglio.
I pensieri svanivano e al posto di essi aveva già preso posto la
voce di Elvis, nonostante la canzone fosse solo all'introduzione
strumentale. Gli occhi si chiusero e il piede cominciò a muoversi
involontariamente a ritmo. La voce finalmente uscì ed entrò forte
nelle sue orecchie. Si sentiva bene....

Never know how much I love you
Never know how much I care
When you put your arms around me
I get a fever that's so hard to bear

You give me fever when you kiss me
Fever when you hold me tight
Fever in the morning
Fever all through the night.

Ev'rybody's got the fever
that is something you all know
Fever isn't such a new thing
Fever started long ago

Sun lights up the daytime
Moon lights up the night
I light up when you call my name
And you know I'm gonna treat you right

You give me fever when you kiss me
Fever when you hold me tight
Fever in the morning
Fever all through the night

Romeo loved Juliet
Juliet she felt the same
When he put his arms around her
He said 'Julie, baby, you're my flame
Thou giv-est fever when we kisseth
Fever with the flaming youth
Fever I'm afire
Fever yea I burn for sooth'

Captain Smith and Pocahantas
Had a very mad affair
When her daddy tried to kill him
She said 'Daddy, o, don't you dare
He gives me fever with his kisses
Fever when he holds me tight
Fever, I'm his misses,
Oh daddy, won't you treat him right'

Now you've listened to my story
Here's the point that I have made
Cats were born to give chicks fever
Be it Fahrenheit or centigrade
They give you fever when you kiss them
Fever if you live and learn
Fever till you sizzle
What a lovely way to burn
What a lovely way to burn
What a lovely way to burn

Eleanor

Note dell'autore: ringrazio come sempre Michelle per i contributi (lei sa quali) e ringrazio Elvis Presley per avermi prestato il titolo e il testo della sua famosa canzone "Fever". 

  
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