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Autore: Abigaille_Abbie    14/06/2012    3 recensioni
-Dici che non ti piacciono tante cose di me. Dimmene una. Dimmi una cosa che odi di me.
Ci pensai un attimo, il suo viso vicino al mio, irritata dal fatto che non si spostasse. Irritata dal fatto di non volere che si spostasse.
-Il profumo della tua pelle- dissi ad un tratto, guardandolo con la mascella contratta. Rispose con uno sguardo ferito, irrigendosi.
-Perché?
-Perchè mi fa venire voglia di toccarti.
Lo colsi di sorpresa. Fece un passo avanti, prendendomi una mano e portandosela al viso.
-Fai pure- mormorò, chiudendo piano gli occhi quando le mie dita si posarono sulla sua guancia.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Styles, Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Il cane (la razza canina si era appena guadagnata uno degli ultimi posti nella scala delle mie preferenze animali) era andato verso il confine della pineta, e si era fermato vicino a una sagoma, probabilmente quella del padrone, che mi sembrava indubbiamente maschio. Il ragazzo si chinò, afferrando il reggiseno e guardandolo stupito e, mentre Harry lo raggiungeva, io mi affrettai a mettermi a gambe incrociate sugli scogli, il pareo avvolto malamente intorno al petto.

Harry si avvicinò al padrone, iniziando a parlarci e dicendo cose che, da quella distanza, non potevo sentire. Scoppiarono due risate ma poi, quando il ragazzo si girò verso di me, mi guardò e disse qualcos’altro a Harry, ridendo come se trovasse la sua battuta divertente, vidi le spalle di Harry che si irrigidivano (che poteva aver detto?) e la mano che si allungava verso il reggiseno; si scambiarono ancora qualche battuta e poi Harry tornò verso di me, il reggiseno in mano, tenuto a distanza dal corpo. Mano a mano che si avvicinava riuscivo a vedere meglio il suo sorriso. Nel frattempo si era alzato un po’ di vento, e il pareo mi svolazzava intorno.

Arrivò con il costume in mano, a qualche metro da me. visto che non si decideva a darmi il mio pezzo di sopra mi alzai, tentando di tenere l’asciugamano, coprirmi e non inciampare nello stesso tempo… Ovviamente, il pareo volò via ad un soffio di vento un po’ più forte, lasciandomi mezza nuda davanti a un ragazzo dalla mentalità inaffidabile.

Mentalità che lo spinse ad alzare le braccia al cielo e fare un enorme segno di ‘Ben fatto’ al vento, puntando il pollice in alto con un sorriso soddisfatto.

Cercai di coprirmi come meglio potevo (si paga una licenza alla nascita per situazioni come questa?) e mi avvicinai a Harry, le braccia strette davanti al corpo.

Lo guardai carica di aspettativa, mentre aspettavo che mi consegnasse la fascia. Alla fine, ammiccando verso il ragazzo che si stava addentrando nella pineta, sorrise, sovrappensiero.

«Si chiamava Tom» mi informò. Io annuii poco convinta, gli occhi puntati sul reggiseno, tipo uno di quei cani da caccia che fiutano la preda e la tengono sott’occhio.

«Interessante» borbottai, e mi avvicinai di un passo, pronta a fare la mia mossa fulminea per afferrare il reggiseno. Harry però doveva essersi reso conto delle mie intenzioni, perché iniziò, con mosse apparentemente casuali, a far roteare il reggiseno in aria.

Se non fossi stata così in imbarazzo avrei trovato la cosa decisamente equivoca.

«Il suo cane si chiamava Louppie.. Nome strano per un cane vero?» continuò sorridendo. Io alzai una gamba e gli diedi una botta con il piede.

«Veramente non molto. E poi, ricordati che sta parlando il padrone di Hamster» replicai avvicinandomi ancora. Lui rise.

«Proprio per questo. Io sono il re dei nomi. E poi..». Lo interruppi, ormai ero vicinissima.

«Harry».

Abbassò un po’ lo sguardo, ma non troppo, dato che ero quasi alta quanto lui (più o meno, ecco).

«Sì?» mi chiese con aria innocente.

«Se non ti dispiace vorrei avere il mio reggiseno».

Fece scorrere lo sguardo sul mio corpo, lentamente, come la carezza di un gatto.

«A dire il vero un po’ mi dispiace». Fece un mezzo sorriso quasi colpevole ma soddisfatto, e io allargai gli occhi. Poi, cercando di mantenere un tono normale, ed allontanandomi di un passo, conclusi: «Mi sa che sopporterò il tuo dolore, ecco».

Lui mi guardò ancora un attimo, poi mi tese il costume con una faccia disgustata.

«Bleeh. Fossi in te però non me lo metterei» mi disse. Vidi la bava del cane colare dal mio costume, tutto mordicchiato (era anche uno dei miei costumi preferiti accidenti), e mi allontanai con un passo, facendo una smorfia di disgusto.

«Che schifo» dissi guardandolo con orrore. «E dire che era anche uno dei miei costumi preferiti» dissi con rimpianto, guardandolo triste.

«Se ti può consolare, stai molto meglio senza» mi disse. Lo fulminai, e alzò le mani in segno di resa, sorridendo.

«Ehi, stavo cercando di essere d’aiuto». Mi avvicinai, tentata di chiedere un abbraccio per essere confortata, ma sapevo già che non  c’era rimedio: costretta a rimanere in topless per sempre davanti a un amico troppo provocante. Mi avvicinai un altro po’, tanto per fare, mentre mi guardavo intorno alla ricerca di qualcosa con cui coprirmi.

«Posso darti la mia maglietta» mi disse, con tono serio. Lo guardai confusa.

«E per farci cosa?» domandai.

«Per coprirti» rispose, e senza darmi il tempo di replicare si tolse la maglietta bianca con lo scollo tondo che stava portando. La girò, e mentre era impegnato a metterla a posto, io mi detti il tempo per esaminarlo.

Durante quell’anno in cui non ci eravamo visti era cambiato, e non poco, e avevo ragione ad aver creduto che le sue spalle fossero un pochino più graciline, prima. Riuscivo a vedere il contorno degli addominali, i muscoli sul petto che salivano fino alle spalle, e le braccia, più forti di prima, che in quel momento si stavano contraendo per girare la maglietta. Anche la curva del collo era cambiata, ma non potei fare a meno, sfruttando il tempo in cui non mi guardava, di abbassare le sguardo ai suoi fianchi, dove due linee incavate, sembravano scavate con le dita, portavano fino al bordo del costume, andando unendosi sotto il tessuto. Strinsi le labbra, prendendo un respiro e facendo salire lo sguardo fino ai suoi pettorali, pronta a distoglierlo prima di sembrare equivoca, ma purtroppo non feci in tempo, e quando si girò alzai velocemente la testa, abbastanza in fretta per vedere un lampo di compiacimento negli occhi e nella postura delle spalle.

Inclinai di poco la testa, come a dargliene merito, incurvando verso l’alto le labbra ed alzando un po’ le sopracciglia, fissandolo con espressione a metà tra lo stupore e l’approvazione; poi gli feci cenno di passarmi la maglietta, anche se non avevo idea di come sarei riuscita a metterla, ma lui scosse la testa, avvicinandosi di un passo.

«Te la metto io» mi propose. Io mi fermai un secondo, interdetta, a fissarlo, ma quando alzò le braccia, innocente, glielo accordai, avvicinandomi di un passo.

Lui ne fece un altro, la maglietta fra le mani. Sentivo il suo respiro sulla faccia, e mi strinsi di più le braccia al petto.

Fece per alzare le braccia ma lo fermai appoggiando una mano contro il suo petto, senza togliermi dall’intricata posizione in cui ero. Mi guardò, la maglietta fra le braccia, il petto che premeva sulla mia mano e il respiro che mi riscaldava il viso.

«Mani a posto» lo ammonii semplicemente, guardandolo con serietà. Era una promessa. Fece un mezzo sorriso e distolse lo sguardo, prendendo la maglietta e mettendola sopra la mia testa. Fece passare la mia testa per il collo ed abbassò un po’ l’orlo, in modo che potessi districarmi dall’incrocio delle braccia per farle passare dalle maniche. La maglietta non mi copriva ancora la pancia, e le sue mani, per darmi il tempo di infilare le mie nei buchi giusti, si erano appoggiate sulle mie costole, ancora fra le dita l’orlo della maglietta, pericolosamente vicine e tanto morbide e calde. Alzai un attimo lo sguardo, e senza dire niente abbassò tutta la maglietta, mentre le mani accarezzavano la mia vita, precedendo il tessuto nel percorso del corpo. Arrivò ai fianchi, e poggiò le mani sopra il laccio del costume, coprendomi la pelle con i suoi palmi. Sembrò avere la tentazione di fare qualcosa, e sentii che le sue braccia mi attiravano a lui, le mani sui miei fianchi che li adattavano ai suoi, premendomi contro di lui. Alzai un attimo lo sguardo, incontrando i suoi occhi, e dopo avermi tenuta un altro attimo contro di lui (sentivo le ossa del suo bacino su di me, e non solo quelle) alzò le mani, in posizione di resa. Nonostante questo, però, non si spostò, rimanendo così, contro di me, le mani alzate e i fianchi sui miei, il petto caldo contro le mia braccia (che, mi ero accorta solo in quel momento, erano appoggiate contro la sua pancia), le labbra piene un po’ socchiuse, il respiro un po’ accelerato, i capelli riccioluti a incorniciargli il viso e gli occhi, socchiusi, fissi sulle mie labbra. 
  
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