PROFEZIE
Riassunto delle puntate precedenti
Elyon si ripresenta a trovare le sue amiche ad Heatherfield. Appare cambiata, esuberante, e racconta del suo progetto di far sviluppare la sua città. In un attimo di sconforto, racconta di essere angosciata per una profezia fatta da lei stessa, che prevede l'avvento di una nuova tirannia a Meridian. Poco tempo dopo, Elyon si ripresenta alle amiche, invitandole al palazzo reale. Nel giardino, Hay Lin e Taranee respirano a pieno il polline di alcuni fiori, subendone strani effetti. Caleb rivela che quello è il luogo preferito da Elyon, da quando questa ha ricevuto una misteriosa lettera postuma di sua madre. Da allora, trascura i doveri di regina e fa studi tutti suoi. Aggiunge che la profezia prevede che lei stessa sarà il nuovo tiranno. Cornelia giudica che questi fiori la influenzano negativamente, e dovrebbero essere estirpati. Le guardiane richiamano Elyon al suo ruolo di regina. La serata sta finendo mestamente. Passano nel giardino, e qui trovano che Caleb sta facendo sradicare tutti i fiori gialli, all'insaputa della sua regina. Sotto l'effetto del polline sollevato, Elyon aggredisce Caleb e le amiche. Immediatamente pentita, riporta indietro nel tempo tutto il metamondo, e lei stessa dà ordine a Caleb di far estirpare i fiori. Al ritorno ad Heatherfield, le WITCH si accorgono che è notte fonda, ma non sanno dare spiegazioni plausibili ai genitori, che se la prendono con loro e con Elyon. Will è l'unica del gruppo a ricordare per intero la drammatica serata, e si trasferisce a Kandrakar per riferire all'Oracolo, che prende la cosa in modo molto sereno. Yan Lin appare in sogno ad Elyon per ammonirla che l'incantesimo sul tempo non dovrà più essere usato, in quanto ha conseguenze imprevedibili. |
Cap.10
Il giorno dopo
Heatherfield, davanti a casa Hale
E’ possibile stabilire se qualcuno ha le orecchie basse e la coda tra
le gambe, quando le orecchie sono nascoste da un voluminoso caschetto di
capelli e la coda non c’è?
Chiunque osservi Elyon può giurare di sì.
E’ il pomeriggio successivo al controverso rientro notturno. Sa che
non può aspettarsi molta simpatia dai genitori delle sue amiche.
E’ venuta, per prima cosa, a cercare di scagionare Cornelia.
Ecco il citofono del Garden Plaza.
Elyon trattiene il respiro prima di suonare, poi decide di non suonare
affatto. Il portoncino scatta e si apre da solo.
Cammina sul vialetto interno. I piedi le pesano come mattoni.
All’ascensore c’è la solita vicina. Non dice niente.
Ma come passa il suo tempo questa donna? Sempre ad aspettare l’ascensore?
Quando le porte si aprono, la signora entra, ignorandola, e preme il
bottone di un piano più alto. L’ascensore non parte. Prova e riprova,
finché rinuncia con stizza.
Al che Elyon schiaccia il bottone del piano di Cornelia, e l’ascensore
parte immediatamente.
Il primo mezzo sorriso della giornata si dipinge sul suo viso, mentre
la vicina la guarda con ira repressa.
Arrivata al piano, la ragazza le accenna un ciao-ciao di scherno con
le dita della mano.
Ora è davanti alla porta di casa Hale. Ci è già
venuta cento volte, no, forse mille. Perché dovrebbe essere diverso?
Heatherfield, camera di Cornelia
“Aspetta che ti prenda, rospo!”. L’urlo è accompagnato da una
cuscinata, che Lilian schiva con una agilità inaspettata.
“In ca-sti-go! Cornelia è in ca-sti-go!”, gracida il mostriciattolo
biondo.
Il secondo colpo di cuscino, di rovescio, la prende di sorpresa, in
pieno viso.
Dopo un attimo di stupore inorridito, Lilian comincia a piagnucolare:
“Mamma!”.
Si interrompe. Alcune piume fluttuano nell’aria.
Lo sguardo della sorellona è costernato, quello della sorellina
sembra dire: ‘Ti ho in pugno!’.
“Maaammaaa! Cornelia ha rotto un cusciiinooo!”.
Cornelia cerca di zittirla. “Taci, rospo! sei stata tu, con la tua
testa dura!”.
Perché ha la sensazione che questa spiegazione non basterà?
Ci vuole un’idea migliore. “Cosa ci faceva un cuscino di piume in camera
mia? Lo sai che…”. Si interrompe con un colpo di tosse.
Lilian esce sul soppalco. “Maaammaaa!”.
Appena la sorellina non guarda, Cornelia apre il palmo della mano.
Le piume svolazzanti, come risucchiate, rientrano nel cuscino lacerato.
Lilian non grida più. Ma… con chi sta parlando la mamma?
“Cornelia non è in casa”, dice la madre, con tono insolitamente
asciutto.
Dal soppalco arriva una voce che la contraddice. “Mamma chi è?
Oh, Elyon? Entra!”.
Cornelia scende le scale. “Perché hai detto che sono fuori?”.
La madre la affronta con i pugni piantati sui fianchi. “Senti, signorina.
E’ necessario che facciamo un discorso chiaro sulle tue amicizie e sulle
tue abitudini. Posso sopportare che tu esca con una ragazza che non ha
mai chiarito dove e perché è sparita per quasi tre anni.
Posso anche sopportare che tu faccia le ore piccole. Ma non posso sopportare
che tu rientri a casa senza saper dire dove sei stata, e senza più
un’ombra di cognizione del tempo!”.
Anche Cornelia si pianta i pugni sui fianchi. “Senti, le mie amiche
non verranno scacciate come mendicanti. Io sono in casa, e voglio vedere
Elyon. Le cose si chiariscono così, e non con le porte chiuse!”.
“Senti, senti! Non sarebbe stata la prima volta che ti fai negare.
Questa volta ci sarebbe finalmente un buon motivo”.
Si volta verso la porta. “Tu, Elyon, non sei più la benvenuta
in questa casa!”.
La ragazzina si sente sprofondare. “Ma signora. Sono venuta fin qui
per spiegare!”.
“E allora sentiamo!”. Elizabeth tamburella col piede.
“E’ che io sono in un periodo molto infelice”. Accompagna la frase
con una faccia che farebbe pietà ad un mastino. “Ho bisogno del
conforto delle mie amiche. Ieri sera, in particolare, ho avuto una grande
crisi”.
Lo sguardo di Cornelia è esterrefatto. “Ma che…”. Si interrompe
con un accesso di tosse.
Elyon riprende, con uno sguardo grato. “Ma sono stata fortunata ad
avere amiche così, soprattutto come Cornelia. Mi hanno consolata
a lungo. Poi mi sono vergognata della mia debolezza. Ho fatto promettere
a tutte che si sarebbero dimenticate di quanto successo. E’ per questo
che non hanno potuto dare spiegazioni”.
“…”
Elyon prende sotto braccio la sua amica, con uno sguardo adorante.
“Cornelia, in particolare, è una ragazza forte e di buon senso.
E’ il mio principale sostegno. Per favore, non mi chieda di più.
Soprattutto, non punisca lei, che è stata ammirevole”.
Il principale sostegno fa del suo meglio per reggere il gioco. “Era
il minimo che potessi fare, cara”.
La signora Elizabeth sembra un po’rabbonita da questa spiegazione accorata,
ma resta a braccia conserte. “Complimenti per il melodramma, Elyon!”. La
sua diffidenza è ancora palpabile.
Cornelia fa un cenno. “Ma perché stiamo in piedi? Sediamoci
sul divano”.
Anche Lilian, rimasta silenziosa e turbata durante il litigio, si avvicina
e si siede sulle ginocchia dell’ospite. “Ellie, mi racconti ancora la storia
della principessa?”. Sorride, mentre la accarezza sulla testa.
Elyon le sorride, poi inizia a voce bassa. “La principessa del regno
lontano chiamò vicino le sue amiche fatine, ma la sua inquietudine
le spaventava. Allora cominciò a diffidare di loro, e loro iniziarono
a diffidare di lei. Da cosa nasce cosa, e la principessa si sentì
perseguitata”.
Lilian aggrotta gli occhi. Questa favola non è come tutte le
altre.
“Iniziò a combattere le fatine comportandosi come una strega
cattiva”. Elyon fa lampeggiare gli occhi, e curva le dita come artigli
adunchi. La bambina si fa ancora più piccola.
“Solo un momento prima di commettere l’irreparabile, l’ultima delle
fatine la guardò nuovamente negli occhi”. Pianta gli occhi spalancati
in quelli impressionati di Lilian.
“Ed allora la principessa capì l’errore che stava facendo. Con
la magia di un gesto della mano, cancellò i suoi errori, chiese
perdono alle fatine e tornò loro amica. Imparò a riconoscere
il modo in cui una persona buona può diventare cattiva, e non avrebbe
mai più commesso gli stessi errori”.
Fa un sorriso sollevato da ‘tutto qui’.
Lilian ha ascoltato, incantata. “Sei tu quella principessa?”.
“Eh? Non so… la fiaba non racconta il suo nome”.
Cornelia è a disagio. “Ellie, alla prima occasione, devi tornare
a raccontare quella fiaba anche a me”.
Elyon si rialza. “Ora vi chiedo perdono, devo andare. Passerò
a scusarmi con i genitori di tutte”.
“Il signor Lair ha detto che gli interesserebbe molto farti alcune
domande”. La signora Elizabeth non le ha mai staccato gli occhi di dosso.
“Spero che almeno a lui potrai rispondere senza parlare di fatine”.
“Gli telefonerò subito. Grazie. Cornelia, a presto”.
“Ritorna quando vuoi, Ellie”.
Heatherfield, centrale di polizia
Questa giornata non è iniziata molto bene per il sergente Lair.
Dopo il rientro a notte fonda di sua figlia Irma, ha avuto una lunga
e sconcertante discussione con lei.
Come risultato, non è più riuscito a prendere sonno fin
quasi all’alba. Ed è stato un sonno breve, a cui uno squillo crudele
di sveglia ha messo fine alle sette di mattina.
Queste cose si scontano. Tre caffè del distributore sono andati
giù come fossero acqua, ed hanno avuto lo stesso effetto.
Ora è seduto alla sua scrivania, ha ascoltato quasi in trance
l’interrogatorio dell’ultimo topo d’appartamento, ed ha delegato un subordinato
a stenderne il verbale.
Il telefono squilla sulla scrivania. Oggi il sergente Lair odia tutto
quello che può squillare.
“Pronto? Si, me la passi. Buongiorno, parla il sergente Lair. Parli
pure”.
Sembra che l’effetto della telefonata sia più potente di quello
dei tre caffè. Il sergente spalanca gli occhi.
“Elyon Portrait?... Sì, certo che mi interessa parlarti. Per
più di una cosa… Ma dove sei finita? … mi aspetti a casa tua?...
Certo che lo so!.... Strettamente confidenziale?.... Da solo?....Certo
che vengo. Entro mezz’ora. Ciao, aspettami”.
Il sergente resta un attimo con gli occhi persi nel vuoto. Ricorda
ancora l’indagine, due anni e mezzo prima. Del tutto inconcludente. Bene,
forse questo incontro chiuderà il caso!
Casa Portrait, soggiorno
“Ben arrivato, signor Lair. Prego, si accomodi su quella poltrona. Purtroppo
è un po’impolverata”.
Il sergente si siede prudentemente. “Non fa niente, Elyon. Ti abbiamo
cercata per settimane. Sono contento di vederti in buona salute”.
“Sergente, quanto sto per dirle è strettamente confidenziale.
Vuole avere la cortesia di spegnere il registratore nel taschino?”.
“Eh? Come… Va bene”. Estrae un oggettino nero e lo appoggia sul tavolino.
Premuto un tasto, una minuscola luce rossa smette di fare capolino. “Ora
però mi aspetto una spiegazione convincente”.
Sedendosi a sua volta, la ragazza inizia: “La avrà, signor Lair.
E’ lunga, perciò si appoggi pure allo schienale. Così. Ora
lei sentirà la spiegazione che ha tanto cercato. La ringrazio per
la sua cortesia. Lei è venuto qui stanco. Questa notte non ha quasi
dormito. Capisco la sua irritazione, signor Lair. Ma ora sta passando.
Mentre si appoggia sullo schienale, lei capisce che la sua irritazione
sta passando”. La voce di Elyon è monotona e rilassante, come una
carezza.
Il viso dell’uomo si fa più disteso.
“Si rilassi pure. Lo schienale è morbido, e lei vi sta sprofondando
sempre più. Così. I pensieri cattivi sono lontani, ora. Sente
la sua mano destra appoggiare sul bracciolo. E’ comoda, è ben appoggiata.
Anche la mano sinistra è comoda, è pesante. Ora la stanchezza
della giornata si è trasformata in un dolce rilassamento. Non serve
che tenga gli occhi aperti, signor Lair. Lasci pure che le sue palpebre
si chiudano, se lo vogliono”.
Gli occhi del sergente si chiudono lentamente.
La voce di Elyon si trasforma in un sussurro. “Ora le sto per raccontare
ciò che vuole sapere. Mi ascolti bene, lo ripeterò una sola
volta. Poi mai più. Ora io le confermerò quello che lei ha
sempre sospettato. Ci era arrivato da solo, signor Lair. E’ una storia
che conosce già, anche se non sapeva di saperla. In realtà,
ci siamo allontanati da casa volontariamente. Mio padre lavora per il governo.
Non mi chieda di più. Noi lo abbiamo seguito. E’ tutto legale, ma
è tutto segreto. Non è niente di cui lei debba preoccuparsi”.
Il viso inespressivo e rilassato del sergente non fa trasparire alcuna
preoccupazione.
“Lei starà pensando a quegli agenti dell’Interpol. Non è
necessario che lei gli dica niente. Anzi, non è opportuno. Sono
già stati ripresi per avere insistito troppo, e non desiderano riparlarne”.
La voce di Elyon torna lentamente a colorirsi. “Ora sa, signor Lair.
Sa che non c’è niente di cui lei debba preoccuparsi. Neanche il
ritardo di Irma. E’ stata solo una sbadataggine da poco. Avevamo tante
cose da dirci, ed abbiamo fatto tardi. Tutto qui. Irma era in buona compagnia”.
Fa un sorriso che si percepisce anche con gli occhi chiusi. L’uomo ricambia
il sorriso.
“Ora, c’è tanta gente che si è preoccupata per questo
ritardo. Lei non vuole che tanta gente si preoccupi. Non vuole che le amiche
di Irma vengano punite senza colpa. Ora che lei sa, sarebbe molto gentile
che li rassicurasse. Ora sa tutto, questo glielo può dire, ma non
dica, per piacere, che cosa sa. E’ confidenziale. E’ un segreto di stato.
Lei non vuole tradire lo stato. Lei non vuole tradire neanche me. Bene,
signor Lair. Le amiche di Irma ed i loro genitori sono nelle sue mani.
Faccia ciò che è giusto”.
Vede che il sergente sta lentamente riprendendo il tono muscolare.
“Ora lei si è tranquillizzato. Lei si è riposato. Lei
sta bene. Questa notte farà una splendida dormita che la ristorerà
del tutto. Quando si sente, può aprire gli occhi, può alzarsi.
Ora che le ho spiegato tutto, lei ha una cosa importante da fare”.
Il sergente Lair riapre gli occhi e, pian piano, si solleva dallo schienale.
“Elyon, grazie per avermi parlato così schiettamente. Ora so tutto.
Sono contento che Irma sia in buona compagnia”.
“Grazie signor Lair. Sapevo di poter contare sulla sua comprensione!”.
“A pensarci, credo che gli altri genitori debbano essere rassicurati”.
“Questo pensiero da parte sua è gentile. Io conto su di lei”.
“Lo farò stasera stessa. Telefonerò a tutti!”, dice il
sergente alzandosi e dirigendosi verso la porta.
“Il suo registratore, sergente Lair”.
“Ah, sì, grazie”.
“Mi saluti tutti”.
Un sorriso soave e un cenno della mano chiudono l’incidente per sempre.
O almeno, così spera.