Avveriimenti: Ambientazione
storica.
Personaggi:
Toris Laurinaitis, Sorpresa, Gilbert Beilscmidt.
Raiting:
Giallo.
5. Giardini innevati.
Non sapeva perché mai lo stesse facendo.
Non sapeva perché, in quella mattina più umida
che fredda, era scivolato fuori
dalle lenzuola, fuori dalle porte, immergendosi nei giardini
pressappoco labirintici
di Sanssouci.
Lì il tempo si era fermato; lo pensava ogni volta che vi
entrava o anche che vi
passava semplicemente vicino.
Tutte quelle erano piante di cristallo sulla quale la neve non si
posava, ma
scivolava attorno, sciogliendosi una volta arrivata al terreno.
Quel giardino non apparteneva all’anno corrente, il 1810.
Anzi, forse neanche Sanssouci
stessa vi apparteneva: tutto era fermo, si partiva con i domestici, con
le
vetrate. Ogni cosa era immobile, come in dipinto tremendamente
dettagliato.
Toris, invece, si muoveva; si muoveva incessantemente, spostando gli
occhi
azzurri, si muoveva per quelle stanze insieme a Gilbert, prima anche
lui
immobile.
L’aveva tirato fuori dal quadro ingenuamente, senza sapere il
perché di quella
staticità.
Poi le cose si erano evolute, poi il motivo era venuto fuori.
E ora stava lì, di fronte alla cornice del dipinto, in
divisa e con un mazzo di
fiori in mano.
Era il 24 gennaio.
« B… Buongiorno. »
Non si era mai sentito così a disagio in tutta la sua vita.
Da una parte si dava dello stupido, e poi come, ma dall’altra
avvertiva il
forte bisogno di fare quello che stava facendo e la cosa traspariva dai
suoi
occhi, divenuti chiari come il cielo invernale.
Era teso, troppo.
“ Ricominciamo da capo.”
Disse, tra sé e sé, tirando un sospiro e
sedendosi, a gambe incrociate, davanti
al suo interlocutore.
Il mantello rosso scivolò sotto di lui e il cappello cadde,
non lasciando al
lituano il tempo di toglierselo di sua spontanea volontà.
Un’altra cosa che non
comprendeva –ma sentiva comunque di dover fare- era
perché mai si fosse messo
la divisa prussiana.
Si stava sentendo ridicolo, ridicolo come la sua gola secca e arida di
parole,
o almeno, di parole intelligenti.
Le timida neve dell’alba si posava sulle sue spalle,
delicata, ma non sulla
lapide.
Forse anche l’Hohenzollern lo stava guardando negli occhi,
con lo sguardo
regale e fiero che aveva visto nei ritratti e a suo tempo, ben diverso
da
quello che attualmente aveva Toris.
Era stato intimidito da lui da quando aveva scoperto che la relazione
che
intercorreva tra Gilbert e il sovrano era molto più profonda
del previsto,
figurarsi adesso che ce l’aveva davanti.
L’unica cosa positiva era che Friedrich non poteva
rispondergli. … No, forse, a
pensarci bene, era un aspetto negativo; magari dialogando…
Oh, maledizione. Si stava rovinando
stomaco, cuore e cervello in un colpo solo.
Calma, lituano, calma. Doveva solo seguire l’idea che si era
proposto da quando
aveva avuto l’idea di andare a parlargli: essere totalmente
sincero.
Un sorriso quasi malinconico gli si dipinse in volto.
« Non è un buon inizio per un discorso da compiere
davanti ad un re, eh? Mi
presento, sono Toris Laurinaitis, prima Granducato di Lituania e ora
parte dell’Impero
Russo. Penso che lei già sappia, però, grazie ai
racconti di Gilbert. »
Pronunciò quel nome con estrema delicatezza. Il prussiano
era il motivo per cui
Toris si trovava lì e anche ciò che legava le
anime profondamente diverse di
lui e Federico II di Prussia.
Nonché la chiave di volta di quel discorso tremolante.
« E’ per questo che sono qui. Io…
»
Fece una pausa.
« La volevo ringraziare. La volevo ringraziare per aver reso
Gilbert felice per
quasi un secolo, le sono immensamente grato per ciò. Ma non
è solo questo il
motivo per cui io le parlo.
Normalmente non chiederei mai una cosa simile, forse nemmeno lo
penserei.
Però ora è diverso. »
Un’altra pausa; la neve non cadeva più sulle sue
labbra.
« Non c’è voluto molto per innamorarmi
di Gilbert. Devo ammetterlo, all’inizio
mi pareva impossibile provare qualcosa per quello che per anni era
stato il mio
nemico più agguerrito e, sinceramente, trovavo ancora
più difficile che lui
amasse anche me.
Inizialmente ho dubitato, me ne pento.
Poi, però… mi sono accorto che mi ama. Che mi ama
davvero. »
Quasi sbuffò quell’ultima parola, volgendo per un
attimo gli occhi altrove; la
serietà che voleva tenere era stata tradita dalle guance
rosse come pomi e da
un sorriso che faticava a contenere.
Si sbrigò a darsi nuovamente un’apparenza decente,
aiutato dalle parole che,
inevitabilmente, ora andavano pronunciate.
« Esattamente
come ha fatto lei… No, mi
perdoni, ma di più di
come ha fatto
lei, io ho intenzione di rendere Gilbert felice e di farlo amandolo e
per tutto
il tempo che ci sarò, che ci saremo.
Penso che ormai abbia capito.
Io però glielo chiedo lo stesso. »
Non si rese conto, Toris, di quanto la sua voce tremasse, di quanto
avesse
abbassato la testa e di come le sue mani si fossero raccolte,
stringendosi con
tutta la forza che aveva in corpo.
« Glielo chiedo umilmente, con tutto il cuore che ho.
Ci benedica. »
Il vento trasportò quell’ultima frase sulla
lastra, la fece scivolare nelle
lettere che vi erano scolpite, delineandone invisibilmente la forma.
Silenzio.
Normale che ce ne fosse, si disse il lituano, mentre alzava piano la
testa;
quel grande uomo poteva solo ascoltarlo, ora come ora.
«
… Penso di aver concluso. »
Sussurrò appena, posando le rose candide sulla pietra scura.
Ma nell’esatto momento in cui, dopo essersi tirato in piedi,
il lituano si
inchinò, una forte folata strappò dal suolo
quel mazzo, facendolo impattare sul suo petto, attorno
alla quale il
vento si dissolse.
Era caldo, come un abbraccio.
Toris sorrise timidamente e disse la sola parola che gli veniva
spontanea: “Grazie”.
Si accorse solo una volta uscito dal rompicapo di giardini
che il sole era
ormai sorto e che qualcuno, spettinato come lo si poteva vedere solo di
mattina
e con un’aria agitata, lo stava fulminando dalla cima di uno
stallone con i
suoi occhi rossi.
Con tutte le mattine in cui dormiva fino
a mezzogiorno, proprio quella doveva svegliarsi.
« Dove diavolo eri finito!?
Mi sono svegliato e non c’eri! Da nessuna parte! Che ti
costava avvertire anche
solo un domestico, eh!? »
Ed ecco che dopo il fulmine arrivava il tuono!
Toris alzò la testa verso Gilbert, a dir poco adirato,
porgendogli un sorriso
di scuse. Quella
forse era la prima
volta in cui il prussiano rimproverava lui e non viceversa.
« Scusa, non volevo farti preoccupare. »
I rubini si spostarono dal volto del lituano a ciò che
teneva in braccio e
Toris riuscì a scorgervi un luccichio conosciuto.
« Se quelle sono per me
potrei anche
perdonartela. »
Toris capì subito a cosa Gilbert si stesse riferendo; il suo
sorriso si
punteggiò di un qualcosa che il prussiano non
capì e nemmeno poté commentare,
visto che si trovò davanti alla faccia quei dodici boccioli
bianchi.
« Sì, sono per te.
»
Gilbert cambiò
volto, sorridendo in modo
soddisfatto e quasi felino, e, dopo nemmeno cinque secondi contati
sulle dita
di un bambino, fu a
terra, non sulla
sella, a stringere la vita dell’amante con la mano libera.
Non gli aveva ancora dato un bacio, quel giorno, si doveva rimediare.
Il suo sguardo tagliente scivolò lungo tutta la figura di
Toris, da capo a
piedi.
« Perché ti sei messo la mia divisa? Non che mi
spiaccia, anzi; ti sta proprio
bene. »
Toris aprì e richiuse le labbra per un attimo; fu la
parlantina del suo
aguzzino a salvarlo.
« Forse è solo un po’… Come
dire… »
« Corta? »
« Già…
Aspetta. Cosa stai insinuando, tu?!
»
Toris
rise di cuore.
Intanto le aiuola dei giardini della reggia si dipingevano del bianco
della
neve.
_______________________________________________________________________________________________________________*
Questa qui l'ho scirtta
basandomi su delle belle cose che abbiamo ruolato io e la
plé del mio Gilbert -che ci osserva e mi
odierà per questo capitolo- ♥
Se il discorso fatto d
Toris potrebbe sembrare non esattamente scritto poeticamente, beh,
è perché mi sono messa nei suoi panni; era in
imbarazzo, ma stava parlando a cuore totalmente aperto. In certi casi
non ci si mette a far metafore o roba simile, no..?
Spero che abbiate
apprezzato e di ricevere recensioni e quant'altro...!
Baci!
Valkyrie.