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Autore: Ryoucchi    15/06/2012    4 recensioni
Rin si sveglia una mattina d'aprile e tutto le sembra normale: è una bella giornata, la sua migliore amica, Miku, è in ritardo come al solito e la sua vita non poteva scorrere più naturalmente. Entrata in classe, nota un ragazzo, che non aveva mai visto prima, e che le ruberà il cuore ...
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gumi, Luka Megurine, Nuovo personaggio | Coppie: Kaito/Miku, Len/Rin
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Credo che quella fu una delle nottate peggiori della mia vita. Mi rigirai almeno un miliardo di volte: non riuscivo a prendere sonno. Quelle maledettissime parole continuavano a invadere i miei pensieri come dei parassiti. Quando spuntò l’alba la situazione nella mia camera era la seguente: peluche ovunque, perché a forza di dimenarmi erano volati da tutte le parti; le lenzuola erano ridotte in un mucchio deforme ai piedi del letto; il comodino, da perfettamente in ordine, sembrava avesse subito l’effetto di un uragano (girandomi durante la notte, ero andata addosso agli oggetti con leggera frustrazione). Ma se la stanza era un disastro, io ero anche peggio: capelli arruffati, con ciuffetti ribelli che si stagliavano sulla mia testa; gli occhi contornati da borse e occhiaie mai viste prima; il pigiama tutto stropicciato e messo male. Uno schifo. In più il fatto che non avessi chiuso occhio mi lasciò un terribile malumore.
Per tutta la notte non feci altro che ritrovarmi la sua faccia davanti non appena socchiudevo le palpebre. E le parole di Miku non mi abbandonavano mai. In più quella sgradevole sensazione di nausea …
Mi preparai in dieci minuti (di solito ce ne metto trentacinque) e mi avviai mogia mogia verso la stazione. Miku era già lì. Aveva un sorriso da parte a parte, segno che lei invece aveva dormito benissimo. Ma non le veniva il magone al solo pensiero di dover rivedere Kaito? Io solo immaginare che avrei avuto davanti agli occhi l’originale anziché un’immagine creata dalla mia mente … brrr … 
«Ossu*, Rin-chan!» esclamò lei, raggiante.
«Ohayō*» dissi, col mio malumore.
«Oh-ho! Qui qualcuno ha passato la notte in bianco! Hai pensato al tuo Oto-san per tutta la notte, eh?»
Mi voltai di scatto. La mia faccia dovette spaventarla particolarmente, data la sua reazione terrorizzata.
«Non provare a scherzarci su, Hatsune-san»
«O-ok, Rin-chan, non è il momento, va bene, ho capito» rispose con voce tremante.
Che umoraccio! Pensavo proprio che mi avrebbe accompagnato tutta la mattina se la mia amica non fosse così brava a tirar su il morale alle persone.
Arrivate davanti al nostro istituto, tentennai un secondo. Sarei riuscita ad affrontare quella giornata con la solita tranquillità? Non ebbi il tempo materiale di ragionarci su, poiché Miku mi afferrò per un braccio e mi trascinò letteralmente in classe. Riusciva a capire al volo i miei stati d’animo, bastavano i miei sguardi a farle capire cosa mi frullava in testa. E sapeva farmi sorridere.
Eravamo amiche da un vita. Ma non per modo di dire. Io nacqui ad ottobre, mentre lei ad aprile. Ci separavano solo sei piccolissimi mesi. Le nostre mamme, amiche intime, s’incontravano spesso, a casa dell’una o dell’altra. E lì imparammo a conoscerci e ad essere amiche. Lei era solare, allegra, piena di vitalità, sprizzava energia da tutti i pori! Era sensibile e si commuoveva spesso. Era un po’ il mio opposto. Non che fossi una pessimista col malumore, questo no, ma se lei rappresentava il sole e la luce, io ero la luna e il buio. Ero la più tenace tra le due, quella che non si fa mettere i piedi in testa da nessuno. Se qualcuno provava a farla piangere, ero sempre in prima linea per difenderla. Avevo un carattere forte, una dura scorza che mi faceva apparire come un maschiaccio. Lei sapeva tirar fuori il mio lato femminile e io la sua tenacia. Ci completavamo. Dove non arrivavo io c’era lei, e viceversa.
Entrate nella 2-2, lui e Kaito erano già lì. Miku mascherò benissimo la sua agitazione. Solo mi strinse un po’ più forte il braccio. Io, al contrario, stavo anche peggio di ieri. Consapevole dei miei sentimenti, trovavo la cosa ancor più imbarazzante. Mi sedetti, cominciai a tirar fuori il libro e il quaderno della prima ora, ma poi tu ti sedetti al tuo posto, in fianco a me, e il cuore tremò.
«Tu sei … Kagami Rin-san, giusto?» chiese con espressione accigliata.
«S-sì, sono io» balbettai, continuando a fissare il quaderno. «Tu … tu dovresti essere Oto Len-san, no?»
«Esatto! Mi fa piacere che te ne sia ricordata» esclamò, mostrando quel suo sorriso capace d’illuminare la stanza, che, ero convinta, avrebbe benissimo potuto portare il sole in giorno di pioggia.
«A-anche a me fa piacere che tu ti sia ricordato il mio» aggiunsi.
Entrò il professore. Oggi ci sarebbero state le elezioni dei capiclasse, degli addetti all’infermeria, ecc.
Io mi ero sempre candidata come capoclasse. Non so, mi piaceva l’idea di essere un punto di riferimenti per chi avesse avuto bisogno d’aiuto. Mentre Miku era l’indiscussa addetta all’infermeria. Io lo trovavo un impiego nobile, aiutare un malato, e io la incoraggiavo. Aveva sempre avuto quell’istinto, quello di curare chi non si sentisse bene. Ero convinta che ne avrebbe fatto il mestiere della sua vita.
Subito il professore della prima ora scrisse alla lavagna i vari compiti che quella mattina sarebbero stati assegnati. Vennero dati i vari posti. Qualcuno propose addirittura Fukuda come candidato alle elezione dei rappresentanti del consiglio studentesco, con come risultato l’ira di Shinta-san e gli sghignazzamenti di tutto il resto della classe. Miyuki-san venne proposta come contabile del consiglio studentesco, Miku tenne valida la sua carica (e io le diedi un “thumbs up*”, ricambiato da un suo raggiante sorriso). Rimanevano da essere eletti sono i capiclasse.
«Qualche volontario?» fece il professore.
Alzai la mano di scatto. Non volevo di certo farmi soffiare il posto.
«Oh, bene, vedo che non dobbiamo neanche perdere altro tempo per scegliere l’altro! Due volontari, maschio e femmina! Fantastico, allora sarete voi in nuovi capiclasse!» disse il professore sorridendo.
Due? Chi aveva alzato la mano oltre a me? Mi girai a sinistra: nessuno. Mi voltai a destra allora: rimasi di sasso, ancora col braccio alzato. LEN-SAN?! Tra tutti, proprio lui?!
«Oh, non sapevo volessi candidarti anche tu» sorrise «Yoroshiku onegai shimasu!*» disse allegro.
Io ero pietrificata. Non un minutissimo muscolo del mio rigidissimo corpo aveva intenzione di levarmi dalla faccia quello sguardo sgomento che dovevo sicuramente avere.
Mi alzai e al seguito di Oto-san mi avviai alla cattedra per il discorso. Cercai disperata lo sguardo di Miku. Quella, invece di comprendere il mio dramma, a stento tratteneva le risate. Era sul punto di scoppiare a ridere e di rotolarsi per terra. Si teneva con un braccio la pancia, e con l’altro nascondeva il volto appoggiato sul banco. Era in preda a sussulti spaventosi. Se non avessi appena assunto questa carica e non ci fossero stati tutti quei testimoni, l’avrei sistemata io.
«Hatsune-san, daijōbu desuka*?» chiese il professore.
Miku riuscì a bofonchiare un “si si, tutto bene” tra le potenti risate che l’assalivano.
Oto-san attaccò subito col discorso: «Ehm, salve. Io sono Oto Len. Mi sono trasferito da poco e quindi sono nuovo di qui. Spero di adempire al meglio al compito che ho deciso di intraprendere. Vi ringrazio in anticipo per la collaborazione che spero mi, anzi, ci darete» Inchino.
«Hai qualcos’altro da aggiungere, Kagami-san?» chiese il professore. 
«Kagami-san?»
«Ah, scusi sensei*. No, nulla. Va bene così» dissi, e tornammo ai nostri posti. Decisi i turni per la pulizia dell’aula e dei laboratori, la giornata continuò invariata fino al suono della campanella.
«Ma bene, Rin-chan» cominciò Miku maliziosa avvicinandosi al mio banco, non appena gli altri si dileguarono dall’aula «Prima scopri di essere capoclasse assieme a Oto-san, poi salta pure fuori che avete il turno di pulizie lo stesso giorno, al giovedì. E giovedì è dopodomani»
Io come tutta risposta fissavo il banco, con la faccia tendente al magenta. Che razza di giornata! Cos’è, il destino ha deciso di accanirsi proprio contro di me, tra tutte le persone che ci sono su questo pianeta?
«E tu, invece? Non hai nessun turno assieme a Shion-san?»
«No, purtroppo, ma oggi c’è già stato un passo avanti» fece, con aria vittoriosa.
«Ah sì? E cioè?»
«Mi è caduta la matita, accidentalmente, eh» disse con sguardo provocatorio «E lui me l’ha raccolta!»
«… e poi?»
«Cosa “e poi”?»
«E poi cosa ti ha detto? E’ successo solo questo? Se pensi che l’averti raccolto la matita sia un gesto per mostrarti il suo amore allora stiamo freschi …»
Miku aggrottò la fronte, fece una faccia da bambina capricciosa e mi tenne il muso. Durò solo cinque minuti, perché subito dopo attaccò un monologo su quanto il “suo” Kaito fosse bello, alto, intelligente, eccetera eccetera. Ascoltai la metà dei suoi discorsi, fino a quando …
« … e sapevi che Kaito è in una band? Ci sono lui, Megurine-san, ovvero sua cugina, e la sorella di Luka-san, Gumi-san, e poi c’è anche Oto-san …»
« Cosa cosa cosa?» chiesi, risvegliando me stessa e il mio interesse, che sembrava ormai defunto.
«Ah, allora stavi ascoltando! O hai ricominciato solo adesso? Uhm, va bhe, non importa. Comunque, come stavo dicendo, Shion-san suona in una band, insieme alle sue cugine, le sorelle Megurine, e c’è anche Oto-san con loro. Il mio Kaito-san canta, Luka-san è alla chitarra elettrica, Gumi-san al  basso e Len-san alla batteria»
«Ma dai! Ecco perché sono così amici … E dov’è che si esibiscono?»
«Bhe, non è che siano già così famosi da esibirsi nei locali come le altre teenager-band, però spesso provano sopra a uno di quei posti dove gli altri fanno dei concerti .. c’è una sala prove, infatti. Hai presente la strada che fai per andare al conservatorio tu? Ecco, invece di girare a sinistra, vai a destra: dopo poco c’è uno stabile accessibile sia dalla porta, che porta alla sala prove, sia da delle scalinate che scendono verso il basso, che infatti portano in quei posti dove si esibiscono le band. Facci caso domani che vai a lezione …»
 
Il giorno dopo, mentre camminavo ascoltando il brano che oggi avrei dovuto provare a lezione di violoncello, feci ammenda alle parole di Miku e, dato che ero in un anticipo pazzesco, decisi che provare non costa nulla e mi avviai a destra, anziché a sinistra, come ogni mercoledì pomeriggio. E infatti eccolo lì: un grosso stabile tutto cementato, di colore nero, era ricoperto di scritte fatte con le bombolette spray. Aveva un aspetto molto da “ritrovo di gangster”. Optai per la porta (quelle scalinate che scendevano verso il basso non mi ispiravano per niente). Bussai, e una voce mi gracchiò un “avanti”. Uhm, perché mi sembrava familiare? Aprii la porta e …
«Fukuda-san! Che ci fai qui?» domandai stupita.
«Kagami-san? Piuttosto, che ci fai tu qui! Non mi sembri proprio la tipa da rock-band o cose così … comunque guarda che qui io ci lavoro, non so se mi spiego …»
«Ma dai! Tu che lavori? Sai che fa un effetti un po’ strano? Ah, ah, ah!»
«Umpf! A scuola dormo sempre perché qua sono impegnato fino a tardi, che ti credi?»
«Ah, ecco! Abbiamo sfatato il mistero di Fukuda-san. Ero solo passata per dare un’occhiata, perché … perché … qui prova una mia amica!» inventai.
«Ah sì? E chi sarebbe?»
«Gumi-san!» fu il primo nome che mi venne in mente.
«Non sapevo vi conosceste. Vieni allora, faccio strada …»
«Ma no, figurati! Posso benissimo cavarmela da sola! Basta che mi dici dove andare e io mi arrangio …»
«Nah, e smettila! Ti accompagno»
Stava per prospettarsi una situazione molto imbarazzante, se proprio in quel momento non fosse sbucata proprio Gumi-san.
«Shinta-kun, volevi prendermi da bere, ma la macchinetta s’è mangiata i soldi …»
«Adesso vado a darci un occhio. Comunque, visto che sei qui, non c’è più bisogno che accompagni Kagami-san, ci pensi tu, ok? Tanto siete amiche»
E così, prima che la minore delle sorelle Megurine potesse dire qualcosa, Fukuda s’era già dileguato.
«E tu … chi saresti?» chiese Gumi-san, con sguardo interrogativo.
«Ah, lo sapevo che non sarei dovuta venire» sospirai amareggiata «Non pensavo di creare questo casino. Io sono Kagami Rin, e se sono qui è tutta colpa di quella stupida di Miku, la mia migliore amica …»
«Aaaah! Ma allora sei un’amica di Hatsune-chan! Piacere, io sono Megurine Gumi» fece, tendendomi la mano. Aveva un viso così allegro e simpatico! Pensai che non sarebbe stato difficile fare amicizia.
«Piacere» dissi un po’ imbarazzata.
«Avanti» disse Gumi-san sedendosi «Tanto siamo in pausa, dimmi tutto!»
Evidentemente era per il fatto che mi ispirava fiducia, altrimenti non penso che le avrei raccontato tutto per filo e per segno di quella strana vicenda iniziata appena due giorni prima. Gumi-san ascoltò con sguardo interessato per tutto il tempo, senza mai staccarmi i suoi occhi verdi brillanti di dosso.
«E così, visto che ti sei presa una cotta per Len-kun, avevi deciso di venir qui a vederci mentre suonavamo, giusto?» disse, dimostrando di essere stata attenta alle mia parole.
«Esatto, ma non sapevo che Fukuda-san lavorasse qui, e la prima scusa che mi è venuta in mente è stata quella che, siccome ti conoscevo, ero venuta a dare un’occhiata al posto …»
«Allora andiamo! Non sarai mica venuta qui per niente, o sbaglio?» disse l’intraprendente Gumi-chan, come voleva che la chiamassi, afferrandomi per il braccio. Mi trascinò, tra le mie rumorose proteste, finché non arrivammo nella sala prove e aprì la porta.
Non era molto grande, ma c’era spazio sufficiente per tutti. Quella che ipotizzai essere Luka-san, era seduta su una sedia e sorseggiava dell’acqua da una bottiglietta, mentre Kaito-san rileggeva gli spartiti.
“E Len-san? Dov’è?” Fu il mio primo pensiero.
«Len-kun dov’è andato?» domandò Gumi-chan.
«In bagno. Chi è quella?» chiese Megurine-san.
«Ah, lei è Rin-chan, una mia amica. Può restare, vero?» domandò civettuola.
«Per me va bene. Tu cosa ne dici, Kaito-kun?»
“Kaito-kun” alzò lo sguardo dagli spartiti ed esclamò: «Ah! Kagami-san! Sei tu! Non sapevo conoscessi la mia itoko-chan*. Certo che puoi rimanere» disse sorridendomi.
In quell’istante entrò Len-san. Mi sembrava che diventasse più bello ogni giorno che passava. Diedi una rapida occhiata all’orologio: solo quindici minuti. Dovevo fare in fretta.
«Rin-san!» esclamò «Che ci fai qui?»
«S-sono venuta a trovare Gumi-chan, ero di passaggio …»
«Suoniamole qualcosa, Len-kun!» fece Gumi-chan.
Ognuno si posizionò ai propri posti e, dato il via di Len-san, cominciarono a suonare. Non mi ero mai appassionata alla musica moderna, perché questa ha il vizio di creare “canzoni” stupide e senza senso, senza alcun significato particolare. Inoltre la maggior parte delle band di oggi avevano tutte lo stesso stile, lo stesso tipo di canzoni … insomma, fantasia portami via! Invece loro, avevano quel qualcosa in più che ti conquistava. La melodia, associata alle parole, creava un’atmosfera nuova, meravigliosa. E non era un testo senza senso, raccontava, ti dava qualcosa, senza voler ottenere nulla in cambio. Avevo provato certe emozioni solo suonando in prima persona o ascoltando la musica classica. Quella era la prima volta che un basso, una chitarra, una batteria e una voce riuscivano a persuadermi a tal punto. Era energica, movimentata, ma parlava d’amore, quell’amore dolce, vero e sincero, e ti metteva nel sangue una voglia sfrenata di unirti a loro, di partecipare a tua volta a quella melodia. Appena finirono, mi alzai in piedi, battendo fragorosamente le mani. Ero entusiasta!
«Siete stati bravissimi!» esclamai.
«Grazie, anche se ho combinato qualche errorino» disse Gumi-chan, mordendosi la lingua.
«Si, sei andata un po’ sotto tono nella seconda parte della canzone … Ma anche Luka-san ha accelerato un pelino in quel punto»
«Come te ne sei accorta? Suoni anche tu?» disse incredula Megurine-san.
«Sì, suono il violoncello … e se non mi sbrigo faccio tardi alla lezione»
«Accompagnala fuori, Len-kun» fece Gumi-chan, dandogli una spintarella.
Arrossii. Anche lui diventò un po’ rosso. Almeno non ero l’unica a sentirmi in imbarazzo.
Scendemmo le scale senza neanche scambiarci una parola, finché non arrivammo al pianerottolo all’ingresso. Ci fissammo i piedi, in attesa che uno dei due parlasse.
«Mi ha fatto piacere farti sentire una nostra canzone» esordì tutt’un tratto Len-san.
«Siete stati fantastici. A me non piace la musica moderna, ma voi siete riuscita a farmi volare con l’immaginazione e col cuore nonostante suoniate della musica rock»
«Non sai che regalo mi hai fatto, oggi, con le tue parole» disse Len-san sorridendomi.
«Adesso, devo andare …»
«Aspetta!» disse, afferrandomi il braccio. Prese un pezzo di carta dal bancone di Fukuda-san (che per fortuna non c’era!) e con una penna ci scrisse sopra qualcosa. Si avvicinò nuovamente a me, e mi sussurrò all’orecchio: «Puoi chiamarmi anche Len-kun, se ti va» e, con un sorriso di chi ha vinto una battaglia ma non tutta la guerra, s’avviò su per le scale. Guardai il bigliettino. Era un indirizzo e-mail. Il suo indirizzo e-mail. 
 
 
 
Spazidell’autrice: waaaaa!! *w* eccomi qua, col secondo capitolo!! Spero vi sia piaciuto e abbia soddisfatto le vostre aspettative dal punto in cui c’eravamo lasciati la volta scorsa ^^ in questa ff ho fatto diventare sorelle Luka e Gumi xD E’ stata un’idea carina, non vi pare?? Ho riempito di accenni al giapponese questa storia xD ho messo “san”, “kun” e “chan” un po’ ovunque xP ma volevo renderlo più reale possibile, ecco. E, ancora una volta, VI CHIEDO CORTESEMENTE DI COMMENTARE/RECENSIRE QUESTA FAN FICTION, ve ne sarei grata *^*
 
*Note
Ossu = “Hey”/”Ehilà”/ (eccetera)
Ohayō = Buongiorno
Thumbs up = (letteralmente) “pollici in su”/“pollici in alto”
Yoroshiku onegai shimasu = formula usata anche per dire “impegniamoci al meglio”
Daijōbu desuka? = “Va tutto bene?”
Sensei = professore
Itoko = cugino/a

   
 
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