13.
Surrender
Elena prese nuovamente in mano il telefono. Da
quasi una settimana, dopo la
loro ultima conversazione, Damon si era reso irrintracciabile per lei.
Le sue
chiamate andavano direttamente alla segreteria, ed era sicura che lui
svanisse
all’istante nel momento in cui la sentiva anche solo
aggirarsi nei pressi della
pensione Salvatore. La stava facendo uscire di testa.
Aveva infine lasciato andare Stefan, ed era una
strana sensazione. Come se
avesse abbandonato un porto sicuro, e adesso non sapesse ancora bene
quale
direzione prendere. Ed anche se si sentiva male al pensiero di averlo
fatto
soffrire, c’era comunque dentro di lei la consapevolezza che
il legame di
affetto sincero tra lei e Stefan non sarebbe mai svanito del tutto, e
che, in
qualche modo, col tempo, avrebbero di nuovo trovato la strada
l’uno verso
l’altra.
Elena sospirò e compose il numero, ma,
di nuovo, rispose la segreteria. Si
decise però a lasciare un messaggio - “Ho bisogno
di vederti.”
Non fece in tempo ad appoggiare il telefono che lo
sentì squillare, ed
Elena rispose con un tuffo al cuore.
“Elena! Devi venire subito,
prima
che il disastro, la catastrofe, l’apocalisse … in
poche parole Rebekah, si
abbattano sul ballo di questa sera! Alla palestra …
praticamente ora.”
Caroline non le lasciò il tempo di
rispondere che aveva già riattaccato.
Quando Elena arrivò alla palestra si
trovò davanti una strana scena.
Rebekah giaceva per terra, la pelle grigia inaridita ed un pugnale con
le
ceneri di quercia bianca infilato nel petto. Caroline e Matt la stavano
osservando in piedi, con sguardi pensierosi, come indecisi sul da farsi.
“Matt, Care! Cos’è
successo?” – chiese Elena raggiungendoli.
Caroline alzò le spalle.
“E’ una lunga storia. Rebekah non voleva darmi
ascolto sulle canzoni da mettere stasera ed abbiamo iniziato a
litigare, finché
… beh, non ha spezzato una scopa e ha cercato di
impalettarmi. A quel punto,
l’ho infilzata io. Non chiedermi come, si vede che davvero
non ne potevo più di
lei. Prima che potesse riprendersi, ho fatto qualche chiamata, e Matt
ha avuto
la brillante idea di andare a prendere il pugnale e rendere definitivo
il
lavoro.”
Elena alzò lo sguardo su Matt,
leggermente sconcertata.
Matt si strinse nelle spalle. “Ti ha
ucciso, Elena. E stava per uccidere anche
a me. E’ stata una bella soddisfazione.”
Elena sorrise, ed alzò un sopracciglio.
“Beh, per quello, ha avuto quel che
si meritava.”
Caroline piegò la testa di lato mentre
osservava il corpo disidratato di
Rebekah, ed i suoi occhi ebbero quasi un moto di compassione.
“Non lo trovate
triste? Alla fine, non riuscirà ad andare neanche a questo
ballo.”
“Bonnie” – la
salutò Damon, aprendo il portone della pensione Salvatore.
Bonnie si guardò un attimo intorno e
rispose piano. “Devo parlarti.
Possiamo farlo qui?”
Damon allargò le braccia e la
invitò a entrare. “Tutto solo nella grande
casa Salvatore.” Si sdraiò sul divano, il solito
drink alla mano e proseguì - “Stefan
è dovuto andare ad occuparsi di una … questione.
A quanto pare Barbie 1 ha
impalettato Barbie 2. O viceversa, se dobbiamo andare per
anzianità.” Alzò le
spalle e sorrise tra sé e sé mentre prendeva un
altro sorso - “Odio essermelo
perso.”
Bonnie lo guardò un attimo sconcertata,
poi scrollò le spalle e lo informò
del motivo per cui era lì - “Klaus è
venuto a cercarmi. Vuole fare
l’incantesimo stanotte. C’è la luna
piena e tutti saranno distratti dal ballo.”
Damon alzò gli occhi su di lei e
strinse un attimo lo sguardo. “Bene” –
mormorò,
buttando giù un altro sorso - “Ogni sera
è buona come un’altra.”
“Alla cava, preferisce stare lontano
dalla casa delle streghe, considerati
certi trascorsi.” – proseguì Bonnie
– “Sto andando là a porre il
confinamento.”
Damon la squadrò attentamente da sopra
il bicchiere - “Sei sicura di essere
capace di andar fino in fondo?”
Bonnie aveva lo sguardo fermo - “Lo sono.
E’ per Elena.”
Damon si alzò e posò il
proprio bicchiere sul tavolino. “Ok, allora. Ci
vediamo stasera.”
Elena finì di appuntarsi i capelli in
alto su un lato della nuca, così che
le restanti ciocche libere ricadessero su un lato della spalla. Si
sistemò
un’ultima volta il vestito, color avorio, che le cadeva
morbidamente sul corpo,
tagliato appena sotto la linea del seno da una fascia di seta.
Di colpo, sentì il cuore fermarsi. Non
aveva bisogno di voltarsi per
percepire la sua presenza.
“Hai finalmente deciso di parlarmi di
nuovo?” – domandò cercando di assumere
un tono sostenuto e mascherare il tremito nella voce.
Damon le si avvicinò, ed Elena si
costrinse infine a voltarsi a guardarlo.
“Ho solo pensato che avessi bisogno di
starmi lontana per un po’.” – le
rispose. Nei suoi occhi di ghiaccio c’era un’ombra
che Elena non riuscì a
definire.
Elena non sapeva cosa dire. Era vero, ne aveva
avuto bisogno. Eppure, aveva
anche avuto terribilmente bisogno di sentirlo accanto. Si morse
leggermente le
labbra, esitando prima di proseguire.
“… E’ stato un
attimo, Damon. Ero sconvolta.”
“Lo sei ancora?” – le
chiese, gli occhi inquieti che percorrevano i suoi.
Forse. Non lo sapeva. Ed averlo di nuovo
così vicino, con il suo sguardo su
di sé, le impediva di pensare chiaramente.
“Non lo so” –
mormorò Elena.
Rimasero a guardarsi, entrambi incerti se colmare
quella distanza che si
era creata tra loro, fino a quando Damon non strinse le labbra ed
abbassò lo
sguardo, voltandosi per andarsene.
Di fronte a quel gesto, Elena d’istinto,
senza pensare, lo afferrò per il
polso, e lo attirò verso di sé. Posò
l’altra mano sul suo volto, e si avvicinò
a sfiorare le sue labbra con le proprie. Lo percepì
immobilizzarsi per un
secondo, uno solo, nell’attimo in cui aveva avvertito le sue
labbra posarsi su
di lui.
Elena non sapeva se era giusto. Sapeva
solo che non poteva
essere così sbagliato.
E quando lui le serrò i fianchi con le
mani e la strinse contro di sé,
Elena non poté più trattenere se stessa dal
perdersi completamente in quel
bacio, perdersi in lui.
Damon sentì le sue mani scorrere sulla
sua nuca, ed affondare tra i suoi
capelli. Assaporò le sue labbra che lo cercavano, quasi come
un’invocazione, diventando
più assetate ad ogni bacio. Percepì il tremito
che percorse il suo corpo mentre
le mordeva delicatamente il labbro inferiore, e rabbrividì
quando le mani di
Elena vagarono a cercare il contatto della sua pelle appena sotto il
bordo
della sua camicia.
Le prese il volto tra le mani, e si
scostò appena da lei, solo quel tanto
che bastava per cercare il suo sguardo, improvvisamente bisognoso dei
suoi
occhi. Il suo respiro si spezzò per l’abbandono
che vi vide. In quel momento,
sapeva che le avrebbe dato tutto.
Le avrebbe davvero dato tutto.
Con uno sforzo incalcolabile, trovò le
sue mani e le fermò, stringendole forte
tra le proprie. Appoggiò la fronte alla sua, e sfiorando le
sue labbra le
sussurrò appena - “Non posso
…”
Prima che
Elena riuscisse a capire, o a trovare nuovamente il suo sguardo,
Damon era già sparito.