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Autore: Nancy17    16/06/2012    1 recensioni
Se conosci Gintama, conosci la famosissima Agenzia Tutto-fare, costituita dai suoi grandiosi membri: Gintoki Sakata, Shinpachi Shimura, Kagura e il suo cagnolone spaziale Sadaharu. Ma se...l'agenzia si allargasse improvvisamente?
Genere: Avventura, Azione, Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Ehi! Mi senti? -

Quel ragazzo era tutto sporco di sangue, non riuscivo a capire quanto fossero gravi le sue ferite. Segno evidente che aveva partecipato alla guerra. Per vedergli gli occhi, scansai i capelli che gli coprivano il viso, ma così facendo vidi immediatamente che il ragazzo aveva perso l’occhio sinistro. Lì per lì mi spaventai a quella vista, poi mi feci coraggio e cercai di caricarmelo per poterlo portare via da lì e curargli le ferite.

- Dove…sono… -

- Stà tranquillo. Ora sei al sicuro. –

- Chi…sei… - mi chiese con un filo di voce.

- Quella che ti ha portata in salvo. – risposi, continuando a medicarlo con delle foglie curative.

- Davvero…? – abbozzò un sorriso. – Piacere…allora…io sono…Takasugi…-

- Bel nome. Ora però è meglio che riposi. – gli risposi non curante.

Il ragazzo obbedì e richiuse l’occhio, finendo poi per addormentarsi.
Ero fuori dalla grotta e agitavo la mia spada. Non mi stavo allenando, facevo solo qualche mossa tanto per fare qualcosa.

- Sei davvero agile con la katana! -. Mi bloccai. Guardai l’entrata della grotta e c’era lui, appoggiato con la spalla alla parete sinistra della grotta, che mi guardava compiaciuto.

- Non dovresti alzarti. Hai ancora delle ferite che si stanno rimarginando. – gli dissi, rinfoderando la katana.

- Sei un samurai? –

- No. –

- Cosa sei, allora? –

- Una ragazza, come vedi. –

- Tsk! Le ragazze non usano delle katane. –

- Io si! – gli risposi secco, mentre rientravo nella grotta. Lui mi seguì.

- Allora sei un ninja? –

- No. –. Ero seccata dalla sua presenza.

- Cosa, allora? –

- Capisco che tu non veda più da un occhio, ma mi sembra esagerato ora, non credi? –

A quella mia affermazione, il ragazzo si toccò l’occhio perso.

- Hai fame? – gli domandai.

- Abbastanza! Quanto ho dormito? –

- 5 giorni. –

- Allora, si spiega la mia fame! – esclamò ironico.

Mangiammo senza parlare. Solo dopo che finimmo, il ragazzo iniziò a fare qualche altra domanda.

- Davvero molto buona la tua zuppa. Sei un’ottima cuoca! –

- Se... – risposi con noncuranza, mentre rimisi a posto le ciotole.

- Le ferite sono guarite ormai, ma l’occhio…-

- Bhè? –

- Come hai fatto a curarlo? –

- Con delle erbe che ho trovato. –

- Non sarebbero bastate. -

- Che intendi. – chiesi, sempre non curandomi più di tanto al discorso.

- È guarito troppo in fretta. -

- Ti ricordo che non ce l’hai più. -

- …lo so. – confermò, abbassando lo sguardo. – Qual è il tuo nome? –

- Non ha importanza. – risposi, mentre alimentai il fuoco con qualche fogliaccia.

- Non sei né un samurai, né un ninja. Mi hai salvato e mi hai dato da mangiare. Tu sai il mio nome ed io no. –

- Uff! – sbuffai – Tutti fissati con i nomi…Niha. –

- Niha…- ripetè - …Grazie, Niha! –

- Non devi ringraziarmi. Ho fatto ciò che ritenevo più giusto. –

Takasugi annuì. – Come mai una ragazza come te, si trova da queste parti? –

- Fai troppe domande…- lo guardai un attimo, poi tornai ad osservare il fuoco. - Sono di passaggio. – Lo riguardai in faccia e notai che era pensieroso. – A che pensi? –

- Alla tua katana. –

- T’incuriosisce? –

- Tu, m’incuriosisci! - A quest’ affermazione, mi fissò dritto negli occhi. Sostenni per un po’ il suo sguardo, poi tornai sul fuoco. Dopo qualche minuto di silenzio, ripresi a parlare.

- Non sono né un samurai né un ninja. Sono ciò che voglio essere. –

- E cosa sei? –

- Me stessa. – Lo guardai di nuovo dritto negli occhi. Sta’ volta fu lui a riprendere lo sguardo sul fuoco.

- Ho già sentito questa affermazione…da un mio ex compagno… - digrignò i denti.

- Domani mattina, partirò presto. –

- Per dove? –

- Non posso stare a lungo nello stesso posto. Tu ormai sei guarito, quindi non hai più bisogno del mio aiuto. –

- Vengo con te! –

- Scordatelo. –

- Perché? –

- Perché così deve essere. Punto. –

- Non posso stare da solo! – mi disse improvvisamente, prendendomi la mano – Ancora non sono abituato a combattere con un occhio solo. Mi serve una guida. –

- Non io. – con uno scrollone, mi levai la sua mano dalla mia.

- Non vedo nessun’altro che potrebbe aiutarmi. –

Dovevo pensarci. Era troppo rischioso. Avevo già abbandonato dei compagni per non averli tra i piedi e ora, se ne presentava un altro.

- Non voglio scocciatori ed è rischioso stare con me. –

- Correrò il pericolo. – Era convinto di ciò che diceva. A parer mio, anche troppo.

- Non voglio assumermi altre responsabilità, oltre alle mie. Se muori, saranno affari tuoi. –

L’indomani partimmo presto, come avevo detto e ci incamminammo nel folto della foresta.

- Hai una strano abbigliamento! – mi fece notare Takasugi, dopo qualche ora.

- Ti sei visto tu? – gli risposi.

Portavo una maglia a V color viola sbracciata, una cinta color sabbia sui fianchi dove era bloccato un pugnale a destra; pantaloni attillati viola scuro, stivali neri. Il tutto, coperto da un mantello lungo nero, con un cappuccio abbastanza ampio.

- Dove stiamo andando? –

- Ci stiamo dirigendo verso Edo. –

- Creek! –

- Fermo. – dissi immediatamente, appena sentii quel rumore. M’incappucciai.

Takasugi non mi chiese nulla, sicuramente aveva capito che non eravamo soli. Si vedeva che aveva partecipato ad una guerra, aveva messo mano subito sulla sua katana.
Rimanemmo per qualche istante fermi e in silenzio. Poi, fu questione di secondi. Estrassi la spada che stava al mio fianco sinistro e con una giravolta mi ritrovai dietro; lama contro lama.

- Anche qui? – pensai.

Con forza, cercai di spostare la lama avversaria. Ma, inaspettatamente per lui, feci un 3-60 e gli mollai un calcio dritto nello stomaco, il quale fece volare il mio nemico. Mi girai verso Takasugi e vidi che si trovava faccia a faccia con un altro sicario. Non esitai. Gli corsi incontro, ma caddi rovinosamente a faccia a terra.

- Aaah! –

Il cappuccio mi scivolò dalla testa, scoprendomi il volto. Mi rigirai. Quello che avevo atterrato prima, si era rialzato e ora mi puntava la lama contro.

- Ora verrai con noi. –

- Tsk! La mamma mi ha sempre detto di non dar retta agli sconosciuti. – ribadii sarcastica, con mezzo sorrisetto.

- È il tuo caro papà che ti vuole. – mi rispose, stando al mio gioco.

- Puoi anche dirgli di andare a farsi fottere. – Ero seria, sta’ volta.

- Una ragazzina, non dovrebbe dire certe cose al proprio paparino! – continuò lui, prendendomi in giro. Ma ci voleva ben altro per farmi innervosire.

- La fase del distacco paterno l’ho passata da tempo. Digli di andarsene in uno ospizio. –

- Tu verrai con noi! – mi rispose seccato.

- Non ci penso neanche. – sorrisi.

Con uno sgambetto, lo feci cadere. Nel frattempo mi ero spostata a destra e avevo ripreso la mia katana. Scattai velocemente verso il sicario. Non volevo lasciargli il tempo di rialzarsi. Lo colpì, ma lui parò il mio colpo. Con una piroetta, mi spostai alla sua sinistra e lo colpì di nuovo. Riparò il colpo. Allora, incominciai a dimenare colpi rapidissimi e a spostarmi da una parte all’altra, tanto che l’avversario faceva fatica a reggere il ritmo. D’un tratto perse l’equilibrio. Era c’ho che aspettavo! Caricai il colpo e senza lasciargli il tempo di capire cosa stesse succedendo, lo trafissi in pieno petto. Cadde a terra e sotto la schiena, cominciò a crearsi una chiazza di sangue, ma non ci badai. Andai da Takasugi che si trovava in difficoltà. Anche qui, con un colpo solo, tolsi di mezzo il sicario.
Takasugi ansimava, era affaticato. Evidentemente non si era ancora ripreso del tutto. Poi vidi i due corpi a terra senza vita.

- Andiamo via. – suggerii, rivolgendomi verso la via che stavamo percorrendo, rimettendomi il cappuccio sulla testa. Takasugi mi guardò avanzare, poi mi seguì.

Arrivammo in un villaggio poco lontano dalla capitale, verso sera.

- Fermiamoci qui per sta’ notte. – dissi.

Ci dirigemmo verso una locanda. Dopo cena, ci recammo nella camera assegnataci.
Takasugi si levò la giacca e la posò alla fine del letto. Io avevo messo il mio mantello su una sedia, all’angolo della stanza e mi ero distesa sul letto, con le mani vicino la testa. Takasugi si sedette sul suo, affianco al mio.

- Chi sei? – mi chiese secco.

- Mi sembra di averti già detto il mio nome. –

- Perché ti vogliono morta? – continuò a chiedere.

- Te l’avevo detto che sarebbe stato rischioso venire con me. –

S’alzò di scatto e piombò sopra di me. Non me l’aspettavo.

- Rispondimi. -. Aveva uno sguardo troppo serio.

- Non sono tenuta a risponderti. –

- Sei una rivoluzionaria? –

- Non scherzare. Non m’interessano queste cose. Togliti. –

- Perché una ragazza dovrebbe essere inseguita da dei sicari? –

- Non sono tenuta a risponderti. Togliti. –

Mi fissò serio negli occhi, poi si decise a togliersi da sopra di me e si risedette sul suo letto. Mi misi seduta sul mio.

- Voglio aiutarti. –

- Non mi serve. –

- Te lo devo. –

- Non mi devi niente. –

- Sei contraria agli amanto? –

- Ti ho detto che non me ne frega niente. -

- Hai mai pensato di far fuori il Bakufu…o lo Shogun…? -

- Ma cosa…? – a quella domanda, rimasi senza parole. – Tu non… -

- Meglio se riposiamo. A domani! -. Si sdraiò sul letto e si girò dall’altra parte.

Quella domanda mi fece rimanere di stucco, tanto che non riuscii a prendere sonno. Nella mia mente cominciavano a mescolarsi dei strani pensieri a riguardo.

   
 
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