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Autore: LaniePaciock    16/06/2012    8 recensioni
Rick e Kate finalmente c’è l’hanno fatta, ma a che prezzo? Le dimissioni, la rottura tra Esposito e Ryan… Kate pensava di smettere, di essere in salvo, ma se venisse assassinato Smith? Se fosse di nuovo in pericolo? Ma soprattutto, cosa succederebbe se l’uomo misterioso di nome Smith non fosse stato l’unico a ricevere i fascicoli sul caso Beckett da Montgomery?
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Nel futuro
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Rick's dad'
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Cap.7 Per te…

Nel giro di venti minuti Castle era di nuovo in ospedale. Aveva dovuto schivare la Gates e i due detective, mentre usciva dal distretto. Aveva promesso velocemente che si sarebbe ripresentato con Kate e che avrebbero spiegato ogni cosa. Il capitano l’aveva guardato in cagnesco.
“Sarà meglio signor Castle. Non vorrei doverla arrestare per intralcio alle indagini” aveva minacciato la donna, un secondo prima che entrasse in ascensore. Ryan ed Esposito conoscevano la storia di Montgomery, ma non sapevano nulla dell’uomo che lo aveva contattato per Kate. Non sapevano nulla del patto con il drago. Non sapevano perché Rick avesse chiesto a Kate con tanta insistenza di lasciar stare il caso di sua madre quando era tornata dopo lo sparo e di nuovo pochi giorni prima. Avevano pensato fosse per i sentimenti che lo scrittore nutriva per la donna, palesi a tutti tranne che a loro. Solo dopo quella chiacchierata dello scrittore con Kastor avevano capito che c’era altro dietro le richieste dell’uomo. Loro non avevano aperto bocca, quando era uscito dalla sala interrogatori. Semplicemente lo avevano scrutato con uno sguardo un po’ risentito che chiedeva spiegazioni. Un attimo prima che le porte dell’ascensore si chiudessero davanti allo scrittore, l’uomo aveva fatto un cenno con la mano ai due che intendeva ‘dopo’ e gli aveva lanciato un’occhiata di scuse.
Bussò prima di entrare nella camera d’ospedale. La voce di Jim gli diede il via libera e Rick aprì la porta piano, quasi timoroso. La prima cosa che vide furono gli occhi di Kate. Rimase immobile sulla porta, la mano ancora sulla maniglia, senza riuscire a dire o fare niente se non perdersi negli occhi della sua musa. Non importava che fosse in un lettino d’ospedale. Non importava che avesse i capelli scompigliati. Non importava che avesse il viso pieno di tagli. Lei era sempre la sua straordinaria bellissima detective. E lui aveva rischiato di perderla ancora una volta.
“Kate…” mormorò, mentre un sorriso enorme gli si apriva in viso. La donna sorrise a sua volta nel sentire pronunciare il suo nome in modo così tenero e sollevato dallo scrittore.
“Ciao Rick” disse piano. Finalmente l’uomo si riscosse. Lasciò la maniglia e si avvicinò velocemente a Kate. Poi le prese delicatamente il viso fra le mani, cercando di non sfiorare i tagli, e le andò incontro per baciarla. Un bacio dolce e innocente, ma che esprimeva insieme tutta la paura che aveva avuto di perderla e tutto il sollievo nel vederla di nuovo sveglia. Quando il bacio cominciò a diventare un po’ troppo lungo e profondo però, un basso borbottio lo fece staccare, imbarazzato, dalla donna. Si era completamente dimenticato della presenza di Jim nella stanza. Kate era diventata rossa per l’imbarazzo.
“Figliolo, lo so che state insieme, che vi amate e che le ultime ore non sono state particolarmente piacevoli, ma non è che potreste continuare in un altro momento? O almeno aspettate che esca…” commentò ridacchiando Jim. Rick balbettò qualche scusa. Poi gli strinse la mano per salutarlo, ricordandosi che non l’aveva fatto all’entrata nella stanza, e lo ringraziò per averlo chiamato subito. “Oh, non è stato un problema Rick. Anzi grazie per esserti precipitato così velocemente” replicò l’uomo. “Tra te e mia figlia non so chi volesse di più imparare a teletrasportarsi…”
“Papà!” lo riprese Kate diventando ancora più rossa. Questa volta fu Rick a ridacchiare. La guardò con uno sguardo malizioso, ma insieme tenero. La detective si rivolse quindi allo scrittore cercando di cambiare argomento e dissolvere il rossore sulle sue guance. “L’uomo che ha sparato…” iniziò Beckett. Castle però la fermò con un gesto della mano.
“È in custodia al dodicesimo. Ti ha salvato, ma ha pur sempre ucciso un uomo.” Dal tono, Kate capì che lo scrittore non era particolarmente dispiaciuto per quel fatto. “Comunque quando tornerai al distretto lo vedrai. Al momento non può andare da nessuna parte.” E non lo farebbe in ogni caso visto che vuole parlare con te… pensò lo scrittore inquieto. Viste le reticenze dello scrittore a parlare davanti a Jim, la donna non chiese più nulla al riguardo, riproponendosi di chiedere spiegazioni in un altro momento. Abbandonarono quindi l’argomento e rimasero a chiacchierare di altro per qualche minuto, lasciando semplicemente i problemi fuori dalla porta, finché non venne un infermiere a portare Kate dal medico per farla visitare. Era un ragazzo giovane e forte. Doveva avere al massimo tre o quattro anni in meno di Kate. Aveva con sé una sedia a rotelle. La detective all’inizio non volle saperne di salire, ma uno sguardo di supplica di Rick la fece desistere. Era per precauzione, non le serviva realmente, ma era meglio essere cauti dopo una botta in testa del genere. Kate si tirò su completamente a sedere sul letto già mezzo alzato.
“Vuole che l’aiuti a salire?” domandò celermente l’infermiere, indicando la sedia a rotelle. All’inizio Rick non capì cosa volesse dire visto che Kate era già quasi in piedi da sola. Poi lo vide avvicinarsi alla donna e capì che il suo intento era prendere in braccio la detective. La donna alzò gli occhi sul ragazzo, all’inizio non capendo neanche lei perché le dovesse servire il suo aiuto. Quando lo comprese, si girò a guardare Rick. Stava fulminando con uno sguardo omicida il ragazzo. Non riuscì a trattenersi dal ridere.
“No, grazie. Ce la faccio da sola” rispose Kate divertita, mentre sul viso di Rick si apriva un sorriso trionfante opposto a quello di delusione dell’infermiere. Kate salì sulla sedia a rotelle con una smorfia, non sopportando di sembrare una malata. Lo scrittore rivolse un altro truce sguardo al ragazzo, che non si accorse di nulla, quando lo vide soffermarsi ben più del dovuto sulle gambe scoperte della sua musa.
“Torneremo nel giro di mezz’ora o poco più” annunciò l’infermiere, quindi uscì spingendo Kate fuori dalla stanza. Nella camera rimasero solo lo scrittore e il signor Beckett.
Appena Kate fu uscita, sul viso di Rick tornò la preoccupazione. Si passò una mano nei capelli e fece un sospiro. Jim, che lo stava osservando, vide la maschera serena che aveva mantenuto davanti alla donna cadere miseramente.
“Ora che l’uomo che ha tentato di uccidere mia figlia è morto, Kate sarà al sicuro?” domandò l’uomo dopo qualche minuto, ansioso. Rick non si mosse, gli occhi persi nel vuoto della camera, ripensando alle parole di Kastor. Lei non è più al sicuro…
“Ho paura che ora sia anche più in pericolo di prima” rispose alla fine con tono triste e preoccupato, alzando gli occhi su di lui. Jim annuì, la mascella serrata, lo sguardo rassegnato.
“Ancora il caso di Johanna?” chiese addolorato. Lo scrittore scosse la testa.
“Non lo sappiamo. È quello che stanno cercando di scoprire al distretto.” Jim annuì ancora.
“Non farla affogare di nuovo Rick. Non permetterglielo” disse dopo qualche minuto. Aveva gli occhi leggermente lucidi. La voce era uscita un po’ incrinata. Lo scrittore lo osservò per qualche secondo, comprendendo bene la paura di un padre per l’incolumità della propria figlia. Annuì semplicemente.
Kate tornò dopo tre quarti d’ora. Nessuno dei due si era mosso dalle sedie accanto al lettino su cui si erano sistemati in precedenza. Quando la donna entrò, questa volta era in piedi a fianco dell’infermiere. Non erano riusciti a convincerla a sedersi di nuovo sulla sedia a rotelle, ma d’altronde non ne aveva bisogno.
“Tutto a posto” disse l’infermiere con un sorriso. “La signorina Beckett è in perfetta salute, se vogliamo escludere i tagli e i lividi. Quelli inizieranno a passare tra qualche giorno. Può già andare via se lo desidera.” Kate sorrise felice. Era tutto quello che la detective voleva e i due uomini lo sapevano bene. Non aveva mai amato gli ospedali. L’infermiere aveva con sé anche una busta con i vestiti di Kate. Beckett firmò il foglio per essere dimessa, quindi si cambiò velocemente nel piccolo bagno adiacente alla stanza. Nel giro di dieci minuti erano in strada ad attendere un taxi. I due uomini avevano cercato di far sparire gli sguardi preoccupati, ma Kate conosceva bene entrambi. Non disse niente quando il padre l’abbracciò un po’ più a lungo del solito, prima di salire su un uno dei taxi che avevano fermato. Semplicemente ricambiò la stretta con più forza. Questo sembrò tirare su un poco il morale del padre. La sua bambina non si sarebbe arresa. Avrebbe combattuto come sempre per il caso che più le aveva influenzato la vita. Questa volta però aveva chi avrebbe potuto proteggerla. Jim lanciò a Rick un ultimo sguardo d’intesa prima di salire sul taxi. Qualche minuto dopo Kate e Rick riuscirono a fermare un altro mezzo e l’uomo diede l’indirizzo del suo loft. La borsa con un cambio di Kate era ancora nell’auto davanti al suo palazzo. Sarebbe bastato quindi un passaggio a casa dello scrittore per cambiarsi entrambi, senza dover anche passare dall’appartamento della detective. Parlarono poco durante il tragitto. Rick cercava di essere scherzoso come al solito, ma gli riusciva più difficile. Preoccupazione e ansia non abbandonavano il suo sguardo. Le parole di Kastor continuavano a rimbombargli in testa. Lei non è più al sicuro…
“Voglio tornare al distretto” disse di punto in bianco Kate guardandolo. Rick la osservò sorpreso per un momento. Si era perso nei suoi cupi pensieri. I suoi occhi blu continuavano a esprimere angoscia. Dopo un momento di incertezza però, alla fine sospirò.
“Va bene. Appena ci siamo cambiati, ti accompagno” rispose. La donna lo guardò con un sopracciglio alzato. Non era mai successo che Rick accettasse di portarla al distretto senza fare la minima discussione. Soprattutto con i tagli che avevano praticamente appena smesso di sanguinare. Lo scrittore era sempre premuroso e attento. Aveva detto quella frase per scuoterlo. Non si aspettava una risposta del genere detta con un tono così rassegnato. Cosa è cambiato nelle ultime ore? pensò la detective turbata.
“Va bene?” domandò scettica ripetendo le sue parole. Lui annuì. “Rick c’è per caso qualcosa che non so? Sei sempre quello che al minimo accenno di pericolo” disse intendendo sia quello fisico che quello morale, legato al caso di sua madre “mi terrebbe sempre al sicuro e lontano dal distretto. Perché ora è diverso?” Rick la guardò sconsolato, fece un altro sospiro e le raccontò le ultime poche informazioni che avevano appreso sul caso e il mezzo interrogatorio che aveva fatto all’uomo che l’aveva salvata. Kate ascoltò tutto senza aprire bocca.
“Ora è diverso perché credo che il posto più sicuro che ci sia al momento, sia proprio il distretto” concluse infine atono con lo sguardo basso. Dopo qualche secondo di silenzio e immobilità, la donna aggrottò le sopracciglia.
“Però non sai cosa vuole da me questo Kastor…” disse piano. Lo scrittore scosse la testa.
“So solo che se è vero ciò che dice, allora nessun posto può essere più sicuro come il distretto. Sanno dove abito ovviamente e quasi certamente conoscono anche il tuo indirizzo. Non basterà uccidere un assassino per evitare di farne venire altri. Il drago verrà frenato solo per poco. Giusto il tempo di trovare un altro mercenario al suo soldo. Almeno al distretto ci sono Esposito e Ryan. Non è molto, ma è già qualcosa. Inoltre parlando con la Gates, magari riesci a ottenere una scorta e…” Era partito incerto, ma ora stava decisamente correndo, nervoso, agitato.
“Ehi, Rick piano” lo fermò Kate, posandogli una mano sulla guancia. Lui si bloccò e chiuse gli occhi a quel tocco così delicato. “Per il momento andiamo a cambiarci. Poi passiamo dal distretto, parliamo con gli altri e vediamo cos’hanno. Non sappiamo nemmeno se l’assassinio di Smith è davvero collegato a Maddox e al caso di mia madre… Farò due chiacchiere anche con questo Kastor. A quel punto vedremo cosa fare. Ok?” Rick sospirò, ancora ad occhi chiusi, poi girò appena la testa per lasciarle un piccolo bacio sul palmo della mano.
“Ok…” rispose facendo un mezzo sorriso e aprendo di nuovo gli occhi, più calmo. I loro sguardi rimasero incatenati per qualche secondo, poi Rick avvicinò la donna a sé delicatamente, per evitare che i lividi si facessero sentire. Le portò una ciocca di capelli dietro l’orecchio e, tenendo la mano tra questi, la baciò piano. Kate ricambiò subito, cercando di far sentire il suo amore, la sua presenza, allo scrittore semplicemente con quello sfioramento di labbra. Quando si staccarono, Kate appoggiò la testa alla spalla dell’uomo e Rick portò un braccio dietro le spalle di lei. “Quando tutto questo sarà finito, io e te ce ne andremo un mese negli Hamptons” sussurrò lo scrittore alla sua musa lasciandole un piccolo bacio sulla testa. “E non voglio sentire storie di alcun genere. Non ci sarà assassino, drago, iguana o lucertola, che mi impedirà di passare un po’ di tempo solo con te.” Kate non poté fare a meno di sorridere. Cinque minuti dopo erano arrivati. Rick pagò e scesero. Recuperarono la borsa della donna dal bagagliaio dell’auto e si diressero all’interno del palazzo.
 
Mezz’ora più tardi, Castle e Beckett fecero la loro entrata al distretto. Appena li vide, la Gates li chiamò nel suo ufficio e chiese alla donna un rapporto completo di quello che era successo la sera prima. L’aveva già sentito dallo scrittore, ma voleva anche la sua versione. Quando la detective ebbe concluso, videro arrivare Ryan ad Esposito e uscirono dall’ufficio per incontrarsi con loro davanti alla lavagna segnata con il caso Smith. Stranamente li seguì anche il capitano. Voleva essere informata su tutte le novità di quel caso in tempo reale. Quando i due detective videro Kate le sorrisero sollevati.
“Bentornata Beckett. Se volevi ancora ferie bastava chiedere! Non credo ci fosse bisogno di farsi fare a pezzetti…” la salutò Ryan.
“Cercherò di seguire il tuo consiglio” rispose la donna ridendo. Poi tornò più seria. “Allora avete qualcosa di nuovo?”
“Dipende da cosa vuoi partire” disse Esposito, mentre attaccava alla lavagna una foto di Max Kastor. “C’è ne per tutti i gusti. Smith o Kastor?” Beckett girò appena la testa per lanciare un’occhiata alla porta della stanza interrogatori dove Rick le aveva detto essere il suo salvatore. Si morse il labbro inferiore incerta. Il caso Smith o il caso Beckett?
“Parti da Smith” dichiarò dopo qualche secondo, appoggiandosi a braccia conserte si schiena alla sua scrivania. Castle le si posizionò subito accanto. La Gates appena più in là di loro, in piedi. Esposito annuì e cominciò.
“Allora, per prima cosa la scientifica ha concluso gli esami balistici sulla pistola ritrovata in mano a Maddox. È la stessa arma che ha ucciso Smith.”
“Quindi l’ha ucciso davvero lui…” commentò Castle con un sospiro.
“Già. E c’è di più” continuò Ryan. “Hanno controllato anche l’olio trovato sulle ruote dell’auto della vittima. Olio per navi, di un tipo particolare, usato solo per pochi yacht per lunghi viaggi. Abbiamo fatto un controllo e siamo risaliti a una rimessa del porto. Il proprietario è alle Hawaii da tre settimane, quindi il magazzino era vuoto negli ultimi tempi. Siamo tornati proprio ora da lì”
“La serratura era scassinata e all’interno abbiamo visto gli oggetti che Lanie aveva elencato come probabili armi della tortura. Per terra era pieno di sigarette. Su un tavolo abbiamo trovato un coltello militare e un taser di medie dimensioni. Oltre a questo c’era pure una tinozza piena d’acqua, abbastanza profonda per infilarci completamente la testa di un uomo” elencò Esposito.
“Inoltre abbiamo trovato anche un piccolo ripostiglio in cui pensiamo abbia rinchiuso Smith. Era pieno di sangue” commentò Ryan nauseato dal lavoro che aveva compiuto Maddox. “La scientifica sta facendo i rilevamenti, ma quasi certamente è il luogo in cui Maddox ha tenuto sequestrato, torturato e ucciso Smith. Da lì, lo ha poi caricato nell’auto della stessa vittima, con cui probabilmente l’aveva rapito, e lo ha portato al ponte sotto cui l’abbiamo ritrovato. Dai filmati delle telecamere ho notato l’auto di Smith passare sul ponte prima in un senso e un quarto d’ora dopo nell’altro”
“Questo punto quindi l’abbiamo chiarito” si inserì il capitano Gates bruscamente. Era in piedi a braccia incrociate di lato alla lavagna. “Cole Maddox era un assassino professionista, ed è stato pagato per avere delle informazioni da Smith e poi ucciderlo. Ma perché? Cosa nascondeva?”
“Avete trovato niente nei conti bancari?” domandò Beckett seguendo il ragionamento del capitano.
“Negativo” rispose Esposito. “Regolare stipendio, qualche spesa per la casa e per la moglie. Niente transazioni particolari o altro. Non aveva neanche precedenti. La sua fedina era immacolata. Inoltre era un ex soldato. Aveva partecipato come medico militare alla prima guerra del Golfo.”
“E nei tabulati telefonici?” chiese poi la donna. I due detective si scambiarono un’occhiata strana. Poi guardarono Castle.
“Che c’è?” domandò lo scrittore, confuso dagli sguardi duri dei due amici. Beckett li guardò sospettosa, le sopracciglia aggrottate.
“Abbiamo controllato” replicò Ryan dopo qualche secondo, non tenendo conto della domanda di Castle e rivolgendosi di nuovo a Beckett. “E ci sono solo due numeri che ci sono saltati all’occhio. Il primo è di un telefono intestato a Max Kastor.” Castle sussultò.
“L’uomo nella sala interrogatori conosceva Smith??” domandò agitato. Il detective lo guardò male. Rick, che si era sporto in avanti nella foga della domanda, si ritirò di nuovo nel suo spazio, con la testa tra le spalle, vedendo lo sguardo truce dell’uomo.
“Evidentemente sì. Si sentivano una volta ogni due giorni, sempre con chiamate sotto i due minuti” rispose Esposito per il partner, con tono freddo rivolto allo scrittore. “Comunque non è l’unico a quanto pare che lo conosceva. L’altro numero che dicevamo è del tuo cellulare Castle.” L’uomo rimase a bocca aperta per quella notizia.
“Cosa??” esclamarono insieme Beckett e Castle dopo qualche secondo. “Ne sei sicuro?” domandò quindi la donna. Esposito annuì. Tutti si voltarono verso lo scrittore, rimasto senza parole.
“Ma… ma non è possibile…” balbettò passando con lo sguardo ognuno dei presenti, perfino la Gates. Poi si soffermò su Beckett. Gli occhi della donna erano dubbiosi. Non sapeva se credere ai fatti oppure allo scrittore. “Io… io non lo conoscevo!” continuò Castle inchiodando i suoi occhi in quelli di lei. “L’unica volta che l’ho incontrato è stato per caso in ospedale, mentre venivo da te! Posso giurarlo!”
“Allora perché c’è il tuo numero tra le sue chiamate? Ti sei sentito con lui per più di cinque minuti” intervenne Esposito duro, recuperando alcuni fogli dalla sua scrivania e mostrandoli ai presenti. Erano i tabulati telefonici di Smith. Le chiamate di Kastor, piuttosto frequenti, erano evidenziate in giallo. Una singola striscia verde invece, segnava il numero di Castle. Lo scrittore guardò il foglio ad occhi sgranati, incredulo.
“Non è poss…” aveva iniziato Rick, ma si bloccò appena vide la data. Avvicinò il foglio alla faccia, come se non ci vedesse bene, andando quasi a sfiorare la carta con il naso. La chiamata era di quasi tredici giorni prima. Il giorno in cui avevano iniziato a indagare sulla morte del ladro del computer di Montgomery. Aveva ricevuto in tutto tre chiamate quel giorno, lo ricordava bene. Una era di Kate, per il caso. Una di Alexis, che gli chiedeva quando sarebbe tornato per cena. E una era dell’uomo misterioso, che ancora una volta gli chiedeva di tenere la detective fuori dall’omicidio. Deglutì e iniziò a sudare freddo. Ripensò di nuovo alle parole di Kastor. ‘Non c’è più alcun patto’… E se fosse questo il motivo? Se Smith era davvero la voce al telefono, allora forse erano i documenti in suo possesso sul drago che Maddox cercava! Se li avesse trovati davvero, allora Kate…
“Castle!” La voce di Beckett lo riportò alla realtà. Sbatte le palpebre, come se si fosse appena svegliato da un sogno, e scosse la testa. Poi alzò gli occhi su Beckett che lo osservava immobile e preoccupata.
“C’è un modo di sentire la voce di Smith? Segreteria, una conferenza, qualsiasi cosa” disse velocemente lo scrittore rivolto ai due detective.
“Aspetta forse ho qualcosa… Anche se non capisco a cosa ti possa servire” rispose Ryan, troppo confuso e preoccupato dalla reazione dell’amico per essere arrabbiato con lui. Si mise al computer ed digitò alcune parole. “Ok, vieni ad ascoltare” chiamò dopo meno di un minuto il detective. Castle, Beckett, Esposito e il capitano si avvicinarono alla scrivania dell’uomo. Lo schermo del computer visualizzava la pagina di un convegno di cardiologia tenuto un mese prima a Los Angeles. “Questa è l’ultima conferenza a cui ha partecipato. Mi sono ricordato che la moglie ne aveva accennato quando le avevamo chiesto se recentemente aveva viaggiato per lavoro” spiegò Ryan. Quindi fece partire il filmato. Videro il relatore, un ometto piccolo e con grossi occhiali, invitare sul palchetto apposito Jonathan Smith, la loro vittima.
Stimati colleghi, è un onore essere qui oggi per parlare di…” Rick si allontanò bruscamente dal computer. Aveva già sentito abbastanza. Iniziò a respirare velocemente, la bocca semiaperta, incredulo. È lui! L’uomo del telefono è Smith!
“Castle che…?”
“La voce del telefono Kate! È lui! È Smith!” esclamò Rick guardandola negli occhi. Beckett rimase immobile.
“La voce del telefono?” domandò la Gates sospettosa. “Che significa detective?” Ma la donna era incapace di rispondere. Era persa negli occhi blu di Rick, addolorati e spaventati. Sapevano entrambi cosa avrebbe voluto dire la morte della voce al telefono. Che Kastor aveva ragione. Lei non era più al sicuro. E forse neanche la famiglia di Montgomery. Finalmente riuscì a riscuotersi. Guardò il capitano e la sua squadra. Poi ancora Rick. Prese un respiro profondo. E prese una decisione che sapeva avrebbe cambiato molte cose. Ma il capitano le aveva tacitamente dato fiducia non spedendo la sua richiesta di dimissioni e rimettendola sul campo dopo appena una settimana dal suo rientro. Sperava di ricambiare in questo modo. Avendo fiducia in lei. Spero solo di aver fatto la scelta giusta… pensò Kate.
“Signore” disse rivolgendosi gravemente al capitano. “Sarà meglio andare nel suo ufficio. C’è una cosa di cui devo parlarle”
 
Kate parlò per tre quarti d’ora. Quarantacinque minuti in cui raccontò al capitano qualcosa che fino a quel momento era stato riservato solo a lei, Castle, Ryan ed Esposito. Le rivelò di Montgomery. Partì dai rapimenti e dalla morte di Bob Armen, l’agente FBI infiltrato nella mafia, ucciso per sbaglio venti anni prima. Di come fu arrestato un innocente. Passò da sua madre e dalle altre vittime a lei collegate, assassinate tutte tredici anni prima per aver cominciato a indagare su quel vecchio caso. Arrivò alla morte di Montgomery, un anno prima e raccontò di come si svolsero realmente i fatti quella notte. Poi fu il turno di Rick, che continuò parlando dell’uomo misterioso al telefono che lo aveva contattato dicendogli di aver fatto un patto con il drago. Un uomo a cui ora sapevano dare un nome. Smith. Quando concluse, i due detective e il capitano capirono finalmente le parole di Kastor.
“Capitano glielo chiedo come favore personale. Questa storia non deve uscire da qui” supplicò Beckett nervosa. Non voleva gettare fango sulla memoria del suo vecchio capitano. Era quella la sua unica preoccupazione. La Gates la guardò risoluta, anche se ancora un po’ frastornata per quello che aveva appreso.
“Non si preoccupi detective. Le assicuro che le gesta, o gli errori, di Montgomery non usciranno da questa stanza” replicò la donna. “Anch’io conoscevo il capitano. E l’ho sempre ammirato e apprezzato per il suo lavoro, nonostante pensassi fosse un po’ troppo permissivo. Ma dopo un anno passato qui, so che lo faceva perché conosceva i suoi uomini. Si fidava di loro e loro si fidavano di lui. Sono ancora convinta che forse lasciasse un po’ troppa carta bianca, ma era consapevole delle sue azioni e sapeva prendersi le sue responsabilità. Ora capisco di più lui e di più anche lei detective. Queste… notizie che mi ha dato potrebbero essere distruttive per la sua memoria. E non ho alcuna intenzione di dire o fare qualcosa che avrebbe la capacità ledere il suo ricordo.” Quando concluse, Beckett non poté non provare un nuovo rispetto per il capitano Iron Gates. Ed era sicura che anche i tre uomini presenti sentissero la stessa cosa.
“Bene signore. Grazie” disse alla fine la detective sinceramente riconoscente. Non percepiva quel senso di tradimento che pensava avrebbe provato raccontando tutto alla Gates. Anzi sentiva di aver fatto la cosa giusta, poiché ora avevano un alleato in più. Montgomery sarebbe stato contento del fatto che finalmente avesse cominciato a dare fiducia al nuovo capitano.
Rick aveva osservato a lungo la sua musa, senza che lei se ne accorgesse, mentre parlava. Era fiero di lei. Forse non se ne era accorta, ma quello era stato un grande passo non solo per il caso, ma anche per lei. Ora era sicuro che stava realmente facendo pace con il caso di sua madre. Si stava facendo aiutare. Non era più un fatto personale. Non era più IL caso. Era un caso. Che andava risolto certo, ora più che mai, ma non con lo stesso tormento di prima. Non era più vendetta. Era giustizia.
“Ora che sa tutto capitano, sta a lei” disse Beckett alla fine ansiosa. Si stava tormentando le mani e si mordicchiava il labbro inferiore. La Gates la guardò confusa. Ryan ed Esposito si scambiarono uno sguardo perplesso girandosi poi verso Castle, ma neanche lui sapeva cosa intendesse la donna.
“Di che parla detective?” domandò secca il capitano. Kate deglutì e continuò.
“Ora conosce i fatti. Vorrei andare avanti nelle indagini, parlare con Max Kastor, scoprire chi sia il mandante di ben più di un omicidio nel corso di quasi vent’anni, compreso quello di mia madre. Vorrei avere la possibilità di prendere il drago e sbatterlo in cella fino alla fine dei suoi giorni…” Fece un sospiro prima di continuare. “Ma non voglio più rischiare la vita dei miei uomini o la mia. Quindi, se lei dovesse ritenere che io sia troppo coinvolta, allora mi farò da parte.” L’ultimo commento, detto con decisione, lasciò stupefatti i presenti. Ryan ed Esposito avevano la bocca spalancata che rasentava il pavimento. Mai si sarebbero aspettati un’affermazione del genere da Beckett su quel caso. Perfino la dura e impeccabile Gates aveva alzato le sopracciglia e si era irrigidita, stupita da quelle parole. Rick guardava anche lui la donna a bocca aperta e con occhi sgranati, ma un sentimento di orgoglio gli stava gonfiando il petto. Dopo qualche secondo da quelle parole, Kate si girò verso lo scrittore, incatenò lo sguardo ai suoi occhi blu e gli fece un mezzo sorriso. L’uomo lesse due semplici parole nei suoi occhi. Per te… Rick avrebbe voluto coprire i pochi passi che lo separavano da lei in un attimo. Avrebbe voluto abbracciarla, dirle che l’amava e baciarla come gli sembrava fino ad ora di non aver mai fatto. Ma rimase al suo posto, consapevole che se solo l’avesse sfiorata al distretto, davanti al capitano e ai due detective, gli avrebbe sparato. Non vedeva l’ora di essere a casa per averla solo per sé.
Davanti agli occhi di lei, lo scrittore non riuscì ad aprire bocca. Ma il suo sguardo leggermente lucido diceva abbastanza per Kate. Come sempre, lui aveva capito senza bisogno di parole. La donna tornò quindi a guardare il capitano, ansiosa. La Gates sbatté le palpebre e scosse appena la testa per riprendersi.
“Detective Beckett, mi ascolti bene. Lei ora andrà in quella stanza e tirerà fuori dal signor Kastor tutto quello che c’è da sapere su Smith, Montgomery e sul drago. Se vuole avere un po’ di riposo, dovrà aspettare la fine di questo caso. Sono stata chiara?” Un sorriso magnifico e riconoscente si aprì sul volto della detective. Annuì vigorosamente.
“Trasparente signore” rispose la donna. Stava per girarsi e uscire dall’ufficio del capitano per andare a fare quello che le era stato ordinato, quando una voce la fece voltare nuovamente.
“Ehm… a proposito di questo…” disse piano Ryan che ancora faticava a riprendersi dal cambiamento della donna. Esposito era ancora a bocca aperta accanto a lui. “Abbiamo controllato anche Max Kastor. Crediamo che sia un’identità falsa. Prima di qualche mese fa, quest’uomo non esisteva.” Finalmente si riprese anche Esposito, scuotendo la testa, e continuò per il partner.
“Già. Documenti, patente, carte di credito… Tutto è apparso improvvisamente senza che nessuna motorizzazione o ufficio avessero realmente mai rilasciato i certificati.” Il capitano si girò di nuovo verso Beckett.
“E scopra anche chi diavolo è realmente quest’uomo” ordinò. La detective annuì e uscì dall’ufficio, seguita dai tre uomini e dalla Gates. “Signor Castle, lei affianchi la detective. Ha bisogno di un partner al momento e inoltre lei ha già parlato con Kastor. Tirategli fuori tutto” disse poi il capitano rivolta a Castle. Lui rimase per un momento stupito. Stava giusto per chiedere se poteva entrare insieme a Beckett anche se non faceva più parte del distretto, ma lei lo aveva anticipato. Annuì riconoscente. Ryan, Esposito e la Gates si infilarono quindi nella stanzetta adiacente alla sala interrogatori. Beckett invece si fermò un momento davanti alla porta, seguita appena dietro da Castle. Kate fece un sospiro e si voltò a guardarlo. Lui le sorrise in risposta e le prese per un momento una mano, fregandosene di chi poteva vederli.
“Distruggilo detective e sbrigati” sussurrò l’uomo serio e divertito insieme, pericolosamente vicino al viso della donna, stringendo la presa sulla mano di lei. “Prima lo interroghi, prima torniamo a casa, prima posso farti capire quello che ho provato in quell’ufficio quando hai detto che ti saresti fatta da parte. E soprattutto prima finisci, prima posso dimostrarti cosa avrei voluto fare quando mi hai parlato con lo sguardo…” Kate era immobilizzata dai suoi occhi blu, maliziosi e insieme luminosi di passione e amore. La donna dovette fare appello a tutta la sua forza di volontà per non iniziare a baciarlo seduta stante, fregandosene del caso, del drago e del resto del mondo. Ma non poteva. Non ora. Ci sarebbe stato tempo più tardi. Come aveva detto lo scrittore, prima facevano parlare Kastor, o chiunque fosse, e prima sarebbero tornati a casa. Gli sorrise e annuì, stringendo anche lei appena la mano dell’uomo. Poi lo lasciò.
“Andiamo, c’è un caso da chiudere” disse decisa Beckett, prima di poggiare la mano sulla maniglia della sala interrogatori e girarla.

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Xiao!! :D
Lo so, lo so voi speravate che la facessi entrare subito da Kastor (o come si chiama in realtà) e invece vi faccio tribolare ancora un poco! XD
Kate finalmente sta facendo davvero pace con il caso di sua madre... Ha mantenuto la promessa data a Rick e si sta facendo aiutare! E ora anche la Gates sa tutto!
Rick ha capito che la misteriosa voce al telefono era di Smith e ora crede davvero alle parole di Kastor! Inoltre lui e Smith si conoscevano ed entrambi conoscevano Montgomery... saranno in grado i nostri eroi di far dire tutto a Kastor? X)
Piccolo appunto: non so se riuscirò a pubblicare presto il prox capitolo... alla peggio mi rivedrete a inizio prossima settimana pultroppo, ma spero di farne almeno uno prima... tutto dipende dal mio tempo libero a disposizione (notevolmente ridotto...-.-)! Almeno vi lascio con un cap un po' più lungo del solito...
Detto questo, lasciatemi anche solo un commentino!! (*tenta di fare gli occhi da cucciolo sperando di attirare più recensioni*)
Al prossimo capitolo (se ancora mi sopporterete)!! :D
Lanie
  
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