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Autore: Insanely Funny    16/06/2012    1 recensioni
C'era una volta un Angelo, che si innamorò di un umano, e lo trasformò in angelo, per poter passare con lui il resto della propria esistenza infinita.
C'era una volta quello stesso angelo, che dopo migliaia di anni si innamorò di un umano, ma cosa fare se l'Angelo che l'ha creato, lo ama ancora, e di certo non lo vuole condividere con nessun altro, al punto da averlo imprigionato nel proprio castello?
Una storia che parla di un amore impossibile, che i nostri due eroi, un angelo bellissimo ed un semplice umano con qualcosa in più di tutti gli altri, faranno del loro meglio per farle raggiungere la "The End" che tutti sogniamo.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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The Angel, the angel and the human.
 











2. First contact.

Successe tutto in meno di un secondo. Senza nemmeno accorgermene, con un tonfo sonoro finii sopra qualcosa di morbido.
"... Ahi! Ma che diavolo...?!" Guardai in basso, verso la fonte di quella voce sconosciuta. Incredibile, non ci potevo credere! Ero finito proprio sopra il ragazzo che stavo osservando dalla polla! In un primo momento ero così stupito che non mi passò neanche per la mente di spostarmi: mi limitai a guardare fisso quella chioma rossastra che si agitava da una parte all'altra nel tentativo di verificare cosa diavolo gli fosse finito sulla schiena. Quando cercò di tirarsi su, finii con le gambe all'aria.
"Ehi, come vi permettete?! Potevate almeno avere la buona creanza di chiedermi gentilmente di alzarmi!" M'irritai praticamente subito, poco abituato com'ero ad essere trattato male, nonostante avessi torto marcio in quella situazione.
Lui si alzò in fretta, e i suoi occhi verdi mi guardarono subito in cagnesco. "Come mi permetto?! Sei TU che mi sei finito addosso, te ne rendi conto? E poi, da dove sei sbucato fuori, sei caduto dal cielo?" Io aprii la bocca, ma da essa non ne uscì alcun suono. Effettivamente, ero arrivato proprio da lì. "E poi, si può sapere chi sei? Un amante dei cosplay?! Guarda che non è periodo di fiera." A quel punto lo guardai a dir poco stranito, le sopracciglia così sollevate che sembrava stessero per congiungersi all'attaccatura dei capelli.
"Ma..." Davvero, non trovavo le parole. Non mi era mai capitata una conversazione del genere. Osservai il mio abbigliamento, poi il suo. Poi di nuovo il mio, mentre mi alzavo da terra. "... ma!" Mi guardai meglio. Anzi, feci un giro su me stesso, come se non credessi ai miei occhi. Intanto il ragazzo, così come buona parte della gente che passava per quella strada, mi guardava stranito. "... oddio, le mie ali!" Non c'erano più. Bum, caput, scomparse.
"Hai perso la parte più importante del travestimento, allora. Cos'è, dovevi sembrare un angelo? Ammetto che, con quelle lenti a contatto e i capelli lunghi, dai un po' l'idea. Lasciami indovinare: ti sei buttato da un palazzo per verificare se riuscivi a volare sul serio? Sei proprio fuori di testa allora. Beh, io vado, ci vediamo." Mi aggrappai al suo braccio prima ancora che lui terminasse il suo monologo. "Non avrai davvero intenzione di lasciarmi qui da solo, vero?!" In fondo, mi trovavo in un posto che non avevo mai visto prima, ero letteralmente sconvolto per la recente scoperta di una mia parte anatomica improvvisamente scomparsa, non sapevo come tornare a casa, e lui era la mia sola ancora di salvezza. Che lo volesse o no.
E da come mi guardava, non sembrava per nulla contento della cosa. "Sei davvero pazzo come sembri!" Agitò il braccio per cercare di scacciarmi via, come se fossi stato una mosca, ma la mia presa era fin troppo ferrea. "Non mi lasciare qui! E' anche colpa tua se sono finito in questa situazione! Se non mi fossi sporto troppo per guardarti, a quest'ora quella strana polla non mi avrebbe inghiottito e non sarei finito in questo mondo assurdo!" L'ultima frase, mi vergogno un po' ad ammetterlo, la dissi piagnucolando. La compostezza che vantavo da tempo, le buone maniere, il linguaggio forbito, erano sparite tutte in un lampo. Senza accorgermene, avevo addirittura smesso di dargli del "voi".
L'espressione sconvolta che ormai aveva assunto il suo viso, non accennava a dissiparsi. "... No! No, no, e poi no!" Accortosi di stare urlando, abbassò sensibilmente il tono della voce. "Piccolo pazzo, tu magari hai anche il tempo di importunare la gente per strada, ma io sono impegnato! Sto tornando da una sfiancante giornata di università, ho solo voglia di rilassarmi, e tra qualche ora mi aspetta il lavoro part time. Non so chi tu sia, non posso credere che una situazione del genere stia capitando proprio a me, non so come mai sono ancora qui a parlarti, ma sappi che non riuscirai MAI a convincermi a portarti con me!".

 
 
***


 
Alla fine, lo convinsi. E' sempre stata una persona dall'animo troppo buono, glielo dico sempre, ancora oggi.
Mi portò con sé, prima di tutto, in un centro commerciale, quando gli fu chiaro che non avevo un posto dove stare, nemmeno un soldo in tasca, e quindi, di conseguenza, nemmeno un abito decente. Mi fece mettere un paio di jeans modello slim ed una camicia bianca. Rimase molto sorpreso quando si accorse che i capelli erano veri, così come i miei occhi.
"Così scomodo, così scomodo..." Mormoravo tra me e me, mentre con molto disgusto mi accingevo a mangiare, con le mani e senza le mie solite posate d'argento, un panino, in un posto che lui aveva chiamato fast food. Il problema era causato dal ruvido tessuto dei jeans, ed anche dalla troppa aderenza della camicia, ma lui non aveva voluto sentire ragioni, si vergognava troppo a portarmi in giro conciato com'ero.
"Allora, quindi ora tu saresti tipo... il mio animaletto da compagnia?" Gli lanciai un'occhiata interrogativa. "Sì insomma... ti ho vestito, ti sto nutrendo, e poi tu hai un'aria così spaesata, proprio come un micetto abbandonato... ahah! Scusa se ti dico queste cose, non prendermi sul serio!" Le sue guance si erano colorate di rosso, mentre con agitazione cercava di ritrattare alla meglio quello che aveva appena pronunciato. Un tipetto impacciato, poco sicuro di sé, troppo buono, che non pensa mai prima di parlare, timido... così diverso dall'idea che mi ero fatto di lui.
Io mi limitavo a starmene zitto, ascoltando a tratti i suoi vaneggiamenti, con il cervello che in parte ancora cercava un modo per uscire da quella situazione assurda, e per il resto si beava della visione di quel ragazzetto. Era incredibile, non mi sembrava ancora vero che potessi vederlo dal vivo. D'istinto allungai una mano, per cercare di sfiorargli il volto, ma lui si ritrasse improvvisamente, cosa che aiutò a svegliarmi dal mio stato di trance. Abbozzai un sorriso di scuse per il mio gesto poco galante. "Come ti chiami?" 
"Ah, io? Ehm..." Era davvero adorabile. "Kristian. Tu?"
"Catan." Mi portai un dito alle labbra, cominciando a mordicchiare un'unghia. "Dove ci troviamo?"
Eccola, di nuovo, quell'occhiata stranita. "In che senso? Vuoi sapere la via? Beh, ecco..."
"Intendo, in che paese ci troviamo. Non mi trovo più nel regno dei cieli, vero?" Lo interruppi di colpo, guardandolo seriamente negli occhi. Avevo bisogno della prova definitiva.
Lui, con mia grande sorpresa, scoppiò a ridere. "Regno dei cieli? Basta, sei sicuramente uscito da qualche manicomio. Ed io che ancora cerco di parlare civilmente con te." Scosse più volte la testa, a metà tra il divertito e il rassegnato.
Non capivo molto di quello che diceva, la maggior parte di quei vocaboli erano a me sconosciuti, ma quel tono aveva tutta l’aria di presa in giro. "Guarda che non stai parlando con un idiota. Ti ho fatto una domanda precisa, e ti pregherei una risposta altrettanto esaustiva."
Forse fu il tono con cui pronunciai quelle parole a farlo diventare serio tutto d'un colpo. "Scusa, non volevo offenderti, non era mia intenzione. Mi dispiace, non è stato carino." Il cipiglio arrabbiato che avevano preso le mie sopracciglia, si distese nell'esatto istante in cui pronunciò quelle parole. "Ci troviamo in America, comunque. Los Angeles, hai presente? Ma come fai a non saperlo?"
Oh, adesso toccò a me ridere. E di gusto. "Angeles" ha detto, davvero molto divertente. Il destino ha dato il meglio di sé, quella volta. Davvero un gran burlone.
"Senti Kristian." Il mio improvviso cambiamento, da ilarità compulsiva a serietà inquietante, sicuramente gli avrà dato la certezza della mia instabilità mentale. Ma non me ne accorsi nemmeno. "Non so come sono finito in questo mondo assurdo, ma la polla magica mi ha fatto arrivare fino a te, e quindi deve esserci un motivo." Gli puntai deciso un dito al petto. "Non so ancora quale sia, ma sicuramente c'è, quindi... devo rimanere assieme a te. Ospitami nella tua dimora!"
   
 
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