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Autore: MushroomPower    16/06/2012    2 recensioni
Loro ci controllano, Loro osservano ogni nostro movimento 24 ore su 24, nonostante cerchino di darci una parvenza di libertà quando siamo nelle nostre stanze. Anche se questa no, non può essere definita libertà, in nessun modo.
La libertà, quella vera, si può provare solo lì fuori, in quel mondo che i miei occhi avranno visto forse una volta, quello che la mia mente ormai ha sepolto nella zona più remota della mia memoria.
Forse dopotutto... io non ho mai conosciuto neppure la solitudine.
Quindi la mia migliore amica è falsa? In realtà non ha mai avuto alcun tipo di contatto con me?
Io... chi sono?
Lee Taemin.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Altro personaggio, Minho, Taemin
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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-Minho?-

-Mh?-
-Co..com'è avere la possibilità di vivere una vita normale ma non poterlo fare?-
-Orribile. Ma ti svelerò un segreto!-
-Ovvero?-
-La notte me lo permette.-
-Cosa?-
-Di vivere, quand'è notte posso.-
-E come? Dio mi sento stupido, ma non capisco!-
-Tranquillo Taemin, a breve te lo farò capire.-
-Mh.. e in che modo?-
-Ma tu hai sempre fatto così tante domande?-
-Solitamente al mio cuscino.-
-E ti rispondeva?-
-Alle volte, molte delle quali mi mandava a quel paese.-
-Cuscino irrispettoso!-
-Non sai quante botte che gli ho dato!-
-...Come fai Taemin?-
-A fare cosa?-
-A parlare così di quello che.. hai passato. Io sono un ragazzo pure troppo viziato che si lamenta fino alla nausea della sua prigionia, ma dopotutto sono sempre stato a casa. Nessuno mi ha.. mi ha mai fatto del male.-
-E che dovrei fare? Piangere notte e giorno per quello che ho subito? Sarebbe inutile.-

Sono più di quaranta minuti che aspetto Minho seduto sul suo letto. “Per le 17 sarò da te!” aveva detto. Pfffff.
La camera di Minho è.. beh, lo rappresenta in pieno. Dire che sia ordinata è dire un nonnulla, le pareti sono di un delicato color crema e il letto a baldacchino è posto al centro, con un comodino per lato sui quali vi sono riposte le abatjour; vicino all'ampia finestra, dal lato opposto della porta, vi è una grande scrivania con casse per la musica, un computer fisso dal monitor di grandezza impressionante e miriadi di libri.
I libri sono un po' ovunque, a dire il vero.
Alcuni testi li ho letti anche io, altri credo di non averli mai sentiti nominare ed altri ancora sono in lingua, o inglese o giapponese.
L'elemento che però mi ha colpito sin da subito è stato l'odore.
Un odore delicato, fresco che sa.. sa di Minho, ecco.
Non l'ho ancora capito molto bene.
Ma penso sia normale, no? Intendo dire, non si può pretendere di conoscere una persona in appena una settimana.. credo.
Non so, insomma, non ho mai avuto alcun tipo di contatto con altra gente e proprio non riesco a capire certa roba! Probabile che col tempo la situazione cambierà. Per ora mi posso limitare a riempire di domande questo sventurato ragazzo che è in un ritardo colossale.
Mi annoio!
I soffici cuscini dalle federe bianche attirano, ad un certo punto, la mia attenzione.. sono così invitanti! A vederli sembrano dei pezzi di nuvola posati su un letto e sì, la loro morbidezza non è solo apparente.
Adesso riesco a vedere solamente il soffitto bianco, con al centro un lampadario non troppo vistoso né tanto meno molto grande. Chissà perché ci sta mettendo così tanto..
Ora come ora sembra non ci sia nessuno a casa, il silenzio è l'unico suono udibile, un po' come di notte, quando tutto si azzittisce e ciò che si può sentire è unicamente il passaggio (lontano) delle auto.
Senza motivo quello che mi si stampa sulle labbra è un piccolo sorriso e mi esce una risata, quando mi rotolo tra le coperte.
Dio, questo letto è la morbidezza fatto mobile!
Potrei pure addormentarmi ma.. devo.. sì, devo aspettare che arrivi Minho...
Devo aspettare Minho...

La prima sensazione che provo è quella di un calore che non c'era quando mi sono addormentato e sorrido, perché so di chi sono le braccia che mi stringono dolcemente.
Mi stiracchio muovendomi il meno possibile e il suono che esce dalla mia bocca sembra quasi il miagolio di un gatto
-Dormito bene?- ridacchia, posandomi una carezza sulla guancia sinistra
-...ma che ore sono?-
-Quasi le 9, credo.-
-Stai dicendo che ho dormito 15 ore?-
-No, sciocco, sono le 9 di sera!-
-...ah.-
Bella figura. Ma sono mezzo addormentato, cosa si può pretendere?!
Mi piacciono le braccia di Minho, sono così calde ed accoglienti che non vorrei mai separarmene. Adoro quando avvolgono il mio corpo ed è bellissimo poter stare accoccolato al suo, tutti e due avvinghiati l'uno all'altro, quasi fossimo una cosa sola.
Comincio a pensare ma mi perdo, tentando di sincronizzare i nostri respiri e stringendomi sempre più al suo corpo caldo.
Sospira, rovinando tutto il mio lavoro.
-Gnah, ho sonno!- e adesso anche il mio sguardo si perde, nel tentativo di non guardarlo in faccia.
Non sono ancora abituato al contatto con le persone, figuriamoci ad uno così ravvicinato!
Fuori dalla finestra il buio regna sovrano e la luna splende nel cielo immacolato, questo mi fa sorridere, riportandomi a pensare alla notte di sette giorni fa, durante la quale io e Minho non facemmo altro che parlare fino alle sette di mattina, quando cademmo addormentati sul suo letto, l'uno vicino all'altro.
E il mio sorriso diviene un po' imbarazzato nel ricordare il fatto che, in tarda mattinata, quando ci svegliammo, ci ritrovammo abbracciati. Però non interrompemmo il contatto neanche quando fummo svegli, restammo così, insieme, in silenzio, per più di mezz'ora.
-Se vuoi puoi pure riaddormentarti, ti sveglio io più tardi.-
-Mh? Perché?-
-Ti devo mostrare la mia vita, no?-
-Davvero eri serio quella volta?-
-Pensavi ti stessi prendendo per i fondelli? Ma ti pare?! Certo che ero serio.-
-Ma..-
-Su, torna qui- si batte un paio di volte la mano sul petto, facendomi arrossire involontariamente -Ti sveglio io per l'una.- non posso ribattere o fare altre domande che subito mi ritrovo con il viso letteralmente spiaccicato sulle sue costole che si alzano ed abbassano con un ritmo rilassante.
E non ci vuole molto prima che Morfeo mi riprenda con sé, trascinandomi con un sospiro nel mondo dei sogni.
Bianco, un bianco accecante mi costringe a socchiudere gli occhi e a camminare senza quasi vedere, pregando e sperando di non inciampare o incappare in qualche oggetto. L'unica cosa che riesco a distinguere in questa prepotente luce è una porta che varco frettolosamente, ritrovandomi in un giardino immenso adornato da siepi alte il doppio di me completamente rosa, con fiorellini di un eccentrico azzurro.
Mai visto nulla di più bello.
Corro sempre e sempre più velocemente in questa sorta di paradiso terrestre (per modo di dire) fino a che non giungo ad un'aiuola selvatica, buttandomi a capofitto tra tutti i fiori colorati, rotolando e ridendo a squarciagola.
Succede tutto in un millesimo di secondo: il luogo in cui mi trovo non è più luminoso e felice, adesso sono legato in una qualche angusta stanza chissà dove e qualcosa mi fa dolere terribilmente i polsi che credo, a giudicare dalla sensazione e dall'odore, stiano sanguinando.
Tento di urlare ma non ci riesco, la voce si blocca e l'unico suono che riesco ad emettere sono dei terribili singhiozzi che mi fanno male al petto. Mi afferrano, mi sbattono, la testa mi duole come non ha mai fatto e i miei occhi vengono coperti da un tessuto ruvido e spiacevole.
Appena un nuovo paio di mani si posa sui miei polpacci tento di liberarmi scalciando ma ogni mio sforzo è inutile, i movimenti che compio fanno solo aumentare il dolore alle braccia e agli altri arti.
Quando sento di stare per non farcela più e di essere arrivato al limite della disperazione, esattamente in quel momento due braccia forti e familiari mi accolgono tra di loro, tranquillizzandomi e bloccando a metà il mio ennesimo singhiozzo.
Seduti su un dondolo in legno chiaro dai rivestimenti delicati mi leva quella dannata benda, sorridendomi in modo sincero.
Ed io ricambio, non provo più dolore o paura, sono semplicemente.. felice. Sì, quella che provo presumo si possa definire felicità.

Sono di nuovo sveglio, ma non voglio farglielo capire. Se lo facessi le sue carezze finirebbero e non ne ho voglia, mi fanno star bene.
Come quasi tutto di lui.
E mi sento sciocco a pensarla così, dopo tutto da quanto ci conosciamo? 174 ore? È poco e niente.
Ma anche se tento di eliminare questo pensiero, di deviarlo e farlo divenire razionale lui torna ed ormai mi sono arreso. È una battaglia inutile che non ho neppure voglia di combattere, se devo essere sincero.
Avrei continuato volentieri a “dormire” peccato che le mie stupide articolazioni abbiano bisogno di un po' di movimento, costringendomi a rigirarmi totalmente facendomi finire a pancia in sotto quasi al bordo del letto, lontano da Minho e dal suo calore.
Il quale però non sono ancora pronto a prendere, così, girandomi di ¾ lo afferro e trascino con me nel mio rotolamento, mettendomelo sulla schiena a mo' di seconda coperta.
-YA, mi hai fatto prendere un colpo! E poi così sto scomodo.- lamentela poco credibile, dato che ridacchia nel terminare le frase. Tutto quello che riesce a ricevere in risposta e un borbottio incomprensibile persino a me stesso.
-Che ore sono?- riesco poi a dire, con la voce ancora impastata dal sonno e le labbra secche che mi danno fastidio, facendomi corrucciare le sopracciglia. Struscio le labbra tra loro, dopo averle inumidite con la lingua... quando sono secche non le sopporto davvero!
Sono così ruvide e sgradevoli al tatto che mi fanno salire il nervoso. Ricordo che una volta, quando ero un po' più piccolo, durante la notte mi ero svegliato assetatissimo ed, ovviamente, sia la bocca che le labbra erano secchissime. Un po' per il sonno, un po' per la disperazione cominciai a spellare con le unghie prima il labbro superiore, poi quello inferiore, facendole sanguinare talmente tanto da macchiarmi cuscino e lenzuolo.
Padre (ricordare questo nome mi provoca una fitta alla bocca dello stomaco) mi aveva schiaffeggiato, quella mattina, urlandomi contro imprecazioni varie e buttandomi a terra, facendomi sbattere violentemente la testa allo spigolo di un qualche mobile.
Quella fu la prima ed ultima volta che persi i sensi.
-Dobbiamo andare.- mi informa infine, non appena riesce a distogliere lo sguardo dal mio viso. Mettendomi a sedere, mi gratto la testa con fare ancora stordito e mi esce uno sbadiglio piuttosto rumoroso che lo fa ridere, ed io rido assieme a lui.
-Tieni!-
-Cos'è?-
-Una delle mie giacche, non vorrai mica uscire non solo a quest'ora della notte ma anche in pieno inverno vestito in modo così leggero!-
-Stiamo.. stiamo per uscire?-
-Esattamente. Mi passeresti le scarpe che sono sotto al letto?-
-Ma come.. spiegami. Come facciamo ad uscire? Non controllano ogni zona della casa?-
-Ho le mie tecniche, Taemin. Di certo non me ne sono stato diciannove anni con le mani in mano a giocare a palletta tra queste quattro mura! Ti porto in un posto speciale!-
Non ho mai avuto paura.
Quando ero rinchiuso, quando mi picchiavano, palpavano o osservavano leccandosi le labbra, pregustandosi già il momento in cui mi avrebbero sbattuto al muro. Ero abituato a tutto, era la mia routine, la mia vita, come potevo esserne spaventato?
Eppure adesso di paura ne provo tanta e non capisco il perché.

-Siamo fuori. Non ci credo.- scandisco bene l'ultima parte della frase, girandomi ed osservando con gli occhi sgranati la casa ad un centinaio di metri da noi.
Non ho capito granché di come abbiamo fatto ad uscire. Siamo scesi dalla finestra della sua stanza sotto alla quale mi ha detto “Adesso non parlare e tienimi la mano, non lasciarla per nessuno motivo!” e dopo aver ricevuto il mio consenso abbiamo cominciato a camminare a passo felpato tra l'erba umida del giardino.
L'aria pungente dell'inverno mi ha fatto lacrimare gli occhi, rendendo la mia già scarsa vista ancora più debole, così mi sono aggrappato alla sua schiena per evitare di inciampare in qualche pizzo.
Mi sono attaccato talmente tanto al suo corpo che non ho visto praticamente più nulla e mi sono ritrovato qui, in mezzo alla strada.
-Min, allora?- la sua voce mi suona lontana, cavolo mi sono incantato a guardare l'esterno della villa!
-A-Arrivo!- e una volta che l'ho raggiunto riprendo la sua mano che non tarda a farsi trovare, stringendo teneramente la mia. -Dove andiamo?-
Non riesco a smettere di guardarmi intorno, è tutto così meraviglioso! Fosse per me mi metterei a saltellare intorno ad ogni singolo albero che circonda questa strada di periferia, gridando ed abbracciando ogni gatto o cane o topo che incontro. Beh, forse i topi no.
-Non ci metteremo molto, tranquillo.- penso abbia capito che fremo dalla voglia di muovermi, perché salda la presa delle nostre mani e, sorridendomi, comincia a correre come un folle portandomi con sé.
Le gambe mi fanno male dopo un po' di minuti che corriamo, dopo tutto sono stato sempre fermo immobile nella mia stanza, come avrei potuto fare un po' di esercizio? Eppure ignoro questo bruciore lancinante che implora quasi di fermarmi e continuo a correre ridendo ed aggrappandomi completamente al braccio sinistro di Minho.
D'un tratto, dopo un quarto d'ora buono speso a correre, ci poggiamo con la schiena al muro di una palazzina.
A giudicare dall'ambiente che ci circonda siamo parecchio lontani dal centro di Seoul, in uno di quei quartieri malfamati che due ragazzi come noi a queste ore della notte dovrebbero evitare a tutti i costi. In lontananza giungono le urla di alcuni uomini (probabilmente ubriachi) e da uno degli appartamenti sopra di noi il suono di un vetro infranto, seguito dal pianto di un neonato e le urla di una donna, che si confondono con quelle di un uomo di mezza età.
Un piccolo strattone distoglie la mia attenzione da quel piccolo gattino nascosto sotto ad un bidone e Minho mi indica con un movimento della testa delle scale che sembrano condurre nello scantinato della palazzina.
Scendiamo nel buio più totale, fino a che, fatti si e no venti scalini circa, ci si presenta davanti una porta in legno rosso, sotto alla quale fuoriesce della luce.
-'Atelier'?- leggo ad alta voce la scritta riportata sull'ornamento, anch'esso in legno, vicino all'entrata. Minho annuisce sorridente prima di dare due colpi secchi alla porta ed entrare chiedendo permesso.
Quello che mi si presenta davanti è uno spettacolo che non mi sarei mai immaginato.
Un ambiente che si presentava come uno dei più lugubri è invece un luogo curato e ben mantenuto, con un grande tavolo pieno di fogli, quaderni e quant'altro riposto al centro della stanza principale; al suo lato, vi è un piano-bar con dietro uno scaffale stracolmo di quelli che sembrano alcolici neppure troppo leggeri. I muri sono rivestiti in pietra e le luci soffuse donano una calma quasi surreale all'intero posto.
-Ma dove..- le parole che pronuncio a bassa voce non riesco neppure a terminarle, che mi si presenta un ragazzo dagli eccentrici capelli castani tinti di vari colori sulla frangetta.
-Honeeeeeey sei tornato finalmente! Ci stavamo chiedendo che fine avessi fatto!!- trilla tutto contento, saltellando e battendo le mani felicemente prima di abbracciare Minho, il quale, nel frattempo, non ha lasciato la mia mano. -Cooooooooosa? E chi è questo scricciolo qui?!- mi guarda con gli occhi spalancati, con la bocca leggermente aperta
-Lui è Taemin, vive con me.-
-Vive con te? Hai sentito amore? Il nostro Minho è andato a convivere!- non ho idea di con chi stia parlando almeno fino a che non spunta, da un'altra stanza non visibile dal punto in cui stavamo io e Minho, un ragazzo bassino, dai capelli all'insù.
-Andato a convivere? Ma scherzi? Non può manco mettere piedi fuori in giardino!-
-Ti dico che invece ci è andato!-
-Veramente vivo sempre lì, solo che si è aggiunto lui in casa.-
-Ohhh, un regalo del paparino?-
-Non definirlo così, sembra che tu stia parlando di un oggetto Bummie!-
-Ahh.. allora ti ha trovato una specie di scopamico.- bene, se prima ero in imbarazzo adesso credo di potermi liquefare per terra.
-Minho chi.. chi sono?-
-Il ragazzo coi capelli sparati è Jonghyun, mentre quello dalla bocca larga Kibum.-
-E che bocca, vorrei aggiungere!-
-Jongie non sei simpatico. Allora ti chiami Taemin, uh? Vieni, ti offro qualcosa da bere!-
-ALT! È minorenne, non può bere.-
-Come sei lagnoso! Ti lasciavo sempre bere quando venivi qui da più giovane.-
-Sì e poi succedeva un bordello perché non riuscivo a rientrare a casa.-
-Ma ce l'hai sempre fatta, no?-
-Kibum. Le guardie di mio padre mi hanno trovato nudo in giardino, una mattina.-
-Oh sì, me lo ricordo quando ce l'hai raccontato! Credo di non aver mai riso così tanto in vita mia!- questo Jonghyun qui... mi ricorda un po' una scimmia, non so perché. O forse, meglio ancora, un piccolo dinosauro.
Fatto sta che comunque non ci capisco niente! Che diavolo di luogo è questo?
Credo che il mio sguardo interrogativo abbia parlato chiaro, perché quel.. Kibum sì, mi si avvicina poggiandomi una mano sulla spalla
-Vedi.. Taemin giusto? Questa è l'Atelier, un luogo nel quale tutti possono essere liberi. Io e Jonghyun, qualche anno fa, siamo dovuti scappare da persone molto poco raccomandabili.. rischiavamo di morire entrambi, capisci? La polizia non avrebbe potuto aiutarci in nessun modo, anzi, dovevamo stare lontani pure da loro altrimenti saremmo finiti in gattabuia per quelli credo sarebbero state una decina di inflazioni diverse. Così abbiamo fatto una cosa: ci siamo suicidati. O almeno, così abbiamo fatto credere a tutti. Siamo completamente spariti dalla circolazione, nascondendoci qui sotto. Le uniche persone che sanno della nostra esistenza sono il tuo caro Minho, un nostro amico che ci porta cibo e robe varie e.. tu, mio piccolo funghetto.- mio piccolo che?
E questa da dove gli è uscita?!
-Perché vi cercavano?- chiedo, mi sono incuriosito non poco. Minho e Jonghyun si sono seduti su due sgabelli, sorseggiando quello che sembra caffè e parlando di qualcosa che non riesco a capire.
-Da giovani non eravamo due ragazzi propriamente.. tranquilli, ecco. Ci siamo cacciati in una marea di casini, abbiamo frequentato la gente sbagliata, i luoghi, sbagliati e.. siamo finiti così. Ma non mi lamento, finché c'è Jonghyun con me andrà tutto bene.- quasi mi fa commuovere, questa sua piccola confessione.
Non ho mai visto due innamorati, questo è vero, ma non sono stupido e avrei capito il loro legame anche se non lo avesse chiamato “amore” appena abbiamo varcato la soglia della porta.
-E tu Taemin, come mai sei finito a casa del ministro Choi?-
-Quanto tempo hai?-
-Tutto quello del mondo.-
-Allora credo di poterti pure raccontare la mia storia.- e così ho fatto, gli avevo parlato di come fin da quando ho memoria ho vissuto tra quelle quattro mura grigio topo e del modo in cui mi mettevano “in vendita”.
Ho menzionato tutte le mie emozioni, dalla prima all'ultima, riuscendo a capire solo ora con che occhi apatici guardassi tutto. Non so come, ad un certo punto gli ho raccontato persino del sogno ricorrente che facevo all'incirca ogni notte e lui ascoltava, completamente assorto e con le lacrime agli occhi, la mia storia.
Esitai un momento prima di parlargli di quel ragazzino molto più piccolo e gracile di me, Choi Jun Hong. La prima volta che lo vidi stava piangendo da quelli che, mi disse, erano tre giorni. I suoi genitori erano finiti nelle mani sbagliate e gli avevano portato via tutto, casa, soldi e figli compresi.
Mi disse di avere una sorellina più piccola che però non avevano portato lì con lui, ma messa in un auto differente mentre suo padre veniva picchiato per tenerlo lontano dai figli.
Nonostante il racconto tragico e la sua disperazione praticamente palpabile, non mostrai la minima emozione. Semplicemente gli afferrai la mano e lo tenni vicino a me fino a quando non ci riportarono nelle camere.
Quella fu la prima ed ultima volta che lo incontrai.
Durante il racconto non mi sono reso conto di aver attirato l'attenzione degli altri due, e mentre Jonghyun ha mantenuto un'espressione indecifrabile sul volto, guardando prima me e poi incrociando lo sguardo con il suo ragazzo, Minho se ne è rimasto a testa bassa, fissando un punto indecifrabile del pavimento.
Quella di Kibum non è una storia molto più allegra. Sin da bambino, così ha detto, è stato maltrattato dalla sua famiglia e costretto a fuggire prima di compiere 10 anni. Lo ha trovato la madre di Jonghyun e portato a vivere con sé e, da quello che ho capito, hanno sempre avuto un legame speciale questi due.
Poi un giorno la madre di Jonghyun è morta per un attacco cardiaco ed il padre è diventato dipendente dall'alcool. In pratica hanno sempre vissuto sostenendosi l'uno con l'altro e combattendo per poter rimanere insieme.
A vederlo così Kibum, non me lo sarei mai immaginato tanto forte, sia nel corpo che nell'anima.
Eppure ha affrontato così tante cose.. hanno, abbiamo affrontato così tante cose.
Tutti e quattro, perché anche Minho non è da meno.
E rido, mentre ci immagino come quattro poveri mentecatti ai quali la vita ha giocato brutti scherzi e ci lecchiamo le ferite a vicenda.
Eppure non siamo così, ho l'impressione che siamo più vivi di molte altre persone e lo siamo sempre stati, anche quando pensavamo che non ci fosse una via d'uscita, anche quando credevamo che un futuro per noi non ci sarebbe mai stato.
-Beh, mio piccolo funghetto c'è solo un'ultima cosa da dire: benvenuto nella nostra sventurata famiglia!- e adesso anche Kibum ride.
Non riesco a smettere di ridere.
Non riesco a smettere di guardarli uno ad uno.
Non riesco a smettere di provare, per qualche strano motivo, una strana sensazione allo stomaco.


  
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