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Autore: FCq    17/06/2012    3 recensioni
"Non posso"... "Dimmelo"... "Qual è il problema. Il ritorno a Volterra?"... "Bella?", mi chiamò, la voce fredda come il ghiaccio. E fu in quel momento che la sentì arrivare: la consapevolezza di ciò che sarebbe stato. Lacrime calde iniziarono a rigarmi il volo e capì che non avrei più mentito. Edward doveva sapere.
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Volturi | Coppie: Bella/Edward
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Buon pomeriggio!Sono qui con il penultimo capitolo. Bella scoprirà altri lati di se stessa e riceverà un bel dono. Non dico altro e vi lascio alla lettura, sperando di sentire le vostre opinioni. Grazie a tutti, un bacio!

19 Tempo

Era trascorsa una settimana dal nostro arrivo nell’esercito per la riconquista del libero arbitrio di qualsiasi creatura mitologica che popolasse il nostro mondo. Questo mirava alla disfatta e alla possibile disintegrazione della mia ormai ex famiglia Italiana.  Il nostro esercito era attualmente composto da seicento elementi, compresi la famiglia Cullen e pochi altri vampiri illuminati. Con il passare dei giorni avevo stretto parecchie amicizie nell’esercito, il mio esercito. A detta di Lionel e di Edward, che avevano sorprendentemente stretto una profonda amicizia in un così breve tempo, il reale motivo consisteva nel fatto che era facile volermi bene... e amarmi. Le persone avevano immediatamente fiducia in me, senza che dovessi fare alcuno sforzo concreto per meritarla, sorprendendo loro e me stessa. Lionel mi aveva confermato che il mio arrivo nelle nostre legioni aveva scatenato un entusiasmo generale e una grandissima voglia di mettersi all’opera. Imparai velocemente tutto ciò che occorreva sapere sulla licantropia. Uno dei nostri era un eccellente medico - è superfluo dire che Carlisle passava molto tempo in sua compagnia - il quale era appunto colui che Alice aveva visto insieme a nostro padre nella sua visione di qualche tempo fa, e aveva da parecchi anni messo a punto un farmaco che, preso regolarmente, impediva ai lupi la costrizione della luna piena, ovvero erano liberi di trasformarsi ogni volta che lo desideravano. Non si trattava altro che di una scarica di ormoni e adrenalina che abituava il corpo a una frenesia costante ma non pericolosa. Lo scontro avvenuto nei mesi precedenti era stata un’idea di Lionel: voleva trovarmi senza essere costretto ad eliminare totalmente i Volturi. Mio padre aveva avuto un’influenza incredibile su di lui. Volterra era stata presa d’assalto durante l’assenza dei Volturi, esattamente come aveva immaginato Aro, ma nessuno dei lupi era stato in grado di trovarmi. Non potevano immaginare che io fossi dall’altra parte del mondo, con i Cullen... Alcune decine di Licantropi era nata dal veleno e non dall’eredità genetica e di questo Lionel si faceva una colpa. Nessuno dei nostri sembrava scontento, però. La maggior parte degli umani infettati discendeva da lupi reali che non avevano ereditato la possibilità di trasformarsi e questo, scagionava Lionel da molte colpe.

Ognuno di noi aveva il proprio compito nella nostra piccola società. I mutaforma erano esaltati dalla situazione e amavano combattere scherzosamente contro i nostri nuovi alleati. Jasper, in particolar modo, ma anche il resto della mia famiglia, insegnava ai lupi le tecniche migliori in uno scontro con vampiri esperti e neonati, che i Volturi arruolavano giornalmente. Per quanto riguardava me, Lionel aveva mantenuto la sua promessa e io stavo velocemente imparando a sviluppare i miei poteri pienamente. Edward assisteva scrupolosamente ai miei allenamenti, attento che non fosse troppo stancante o troppo pericoloso per me. Come lui anche il resto della famiglia assisteva, quando gli allenamenti non erano a porte chiuse.

Ricordai il primo giorno del mio addestramento.

Io ed Edward avevamo raggiunto Lionel in uno spiazzo erboso. La mia famiglia, insieme a Jacob e Sam, ci attendeva, pronta ad assistere allo spettacolo. Quando gli fummo di fronte, Lionel mi sorrise, per poi lanciare uno sguardo ironico ad Edward, protettivo al mio fianco.

≪Perché il nostro allenamento dia dei frutti ha bisogno del tuo sostegno, non della tua protezione. Perciò qualsiasi cosa succeda, non intervenire; sai bene, immagino, che non le farei mai del male≫.

Detto questo lo dileguò con un cenno del capo. Edward, imbronciato, mi posò un bacio in fronte e si accostò ad Emmet. Lionel mi si avvicinò e fece un cenno del capo alle sue spalle. Mi sporsi oltre di lui e notai un uomo e una donna, rispettivamente licantropo e vampiro, attenti a fissare il mio volto e a squadrate la mia postura. Lionel li chiamò a sé e questi si avvicinarono. Lui era molto alto e muscoloso, scuro di carnagione e con capelli neri e lunghi fino alle spalle. Lei era bellissima naturalmente, aveva capelli ricci e castani e occhi rossi che contrastavano con il suo volto pallido da cherubino. (I vampiri arruolati nel nostro esercito tendevano a cibarsi di sangue donato e non uccidevano umani, per il quieto vivere).

≪Permettimi di presentarti alcuni dei nostri più promettenti elementi. Evelyn e Mark. Saranno i tuoi insegnanti insieme a me≫.

Mark mi lanciò un sorriso amichevole e si curvò in un inchino da gentiluomo. Ricambia il suo sorriso che mi ricordava tanto quello di Jacob con gioia. Evelyne ghignò ironicamente alla mia figura minuta e all’apparenza umana. Il nostro rapporto non sarebbe stato dei migliori, ne fui immediatamente certa.

≪Prima di iniziare il nostro addestramento ci sono alcune cose che devi conoscere. Come ti ho già spiegato, Aro non poteva permettersi di farti acquisire coscienza dei tuoi reali poteri, né tantomeno poteva aiutarti a svilupparli. Lo avrebbe fatto soltanto dopo il matrimonio, di questo sono certo... noi, invece, abbiamo bisogno che tu sia al massimo. Hai mai distrutto qualcosa accidentalmente? Hai mai avuto difficoltà a controllare i cambiamenti del tuo corpo al mutare del tuo umore?≫.

Annuì.

≪Immagino tu abbia capito il perché a questo punto. La tua forza tenta di emergere non appena perdi la calma e l’autocontrollo. L’energia che ti scorre nelle vene non è fatta per rimanere sepolta, è selvaggia. Noi la tireremo fuori: imparerai a gestirla e ad utilizzarla nel momento più consono. Dimmi: quando hai iniziato a distruggere gli oggetti? Da quanto tempo hai capito di non saperti controllare?≫.

≪Razionalmente, credo di averlo compreso qualche mese fa, quando sono uscita per la prima volta dalla rocca≫, risposi.

A quelle parole Lionel strinse i pugni e voltò in capo, proseguì come se non lo avessi notato.

≪Ma Aro mi ha raccontato che il mio autocontrollo non è mai stato ottimale, fin da quando ero poco più che una neonata...≫.

≪Lo immaginavo≫, m’interrupe Lionel.

≪Cosa intendi?≫, chiesi.

≪Normalmente i poteri dei prescelti si sviluppano verso i sette-dieci anni, ma tu, con il tuo potenziale e il tuo pedigree, sei un’eccezione. Suppongo che i Volturi abbiano cercato di contenerti≫.

Annuì ancora.

≪E’ un errore. Dobbiamo far si che la tua forza sia libera di venir fuori, devi sentirla, devi percepirla come una parte di te, così che possiate essere in totale sintonia. A quel punto saprai controllarla≫.

Assentì con il capo e Lionel prese a camminarmi in torno.

≪Hai ricevuto l’addestramento delle guardie, non è vero?≫, chiese.

≪Sì, da quando avevo cinque anni. Aro si è occupato personalmente della mia formazione≫, risposi, in tono rispettoso.

≪Ormai la formazione militare ti appartiene nei modi e nei sacrifici...≫ mormorò Lionel, con tono malinconico.

≪Sei agile, attenta, puntigliosa≫, aggiunse con voce più alta.

≪E’’ ciò che mi è stato insegnato≫, risposi.

Lionel annuì.

≪Bella, ci sono alcune cose sulla vostra specie che i Volturi non ti hanno detto e che soltanto un prescelto conosce. Ciò che so su di voi mi è stato detto da tuo padre, io sono un’eccezione alla regola. Ma certamente Aro ne era a conoscenza e ha preferito tacere. Devi sapere, che come per molte altre specie, i prescelti si dividono in clan. Tuo padre apparteneva al clan di Fort Worth, vicino a Dallas, essendo originario del Messico. Uno dei clan più antichi, forti e ricchi di conoscenza che esistessero. Tua madre apparteneva al clan di Tucson, Arizona. Ogni clan aveva un potere particolare. Il clan di Fort Worth era eccellente nel nascondere le proprie tracce,nel celarsi alla vista. Il vostro clan poteva viaggiare alla velocità della luce, come una specie di teletrasporto...≫.

≪E’ in questo modo che sei riuscita a fiondarti tra le mie braccia, sedici anni fa, a Volterra≫, cantilenò Alice, con la sua voce squillante.

Lionel mi fissò con sguardo interrogativo.

≪E’ una lunga storia≫, dissi.

 Lionel annuì e continuò.

≪Questo è uno dei motivi per cui tuo padre è sopravvissuto così a lungo, ma questo dono ha una restrizione. Nessuno può viaggiare con colui che decide di teletrasportarsi: la velocità lo disintegrerebbe. Tuo padre avrebbe potuto fuggire dappertutto, ma non avrebbe mai lasciato voi due, perciò è rimasto e ha affrontato la morte a testa alta...  Alcuni clan erano semplicemente migliori nei doni che già possedevano e questo è il caso del clan di Tucson. Non pensare che sia un qualcosa di unitile. La conoscenza così ferrata delle vostre arti ha permesso a tua madre di sopravvivere. Quando Tucson e Fort Worth si unirono, accentrarono nella loro progenie della capacità straordinarie. In tempi migliori, secoli fa, i clan si mischiavano regolarmente, ma da diversi decenni prima della morte dei tuoi genitori, ormai, si tendeva a non mescolarsi più. Si univano i membri dei rispettivi clan, perché questo non andasse perso. Siamo certi che, in un modo o nell’altro, i prescelti sarebbero scomparsi ugualmente. Ora so che il dono di tuo padre si e trasmesso anche a te. Ieri, quando hai protetto il tuo compagno dal mio attacco, hai viaggiato alla velocità della luce, inconsapevolmente, mossa dalle tue emozioni. Il ché vuol dire che possiedi anche il dono del clan di tua madre, perché era attraverso le emozioni che loro sviluppavano fino all’apice la loro forza. Prima della battaglia, sarai al loro livello, questa è una promessa. Ne hai tutte le potenzialità, abbi fiducia≫.

Presi un profondo respiro e feci un passo avanti.

≪Ottimo, iniziamo. Voglio verificare il livello delle tue conoscenze iniziali. Hai già sperimento i tuoi doni? Anche quello della vita e della morte?≫, chiese.

≪Sì, utilizzavo le piante per quello. Non ho mai ucciso un uomo e non lo forò se non sarà strettamente necessario≫, risposi.

≪Ne sono consapevole. Evelyn e Mark adesso proveranno ad attaccarti, uno alla volta. Voglio vedere come schivi gli attacchi. Prova a non utilizzare la vista, ma il tuo udito supplementare≫.

Feci cenno di sì e sbarrai gli occhi, concentrata a cogliere anche il minimo movimento da parte dei miei avversari... Percepì immediatamente i movimenti fluidi e veloci di Evelyn intorno a me. Contavo i secondi che passavano senza che lei si decidesse ad assalirmi, sapevo cosa cercare. D’un tratto la udì, la sua intenzione, la volontà di attaccarmi. Tentava di nasconderla come meglio riusciva, ma non poteva annullare totalmente se stessa. Era vicina, ma riuscì a schivarla, muovendomi di lato. Uno dei suoi ricci sfiorò il mio volto. E poi iniziarono a susseguirsi vari attacchi. Non riuscì mai ad afferrarmi. Mi muovevo di lato, a volte abbassandomi totalmente. Conoscevo bene la regola: la pazienza. Dovevo aspettare finché non fosse stata a un millimetro dal mio corpo e poi scostarmi, così da non darle modo di percepire la mia direzione e cambiarla a sua volta. Mark non fu più fortunato, benché la sua stazza sia umana sia animale fosse molto più grande di quella di Evelyn: non arrivò mai a sfiorarmi. Suppongo fu in quel momento che Edward e Lionel legarono, tra ghigni e risolini, mentre mi vedevano schivare i colpi dei miei avversari, decisamente inferiori al mio livello...

 A dir la verità non fu sempre tutto rose e fiori.  Non provai mai alcun dolore per i loro assalti, ma spesso finivo a terra, sull’erba morbida e la ghiaia. Eppure, molto più spesso di quanto avrebbe consentito Lionel, Edward correva ad afferrarmi prima che potessi schiantarmi al suolo. Lionel ed io sapevamo che quello non era niente in confronto a ciò che gli allenamenti di Volterra mi avevano insegnato a sopportare. Ma lo ringraziavo sempre ben volentieri con un bacio, scatenando l’ilarità di Emmet che aveva trovato un ottimo passatempo nell’osservarmi...

La sera del terzo giorno del mio allenamento, Lionel trovò occasione di parlarmi in privato: era raro che Edward mi lasciasse...

Quel giorno non ero stata affatto motivata, colta dall’inesorabile dubbio che mi affliggeva tutti i giorni. Era giusto combattere questa guerra? Come li avrei affrontati, quando me li fossi ritrovata di fronte? Conscio dei miei dubbi, Lionel mi aveva portato un regalo: un diario. Il diario di mio padre. Glielo aveva consegnato prima di lasciarlo. Lo aveva scritto durante il periodo passato insieme. Lionel non aveva mai capito perché lo avesse dato a lui. Lo lesse, ma sentiva che quel diario non gli apparteneva. Chissà, forse Sebastian aveva visto se stesso mentre glielo consegnava: non avremmo mai saputo la verità. Lionel era certo che quel quaderno, dalla copertina di pelle rossa, mi appartenesse. La prima volta che lo afferrai tra le mani sentì la forza vibrare fin nelle mie ossa. Quella era la sicurezza di essere Isabella Williams, la fiducia che soltanto le parole di mio padre, incise sulla carta, potevano darmi.

Quel giorno, io e Lionel avremmo iniziato gli allenamenti sulla mia forza interiore. Sarebbe stata una lunga giornata. Come ogni mattina, da quattro giorni a quella parte, recuperai il diario di Sebastian dal mio cassetto e lo aprì all’ultima pagina letta. Il diario narrava giorno per giorno il percorso della sua vita fatta di solitudine e incertezza, benché avesse trovato in Lionel un amico sincero. Era facile immaginare mio padre curvo su quei fogli. Compresi molto della sua personalità. Eravamo più simili di quanto pensassi. Lessi a: quinto giorno dall’inizio.

Sono ormai trascorsi venticinque lunghi anni dall’ultima volta che un prescelto ha incontrato il mio cammino. Avverto nel mio cuore che la speranza inizia lentamente ad abbandonarmi. Troppi anni mi hanno visto vagare in solitudine, in cerca delle risposte alle mie domande. Domande infinite, come infinito è l’universo. Maggiore è la distanza da quei tempi così felici e pacifici che la mia famiglia mi ha da sempre narrato, prima di scomparire e affidare a me il compito di far rivivere il nome del clan di Fort Worth, maggiore è l’odio che avverto, che mi circonda e, a volte, mi sovrasta. Lentamente mi uccide, come ha ucciso il resto della mia specie. Ma come posso, io, portare avanti il nostro nome, quando l’incertezza, ogni giorno, mi logora come mille lame piantate nel petto? Ora so cosa fare, cosa devo combattere, ma riuscirò davvero a cancellare il “male”? La mia forza è sufficiente? Mi sento così debole e solo, che a volte mi chiedo se il destino, ovvero le scelte preso durante il corso delle nostre vite, non abbia già deciso per l’estinzione della nostra specie e il dominio assoluto dell’ingiustizia, della noncuranza e della trasgressione delle leggi morali. Da qualche notte a questa parte, un sogno- o un incubo?- mi rincorre. E’ un volto. Il volto bellissimo di una donna, qualcuno come me: lo leggo dai suoi occhi. Ma è davvero giusto far rivivere la nostra specie, basando la nostra progenie da un matrimonio senza amore, dettato dall’obbligo?  Se la vedessi, potrei scambiare il semplice dovere verso il mio clan per amore? Saprò distinguere? Da troppo tempo sento che il concetto di vero amore, di devozione e adorazione mi è precluso, seppur non del tutto estraneo. Dovrei forse cercare tra i licantropi che mi circondano o gli umani? Posso ignorare ciò che vedo, per paura di fare un errore e cercare altrove?

I miei poteri s’indeboliscono: il teletrasporto mi costa più fatica. Mi sto lasciando andare. E forse tutto questo il preludio alla mia fine? I miei fratelli vi sono passati e hanno perito? Cerco di mantenere vivo il ricordo dei miei primi allenamenti insieme a mio padre e mia madre, entrambi appartenenti al nostro onorevole clan, ma è sempre più difficile. Ricordo la forza scorrermi nelle vene, la sensazione di essere in accordo con spazio e tempo. Il desiderio di cambiare il mondo e la certezza di riuscirci. Rivedo me stesso attingere alle mie emozioni, le più forti mai provate e riuscire a dar sfogo a tutta la mia forza. Adesso non ho emozioni da cui attingere. Non ho speranze da cui trarre forza. In fondo al mio cuore so che non mi darò per vinto. Non l’ho mai fatto, neanche davanti alle prove più ardue. Non cadrò adesso. So di dover aspettare prima di giungere alla conclusione che mi porterà a prendere una decisione. Nel frattempo tenterò di resistere e combattere contro ciò che tenta di portarmi, con ogni sua forza, alla deriva dei miei giorni solitari.

Tuo, sempre più incerto, Sebastian.

Fissai il mio sguardo sull’ultima frase, sul suo saluto. Non riuscivo a togliermi dalla mente che quel “tuo”, fosse diretto a me in particolare e non a Lionel. Nonostante Sebastian, durante la stesura del diario, non avesse neanche la più pallida idea che io potessi esistere. Poteva aver deciso di concludere così ogni pagina a causa di una visione cui lui stesso non riusciva a dare un senso... Le sue parole, fisse nella mia mente, mi spinsero ad alzarmi, riporre il quaderno nel cassetto a correre in cerca di Lionel. Le emozioni forti, questo era il segreto per sviluppare le mie capacità. Ancora non sapevo che sarebbe stato più facile a dirsi che a farsi.

≪Sei certo che Edward non possa accompagnarci?≫, chiesi a Lionel in tono implorante.

≪No, mi dispiace Bella, non possiamo. Devi capire che è per il suo bene. Quando la forza fuoriuscirà dal tuo corpo, chiunque non si trovi a una certa distanza da noi, rischia grosso. Io stesso rischierò, ma sono l’unico cui potrei affidare questo compito≫.

Chinai il capo, conscia della saggezza nelle sue parole, ma anche spaventata all’idea di poter fare del male a qualcuno. Lionel comprese l’espressione del mio volto.

≪E’ un luogo isolato, qui saranno al sicuro. E sarà anche un buon allenamento per me, se riuscirò quantomeno a non farmi spazzare via, potrò degnamente guidare i miei fratelli in guerra≫.

 Feci un cenno d’assenso con il capo e proseguimmo, lontani da qualsiasi cosa cui avrei potuti attribuire, dalla mia prospettiva, l’aggettivo “fragile”.

Capì che Lionel non mentiva quando parlava di un posto lontano e deserto. Non avvertivo alcuna presenza intorno a noi e il nostro campo d’addestramento mi sembrava esageratamente grande per due sole persone.

≪E’ un po’ piccolo, ma non ho trovato di meglio≫, mormorò Lionel.

≪Piccolo!≫, esclamai, guardandomi intorno, tentando d’identificare i confini di quel posto immenso.

≪Non perdiamoci in chiacchiere, iniziamo! Il motivo principale per cui ti ho dato il diario di tuo padre è perché speravo che le sue parole potessero essere dei buoni consigli. Sai come sviluppare la tua forza? Pensa a tua madre≫.

≪Certo, utilizzando le emozioni forti≫.

≪Esatto. Ho preparato alcuni bersagli per te, accentra la tua forza e colpiscili≫.

≪Dove≫, dissi.

≪Davanti a te≫, rispose.

Guardai dove aveva indicato, ma non vedevo nulla che potesse somigliare alla mia idea di bersaglio. Gli lanciai uno sguardo interrogativo. Lionel sorrise.

≪Le tre montagne che vedi davanti a te≫, rispose.

Sposati il mio sguardo e le notai, alte e appuntite, il picco roccioso mi guardava dall’alto e potei quasi intravedere lo stesso sorriso ironico di Evelyn.

≪Non lasciarti scoraggiare dalle dimensioni. Una volta che avrai capito come fare, sarà un giochetto≫.

Passarono diverse ore, tanto che il cielo divenne di un intenso rosa arancio, ma nulla cambiò. Fissavo il picco roccioso, in attesa di sentire la forza di cui tanto mi vantava Lionel, con scarsissimi risultati. Avevo saputo fin da subito quali emozioni avrei utilizzato per far scattare la scintilla. La mia prima uscita fuori dalla rocca, i giorni con i Cullen, i momenti con Edward... Sbuffai e mi alzai da terra.

≪Hai già gettato la spugna?≫, mi canzonò Lionel, comodamente seduto lungo il tronco di un albero, con un libro in mano.

≪Lionel, è inutile. Sto attingendo a tutti le emozioni più forti e belle che abbia mai provato, ma non sento niente≫.

La mia vista cambiò radicalmente, a causa dell’irritazione. Lionel mi si avvicinò con calma e posò le mani sulle mie spalle.

≪Forse sono le emozioni a non essere abbastanza forti≫, disse.

La rabbia montò.

≪Sono i momenti più belli che abbia mai vissuto≫, sibilai.

Ma né io né tuo padre abbiamo mai parlato di bei momenti, mi pare≫, replicò lui.

≪Non capisco≫, sussurrai.

≪Bella, a volte le emozioni più forti sono quelle più spiacevoli. Non è facile rievocarle, lo so, ma ognuno di noi ha il suo bagaglio di ricordi che vorrebbe cancellare. E forse tu, più di tutti, ne avresti motivo, e di questo mi assumo tutte le responsabilità, ma è da quelle emozioni che devi trarre forza se vuoi avere dei risultati. Devi elevarti al di sopra di essi, devi affrontarli ed uscirne vincitrice. Sei abbastanza forte per farlo?≫.

 Non volevo rievocare i miei brutti ricordi che a fatica avevo sepolto in una cripta mai aperta, ma non intendevo deludere Lionel, la mia famiglia e tutti i miei amici. Non ero una codarda, ma si trattava di affrontare la prova più grande: il mio passato.

≪Sì≫, mormorai.

≪Sì, cosa?≫, chiese.

≪Sì, lo farò≫, dissi.

Lionel sorrise e si allontanò.

≪Sono qui≫, furono le sue uniche parole.  Ripresi il mio posto, seduta per terra a gambe incrociate e ripercorsi la mia vita, in un flashback che era peggiore del più orrendo degli incubi. Dagli avvenimenti più recenti e dolorosi, ai miei ricordi d’infanzia. Le miei paure, l’angoscia che portava con se la consapevolezza di non poter mai più rivedere i Cullen... ed Edward. La mia indifferenza anche. Un dolore con cui non avevo mai voluto fare i conti: la sensazioni di non avere radici, né una famiglia. Il dolore per la morte dei miei genitori. E mentre i ricordi si susseguivano uno dietro l’altro iniziai a sentire la forza che mi scorreva nelle vene. La fermezza che l’animo umano guadagnava dopo esser sopravvissuto a tanto dolore. Non badai alle lacrime che mi rigavano le guancie, andai oltre. Nuove immagini iniziarono a scorrermi davanti agli occhi.

Immagini di storie che avevo soltanto sentito raccontare. Le prime ritraevano un uomo e una donna, chini e protettivi su una bambina, sovrastati da un esercito immenso che nulla avrebbe potuto contro di loro se non avessero anteposto alla propria vita quella della figlia amata.

E poi, dopo tanto dolore, mi sentì pervadere da una pace reale e celestiale. Al di fuori si udirono un guaito e un boato che non riuscirono a penetrare la barriera che avevo creato intorno a me. E finalmente lo vidi, quello che i miei antenati avevano vissuto. Quella realtà pacifica e lontana penetrò nel mio cuore e nel mio animo sereno e mi concesse la totalità della sensazione più forte dell’uomo: la vera libertà.

La libertà della morte e della vita insieme. La libertà di essere al di sopra del proprio dolore eppure, in accordo con quello altrui. Compresi il vero significato della mia razza e mi sentì forte come non lo ero mai stata.

D’improvviso aprì gli occhi.

Intorno a me un polverone si era sollevato dalla terra, oltre il picco roccioso ogni cosa era stata abbattuta da una forza inimmaginabile. E poi udì un guaito, senza neanche accorgermi che mi ero alzata in piedi e osservavo tutto come se ogni cosa mi fosse da sempre nota. Lionel, sdraiato sul fianco, mi osservava con meraviglia. Lo avevo ferito. Mi mossi verso di lui e posai le mani sul suo volto. Un’altro guaito. La sua spalla era stata lussata a causa dell’impatto. Posai le miei mani su di essa e il mio contatto, con una rapidità di cui non sapevo di essere capace, lo guarì. Lionel la mosse un paio di volte, soddisfatto.

≪Adesso sei completa, adesso sei tu, mia principessa≫, fu l’unica cosa che udì prima di cadere tra le sue braccia, che mi avevano prontamente afferrato, priva di tutte le mie forze fisiche.

Riaprì gli occhi soltanto quando altre braccia, molto più fredde, presero il posto di quelle di Lionel. Riconobbi immediatamente i suoi occhi dorati e cerchiati di preoccupazione. Edward mi carezzò una guancia.

≪Che cosa è successo?≫, chiese con un sibilo.

Non vi fu alcuna risposta, ma ero pronta a scommettere che Lionel gli stesse spiegando ogni cosa attraverso il pensiero, infatti poco dopo Edward esclamò: ≪Ah≫.

≪Guarda il suo volto Edward, ti accorgi anche tu che è cresciuta. Ha subito una metamorfosi. E’ una donna prescelto. Seconda a nient’altro su questa terra≫ .

≪E’ stupenda≫, mormorò una voce che riconobbi come quella di Esme.

≪Lo è sempre stata≫, replicò Edward, ≪solo che ora non potrà più negarlo≫, continuò, un sorriso nelle sue parole

≪Adesso andate, Edward. Ha bisogno che tu le sia vicina questa notte≫.

Edward posò un bacio sulla mia guancia e, consapevole della sua vicinanza, chiusi gli occhi e caddi in un sonno profondo.

La mattina seguente, al mio risveglio, ero sola. Lo percepì immediatamente, ma non me ne preoccupai. Edward era al piano di sotto. Potevo quasi percepire la sua ansia, il desiderio di ritornare di sopra per essere la prima cosa che i miei occhi avrebbero visto al mio risveglio. Ero in grado di cogliere l’aroma dei suoi pensieri. Mi alzai dal letto, niente affatto stanca e infilai al volo qualcosa. Pronta ad uscire dalla stanza, incrociai la mia figura allo specchio. Il mio volto e il mio portamento avevano qualcosa di diverso, qualcosa di regale. Senza aver deciso di tenere in quel modo il mio corpo, la mia schiena era perfettamente dritta e il mio collo si ergeva verso l’alto. E poi c’era il mio viso, il mio riflesso pallido era luminoso, come i miei capelli, come i miei occhi nei quali riconobbi immediatamente lo sguardo di miei madre e la dolcezza dei suoi tratti, ma anche la testardaggine e il coraggio che avevo duramente conquistato. Adesso le somigliavo davvero tantissimo. Somigliavo ad entrambi. Quella mattina ero Isabella Williams, la progenie del clan di Fort Worth e Tucson. 

Mi diressi al piano di sotto con passo leggiadro e silenzioso. Nulla avrebbe potuto avvertirli del mio arrivo, il mio odore si confondeva con l’aria e l’ossigeno. Io ero questo, libertà, la sensazione di respirare a pieni polmoni. Erano riuniti nel salone principale, i Cullen, Lionel e i mutaforma. Soltanto quando feci capolino dalla porta, i loro occhi si alzarono sul mio volto. E non ci fu presente che non spalancò la bocca e sgranò gli occhi nell’osservarmi mentre avanzavo lentamente verso di loro. Eppure i miei occhi non vedevano altro che lui, il suo volto splendido, il luccichio fanatico nei suoi occhi mentre lentamente si apriva in un sorriso adorante. Edward avanzò di qualche passo e ci ritrovammo di nuovo insieme, mani nelle mani, occhi negli occhi. Con le dita sfiorai la sua guancia bianca come neve ed Edward chiuse gli occhi, in un tacito consenso e nel totale abbandono alla mia carezza. Gli altri scostarono lo sguardo, improvvisamente molto indaffarati, lasciandoci così un po’ di privacy. Edward rinchiuse il mio volto tra le sue mani a coppa, la sua carezza così delicata sulla mia pelle, da farmi pensare che non mi stesse neanche toccando e allo stesso tempo, quel contatto appena accennato fu in grado di farmi provare straordinarie sensazioni. Edward si chinò lentamente sulle mie labbra e ancora una volta, il contatto, seppur casto irradiò nel mio corpo una serie di piccole scosse, scariche elettriche dovute dalla vicinanza di mio marito. In fine affondai il mio volto nel suo petto, mentre con la stessa dolcezza di prima, Edward mi stringeva a se.

≪E’ stato difficile?≫, sussurro.

≪Lionel ci ha più o meno spiegato ciò che hai dovuto affrontare, sono fiero di te; sei uscita vincitrice da una battaglia davanti alla quale la maggior parte dei cuor di leoni sarebbe fuggita. In fondo ho sempre saputo che mia moglie è una donna coraggiosa≫.

≪E’ stato doloroso≫, ammisi, ≪ma nulla che non rifarei pur di riuscire a proteggere tutti voi dalla minaccia che ci sovrasta. Adesso mi sento me stessa, una sensazione che soltanto con la tua vicinanza ero riuscita a provare fin ora. Eppure, continuo a sentirmi completa soltanto se ci sei tu. E’ una debolezza cui non riuscirò mai a sottrarmi≫, sussurrai.

≪Non voglio che tu lo faccia. Egoisticamente desidero essere per sempre una parte fondamentale della tua vita, come tu lo sei per me. Sei la cosa più bella e preziosa che possieda. L’ho notato subito sai, tutti noi lo abbiamo fatto, il tuo cambiamento... in meglio. Il tuo volto risplende costantemente, la luce nel tuo cuore, che io ho sempre visto chiaramente, adesso succede anche agli altri, ti avvolge. Non esiste creatura più celestiale al mondo, amore mio. E non puoi più dirmi che il mio è un giudizio di parte, ti basta chiedere a chiunque abbia avuto la mia stessa fortuna di vederti e conoscerti≫.

Arrossì, chinando il capo. Quel lato del mio carattere, come il resto d’altronde, non era cambiato. Edward mi strinse una mano ed insieme ci voltammo verso la nostra famiglia, avvicinandoci. I loro volti brillarono di grandi sorrisi. I Cullen mi circondarono e potei leggere nei loro occhi, soprattutto in quelli di Esme e Carlisle, un certo compiacimento. Jasper si posizionò immediatamente al mio fianco, quasi più velocemente di Alice, sul suo volto un’espressione pacifica. Lanciai un’occhiata a Edward e lui rispose: ≪Sente tanta pace e serenità provenire da te, ancor più di quanto succedesse prima, adesso che sei pienamente cosciente della tua forza. Sai quanto è sensibile a queste cose≫.

Jasper, riprendendosi dalla sua espressione beata, mi sorrise.

≪Per quanto io sia molto ottimista e fiero di te Isabella, questo è soltanto l’inizio. Adesso conosci la tua forza, devi imparare a controllarla, contenerla anche. I prossimi allenamenti saranno duri e pericolosi, più che altro per chi ti starà intorno, ma sono certo, vista la velocità con cui hai imparato a comprendere te stessa e le tue capacità, che un mese dovrebbe bastare≫.

Non mi sfuggirono le sue ultime parole.

≪Un mese?≫, ripetei incerta.

Edward mi strinse a se e lo sentì irrigidirsi. Sfiorai il suo volto, in cerca della risposta che non voleva darmi. Fu Alice a rispondermi.

≪Li ho visti questa mattina, Bella. Stanno organizzando il loro esercito. I sotterranei di Volterra sono piuttosto movimentati. Creano neonati e addestrano più rapidamente gli altri. Aro ha capito che i Licantropi sono ancora vivi, sapevamo che sarebbe successo. Crede che siano stati loro a prenderti≫.

≪Chi?...≫, chiesi.

≪Demetri probabilmente≫, rispose lei.

≪Aro non lascia mai nulla al caso...≫, mormorai.

≪Certamente gli avrà chiesto di tenere sottocontrollo la situazione, per quanto tentiamo, non avremmo mai potuto nasconderci per sempre≫, disse Lionel.

≪Un mese? Ne siete certi? Sono convinta che ci voglia molto più tempo per l’esercito al completo≫.

Nessuno rispose e allora mi voltai verso Edward. Il suo sguardo si addolcì notando la mia confusione. Mi carezzò una guancia.

≪Vogliono arrivare prima che i Licantropi riescano a convincerti... della verità su ciò che hanno fatto. Aro non immagina che tu lo sappia di già e che siamo stati noi a dirtelo. Pensa che tu veda i Licantropi come nemici, rapitori, e che non daresti mai loro ascolto. Mentre di noi non hai dubitato≫.

Capì il perché della sua riluttanza a rivelarmi ogni cosa. Non voleva che soffrissi per le bugie e la cattiveria dei Volturi e di Aro. Io avevo affrontato le mie paure e per quanto l’idea delle loro menzogne mi ferisse, non mi sarei mostrata debole. Ormai avevo compreso che il male era costantemente parte delle nostre vite, delle vite di tutti, in un modo o nell’altro, chi più chi meno, senza possibilità di scelta.

≪Non preoccuparti Edward, ho scelto da che parte stare. Ho superato tutto questo. Adesso voglio impegnarmi insieme a Lionel ad affinare le mie capacità, finché il tempo non sarà scaduto≫.

E così fu.

Per le settimane a seguire, trascorsi tutto il mio tempo in compagnia di Lionel e di chiunque altro tanto pazzo da offrirsi volontario ad aiutarmi. Allo scadere della seconda settimana da quando il nostro allenamento aveva avuto inizio, ero perfettamente in grado di controllare me stessa, con gran sollievo di Lionel e chiunque altro si fosse trovato a tiro. Grazie a Lionel imparai anche come padroneggiare il dono del teletrasporto, eredità di mio padre. Non avrei avuto alcun bisogno di utilizzare la mia scarsa forza fisica, nessuno avrebbe potuto avvicinarmi se io avessi desiderato il contrario. Il controllo della volontà era ormai un giochetto da ragazzi, un mio comando non veniva dimenticato né rifiutato. I miei riflessi erano molto più pronti e la mia resistenza fisica e mentale molto più pronunciata. I primi tempi Edward era stato costretto a riportarmi in casa al sicuro tra le sue braccia, essendo io totalmente incapace di muovere anche soltanto un arto. Notavo sempre nei suoi occhi un scintilla diversa del solito quando mi guardava. Quell’adorazione e quella riverenza che aveva sempre dimostrato in mia presenza era improvvisamente triplicata, come se non potesse distogliere lo sguardo dal mio volto, come se la separazione, seppur minima, dalla mia persona potesse ucciderlo. La sua vicinanza mi aiutava a dimenticare le parole di mio padre, incise sul suo, il nostro diario. Con il passare dei giorni la sua speranza vacillava sempre più, finché un giovedì non smise di scrivere, lasciando in sospeso la sua decisione che l’avrebbe portato da mia madre... Non avevo mai dimostrato alcun tipo di riluttanza durante l’addestramento, qualsivoglia fosse l’esercizio proposto da Lionel, finché un giorno non suggerì di allenare quella parte così significativa e inquietante del mio essere. Grazie all’esperienza con Esme avevo imparato a vederne i lati positivi, ma rimanevo scettica verso l’utilizzo del mio dono decisionale su vita e morte. Lionel ed Edward mi avevano confortato e il primo, per non turbarmi troppo, mi aveva concesso di iniziare con il “dai la vita”, piuttosto che toglierla. In pochi giorni avevo rigenerato tutto ciò che la mia forza devastante aveva reciso durante gli allenamenti iniziali. Mi cimentavo nella fioritura di una splendida flora che adesso circondava il nostro accampamento. Ma l’inevitabile giunse. Come un tempo proprio Jasper aveva affermato, il mio dono poteva essere utilizzato come un’ottima arma offensiva. Naturalmente non osai mai utilizzare questo mio dono su uomini o animali, adesso era decisamente più facile. Non ero certa se dovermi compiacere della facilità con cui potevo togliere una vita o dispiacermene.

Non ero stata certamente l’unica a darmi così tanto da fare in quelle ultime settimane, intorno a me ex nemici si coalizzavano e combattevano tra di loro, con tutta la forza di cui disponevano . In fondo, cos’altro potevo aspettarmi dal nostro esercito. Noi non combattevamo per odio o vendetta, il nostro fine era proteggere i rispettivi fratelli, di qualunque razza essi fossero.

Mancavano due giorni all’arrivo dei Volturi, come stabilito da Alice, e quella sera Lionel aveva organizzato un ricevimento in modo che tutti noi potessimo godere degli ultimi istanti di gioia prima della battaglia. Avevo da subito considerato superfluo il desiderio di Lionel di insegnarmi ad utilizzare il mio dono come arma: il mio unico obbiettivo era proteggere i miei compagni e impedire che i Volturi si avvicinassero a noi, così che nessuno avrebbe corso rischi, con la speranza che si arrendessero. Naturalmente Edward era stato d’accordo con Lionel, voleva che io avessi armi con cui difendermi. Io avevo obbiettato. Non ne ero del tutto certa, ma avevo l’impressione che Edward avesse capito i miei motivi. Non potevo ancora credere che uno qualsiasi di loro avrebbe avuto il coraggio di uccidermi, di farmi del male. Non riuscivo a capacitarmene e ancora speravo che non ci sarebbe stata nessuna guerra, che si sarebbero semplicemente ritirati. Quest’ultima speranza era davvero minima. Non avrei mai potuto costringerli con la mia capacità a ritirasi, i vampiri sono essere immortali e la mia influenza non sarebbe durata così allungo: prima o poi sarebbero ritornati. Non avrei potuto costringerli a cambiare, dovevano essere liberi e consapevoli di scegliere tra una e l’altra fazione.

Infilai il lungo abito preparatomi da Alice, color blu notte, con una dolce scollatura sulla schiena, attenta a non rovinare l’acconciatura da quest’ultima approntata. Un paio di lunghe dita da pianista mi aiutarono con la zip lungo la schiena, prima di stringersi intorno alla mia vita. Mi voltai verso Edward e lo osservai in tutta la sua meravigliosa perfezione. Sorrisi.

≪Niente cravatta neanche questa volta?≫.

Mio marito si passò una mano tra i capelli scompigliati, regalandomi il suo sorriso sghembo.

≪Ormai ci ho preso l’abitudine, credo≫.

Scossi la testa e andai a recuperare quella che Alice gli aveva gentilmente fornito, naturalmente aveva vestito da capo a piedi l’intera famiglia insieme a Rose e la passai intorno al suo collo. Edward mi fissò mentre completavo la mia opera, gentilmente posò un bacio sui miei capelli, dopodiché prese la mia mano e baciò la mia fede.

≪Sei bellissima≫, disse.

Circondai i suoi fianchi con le braccia.

≪E’ l’ultima occasione che abbiamo per essere tutti insieme in un momento lieto. Edward ho tanta paura per quello che succederà tra due giorni. Vorrei conoscere l’esito della battaglia≫.

≪Alice ha il tuo stesso tormento≫, mi rispose ironicamente, tentando di stemperare la tensione.

≪Sì, è cieca a causa dei lupi e dei licantropi≫, lo appoggiai.

≪Bella≫, mi chiamò, stringendo il mio volto tra le mani, ≪andrà tutto bene. E come potrebbe essere altrimenti? Io ho totale fiducia in te, in ciò che sei, nel tuo coraggio. So che tutto andrà per il meglio, l’importante e che noi restiamo insieme, in ogni caso≫.

Inghiottì il magone e lo fissai. Lionel si sbagliava, anche i prescelti conoscevano l’egoismo. In fondo io non stavo pensando in quel momento che le parole di Edward non potevano che rispecchiare  il mio stato d’animo? Cosa importava che perdessimo la battaglia, in barba al futuro di tutti, l’unica cosa che desideravo era rimanere per sempre con lui, anche dopo la morte. Neanche io, che tra tutte le creature ero la cosa più vicina a un dio, secondo Lionel, sapevo cosa ci attendesse dopo la fine della vita terrena. Avevo ben chiaro, però, cosa desiderare.

La festa procedeva meravigliosamente. Tutti gli sforzi e tutta la tensione delle ultime settimane sembravano aver abbandonato gli animi. Era incredibile come una combriccola di creature di razze miste potesse rivelarsi così ben assortita. Intorno a noi vampiri, licantropi e mutaforma ridevano, ballavano e parlavano insieme. Con uno sguardo notai che Mark, il mio ex insegnante, stava invitando la mia dolce Leah per un ballo. E, cosa più importante, mi ritrovai a fissare con gioia gli occhi lucidi di lei. Riconoscevo fin troppo bene quello sguardo. Con mia grande gioia la mano di Leah si schiuse in quella di Mark, in un tacito consenso. Mi strinsi ad Edward con un sorriso. Il primo amore di tanti stava sbocciando, adesso avevo un motivo in più per far sì che ogni cosa andasse per il meglio. Lionel venne a reclamarmi dalle braccia di Edward e questo, con rammarico, mi cedette a lui. Notai un suo sguardo torvo rivolto a Lionel, non ne capì il motivo.

≪Come stai?≫, mi chiese.

≪Abbastanza bene. Accetterò ciò che verrà, ma non mi chiedere di essere pronta, perché non lo sarò mai≫, risposi.

≪Non te lo avrei chiesto, Bella. Non si è mai pronti a perdere ogni cosa, ma ciò non deve impedirci di metterci in gioco, di tentare con tutte le nostre forze di raggiungere l’obbiettivo che ci siamo prefissati. La cosa peggiore non è perdere ciò che si ha, ma non sapere cosa si vuole o non combattere per averlo. Prima o poi tutti troviamo il nostro posto nella vita, anche se inizialmente siamo scettici. Anch’io credevo di essere solo, di non avere uno scopo. Guardavo alla vita come a un obbligo, come qualcosa senza uno scopo e mi chiedevo perché fossi stato messo al mondo. E poi ho conosciuto tuo padre. Ho preso a cuore le vecchie leggende del mio clan, che prima ritenevo inutili. Ho imparato come guidare il mio branco e mi sono prefissato un obbiettivo: salvarti. Non ne sono stato in grado, ma ho avuto un’altra possibilità. Ti ho insegnato tutto ciò che so, tutto ciò che ho imparato da tuo padre. Ho fatto tutto ciò che era in mio potere, fin ora. Ti assicuro che non mi tirerei indietro qualora fosse necessario sacrificare la mia vita per te o per il bene dei miei fratelli. Per loro ho tentato di fare sempre e soltanto il meglio, ma so riconoscere quando è il momento di farmi da parte... So riconoscere un mio superiore quando lo vedo e tu Bella lo sei sempre stata, ancor prima che io ti allenassi. Per questo motivo, consapevole che il bene dei miei fratelli sarà dato dalle tue decisione e dalle tue capacità, ti affido il comando del nostro esercito. Naturalmente io ti rimarrei sempre a fianco, sarei il tuo beta se tu lo desideri, ma ti prego di accettare. Questo esercito ti appartiene; guardati, sarebbero tutti disposti a morire per te. Accetta, Isabella≫.

Non mi accorsi che nel frattempo ci eravamo fermati.

≪Lionel, tu sei un capo straordinario, io non potrei mai prendere il tuo posto. Non sei soltanto un capo, sei un padre. Sono i tuoi figli e fratelli, tu sei la loro guida≫.

Lionel mi fece voltare e mi accorsi che tutti ci stavano fissando e in quel momento capì. Non era una semplice festa, ma un’iniziazione.

≪Guardali Bella≫, disse, invertendo la frase di prima, ≪hanno fiducia in te. Sono pronti a seguirti. Hanno bisogno di te≫.

Davanti ai miei occhi, i miei compagni mi fissavano con risolutezza e grandi sorrisi sui loro volti.

≪Prendi il posto che ti spetta≫, esordì uno dei licantropi.

≪Guidaci≫.

≪Ti seguiremo≫.

≪Siamo con te≫.

Frasi su frasi si susseguirono. Il mio sguardo perso incrociò gli occhi di Edward. Era immensamente orgoglioso, seppur preoccupato. Ora capì il perché del suo sguardo torvo. Temeva che io potessi espormi troppo in questo modo, ma era dalla mia parte e aveva fiducia. Tutti loro avevano fiducia in me ed io non li avrei delusi. Consapevole di ciò mi voltai in direzione di Lionel e dissi semplicemente: ≪Accetto≫.

  
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