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Autore: shesfede    17/06/2012    8 recensioni
«Cosa sei?» chiesi di nuovo, sempre più spaventata.
«Lo sai» si rassegnò a rispondere.
Indietreggiai di nuovo, fino a scontrare una colonna che tagliava il corridoio. Scostai i capelli, impreparata e sconvolta per quello.
«Non può essere» mormorai, guardando il vuoto.
«Non può essere» dissi di nuovo, questa volta guardando lui.
I suoi occhi erano spenti, vitrei, quasi invisibili. Completamente diversi da come ero abituata a vederli. Un altro brivido mi percorse la schiena, facendomi raggelare il sangue.
«Se solo mi lasciassi spiegare…» provò ad avvicinarsi, ma lo scansai ancora prima che mi fosse vicino.
«Dillo» gli ordinai. Lui mi guardò, supplicandomi con gli occhi di non farlo.
«Dillo. Voglio che sia tu a dirmelo» non mi lasciai incantare, non più, e glielo chiesi di nuovo.
Lui inspirò, per poi buttare fuori l’aria assunta. «Sono un vampiro, Juliet.»
Genere: Fantasy, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Chapter one.
 

1864
Percorsi l’infinito corridoio del palazzo a passo svelto, cercando di non inciampare nel mio stesso vestito. Mio padre mi aveva pregato di essere puntuale almeno quella volta, ma neanche impiegando tutte le forze che avevo in possesso ci ero riuscita. Mi avrebbe sicuramente ucciso se avessi fatto tardi perché avevo trascorso il mio tempo rinchiusa in libreria a leggere. Scesi l’ultima rampa di scale tenendomi dal corrimano. Quando i miei piedi ebbero toccato nuovamente un piano liscio, sospirai sollevata. Mi sistemai i capelli, cercando di allisciargli il più possibile. Era già una grazia che me li lasciassero tenere sciolti, figuriamoci cosa sarebbe successo se avessi osato presentarmi in disordine. «Finalmente sei arrivata» mi ammonì mio padre, anche se nel suo tono di voce si percepiva tutto, tranne che la rabbia.
«Sono mortificata padre» mi scusai, affiancandomi a mia madre, che mi sorrise cordiale.
Mia sorella minore, Gabrielle, era più vivace del solito quella mattina. Eravamo tutti lì solo per lei in un certo senso. Stavamo aspettando il suo nuovo insegnante di canto, che a quanto pareva doveva essere meno puntuale di me visto che non era ancora arrivato. La cosa, ovviamente, andava a favore mio.
«Tua sorella ti assomiglia molto» disse mia madre, accarezzandomi una guancia.
Insieme a lei gustai la scena della piccola Elle che saltava per le scale, felice come una Pasqua. Da me lei aveva preso lo spirito intraprendente e la curiosità, così come l’indole da maschiaccio e la poca affinità con il mondo aristocratico. Anche se con lei i miei genitori erano più severi, proprio per evitare che crescesse con il rifiuto verso la nobiltà proprio come la sottoscritta. Nonostante seguissi il galateo, non mi era mai piaciuto quel mondo fatto di false cortesie e di brillanti, mentre a Gabrielle in un certo senso lo stavano imponendo. Mio padre diceva che almeno una delle due doveva essere cresciuta a regola d’arte e, siccome con me non era andata a finire bene, adesso riponevano tutte le loro speranza nella piccola di casa.
Si udirono dei cavalli nitrire e, ben presto, una delle nostre carrozze si vide in lontananza. Mio padre fece segno ai domestici di prepararsi all’arrivo del maestro. Lo immaginavo un uomo sulla cinquantina, senza famiglia e abbandonato a se stesso. Un uomo che aveva dedicato la sua vita alla musica e che era finito per rimanere solo. Sicuramente una persona poco interessante. Quando la portiera venne aperta, dovetti rimangiarmi ogni singolo pensiero. Il giovane più bello che i miei occhi avessero mai visto, infatti, scese dalla carrozza e venne verso di noi.
«Benvenuto nella residenza Harris-Felton signor Styles» disse con la sua voce solenne mio padre. Si rivolse a quel ragazzino come se fosse un suo pari, quando avrebbe potuto avere si e no la mia stessa età.
«È un onore lavorare per voi, duca Harris» disse il giovane, chinandosi leggermente verso mio padre. Aveva dei modi educati e cortesi, segno che aveva ricevuto una buona educazione. Sicuramente mio padre avrebbe apprezzato quel particolare.
«Questa è mia moglie Caroline.» Il giovane, sotto l’occhio vigile di mio padre, baciò la mano a mia madre.
«Spero che si troverà bene con noi» augurò al ragazzo, che si limitò ad un cenno col capo.
«Io sono Elle» si fece avanti la piccola. Mio padre la rimproverò con lo sguardo e lei fece un passo indietro, abbassando la testa silenziosamente.
«Gabrielle» la corresse «la mia figlia minore.»
Il ragazzo si chinò verso di lei e, come per mia madre, le baciò la mano dolcemente. Poi però, quando si stava per rialzare, le pizzicò leggermente la guancia. Lei trattenne le risate solo per non farsi richiamare un’altra volta.
«E lei è Juliet, la maggiore» disse infine, indicando la sottoscritta.
Afferrai i lembi dell’amplia gonna del vestito e feci un mezzo inchino per salutare.
«Juliet» ripeté il ragazzo «che nome dolce e soave.» Prese la mia mano e stampò un bacio, in maniera più lenta e delicata rispetto alle precedenti.
Sentii le guance prendere colore e allora abbassai lo sguardo ma, invece del pavimento come da me sperato, incrociai gli occhi di lui, che splendevano di un verde luminoso.
«Harold Edward Styles» disse il suo nome, tornando eretto con la schiena. «Da oggi e per sempre ai suoi servizi, signorina.»
Sorrisi di fronte a quell’affrettata dichiarazione, sicuramente non gradita da mio padre che infatti non tardò per allontanarlo da me. «Prego signor Styles, segua i miei domestici: vi condurranno nelle vostre camere.»
Il giovanotto assentì, sparendo qualche istante dopo, come se risucchiato dal palazzo stesso.
«Sta molto attenta figliola, certi legami sono proibiti.»
Alzai lo sguardo verso mia madre, rassicurandola: «Abbiate fiducia madre, non sono una sprovveduta.»
Lei mi guardò, poco convinta di quelle mie parole. In fondo, neanche io ci credevo veramente.
 
2012
Il cielo, nonostante fossimo in pieno inverno, non era nuvoloso quella mattina sopra Cambridge. La mia pelle chiara luccicava leggermente sotto i raggi tiepidi del sole, mentre i lunghi capelli castano cioccolato, che portavo rigorosamente sciolti, venivano ondeggiati dal leggero vento che tirava sempre a quell’ora. Quella si prospettava essere una bella giornata, se alla prima ora non avessi avuto storia, la materia che più odiavo. Per me, che in un certo senso la storia l’avevo vissuta, quella materia era una vera pugnalata al cuore.
Arrivai al mio armadietto e iniziai a sistemarvi i libri che non mi sarebbero serviti per il momento. Il corridoio era semi deserto a causa dell’ora: nessuno arrivava mai puntuale in quella scuola, fatta eccezione per qualche secchione e per la sottoscritta che, a causa della sua velocità, neanche intenzionalmente ci sarebbe mai riuscita.
«Buongiorno bella mora!» esclamò qualcuno alle mie spalle. Qualcuno che avevo riconosciuto ancora prima che arrivasse.
«Ciao Niall» dissi tranquillamente, chiudendo lo sportello dell’armadio. Lui mi guardò sorridendo, allungando il bicchiere di caffè che ogni mattina mi portava puntuale come un orologio svizzero.
«Come farei senza di te, Horan?» gli chiesi retorica, afferrandolo e iniziando a sorseggiarlo. In realtà neanche mi piaceva il caffè, ma per esigenze fisiche ero costretta a berlo, altrimenti sarei apparsa gelata come un iceberg a chi mi stava vicino. Feci qualche faccia strana, dovuta al sapore amaro che adesso mi ritrovavo in bocca.
«Beh, sai che non dovrai dirmi addio…» lasciò la frase in sospeso perché era già a conoscenza del mio pensiero riguardo quell’argomento.
«Niall te l’ho già detto, non avrai il mio sostegno, non in questa cosa almeno» tagliai corto, incamminandomi verso l’aula di storia.
«Juliet aspetta, non andartene così!» mi urlò dietro.
Per quanto non sopportassi quella sua scelta, Niall rimaneva sempre il mio migliore amico, così come Jennifer, la sua ragazza. Mi fermai e tornai indietro, da lui.
«Non devi farlo per forza» provai a persuaderlo per quella che era forse la millesima volta.
«Cosa ti fa credere che cambierò idea?» mi domandò, incrociando le braccia al petto.
Alzai leggermente le spalle, bevendo un altro goccio di caffè. «La stessa cosa che ti fa credere che io cambierò idea.»
Scosse la testa, passandomi un braccio attorno alle spalle e incamminandosi verso la sua meta preferita: l’armadietto della sua ragazza. Jenn non tardò ad arrivare, così da mettere fine ai lamenti insopportabili di Niall su quanto sentisse la sua mancanza.
«Per fortuna sei qui, non ce la facevo più» sbuffai, appoggiandomi al muro. «Jenny è l’amore della mia vita, staremo insieme per sempre» gli feci il verso, con tanto di mimica.
«Ehi, io non parlo affatto così!» protestò lui.
«In realtà si, amore» lo contraddisse la stessa.
«State per caso complottando contro di me? No, perché due vampiri contro un umano non è affatto equa come cosa.»
Mi irrigidii di scatto, non appena lo sentii arrivare.
«Sh, sta arrivando Liam» avvertii Niall, dato che Jenn sicuramente ne era già al corrente.
Annuirono comunque entrambi, per poi iniziare a scambiarsi delle effusioni in modo da distrarre l’attenzione dell’argomento tirato innocentemente in ballo da Niall.
Qualche istante dopo, come previsto, Liam arrivò.
«Buongiorno raggio di sole» esclamò come era solito fare quando mi vedeva.
«Ehi ciao» ricambiai il saluto, avvicinandomi a lui per stampargli un dolce bacio sulle labbra.
Andò a salutare Niall e Jenn, la quale poco dopo mi raggiunse per lasciare che i due ragazzi parlassero di cose da… ragazzi.
«Allora?» mi chiese. La guardai con occhi sperduti, non capendo a cosa si riferisse.
«Quando hai intenzione di dirglielo?» Questa volta ebbi capito, ma finsi ancora di non esserci arrivata per evitare l’argomento.
«Dirgli cosa?» Lei sbuffò, sistemandosi nervosamente i capelli.
«Andiamo Juliet, se lui ti piace veramente devi dirgli che cosa sei!» sbottò.
«Vuoi abbassare la voce?!» la richiamai. Lei si scusò con lo sguardo, ma non aggiunse altro.
«Non sono pronta ok? Quando arriverà il momento giusto allora glielo dirò, per adesso siamo felici così.» Buttai lo sguardo su di Liam, che rideva e scherzava con il suo migliore amico. Louis era appena arrivato e si era aggiunto ai due.
«E se il momento giusto non arrivasse mai?» mi domandò piano.
Tornai a posare lo sguardo su di lei, che invece mi stava scrutando coi suoi grandi occhi verdi. «Vorrà dire che non era destino» tagliai corto.
«Già, il destino» disse sarcastica, per poi abbandonarmi da sola.
«Niall tesoro, andiamo in classe?» chiese prendendolo sottobraccio. Lui annuì.
«Ci vediamo dopo allora» salutò Niall.
«Si ovvio, abbiamo letteratura alla terza insieme» lo informò Liam.
«Scappo anch’io, francese alla prima non ammette ritardi» annunciò Louis.
«A dopo ragazzi» salutò Jenn.
«A dopo Destiny» precisò, quando mi passò accanto.
Le dedicai uno dei miei peggiori e gelidi sguardi, anche se sarebbe servito a poco. Conoscendola, non si sarebbe mai arresa. E il tempo, per creature eterne come noi, era una grossa fregatura.
 
Nonostante condividessi casa con Jenn, lei non c’era quasi mai. Era sempre fuori, o per nutrirsi, o per stare con Niall. Quelle ormai erano le sue priorità.  Del tutto diverse dalle mie, che ero sempre più convinta di voler tenere Liam lontano da quel mondo, il mio mondo. Non che non provassi niente per lui o che non gli volessi bene. Al contrario, lo tenevo all’oscuro di tutto proprio perché gli volevo troppo bene. Quel segreto era un macigno non facile da sopportare, io stessa ne avevo pagato le spese sulla mia pelle. Non volevo che Liam si ritrovasse nella mia stessa situazione, non volevo obbligarlo a scegliere. Jenn la pensava in modo completamente diverso dal mio, convinta che un segreto del genere non si potesse tenere nascosto ai proprio cari. La sua storia era ben diversa dalla mia, in quanto la sua trasformazione fu causata dalla necessità di sopravvivere. Era la seconda guerra mondiale, quando rischiò di perdere la vita e un giovane ragazzo la salvò dalla pozza di sangue in cui si era ritrovata. Mi raccontò che stessero insieme per un certo periodo di tempo, ma poi lei scelse di allontanarsi perché voleva allargare i suoi orizzonti.
Spensi la tv annoiata. I programmi del ventunesimo secolo erano tutti uguali e demenziali, a lungo andare ti stancavano. Mi alzai dal divano, lanciando il telecomando e andando in cucina per cercare un po’ di cioccolata. Ero una vampira da 148 anni eppure ancora sentivo la necessita di alcune cose, come il cacao. In realtà non erano delle necessità vere e proprie, molte cose le facevo per abitudine, come quella.
Presi il barattolo di nutella e, da uno dei cassetti, un cucchiaino. Svitai il tappo, poggiandolo sul ripiano della cucina, e iniziai ad affondare nella crema. Gustavo quella delizia al cioccolato tranquillamente, dondolandomi da un piede all’altro distrattamente. Improvvisamente percepii un mormorio, una specie di chiacchiericcio che mi faceva da sottofondo in quel momento. Avevo imparato a controllare il mio udito e di certo non poteva trattarsi di qualche conversazione dei miei vicini di casa, perciò il mio pensiero andò alla televisione, che comunque avevo spento. Controllare però non mi avrebbe fatto del male, così posai il barattolo sul tavolo e tornai in salotto. Dovetti ricredermi, quando trovai la tv accesa. Sorpresa, presi il telecomando che si trovava schiacciato tra due cuscini. Sicuramente un contatto involontario aveva fatto accendere il televisore, ecco risolto il mistero. Scuotendo la testa e ripetendomi di essere una paranoica, tornai dal mio vasetto di nutella. Mi bloccai sulla soglia della porta, osservando immobile la finestra aperta. Quella non era paranoia, quello era un dato di fatto. Ero sicura che prima che me ne andassi fosse chiusa, mentre adesso era completamente spalancata. Mi affrettai a richiuderla, mentre brividi di freddo mi percorrevano il corpo. Se Jenn mi avesse vista in quelle condizioni mi avrebbe preso in giro, dandomi della rammollita nonostante ciò che fossi. Del mio lato umano avevo conservato le mie paure e le mie insicurezze, cosa che non sapevo definire come un bene o come un male. Sapevo di potermi difendere e di essere forte, ma continuavo ad avere paura persino della mia stessa ombra.
Iniziai a sentirmi osservata, controllata… spiata. Avevo una strana sensazione, un misto tra paura ed eccitazione. Presi dei respiri profondi, tentando di calmarmi. Affondai le mie preoccupazioni ancora una volta nei piaceri del cioccolato, tranquillizzandomi leggermente. Anche se in realtà non riuscivo a stare bene, sentivo che qualcosa non andava.
«Ciao Juliet» una voce calda e profonda parlò improvvisamente alle mie spalle.
Mi girai di scatto, lasciando cadere tutto quello che avevo nelle mani.
Non potevo crederci, ma lui era tornato.



here i am:
so che forse è un po' presto, ma avevo davvero voglia di aggiornare perciò ecco il primo capitolo ** che ve ne pare?
allora, come avreste notato si sviluppano due storie 'parallele'. abbiamo la parte al passato, che racconta com'era la vita della nostra progatonista prima e poi abbiamo la parte al presente, che è la storia vera e propria. questa impostazione ci sarà fino all'ultimo capitolo, perciò potrete notare differenze e similitudini delle due situazioni per tutto il corso della storia :)
boh, non so esattamente cosa dirvi D: ahah ah si! lei è jenn :) per chi non la conoscesse è britt robertson, l'attrice protagonista della serie the secret circle. ha fatto anche avalon high, il film della disney per farvi capire bene chi è ahah

na na na, non so più davvero cosa dirvi D: #fail
grazie per le recensioni al prologo e spero che vi sia piaciuto il capitolo (: xx

 

   
 
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