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Autore: Black Mariah    18/06/2012    6 recensioni
MOMENTANEAMENTE SOSPESA
Fan Fiction completamente ispirata al film e al telefilm "Le dieci cose che odio di te".
Bianca vuole diventare popolare a tutti i costi. Kat vuole portare avanti battaglie anticonformiste e femministe. Gerard vuol far esplodere il liceo che frequenta. Mikey è follemente innamorato di Bianca. Frank cerca di aiutare disperatamente l'amico a conquistare la ragazza. Ray malgrado gli istinti omicidi di Gerard, avrà la sua dose di popolarità e inizierà una delirante relazione con Paris.
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
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The Taming of the Shrew
 
-Bene, bene, bene- commentò il signor Stratford rosso dalla rabbia. –Io ti lascio uscire, fidandomi di te, e tu ritorni ubriaca?! Questo ti costerà come minimo una punizione a vita! Scordati di uscire con qualsiasi nuova amica che ti sei fatta e con qualsiasi altro ragazzo che ti passa per la mente! Sarai rinchiusa in questa casa per il resto dei tuoi giorni!- urlò, sbattendo i cereali sul tavolo. –E se non hai dei voti decenti, giuro che ti mando in una scuola cattolica dove sarai circondata da suore!- concluse, sputacchiando per aria i cornflakes d’avena.
Bianca era di fronte a lui, intenta a mangiare la sua colazione e ad ascoltare la sua predica. Avrebbe voluto dirgli di smetterla di urlare perché la testa le stava scoppiando, ma non lo fece per non aggravare la situazione.
-Non hai niente da dire?!- aggiunse il dottore, di fronte all’impassibilità della figlia. 
-Cosa dovrei dire, papà?- rispose Bianca con la sua solita vocina tenera. Sapeva che non l’avrebbe né impressionato, né fatto calmare, ma decise di provarci lo stesso. 
-Ok, ho esagerato, ma non ho fatto nulla di più degli altri! Sono andata ad una semplice festa della scuola e mi sono divertita! Non puoi tenermi per tutta la vita in una sfera di cristallo!- 
-Non ci si diverte ubriacandoci! Ma che diavolo devo fare con te, eh?- sbottò il dottor Stratford. La figlia sembrava essere in preda a qualche sortilegio in cui non desiderava altro che fare vita mondana. 
-Papà, tutto quello che voglio è fare nuove amicizie, dato che in questo schifosissimo sputo di città, in cui ci siamo trasferiti per colpa tua, non ne ho!- esclamò rabbiosa la ragazza bionda, infastidita dalla tranquillità della sorella di fronte, che sembrava essere chiusa nel suo mondo a leggere il quotidiano della mattina.
Il dottore guardò sua figlia piccola, e poi spostò lo sguardo su quella grande. 
-Kat non si sta facendo tanti problemi sulle amicizie!- esclamò, non capendo davvero la cocciutaggine della figlia. 
-Kat non ha vita sociale!- rispose agguerrita Bianca.
-Vi ricordo che io sono qui, non è che non ci sono!- fece infastidita la figlia maggiore, distraendosi dal suo articolo sulla sanità pubblica. 
Il signor Stratford fece un sorrisino compiaciuto. Aveva trovato il giusto compromesso per far mettere la testa a posto a Bianca. 
-Vuoi fare nuove amicizie, dunque?- domandò il padre poco dopo, con voce civettuola ad imitazione di quella della figlia. –Bene, allora uscirai…solo se lo farà Kat…- concluse, pronto ad abbandonare la sala pranzo. 
Quella era una punizione bell’e buona.
-Ehi, ed io che centro ora?!- esclamò la mora.
Bianca in tutta risposta emise un urlo. Quasi si stava sentendo male.
-Papà, ma lei non esce mai!- sghignazzò la bionda.
-Appunto!- commentò tutto contento il dottore, andando a mettersi il soprabito per andare al lavoro.
Bianca guardò con odio prima suo padre e poi quella bisbetica di sua sorella. Era una situazione assurda, e il tutto perché si era “leggermente” ubriacata ad una festa, secondo lei.
-Questa non è una famiglia. E’ un manicomio!- esclamò, prendendo le sue cose per andare a scuola.
 
-Ehi Tess!- esclamò Frank dalla punta del corridoio della scuola, correndo per raggiungerla. 
La ragazza lo vide correre in lontananza e quasi inciampare nei suoi stessi passi. Trattenne una risata, mista a felicità e imbarazzo e poi lo salutò.
-Perché corri?- chiese, spostandosi il ciuffo davanti agli occhi e abbozzando un sorriso. 
-Non lo so, ti volevo salutare…Hai chimica ora?- chiese Frank un po’ arrossato per la corsa. 
Tess si sentì avvampare. Aveva la necessità di raccontare a qualcuno quello che era successo la sera prima. 
-Sì…- rispose imbarazzata. –Ma alle dieci e mezza ho pausa…magari ci andiamo a prendere un caffè insieme…-
-D’accordo, tanto a quell’ora ho educazione fisica e né a me né a Mikey va di farla…- fece Frank.
-Oh, Mikey…- esclamò Tess pensando a ciò che gli aveva raccontato. –Come l’ha presa per la storia di ieri sera?-
-Sai com’è Mikey…Adesso sta passando la fase “sono arrabbiato con il mondo e odio Bianca anche se è bella”- rispose Frank con una voce molto dolce. 
-Magari potrei provare a parlare con Kat, ma non sono sicura di cosa ne potrebbe uscire fuori…- provò a dire Tess.
-Mmm…- mugolò Frank. –Facciamo così, durante la mattinata parlo con lui, vediamo che mi dice e poi ti racconto. Dio, inizia l’operazione Mikey/Bianca!- commentò ironico il ragazzo, togliendosi i capelli da sopra la fronte. 
Tess fece una risata, avevano finalmente trovato ciò che gli avrebbe tenuti impegnati in quel semestre. 
-Allora a più tardi…- disse lei incerta sul da farsi e prendendo lo zaino da terra.
-Certo- fece Frank sfoderando un sorriso meraviglioso. 
La ragazza rimase imbambolata per qualche secondo, e il colpo di grazia le sembrò arrivare quando Frank si sporse verso di lei e le diede un bacio sulla guancia.
Lui le sorrise e poi scomparve tra le dozzine di ragazzi che stavano entrando nelle varie aule. 
Tess si toccò la guancia con una mano e poi corse a cercare Kat.
 
-Non è di certo colpa mia, Bianca! Io non c’entravo nulla con la punizione di papà!- urlò quasi Kat, mentre seguiva il sua sorella nel vialetto della scuola.
-Sì, sì- fece Bianca super arrabbiata –Sarò condannata in casa a vita!- disse, prendendo a calci una lattina di coca cola. –Non potevi essere normale? Non potevi essere come tutte le ragazze della tua età?-
Kat storse le labbra. Che diavolo stava blaterando la sorella? 
-Ehi che diavolo vuoi ora da me? Non sono di certo io quella che si è resa ridicola su un tavolo, solo per farsi notare da una stupidissima capo cheerleader!- sbottò la ragazza. Allora era davvero troppo. Bianca aveva parlato per tutto il tragitto da casa a scuola rinfacciandole l’ennesima volta quanto fosse asociale, acida e bisbetica.
La sorella bionda la guardò con odio. Si chiedeva come facevano ad essere sorelle. 
-Ti odio- disse Bianca improvvisamente, piena di rabbia, con gli occhi quasi iniettati di sangue.
Al sentire quelle parole, così cariche di cattiveria, Kat rispose -Sei una stupida- e si girò andandosene verso la sua aula di informatica. 
Bianca la guardò con rabbia allontanarsi e quando si girò, avrebbe voluto morire della morte più atroce.
-Quella è tua sorella?- chiese schifata Paris, uscendo all’improvviso da un vialetto del campus scolastico. 
Bianca fu assalita dall’ansia, sperava con tutta se stessa che non avesse sentito l’ultima parte della conversazione. 
-Ehm…qualche volta…-rispose isterica la bionda. 
Paris la fulminò con lo sguardo, abbassandosi sulla punta del naso gli occhiali scuri che le coprivano gli occhi, stanchi per la sbornia della sera prima. 
-E la stupidissima capo cheerleader sarei io?- chiese lentamente, scandendo molto piano le parole. 
Bianca non rispose e cercò di mascherare quel silenzio con un’espressione indefinita. 
-Ma…lei non ti conosce come ti conosco io…- cercò di giustificarsi la ragazza –E…ti prego Paris!- aggiunse quando la ragazza si girò e iniziò a camminare svelta sui tacchi. –Non diceva davvero! Lei…lei è stata adottata! Non è davvero mia sorella!- fece disperata.
Paris si girò di scatto, già pronta ad assaporare il sapore della vittoria su quella piccola ragazzina illusa. 
-Si da’ il caso, che quella pazza della tua sorella adottata, mi abbia graffiato tutta la fiancata della macchina qualche giorno fa…Puoi considerarti fuori dalla squadra. Non presentarti nemmeno ai provini…- fece, voltandosi e sogghignando. Già pronta a sentire Bianca piangere.
Bianca non la seguì. Rimase in mobile. Il peso dello zaino sembrava premerle sulla schiena ora come non mai. 
La guardò allontanarsi e diventare un puntino colorato indefinito tra tutti gli altri ragazzi. 
-Odio questa fottutissima scuola- commentò a denti stretti, trattenendo le lacrime.
 
Kat, più nervosa e arrabbiata che mai, stava cercando di chiudere il suo armadietto, e dopo l’ennesimo tentativo di inserire la combinazione, sbatté l’anta metallica, chiudendola una volta per tutte. 
Sua sorella era un’idiota. Non solo l’aveva ricattata la sera prima per accompagnarla alla festa, ma adesso le dava anche la colpa se non poteva uscire. 
Era molto frustrata dalle cose che le aveva detto, di solito non ci faceva molto caso, ma questa volta era stata davvero cattiva. Non era mica colpa sua se erano così diverse, non era mica colpa sua se a lei non interessava nulla di quello che per la sorella più piccola era di vitale importanza. 
All’inizio questa diversità non le pesava più di tanto, anzi era quasi divertita nel vedere quanto la sorella fosse omologata alle altre, e quanto lei, invece non lo fosse. In quel momento però Bianca non perdeva un’occasione per ripeterlo e per farglielo notare, ripetendo in continuazione quanto fosse asociale e chiusa ad ogni tipo di stereotipo femminile.
Si incamminò a grandi passi per il corridoio, maledicendo la scomodità delle sneakers che indossava. 
-Ehi Kat!- le disse una voce maschile alle spalle. 
Appena la sentì, già sapeva che qualunque cosa Gerard le avesse detto, anche la più carina, per forza di causa lei gli avrebbe risposto male.
Si sentì la mano del ragazzo attorno al polso e poi si girò a guardarlo.
-Ho una cosa da farti vedere…- fece Gerard accennando un sorriso.
Kat alzò gli occhi al cielo, non sapendo se fosse un doppio senso. 
-Attento, stai sfiorando la molestia sessuale…- commentò lei, con quel suo tono perennemente scazzato e scorbutico. 
Non appena Gerard sentì quella risposta, sorrise, ma allo stesso tempo capì che non era giornata. 
-Come sarebbe “la sfioro”?- commentò divertito. –Vuol dire che non mi ci sto impegnando abbastanza, allora…- aggiunse, sfilandosi la felpa nera. Nel farlo sollevò leggermente anche la maglia che indossava al di sotto di essa, e involontariamente mostrò il basso ventre. 
Kat fu distratta da quella vista, ma cercò di riprendersi subito, deglutendo e pensando già a cosa rispondergli.
-Abbiamo la stessa maglietta…- disse Gerard, mostrando la maglia dei Seven soul che portava.
-Fantastico…Sai leggere!- commentò lei riprendendo a camminare. 
Gerard alzò gli occhi al cielo e la seguì, deciso a darle corda per qualche altro minuto. Era assurdo come quella ragazza fosse lunatica: la sera prima era stata persino dolce e simpatica, e quella mattina era tornata a fare l’antipatica e l’acida. 
-Spero tu sappia che suonano in una cittadina a venti minuti da qui stasera: North Broadley- disse, pregustandosi già la scena.
-Certamente…- sparò lì per lì Kat, mentendo spudoratamente. 
Gerard sorrise e a Kat venne il mal di stomaco.
-Peccato che le belle ragazze non sappiano mentire…- commentò lui, facendo risultare quella frase più un’affermazione verso se stesso. 
Kat si sentì avvampare e spostò la sua attenzione dagli occhi verdi del ragazzo, alla locandina di una commedia teatrale appesa ad una parete.
-Se caso mai ti passa il nervosismo giornaliero, e vuoi trascorrere una serata da sola con me, non devi far altro che chiedere…- le disse nell’orecchio, quasi sussurrandoglielo, avvicinandosela a sé, e cogliendo al balzo l’occasione di stringerla tra le sue braccia. 
Kat deglutì, estasiata dal suo profumo, ma poi lo allontanò spingendolo leggermente. 
-E se per caso a te passa la monta autunnale, fammelo sapere, magari la smetti di fare il gentile solo per portartene a letto un’altra- 
Gerard la lasciò improvvisamente, indietreggiando di qualche passo.
-Cos’è che hai stamattina?- chiese lui interdetto, questa volta serio. -Non credo sia passato molto tempo da ieri sera…o che ti abbia fatto qualcosa...- aggiunse, alludendo al suo comportamento. 
La mora lo guardò, prima portandosi i lunghi capelli dietro le spalle e poi iniziando a camminare veloce.
-Se magari tutte le persone che mi stanno attorno la smettessero di ripetermi che sono asociale, lunatica, bisbetica e scorbutica, andrebbe tutto decisamente meglio. Io sono fatta così, ok? Non mi faccio imbambolare dal belloccio di turno, non  ambisco a farmi i giocatori di football né tanto meno mi interessa sculettare come una gallina con due pon-pon in mano!- sbottò, più rivolta a se stessa che a Gerard. 
Stava camminando così veloce che il ragazzo dovette fare grandi passi per starle affianco. 
-Ma…io non ho mai detto questo!-esclamò lui, guardando il profilo di Kat e le sue guance leggermente arrossate.
-Ma sicuramente lo pensi come quella stupida di mia sorella, come mio padre, e come tutte le persone che conoscevo nella scuola vecchia. Non sono mica un alieno, ho solo un cervello!- terminò quasi isterica. 
A Gerard venne quasi da ridere: era bellissima quando si arrabbiava.
Prendendola per il polso la avvicinò di nuovo a sé, allungando una mano verso il suo collo e chinandosi leggermente. 
Kat sentì improvvisamente le labbra di Gerard sulle sue e per qualche secondo si rilassò. 
Era una bella sensazione. Non avrebbe mai creduto che quel ragazzo potesse baciare in maniera così delicata, e perciò, per qualche strana ragione, lo lasciò fare. 
Il moro, non curante degli sguardi incuriositi dei passanti, continuò a muovere le sue labbra su quelle della ragazza, vincendo l’iniziale resistenza di Kat. 
-Ti passo a prendere stasera alle nove- disse solo Gerard, quando si staccò da lei. 
Kat rispose dopo qualche secondo con un –Ok- soffocato e balbettante e poi rimase ferma al centro del corridoio, aspettando che la sensibilità alle gambe ritornasse. 
 
Bianca arrivò in aula, sedendosi all’ultimo banco. Quella non era la giornata giusta per fare gli occhi dolci al giovanissimo professore di Storia, così optò per un posto isolato.
-Ehi Stratford!- le fece un ragazzo biondino, ancora in fase di crescita –Bello spettacolo ieri sera! Sappi che se hai intenzione di rifarlo io sarò in prima fila!- concluse.
La bionda si sentì quasi morire: che grande figuraccia. 
Sia a quella, che alle altre dozzine di frasi del genere ricevute durante quei dieci minuti, decise di non rispondere, e tutto quello che riuscì a fare fu sfoderare linguacce e occhiatacce. 
-Ma diavolo, la volete smettere!- sbottò improvvisamente Mikey, di fronte all’ennesimo commentò di qualche altro sedicenne arrapato.
Era al suo posto da dieci minuti e almeno cinque ragazzi avevano fatto gli occhi dolci a Bianca e le aveva ricordato cosa fosse successo la sera prima. 
La ragazza, quando vide Mikey, mimò con la bocca un “Grazie” e poi sprofondò di faccia nel libro di Storia, pregando che tutto quello che stesse vivendo, finisse presto. 
-Way, torna a fare il capo del club dei fumetti…-gli fece Johnson dalla punta dell’aula. A sentire quelle parole Mikey ridusse gli occhi a due fessure e lo mandò a quel paese alzando il dito medio. 
Nel bel mezzo della lezione, mentre il professor Coller era intento a spiegare la Guerra dei Cent’anni in Europa e le peripezie di Giovanna D’arco, il più piccolo degli Way fu distratto da una pallina di carta arrivatagli sul banco. Si guardò attorno per capire chi gliel’avesse lanciata, e vide Bianca fargli segno. 
Senza farsi notare da nessuno, lui la scartocciò cercando di leggere cosa ci fosse scritto: Bianca aveva usato una penna fuxia. 
Sono così dispiaciuta per ieri sera, ho esagerato e ho fatto la figura della stupida. Adesso tutta la mia famiglia ce l’ha con me perché mi sono resa ridicola, e anche tu mi odierai perché mi sono comportata male :(
Leggendo quel messaggio a Mikey venne un colpo allo stomaco. Sì, stava decisamente passando la fase “odio Bianca Stratford ma è troppo bella e non riesco a resistere”.
Tranquilla. Può capitare” rispose generico lui, non lasciando intendere né che se l’era presa per il suo bidone né che era pronto a riaccoglierla a braccia aperte. 
Mio padre ora ha messo una stupidissima regola in casa! Per punizione non posso uscire fino a quando non lo fa mia sorella Kat, e lei è peggio di una suora. Sarò in punizione a vita e sarò per sempre relegata in quella casa! Per non parlare della mia incapacità in Francese. Se prendo una B mio padre mi spedisce in una scuola cattolica! Aiuto!” Scrisse lei in risposta. 
Mikey si girò dalla sua parte e lei in risposta gli fece un sorriso, quei generi di sorrisetti che solo Bianca era in grado di fare, quelli che ti facevano intenerire a prima vista.
Ok, a Mikey il fuxia gli stava decisamente dando alla testa e avrebbe voluto dire a Bianca di piantarla di usare quel colore sgargiante e di scrivere con una penna normale, ma non fece a tempo perché la campanella suonò e in men che non si dica tutto il corso di Storia si ritrovò fuori dall’aula.
Bianca corse verso Mikey e lo abbracciò, lasciandogli addosso una fastidiosa nuvola di profumo. 
-Non ti preoccupare per ieri sera- disse lui un po’ imbarazzato, cercando di consolare la ragazza.
-Oh! Grazie Mikey! Sei l’unico che oggi non mi ha preso in giro!- esclamò Bianca, portandosi le mani sulla faccia. 
-Dai, non fare così!- fece per consolarla lui. Non sopportava vederla triste. –In Francese sai che ti posso aiutare io!- aggiunse per rincuorarla. 
Gli occhi di Bianca si illuminarono e lei gli fece un sorriso. 
Mikey sentì un dolore lancinante allo stomaco, come quello che provava quando litigava con Gerard e finivano nel darsi a botte. 
-Sì, ma rimane il problema di mia sorella Kat…Mikey tu non la conosci! Fa paura! Non è normale!- esclamò Bianca. –Sono condannata ad una triste esistenza…- mugolò, già immaginandosi come Raperonzolo: relegata in una torre sperduta.
Mikey ci pensò su, Kat non era così male come Bianca la descriveva e improvvisamente gli venne in mente come suo fratello, la sera prima, le facesse gli occhi dolci.
-Mmm…non disperare- fece, facendosi venire un’idea. –Dammi un po’ di tempo, ok? Ti prometto che non sarai rinchiusa a vita in quella casa!- concluse, felice per il fantastico piano balenatogli in mente. 
Bianca lo guardò già felice, già stracontenta. Non aveva la minima idea di come Mikey potesse risolvere le cose, ma non se ne curò: in un istante si gettò al suo collo abbracciandolo più forte che mai.
-Oh Mikey! Grazie, grazie, grazie!- esclamò la bionda. –Come farei senza di te? Sei il miglior  M.A.G. che potessi avere!- terminò saltellante. 
Mikey cercò di liberarsi dal suo abbraccio, stava quasi smettendo di respirare.
-M.A.G.?- ripetè lui confuso, ancora un po’ frastornato da tutto quell’affetto.
-Sì! Il mio Miglior Amico Gay!- esclamò lei, battendo le mani eccitata.
Mikey sbiancò. 
Avrebbe voluto sotterrarsi. Dio santo, non era assolutamente vero, e poi perché lo stava urlando e da quando c’erano tutte quelle persone attorno a loro?
-Ma…Bianca…-iniziò a dire lui balbettante e terrorizzato da tutti gli sguardi indiscreti –Io non sono gay!- esclamò quasi singhiozzante, sotto le occhiate di tutti.
-Mikey, tranquillo!- fece lei, come se non gli stesse per nulla complicando la vita –Io non sono omofoba! E adoro i ragazzi gay! Sono così teneri e sensibili!- Fece abbracciandolo di nuovo.
Mikey stava quasi per svenire. Non c’era una persona che non si era girata a guardarlo.
Come se non fosse successo niente e soprattutto come se Bianca avesse detto qualcosa di molto normale e naturale per gli adolescenti, prese la sua borsetta di vernice viola, salutò il ragazzo con un bacio sulla guancia e si incamminò felice e sorridente, speranzosa per il suo futuro e la sua vita sociale.
-Ehi Way, come ti va la vita?- fece Johnson schernendolo davanti a tutti –O forse dovrei chiamarti Michelle?- disse ridendo sguaiatamente e mettendo molta enfasi sulla parte finale della frase.
Mikey non rispose, stava già correndo via da quella calca di persone, alla ricerca di un buco in cui sotterrarsi.
Vedeva solo centinaia di volti fissarlo. Voleva solo urlare che no, non era gay e che era innamorato di quella scema di Bianca Stratford, ma la voce gli si bloccò in gola.
Voleva andare da suo fratello, voleva andare da Frank e da Tess, voleva andare a casa a mettere la testa sotto il cuscino. 
Tra le dieci cose che odiava di più della sua vita, in quei pochi minuti Bianca si era guadagnata la pole position.

 
***
ebbene gente questo è il settimo capitolo! Devo dire che ho adorato scriverlo e che mi è venuto fuori in un giorno e mezzo, il che per me è un grande traguardo xD 
Ci tengo a precisare alcuni punti:
il titolo del capitolo riprende quello  della commedia Shakespeariana "La bisbetica domata" ovvero "The taming of the shrew", commedia  su cui si basa il film "Le dieci cose che odio di te"; ciò che è successo tra Frank e Tess verrà svelato nel prossimo capitolo, e no, non ho inserito l'ultima parte per schernire gli omosessuali o roba del genere: è un pezzo tratto dal telefilm in cui Cameron si offre di aiutare Bianca ma lei crede sia omosessuale perchè si veste di rosa xD 
Detto ciò continuo a ringraziare i recensori e la marea di persone che sta seguendo questa storia! 
Vi ricordo la mia pagina facebook!

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