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Autore: _BlueShadows    18/06/2012    1 recensioni
Crescere è quando percepisci quel sussurro nel petto che ti incita a cambiare.
è quando,nonostante tutto il fango che possono buttarti addosso,cammini a testa alta,insegui il tuo sogno.
Io me ne stavo per accorgere troppo tardi.
E ora un treno mi sta portando via.
Genere: Generale, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L'uomo dal viso coperto strattona la bambina verso la macchina nera posteggiata nel vialetto silenzioso. è arrabbiato,le fa male, la fa piangere, ma non si ferma.
La ragazzina si divincola dalla stretta,singhiozza perché il suo vestitino nuovo si è sporcato di terra ,e lui continua a trascinarla. Perché? perché si comporta in questo modo? Non ha  quei bei pacchetti colorati di caramelle frizzanti in mano,non è contento allora .La piccola si dispera ,urla perché pensa che l'uomo sia diventato sordo all'improvviso...
<<  calmati,non fare rumore che tua madre può sentirci. Non vuoi che tua madre ci senta vero? >> dice lui gonfiando il petto affannando, i suoi passi sull'erba sono silenziosi  ma la bambina comincia a calciare ,a lamentarsi. Non riesce più a piangere." ho perso tutte le lacrime " pensa allora la ragazzina tronfia di rabbia,alza il volto verso l'uomo coperto e capisce che non può fare niente contro di lui. Si lascia gettare nella macchina e si copre gli occhi con le mani. Vorrebbe abbracciare la sua mamma.
 Quando mi sveglio di colpo,sbatto la testa violentemente contro il poggiatesta. Sento dei brividi corrermi lungo la schiena  e l'aria fa fatica ad entrare senza sforzo nella gola ,poggio una mano sulla fronte bagnata di sudore. Mi sono addormentata poco dopo aver scritto quelle poche parole sul quadernetto e la notte ha già tinto il cielo di  cobalto. Mi mordo il labbro fino a farlo scorticare,la cosa più orribile che la mente umana possa  fare è di trasformare i ricordi più lontani e repulsivi in sogni che sembra durino ore. Tuttavia sono abituata alla visita dell'uomo coperto quasi tutte le volte che chiudo gli occhi,e fa male,malissimo. Perché quella bambina sono io e non sono mai riuscita a scappare completamente da quell'incubo. Il mio cervello fa finta di non ricordare quando il mio istinto cerca di riprodurre la scena,però non riesco a rimanere indifferente: perché il sogno è stato più reale delle altre volte?Non mi era mai capitato prima d'ora e non mi sorprendo se mi trovo ancora in preda ai brividi.

Rimango sveglia tutta la notte convincendomi che non ho più sonno,anche se la realtà è ben altra:ho paura di riaddormentarmi,semplice. Quindi rimango a fissare la campagna chiazzata qua e là da pozze d'acqua stagnante  e non mi meraviglio quando ,non appena la luce del sole torna ad illuminarmi il viso,vedo le piccole abitazioni della periferia di New York che cercano d'imporre la loro presenza nel paesaggio. So che non sono arrivata ancora a destinazione,ma cominciare a percepire il vuoto causato dall'assenza degli alberi di casa mia mi spinge ad una strana euforia.
Per ammazzare il tempo e non diventare preda dei miei pensieri ,prendo il cellulare  per controllare se durante la nottata mia madre ha cercato di contattarmi. Non nascondo la mia espressione seccata quando vedo il display  scheggiato e la tastiera priva di un paio di tasti inutili,se un Newyorkese lo vedesse non credo che eviterebbe una sonora risata e mostrerebbe senza troppi complimenti il suo ultimo modello appena uscito in commercio. In realtà, noi abitanti di provincia ,abbiamo uno stereotipo di cittadino della Grande Mela piuttosto negativo quindi se mi basassi solo su quello, la mia permanenza li non sarebbe  gradevolissima.
Sorrido pensando a tutte le ore di straordinari  per comprarmi il biglietto del treno, a quanti sacrifici e tutte le difficoltà con cui ho dovuto convivere. A pensarci, fin ad ora la mia vita è stata una triste barzelletta,se non avessi messo la testa a posto nel giro di un paio d'anni ora forse mi troverei in condizioni peggiori di quelle di mia madre. Mi scrollo di dosso una sgradevole sensazione che non riesco a decifrare, solamente ricordare quella polvere bianca mi fa salire un conato di vomito lungo la gola.
Scuoto la testa,come se questo gesto mi aiutasse a svuotarla,inutilmente;allora penso allo scopo per cui ho deciso di lasciare tutto e andarmene :frugo nella tasca della giacca poggiata accanto al mio sedile,ne caccio fuori un  depliant lucido con sopra stampata una pomposa scritta gialla: Juilliard school of arts. ogni lettera che compone quel nome mi fa accelerare il battito. Infilato al suo interno, c’è una fotografia in bianco in nero  che rappresenta una ballerina vestita da cigno nero,le piume del suo vestito si muovono in piena sincronia con la sua piroetta perfetta ,in basso,c’è il nome della danzatrice scritto con l’inchiostro: Margareth Tomphson,mia madre.
Quando la vedo così sorridente in quell’attimo catturato da una macchina fotografica,una punta d’orgoglio mi fa sorridere come una bambina ,poi, l’immagine della donna che è ora si sovrappone alla ballerina e gli angoli della bocca si abbassano lentamente. All’improvviso l’uomo dei miei incubi s’insinua nuovamente nei miei pensieri:questa volta però il suo volto non è coperto.
E tutta la sicurezza che mi aveva accompagnato lungo il viaggio viene spazzata via da uno sbuffo di vento gelido.
  
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