Secrets
by Moonlight.
Mi
sentivo stordita.
La
testa mi
pulsava forte e dovetti strizzare gli occhi per cercare di alleviare il
fastidio. Ci volle molto per riacquistare un’ombra di
coscienza della realtà, o
almeno così parve a me.
Mi resi conto che avevo la schiena a contatto con qualcosa di duro,
freddo e
fastidioso – in netto contrasto con il calore morbido che
sentivo vicino alla
nuca e sulla fronte.
Cercai di
non andare in panico – era come essere sotto
sedativi e quel senso d’impotenza nel sapere cosa
fosse accaduto intorno
a me era orribile.
Stavo per andare in iperventilazione, non riuscivo più a
controllare il
respiro.
“Oh,
Dio mio.” Una voce preoccupata e familiare,
all’inizio ovattata, mi raggiunse velocemente
“Annie dimmi qualcosa, stai bene?
Ti ricordi cos’è successo?”
Non ero
sola. Era... Kristine.
Dovevo tranquillizzarmi, maledizione. Provai a trattenere il fiato per
qualche
secondo per poi rilasciarlo tutto insieme – e ricominciare
a respirare,
profondamente, contando il numero di volte il cui il diaframma si
abbassava.
Il mal di
testa non passava e sentivo la gola secca;
inoltre la luce al neon sopra di me riuscì ad accecarmi non
appena provai a
socchiudere gli occhi. Mugugnai qualcosa, facendo stringere la presa
della mia
amica sul mio corpo.
Ci misi qualche secondo per ricordare e capire:
probabilmente ero
sdraiata sul pavimento del bagno del Marie’s, con la testa
poggiata sulle
ginocchia di una Kristine spaventata e decisamente ansiosa. Mi
accarezzava la
fronte imperlata di sudore con l’affetto di una madre
sollevata ma ancora
sconvolta.
Non ci fu
bisogno di parole; mi aiutò a mettermi
seduta senza intaccare la parte di me che si vergognava di quello che
era
successo o di accentuare quell’altra che ne era terrorizzata.
“Mh.”
Strizzai gli occhi tenendomi le tempie con le
dita.
“Che
posso fare?” Domandò dolce come non mai, la mia
migliore amica.
Sorrisi
mesta “Sto bene...” Mi schiarii la voce,
scuotendo lievemente la testa “… Da quanto tempo
sono rimasta in questo stato?”
“Non
troppo, un paio di minuti.” Rispose lei
pragmatica e aggiunse “Ma hai stupito un po’ tutti
con la tua uscita plateale.
Il tempo del ‘lasciamole la sua privacy’
credo sia dimezzato da quello
per la preoccupazione.”
Imprecai
alzandomi con molta calma. Kristine era
sempre vicino a me, rimanendo più indietro per lasciarmi il
mio spazio e il mio
orgoglio. Mi aggrappai al marmo freddo di uno dei lavabi di quel bagno
e
obbligai me stessa a non guardarmi allo specchio; la consapevolezza era
sempre
la parte più dura da accettare, quando tutto finiva.
Aprii l’acqua e la guardai scorrere, come ipnotizzata. Poi
mormorai “Torna al
tavolo e non fare preoccupare nessuno. Inventati qualcosa, per
favore.”
“Tu
non vieni con me?” Nella sua voce calma e decisa
c’era una nota di tristezza e tormento che mi fece sentire in
colpa.
Scossi la
testa “Ho solo bisogno di un po’ d’aria.
Andrò
a prendermi una sana boccata d’ossigeno ma, tranquilla
– Alleggerii il tono e
lo feci diventare divertito - tornerò per il
dessert.” Sorrisi grata,
guardandola negli occhi attraverso il riflesso dello specchio
“Grazie, Kris.”
Mormorai.
Lei
alzò gli occhi al cielo, capendo che per il
momento andava tutto bene “Sì,
sì.” Rispose in fretta con un gesto della mano
–
i sentimentalismi non erano per lei- “Tu riprenditi in fretta
che il
bianco-pallido ti dona poco.” E una nota dolce nella sua
voce, la tradì nella
sua impassibilità.
Ridacchiai.
Un minuto
dopo, un paio di sberle più tardi e un ‘Datti
una regolata, Annie!’ di rimprovero, ero uscita
dal locale.
Avevo sorriso vedendo una scena a dir poco romantica sul mio cammino:
un uomo
stava porgendo un mazzo di rose rosse ad una donna sotto una serenata
accompagnata dal dolce suono di un violino. La guardai una attimo,
riprendendo
il buon’umore – non c’era bisogno di
pensare ai lati negativi, necessitavano
fin troppa attenzione già quando si presentavano prepotenti.
Nel momento in cui
passavano non volevo che rimanessero nella mia testa. Sarebbe stata
troppo dura
– e, probabilmente, da sola, non ce l’avrei mai
fatta.
Uscii dal
locale più serena, determinata a non
rovinare quella magnifica serata che segnava l’inizio del mio
sogno.
Camminai
un po’ fino a ritrovarmi nel parcheggio. Non
c’erano molte auto ed era tutto tranquillo. Me ne sentii
sollevata; un po’ di
tranquillità per sistemare i pensieri era tutto
ciò di cui avevo bisogno.
Fu una
figura, appoggiata al cofano di una macchina
davanti a me, a farmi dimenticare persino il motivo per cui mi serviva
quell’aria fresca.
Mi avvicinai cauta. Lo avevo riconosciuto subito e avevo anche pensato
alla
possibilità di lasciarlo solo – che sembrava
ciò che voleva- poi però avevo
visto una nuvoletta di fumo e avevo corrugato la fronte.
Ian non
impiegò molto tempo a capire che c’era qualcun
altro lì con lui. Quando si voltò, io sorrisi
automaticamente.
“Oh,
Anastasia.” Fece lui “Ciao.”
Forse era
la calma che ci circondava, forse era per
colpa di quello che era successo prima. Forse era solo la luce della
luna che
rischiarava l’oscurità di quella serata ma non
potevo essere più tranquilla
mentre mi appoggiavo accanto a lui al cofano della sua auto scura.
“Stai
bene?” Mi chiese mentre io alzavo il viso per
guardare il cielo.
Feci
spallucce “Sì, avevo solo bisogno di una boccata
d’aria credo.” Non lo guardai e mi concentrai sulle
stelle che riuscivo a
vedere “E tu?”
Lo sentii
ridacchiare “Sei tu quella che è scappata
dal tavolo.”
Mi voltai
verso di lui, scontrandomi con l’azzurro
luminoso dei suoi occhi “Non sono stata l’unica a
quanto pare.” Sorrisi un po’
impacciata mentre quegli occhi imprigionavano ogni mio pensiero e
facevano
aumentare il mio battito cardiaco.
Ian fece
uno sbuffo di risata mentre prendeva un
ultima boccata di fumo dalla sigaretta e la lanciava per terra per poi
spegnerla.
Si sedette completamente sul baule della sua macchina per poi sdraiarsi
appoggiando la schiena al vetro e incrociando le braccia dietro la
testa. I
suoi magnifici occhi si persero a guardare la luna in pochi secondi,
proprio
come avevo fatto io poco prima.
Lo guardai. Non potevo fare nient’altro. Era bellissimo,
più affascinante di un
Dio e stupendo con quell’aria persa
nell’oscurità.
Sembrava tormentato da qualcosa e, nonostante quella luce nei suoi
occhi mi
metteva tristezza e senso di impotenza – perché
volevo aiutarlo ma non sapevo
come- questo lo rendeva terribilmente umano e semplice. Proprio come
me, e
ancora più bello.
Mi resi
conto che lo stavo fissando – e che forse era
anche maleducazione- e quando lui si rese conto della stessa cosa e
ricambiò lo
sguardo io m’infiammai e corsi letteralmente con gli occhi a
guardare la luna
piena di quella notte.
Lui rise
e io mi beai di quel suono leggero, in netto
contrasto con lo sguardo che avevo visto sul suo volto pochi secondi
prima.
“Arrossirai
ogni volta che ci incroceremo, d’ora in
avanti?” Domandò divertito ma senza ombra di
malizia.
Io se
possibile arrossii ancora di più ma gli risposi
con un mezzo sorriso “Guarda che non è certo
facile, sai?”
“Ah
no?” Poggiò gli avambracci sul cofano e fece leva,
rimanendo così mentre ci guardavamo – lui con la
fronte corrugata e un sorriso
ghignante e io rossa come una fragola a metà tra
l’essere rilassata e sul punto
di aver un attacco di cuore.
“Se
tu fossi al mio posto, saresti completamente a tuo
agio già dal primo momento?”
Fece una
strana smorfia che definii subito buffa e
chiese con finto tono ingenuo “Intendi se mi sentirei a mio
agio a stare con me
e a guardarmi in uno specchio?”
Sembrava
una conversazione tanto normale nella sua
stranezza che per cinque secondi dimenticai che fosse
l’attore famoso per cui
avevo una cotta segreta e decisamente infantile, paragonabile a quelle
che si
hanno per cantanti o stilisti – impossibili da raggiungere.
Con un
balzo leggero mi sedetti girata verso di lui
incrociando le gambe, chiedendo subito “Si può
sapere quante personalità hai?”
Alla sua faccia confusa e curiosa continuai “Ti conosco da
meno di un giorno ho
già intravisto l’Ian
presuntuoso ma simpatico nella sua superbia, quello
semplice e normale che mi ha accompagnato a casa e che è
anche generoso e
altruista, quello galante che mi ha aiutato a togliere la giacca come
fosse un
uomo d’altri tempi e quello misterioso e tormentato da
pensieri personali di
cui non ha voglia di parlare e finisce in un banale tentativo di
cambiare
discorso che ho accettato per il semplice fatto che siamo appena
conoscenti e
in fin dei conti non sono fatti miei.”
Mi
accorsi di aver fatto il conteggio sulle dita e di
aver detto quello che avevo detto solo dopo, quando guardai la sua
faccia
stupita e basita.
Quel mio parlare a mitraglietta così maleducato
probabilmente lo aveva
indisposto.
Mi passai
una mano tra i capelli mormorando più lentamente
“Ok, l’ultima stoccata potevo anche
risparmiarmela.”
Scesi
dall’auto, con l’intento di andarmene per
evitare di fare altri pasticci, quando sentii una presa al polso che mi
fece
girare automaticamente.
Mi scontrai con Ian che, una volta visto che mi ero fermata, mi
lasciò andare.
A dire il
vero non gli diedi molto tempo per parlare
che fui assalita dai sensi di colpa e ricominciai con la mia veloce
dialettica,
purtroppo instancabile “Scusa. Non l’ho fatto a
posta, è che quando inizio con
la mia parlantina non ho più il filtro che divide parole e
quelli che
dovrebbero rimanere pensieri, così finisco sempre col dire
quello che le
persone non vogliono sentirsi dire e rovino sempre tutto e-“
Mi
bloccai immediatamente quando Ian poggiò un dito
sulla mia bocca. Rimasi immobile con il cervello completamente fuso e
il cuore
impazzito a causa di quella vicinanza elettrica.
Il
sguardo cadde sulle sue labbra dischiuse e dovetti
fare uno sforzo enorme per non alzarmi sulle punte e baciarlo.
Sapevo che dovevo tenere sotto controllo gli ormoni; ero grande e
vaccinata e
non potevo farmi attrarre in quel modo da un paio
di labbra. Da un paio
di labbra troppo vicine che –
Scossi la
testa mentalmente dandomi dell’idiota.
Provai a respirare profondamente mentre cercavo di concentrarmi sui
suoi occhi
che – nel lasso di quei secondi- non avevano smesso di
guardarmi indagatori.
Sì,
brava Annie. Passa dalla padella alla brace,
ottima idea. Dannazione, quegli occhi dovrebbero essere illegali, altro
che.
Ancora
così vicini, ancora a contatto – troppo
intimo – lui mormorò serio
“Sono abbastanza sicuro di non essere l’unico
che nasconde pensieri o tormenti.”
Il mio
cuore era ormai impazzito. In quell’istante lui
mi aveva confermato il fatto che io avevo capito qualcosa in
più, ma mi aveva
anche fatto intendere che non ero la sola a saper leggere negli sguardi
della
gente.
Improvvisamente mi sentii nuda di fronte alla luminosità di
quell’azzurro,
adesso così intenso da sembrare zaffiro liquido.
Ian
sorrise sghembo senza tuttavia cambiare nulla in
quella situazione. Sentivo il suo respiro – caldo,
pacato...
rassicurante- e sentii la testa farsi sempre più leggera,
facendomi ricordare
in maniera assurda quella sensazione stordente che avevo provato quando
ci
eravamo incontrati per la prima volta, quello stesso pomeriggio.
Dio, non
era passato neanche un giorno..
L’incantesimo
del silenzio in cui ci trovavamo fu
spezzato dal suono di un violino che ci aveva raggiunto insieme a
quello di
alcune risate divertite.
Sbattei
le palpebre come se mi stessi svegliando dopo
un sogno e indietreggiai all’istante di un passo; volevo
mettere quanta più
distanza possibile tra il mio corpo e quello dell’attore.
Guardai subito alla mia sinistra riconoscendo la coppia che avevo visto
prima
di uscire, poi posai il mio sguardo di nuovo su Ian, come spaesata.
“Sarà
meglio andare prima di essere presi per
dispersi.” Mormorò lui lanciando un occhiata ai
due fidanzati che si stavano
appropriando del silenzio di quel parcheggio – ormai andato
perso.
Feci una
smorfia e fui grata a quel paio di macchine
che ci nascondevano, poi mormorai piano “E soprattutto prima
di rovinare la
catarsi alla giovane coppia; non vorrei avere sulla coscienza un
momento del
genere.”
Lui
ridacchiò,mi afferrò un polso facendomi girare su
me stessa e mi trascinò subito dopo all’entrata
del locale.
Stavamo
soffocando entrambi una risata divertita
mentre camminavamo accucciati, dietro le automobili parcheggiate, per
non farci
scoprire dalla coppia che adesso stava ballando un lento al chiaro di
luna
appena fuori dal locare.
Ero
ancora stordita ma, ora, l’unica cosa che volevo
era quella di sentirmi a mio agio. Non importava altro, per me.
Ian mi
teneva il polso in una presa forte ma gentile
e, nonostante mi sembrava di bruciare a contatto con lui, non riuscivo
a far a
meno di apprezzare ogni singolo istante di quel momento.
Forse
avevo trovato il mio posto nel mondo.
Lo speravo con tutto il cuore.
Tornammo
al tavolo e ormai stavano servendo il dolce
ma fu solo quando fummo abbastanza vicini da essere notati che lui
lasciò
andare la presa sul mio polso.
Non che
mi stessi lamentando, ovvio.
Ian
sembrava completamente a suo agio, era tornato a
scherzare con i suoi amici e io non riuscii ad evitare un sorriso a
trentadue
denti guardandolo mentre faceva un commento divertito sul dessert colorato
che aveva ordinato Nina.
Quando mi sedetti al mio tavolo fui grata a qualunque cosa avesse detto
Kristine, perché nessuno mi chiese cosa fosse successo o
perché fossi scappata.
Solo Julie, con una dolcezza disarmante, volle essere rassicurata sul
fatto che
io stessi bene.
Solo
quello.
Una materna preoccupazione sulla mia salute; la tranquillizzai con un
sorriso e
un cenno del capo.
Guardando
la donna rispondere poi ad una domanda di
Paul, mi avvicinai alla mia amica mormorandole un
“Grazie.” all’orecchio.
Lei fece
spallucce e mi lanciò una brevissima occhiata
– che mi mise i brividi- e, prima di prendere un boccone
dalla fetta di torta
che aveva ordinato, fece completamente tranquilla “Ti
sdebiterai raccontandomi
cosa c’è tra te e il bel vampiro dagli occhi di
ghiaccio.”
“C-come
scusa?”
“Oh,
andiamo Anns! Chi vuoi prendere in giro, eh? L’ho
notato subito.” Ridacchiò furba, mantenendo il
tono di voce basso e malizioso
“Da come ti ha tolto la giacca, fino al
fatto che vi tenevate per
mano fino a cinque secondi fa.”
Si voltò verso di me battendomi una mano sulla spalla mentre
io ero rimasta a
bocca aperta, completamente sconcertata. “Sai, non ti facevo
così precoce, cara
amica mia. Sono orgogliosa di te.”
La
guardai sconvolta mentre si voltava verso Candice
per dire la sua riguardo ad un abbinamento che andava in voga
quell’estate.
Non potei
fare altro che scuotere la testa abbassando
lo sguardo sul gelato che qualcuno aveva ordinato per me, sentendo
– come se fosse
una novità- le guance in fiamme.
Sperai
solo che nessun’altro l’avesse sentita e mi
ripromisi di spiegarle i fatti, una volta tornate a casa. Pregando
quante più
divinità possibili che mi credesse.
Perché
tra me e Ian Somerhalder non c’era nulla se non
un bel principio d’amicizia. Già.
Quando
smetterò di avere pensieri poco amichevoli su
quelle labbra o su quei occhi, forse.
TBC
A/N: Ok,
ragazze,
chi non muore si rivede a quanto pare :P
Come
magari avrete intuito, ho avuto qualche problema
d’ispirazione. Più che altro dovuta allo scarso
entusiasmo con cui ho seguito
la maggior parte della quarta serie, credo.
Però l’ultima puntata è stata
fenomenale e, no, non vi faccio spoiler
tranquilli.. comunque fatto sta’ che mi è tornata
la voglia di scrivere da
queste parti :)
Quindi ho
revisionato quest’ultimo capitolo,
aggiungendo qualcosa – correggendo obbrobri ortografici (sul
serio, avevo tipo
seminato virgole a caso nella prima parte! xD)
Nonostante questo non cambia molto.. la serata al Marie’s
è comunque conclusa.
E
sì, per ora vediamo Anastasia che sta ingranando.
Stiamo puntando sull’amicizia, gente. Si conoscono da a
malapena un giorno e la
nostra Annie è ovviamente convinta che la sua sia solo una cotta
– o
come la chiamano in America: Starstruck!
E non è che abbia torto: in effetti è proprio
questo. (Per il momento?)
Sta di
fatto che da adesso dovranno lavorare insieme
per ancora non si sa quanto tempo. Ci saranno tante avventure e tante
azioni
che - come dice il caro Newton- faranno scattare delle reazioni
( uguali e
contrarie e via dicendo xD).
Fatemi
sapere che ne pensate. Se avete consigli
sul come evolvere la storia ( Tipo velocizzare o rallentare i fatti,
descrivere
meglio o lasciare spazio ad altri personaggi..) sono tutt'orecchie per
migliorare
:) Non aspetto altro.
Spero
l'aggiornamento vi sia piaciuto.
PS: Per
il fatto dei discorsi in “lingua originale”;
adesso mi sembra una cavolata colossale xD Non è che se io
mi immagino le scene
in lingua madre, dovete sorbirvi anche voi lo stesso supplizio.
Comunque ammetto che certe espressioni stanno meglio in americano, so
aspettatevi
qualcosa nel bel mezzo dei capitoli.
(Ad esempio tradurre un formidabile “Right back at
ya!” in
italiano mi farebbe piangere il cuore, quindi Hasta la vista e bom. xD)
You know
I love you,
Spero di postare il prossimo (vero, non
‘revisione’) capitolo presto.
Besos,
Eyes :)