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Autore: puntoeacapo    18/06/2012    4 recensioni
Tra me e Ian Somerhalder non c’era nulla se non un bel principio d’amicizia. Già.
Quando smetterò di avere pensieri poco amichevoli su quelle labbra o su quei occhi, forse.
Genere: Angst, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ian Somerhalder, Nina Dobrev, Nuovo personaggio, Paul Wesley
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Secrets by Moonlight.

 

Mi sentivo stordita. La testa mi pulsava forte e dovetti strizzare gli occhi per cercare di alleviare il fastidio. Ci volle molto per riacquistare un’ombra di coscienza della realtà, o almeno così parve a me.
Mi resi conto che avevo la schiena a contatto con qualcosa di duro, freddo e fastidioso – in netto contrasto con il calore morbido che sentivo vicino alla nuca e sulla fronte.

Cercai di non andare in panico – era come essere sotto sedativi e quel senso d’impotenza nel sapere cosa fosse accaduto intorno a me era orribile.
Stavo per andare in iperventilazione, non riuscivo più a controllare il respiro.

“Oh, Dio mio.” Una voce preoccupata e familiare, all’inizio ovattata, mi raggiunse velocemente “Annie dimmi qualcosa, stai bene? Ti ricordi cos’è successo?”

Non ero sola. Era... Kristine.
Dovevo tranquillizzarmi, maledizione. Provai a trattenere il fiato per qualche secondo per poi rilasciarlo tutto insieme – e ricominciare a respirare, profondamente, contando il numero di volte il cui il diaframma si abbassava.

Il mal di testa non passava e sentivo la gola secca; inoltre la luce al neon sopra di me riuscì ad accecarmi non appena provai a socchiudere gli occhi. Mugugnai qualcosa, facendo stringere la presa della mia amica sul mio corpo.
Ci misi qualche secondo per ricordare e capire: probabilmente ero sdraiata sul pavimento del bagno del Marie’s, con la testa poggiata sulle ginocchia di una Kristine spaventata e decisamente ansiosa. Mi accarezzava la fronte imperlata di sudore con l’affetto di una madre sollevata ma ancora sconvolta.

Non ci fu bisogno di parole; mi aiutò a mettermi seduta senza intaccare la parte di me che si vergognava di quello che era successo o di accentuare quell’altra che ne era terrorizzata.

“Mh.” Strizzai gli occhi tenendomi le tempie con le dita.

“Che posso fare?” Domandò dolce come non mai, la mia migliore amica.

Sorrisi mesta “Sto bene...” Mi schiarii la voce, scuotendo lievemente la testa “… Da quanto tempo sono rimasta in questo stato?”

“Non troppo, un paio di minuti.” Rispose lei pragmatica e aggiunse “Ma hai stupito un po’ tutti con la tua uscita plateale. Il tempo del ‘lasciamole la sua privacy’ credo sia dimezzato da quello per la preoccupazione.”

Imprecai alzandomi con molta calma. Kristine era sempre vicino a me, rimanendo più indietro per lasciarmi il mio spazio e il mio orgoglio. Mi aggrappai al marmo freddo di uno dei lavabi di quel bagno e obbligai me stessa a non guardarmi allo specchio; la consapevolezza era sempre la parte più dura da accettare, quando tutto finiva.
Aprii l’acqua e la guardai scorrere, come ipnotizzata. Poi mormorai “Torna al tavolo e non fare preoccupare nessuno. Inventati qualcosa, per favore.”

“Tu non vieni con me?” Nella sua voce calma e decisa c’era una nota di tristezza e tormento che mi fece sentire in colpa.

Scossi la testa “Ho solo bisogno di un po’ d’aria. Andrò a prendermi una sana boccata d’ossigeno ma, tranquilla – Alleggerii il tono e lo feci diventare divertito - tornerò per il dessert.” Sorrisi grata, guardandola negli occhi attraverso il riflesso dello specchio “Grazie, Kris.” Mormorai.

Lei alzò gli occhi al cielo, capendo che per il momento andava tutto bene “Sì, sì.” Rispose in fretta con un gesto della mano – i sentimentalismi non erano per lei- “Tu riprenditi in fretta che il bianco-pallido ti dona poco.” E una nota dolce nella sua voce, la tradì nella sua impassibilità.

Ridacchiai.

Un minuto dopo, un paio di sberle più tardi e un ‘Datti una regolata, Annie!’ di rimprovero, ero uscita dal locale.
Avevo sorriso vedendo una scena a dir poco romantica sul mio cammino: un uomo stava porgendo un mazzo di rose rosse ad una donna sotto una serenata accompagnata dal dolce suono di un violino. La guardai una attimo, riprendendo il buon’umore – non c’era bisogno di pensare ai lati negativi, necessitavano fin troppa attenzione già quando si presentavano prepotenti. Nel momento in cui passavano non volevo che rimanessero nella mia testa. Sarebbe stata troppo dura – e, probabilmente, da sola, non ce l’avrei mai fatta.

Uscii dal locale più serena, determinata a non rovinare quella magnifica serata che segnava l’inizio del mio sogno.

Camminai un po’ fino a ritrovarmi nel parcheggio. Non c’erano molte auto ed era tutto tranquillo. Me ne sentii sollevata; un po’ di tranquillità per sistemare i pensieri era tutto ciò di cui avevo bisogno.

Fu una figura, appoggiata al cofano di una macchina davanti a me, a farmi dimenticare persino il motivo per cui mi serviva quell’aria fresca.
Mi avvicinai cauta. Lo avevo riconosciuto subito e avevo anche pensato alla possibilità di lasciarlo solo – che sembrava ciò che voleva- poi però avevo visto una nuvoletta di fumo e avevo corrugato la fronte.

Ian non impiegò molto tempo a capire che c’era qualcun altro lì con lui. Quando si voltò, io sorrisi automaticamente.

“Oh, Anastasia.” Fece lui “Ciao.”

Forse era la calma che ci circondava, forse era per colpa di quello che era successo prima. Forse era solo la luce della luna che rischiarava l’oscurità di quella serata ma non potevo essere più tranquilla mentre mi appoggiavo accanto a lui al cofano della sua auto scura.

“Stai bene?” Mi chiese mentre io alzavo il viso per guardare il cielo.

Feci spallucce “Sì, avevo solo bisogno di una boccata d’aria credo.” Non lo guardai e mi concentrai sulle stelle che riuscivo a vedere “E tu?”

Lo sentii ridacchiare “Sei tu quella che è scappata dal tavolo.”

Mi voltai verso di lui, scontrandomi con l’azzurro luminoso dei suoi occhi “Non sono stata l’unica a quanto pare.” Sorrisi un po’ impacciata mentre quegli occhi imprigionavano ogni mio pensiero e facevano aumentare il mio battito cardiaco.

Ian fece uno sbuffo di risata mentre prendeva un ultima boccata di fumo dalla sigaretta e la lanciava per terra per poi spegnerla.
Si sedette completamente sul baule della sua macchina per poi sdraiarsi appoggiando la schiena al vetro e incrociando le braccia dietro la testa. I suoi magnifici occhi si persero a guardare la luna in pochi secondi, proprio come avevo fatto io poco prima.
Lo guardai. Non potevo fare nient’altro. Era bellissimo, più affascinante di un Dio e stupendo con quell’aria persa nell’oscurità.
Sembrava tormentato da qualcosa e, nonostante quella luce nei suoi occhi mi metteva tristezza e senso di impotenza – perché volevo aiutarlo ma non sapevo come- questo lo rendeva terribilmente umano e semplice. Proprio come me, e ancora più bello.

Mi resi conto che lo stavo fissando – e che forse era anche maleducazione- e quando lui si rese conto della stessa cosa e ricambiò lo sguardo io m’infiammai e corsi letteralmente con gli occhi a guardare la luna piena di quella notte.

Lui rise e io mi beai di quel suono leggero, in netto contrasto con lo sguardo che avevo visto sul suo volto pochi secondi prima.

“Arrossirai ogni volta che ci incroceremo, d’ora in avanti?” Domandò divertito ma senza ombra di malizia.

Io se possibile arrossii ancora di più ma gli risposi con un mezzo sorriso “Guarda che non è certo facile, sai?”

“Ah no?” Poggiò gli avambracci sul cofano e fece leva, rimanendo così mentre ci guardavamo – lui con la fronte corrugata e un sorriso ghignante e io rossa come una fragola a metà tra l’essere rilassata e sul punto di aver un attacco di cuore.

“Se tu fossi al mio posto, saresti completamente a tuo agio già dal primo momento?”

Fece una strana smorfia che definii subito buffa e chiese con finto tono ingenuo “Intendi se mi sentirei a mio agio a stare con me e a guardarmi in uno specchio?”

Sembrava una conversazione tanto normale nella sua stranezza che per cinque secondi dimenticai che fosse l’attore famoso per cui avevo una cotta segreta e decisamente infantile, paragonabile a quelle che si hanno per cantanti o stilisti – impossibili da raggiungere.

Con un balzo leggero mi sedetti girata verso di lui incrociando le gambe, chiedendo subito “Si può sapere quante personalità hai?” Alla sua faccia confusa e curiosa continuai “Ti conosco da meno di un giorno ho già intravisto l’Ian presuntuoso ma simpatico nella sua superbia, quello semplice e normale che mi ha accompagnato a casa e che è anche generoso e altruista, quello galante che mi ha aiutato a togliere la giacca come fosse un uomo d’altri tempi e quello misterioso e tormentato da pensieri personali di cui non ha voglia di parlare e finisce in un banale tentativo di cambiare discorso che ho accettato per il semplice fatto che siamo appena conoscenti e in fin dei conti non sono fatti miei.”

Mi accorsi di aver fatto il conteggio sulle dita e di aver detto quello che avevo detto solo dopo, quando guardai la sua faccia stupita e basita.
Quel mio parlare a mitraglietta così maleducato probabilmente lo aveva indisposto.

Mi passai una mano tra i capelli mormorando più lentamente “Ok, l’ultima stoccata potevo anche risparmiarmela.”

Scesi dall’auto, con l’intento di andarmene per evitare di fare altri pasticci, quando sentii una presa al polso che mi fece girare automaticamente.
Mi scontrai con Ian che, una volta visto che mi ero fermata, mi lasciò andare.

A dire il vero non gli diedi molto tempo per parlare che fui assalita dai sensi di colpa e ricominciai con la mia veloce dialettica, purtroppo instancabile “Scusa. Non l’ho fatto a posta, è che quando inizio con la mia parlantina non ho più il filtro che divide parole e quelli che dovrebbero rimanere pensieri, così finisco sempre col dire quello che le persone non vogliono sentirsi dire e rovino sempre tutto e-“

Mi bloccai immediatamente quando Ian poggiò un dito sulla mia bocca. Rimasi immobile con il cervello completamente fuso e il cuore impazzito a causa di quella vicinanza elettrica.

Il sguardo cadde sulle sue labbra dischiuse e dovetti fare uno sforzo enorme per non alzarmi sulle punte e baciarlo.
Sapevo che dovevo tenere sotto controllo gli ormoni; ero grande e vaccinata e non potevo farmi attrarre in quel modo da un paio di labbra. Da un paio di labbra troppo vicine che –

Scossi la testa mentalmente dandomi dell’idiota. Provai a respirare profondamente mentre cercavo di concentrarmi sui suoi occhi che – nel lasso di quei secondi- non avevano smesso di guardarmi indagatori.

Sì, brava Annie. Passa dalla padella alla brace, ottima idea. Dannazione, quegli occhi dovrebbero essere illegali, altro che.

Ancora così vicini, ancora a contatto – troppo intimo – lui mormorò serio “Sono abbastanza sicuro di non essere l’unico che nasconde pensieri o tormenti.”

Il mio cuore era ormai impazzito. In quell’istante lui mi aveva confermato il fatto che io avevo capito qualcosa in più, ma mi aveva anche fatto intendere che non ero la sola a saper leggere negli sguardi della gente.
Improvvisamente mi sentii nuda di fronte alla luminosità di quell’azzurro, adesso così intenso da sembrare zaffiro liquido.

Ian sorrise sghembo senza tuttavia cambiare nulla in quella situazione. Sentivo il suo respiro – caldo, pacato... rassicurante- e sentii la testa farsi sempre più leggera, facendomi ricordare in maniera assurda quella sensazione stordente che avevo provato quando ci eravamo incontrati per la prima volta, quello stesso pomeriggio.

Dio, non era passato neanche un giorno..

L’incantesimo del silenzio in cui ci trovavamo fu spezzato dal suono di un violino che ci aveva raggiunto insieme a quello di alcune risate divertite.

Sbattei le palpebre come se mi stessi svegliando dopo un sogno e indietreggiai all’istante di un passo; volevo mettere quanta più distanza possibile tra il mio corpo e quello dell’attore.
Guardai subito alla mia sinistra riconoscendo la coppia che avevo visto prima di uscire, poi posai il mio sguardo di nuovo su Ian, come spaesata.

“Sarà meglio andare prima di essere presi per dispersi.” Mormorò lui lanciando un occhiata ai due fidanzati che si stavano appropriando del silenzio di quel parcheggio – ormai andato perso.

Feci una smorfia e fui grata a quel paio di macchine che ci nascondevano, poi mormorai piano “E soprattutto prima di rovinare la catarsi alla giovane coppia; non vorrei avere sulla coscienza un momento del genere.”

Lui ridacchiò,mi afferrò un polso facendomi girare su me stessa e mi trascinò subito dopo all’entrata del locale.

Stavamo soffocando entrambi una risata divertita mentre camminavamo accucciati, dietro le automobili parcheggiate, per non farci scoprire dalla coppia che adesso stava ballando un lento al chiaro di luna appena fuori dal locare.

Ero ancora stordita ma, ora, l’unica cosa che volevo era quella di sentirmi a mio agio. Non importava altro, per me.

Ian mi teneva il polso in una presa forte ma gentile e, nonostante mi sembrava di bruciare a contatto con lui, non riuscivo a far a meno di apprezzare ogni singolo istante di quel momento.

Forse avevo trovato il mio posto nel mondo.
Lo speravo con tutto il cuore.

Tornammo al tavolo e ormai stavano servendo il dolce ma fu solo quando fummo abbastanza vicini da essere notati che lui lasciò andare la presa sul mio polso.

Non che mi stessi lamentando, ovvio.

Ian sembrava completamente a suo agio, era tornato a scherzare con i suoi amici e io non riuscii ad evitare un sorriso a trentadue denti guardandolo mentre faceva un commento divertito sul dessert colorato che aveva ordinato Nina.
Quando mi sedetti al mio tavolo fui grata a qualunque cosa avesse detto Kristine, perché nessuno mi chiese cosa fosse successo o perché fossi scappata.
Solo Julie, con una dolcezza disarmante, volle essere rassicurata sul fatto che io stessi bene.

Solo quello.
Una materna preoccupazione sulla mia salute; la tranquillizzai con un sorriso e un cenno del capo.

Guardando la donna rispondere poi ad una domanda di Paul, mi avvicinai alla mia amica mormorandole un “Grazie.” all’orecchio.

Lei fece spallucce e mi lanciò una brevissima occhiata – che mi mise i brividi- e, prima di prendere un boccone dalla fetta di torta che aveva ordinato, fece completamente tranquilla “Ti sdebiterai raccontandomi cosa c’è tra te e il bel vampiro dagli occhi di ghiaccio.”

“C-come scusa?”

“Oh, andiamo Anns! Chi vuoi prendere in giro, eh? L’ho notato subito.” Ridacchiò furba, mantenendo il tono di voce basso e malizioso  “Da come ti ha tolto la giacca, fino al fatto che vi tenevate per mano fino a cinque secondi fa.”
Si voltò verso di me battendomi una mano sulla spalla mentre io ero rimasta a bocca aperta, completamente sconcertata. “Sai, non ti facevo così precoce, cara amica mia. Sono orgogliosa di te.”

La guardai sconvolta mentre si voltava verso Candice per dire la sua riguardo ad un abbinamento che andava in voga quell’estate.

Non potei fare altro che scuotere la testa abbassando lo sguardo sul gelato che qualcuno aveva ordinato per me, sentendo – come se fosse una novità- le guance in fiamme.

Sperai solo che nessun’altro l’avesse sentita e mi ripromisi di spiegarle i fatti, una volta tornate a casa. Pregando quante più divinità possibili che mi credesse.

Perché tra me e Ian Somerhalder non c’era nulla se non un bel principio d’amicizia. Già.

Quando smetterò di avere pensieri poco amichevoli su quelle labbra o su quei occhi, forse.

 

TBC

 

 

A/N: Ok, ragazze, chi non muore si rivede a quanto pare :P

Come magari avrete intuito, ho avuto qualche problema d’ispirazione. Più che altro dovuta allo scarso entusiasmo con cui ho seguito la maggior parte della quarta serie, credo.
Però l’ultima puntata è stata fenomenale e, no, non vi faccio spoiler tranquilli.. comunque fatto sta’ che mi è tornata la voglia di scrivere da queste parti :)

Quindi ho revisionato quest’ultimo capitolo, aggiungendo qualcosa – correggendo obbrobri ortografici (sul serio, avevo tipo seminato virgole a caso nella prima parte! xD)
Nonostante questo non cambia molto.. la serata al Marie’s è comunque conclusa.

E sì, per ora vediamo Anastasia che sta ingranando.
Stiamo puntando sull’amicizia, gente. Si conoscono da a malapena un giorno e la nostra Annie è ovviamente convinta che la sua sia solo una cotta – o come la chiamano in America: Starstruck!
E non è che abbia torto: in effetti è proprio questo. (Per il momento?)

Sta di fatto che da adesso dovranno lavorare insieme per ancora non si sa quanto tempo. Ci saranno tante avventure e tante azioni che - come dice il caro Newton- faranno scattare delle reazioni ( uguali e contrarie e via dicendo xD).

Fatemi sapere che ne pensate.  Se avete consigli sul come evolvere la storia ( Tipo velocizzare o rallentare i fatti, descrivere meglio o lasciare spazio ad altri personaggi..) sono tutt'orecchie per migliorare :) Non aspetto altro.

Spero l'aggiornamento  vi sia piaciuto.

PS: Per il fatto dei discorsi in “lingua originale”; adesso mi sembra una cavolata colossale xD Non è che se io mi immagino le scene in lingua madre, dovete sorbirvi anche voi lo stesso supplizio.
Comunque ammetto che certe espressioni stanno meglio in americano, so aspettatevi qualcosa nel bel mezzo dei capitoli.
(Ad esempio tradurre un formidabile “Right back at ya!”  in italiano mi farebbe piangere il cuore, quindi Hasta la vista e bom. xD)

You know I love you,
Spero di postare il prossimo (vero, non ‘revisione’) capitolo presto.

Besos,
Eyes :)

   
 
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