Questa
one-shot intende far parte di una piccola serie, la quale vede come
protagonisti i Gold Saints. I prompt per queste storie, siano esse
lunghe o
corte, flashfics o drabble, provengono dal seguente generatore random
di trame.
Nel caso foste interessati: http://www.panthermoon.com/generator.php. Per
la prima entry della serie ho scelto la versione
due: “The story behind each one of them”, con il
prompt: write for 10 minutes;
miscommunication; bouquet of flowers. Ok,
a parte la richiesta di
rispettare i dieci minuti (ovviamente ho sforato alla grande. Non ho
proprio la
cognizione del tempo), credo di essere riuscita nel mio intento. Ah, e
perdonate la lunghezza, vi prego.
Per
concludere, vorrei ringraziare Cloe87 e Willow per aver inserito “De
gustibus”
fra le preferite (è una grandissima soddisfazione, mi fate
felice così) e Suiren
per averla inserita fra le seguite. Grazie,
grazie ancora.
Spero
sia di vostro gradimento, fatemi sapere! Ora vi lascio alla storia.
[Di
gigli e di rose]
Pairing:
Aquarius Camus, Scorpio Milo;
Rating:
Verde
Con un gesto
rapido e deciso Camus afferrò l’enorme bouquet
di gigli bianchi prima che esplodesse in una miriade di petali candidi
a
contatto con il pavimento di marmo. Un’aria interrogativa
prese possesso dei
suoi lineamenti. “ Che cosa vuoi, Milo?” Direttini,
stamani.
Milo
sogghignò per nulla turbato esibendosi un
teatrale inchino, il mantello a seguire diligentemente ogni suo
movimento
scivolando carezzevole su tutta la sua figura, sino quasi a coprirla
totalmente.
“Buongiorno
anche a te, raggio di sole!” Si rialzò,
scostando la cappa e portandosi una mano sul fianco, il petto ampio ed
orgoglioso. “ Cos’è quella faccia, non
ti piacciono i gigli? Forse in Siberia
fa troppo freddo per … ”
“
… Esistono numerose varietà di questo fiore,
varietà proporzionali alle zone in cui crescono. E fra
queste c’è anche la
Siberia, Milo.” Lo interruppe il cavaliere
dell’Acquario, indicando con un
leggero assenso del capo la composizione che aveva di fronte.
“Te lo chiedo
un’altra volta. Che cosa vuoi?”
Il compagno
roteò gli occhi, sbuffando leggermente. Questo
qui è un’enciclopedia con le gambe.
Doveva fare il bibliotecario, non il cavaliere. Pure permaloso, poi. “
Che
c’è, non posso nemmeno passare a trovare il mio
carissimo commilitone?”
Aggiunse poi, assumendo un aria da finto offeso. Incrociò le
braccia, fissando
un alquanto incerto Camus avvicinare il nasino alla francese verso gli
ampi
petali. Sorrise. “Sono belli, vero? Che ne pensi?”
Ancora con il
volto sporto in avanti, Acquario
incrociò per alcuni flebili istanti gli occhi di Milo,
dirigendoli
immediatamente verso la parete più vicina, in quel momento
molto più
interessante. Arrossì lievemente. “Si …
Si, lo sono.” Sussurrò poi, mascherando
il lieve sorriso . “Ti ringra …”
“Perfetto,
grazie!” Interruppe il discorso, lo
Scorpione, strappandogli di mano i gigli e abbandonandoli con poca
grazia fra
le mani di una giovane ancella, la quale venne poi incaricata di
affrontare una
durissima scarpinata fino alle stanze del Grande Sacerdote. Si
voltò, infine, pieno
d’orgoglio per il compito svolto con successo. “ Ho
incontrato un giovane,
oggi, giù a Rodorio. Voleva rendere omaggio al Santuario,
così ha pensato di
donare un mazzo di fiori – enorme, a quanto pare, visto che
roba? – alla sua protettrice.
Non sapeva quali scegliere, così mi ha chiesto di aiutarlo.
Tuttavia non sapevo
se i gigli le piacessero, quin…” Le parole gli
morirono in gola nel momento
esatto in cui incontrò lo sguardo glaciale di Camus.
“ … Cam?”
Era ancora nella
medesima posizione. Le braccia
leggermente piegate, le mani giunte per sorreggere i fiori, ora vuote.
Nel
volto, nulla. “Vattene. Ora.” Articolò,
in un sibilo limpido e tagliente come i
ghiacci che lo avevano cresciuto.
“Che
ti prende tutto d’un tratto, Cam? Che hai?” Si
avvicinò con lentezza, i palmi rivolti verso di lui in segno
di resa. Negli
occhi, invece, portava il più completo smarrimento.
Camus lo
bloccò con lo sguardo, inchiodandolo sul
posto. Lo sentì deglutire perfino. Idiota,
sono solo un idiota. “Nulla. Vattene ora. Ho da
fare” . Si risollevò, il
signore dei ghiacci, fiero, ricostruendo
la corazza che tipicamente lo rappresentava. Superò Milo,
non degnandolo
nemmeno di uno sguardo e lasciandolo completamente basito. Si
fermò solo dopo
pochi passi, lo sguardo che saettava velocemente oltre la spalla.
“Ancora qui?”
Concluse infine, dirigendosi verso gli alloggi privati, lo scorpione
ancora
immobile, perso. Idiota, idiota, ancora idiota. Almeno fossi una
donzella, Camus. Per
gli Dei, torna in te. Stupido Milo. Stupido, stupido … Me.
A Milo non
rimase che fissare la porta attraverso la
quale Acquario se n’era andato. Ancora non capiva, non
afferrava. Cosa gli era
sfuggito? I suoi occhi vagarono per la stanza, irrequieti, alla ricerca
di un
segno, qualcosa. Si fermarono quando incontrarono un orfanello
dell’enorme
bouquet. Talmente bianco da confondersi con le lastre che ricoprivano
il
pavimento. Lo raccolse, fissandolo.
Poi,
l’epifania. “… Oh.”
Scoppiò in una fragorosa risata, mentre si voltava ed
iniziava una veloce corsa a perdifiato, giù, verso
l’origine del Santuario. Camus, sei
veramente tonto a volte, sai?
Camus non
incrociò Milo per il resto della giornata.
Non lo vide comparire davanti all’entrata del suo tempio, la
sera, i capelli
dello stesso colore del sole al tramonto, il volto sereno, come quello
di un
bambino. Non sentì il suo profumo di mare e sabbia mentre
gli si accoccolava
contro, la notte, sotto le lenzuola fresche. E neppure si
risvegliò, la mattina
seguente, con il capo affondato in una cascata di seta dorata e il
rumore di un
respiro ancora intrappolato fra le reti di Morfeo.
Ma la presenza
di Milo non si fece attendere. Ad aspettare
Camus infatti, una volta abbandonate le sue stanze, furono centinaia e
centinaia di rose rosse, sparse ovunque. Le colonne portanti, che
delineavano
la navata centrale, erano avvolte da bellissimi rampicanti scarlatti
intrecciati fra loro, mentre quelle depositate a terra formavano un
soffice
tappeto cremisi. Su di un ripiano, accanto all’entrata, una
macchia di bianco.
Ed un biglietto. “Lo ammetto,
Aphrodite
mi ha dato una mano. Ora gli devo tre sedute dall’estetista.
Il giglio l’ho
messo io, però. E tu sei un emerito idiota. Milo.”
Quella mattina,
per la prima volta, Camus dovette
ammettere che si, Milo aveva ragione. Sorrise, mentre portava una mano
al volto
ancora impastato dal sonno, e si avviava ad iniziare la giornata
accompagnato
dal profumo di rose.
*
Fate felice questa povera ed
incompetente autrice: aderite alla causa Recensioni!!! *