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Autore: MedOrMad    19/06/2012    9 recensioni
Med ha 24 anni e non ne fa una giusta. Porta avanti una relazione di sesso con un soggetto di discutibile fascino, è 2 anni fuori corso ad una facoltà che non ha intenzione di terminare, è sovrappeso ed è pure stronza. O forse è solo socialmente inadeguata.
Ma più di tutto è persa: nella collana di errori che l’hanno portata a questo punto, ha dimenticato chi voleva essere.
Con Med ci sono Bet e Jules, le persone che di lei sanno tutto. Un trio improbabile, con l’eleganza oratoria di un gruppo di scaricatori di porto, che passa la metà del tempo a prendersi in giro e parlare di sesso. L’altra metà del tempo, però, si completano a vicenda.
All’apice della stronzaggine di Med, arriva lui: un po’ arrogante, impiccione e con un’ossessione - a quanto pare - per il grosso culo di lei.
Una storia di affetti, ridicoli avvenimenti, sesso e parolacce: perché a 24 anni la vita è anche quello.
E anche le ciccione, stronze e infelici fanno sesso. A volte.
Dal Testo:
“Che...che...che cosa vuol dire?” balbetto inebetita.
“Vuol dire che da oggi io e te avremo tantissimo tempo per fare l’amore in ogni stanza della casa.” mi risponde lui, facendomi l’occhiolino.
Questo mi manda ancor più fuori di testa.
“Tu sei tutto scemo! Io starò con la Amish che non si lava, non con uno la cui priorità è il proprio pisello!”
Lui mi fissa smarrito e, suppongo, anche un po' divertito.
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Quest' opera è distribuita con licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Italia Cap 2 Casanova/Casanuova



 
Casanova casanuova



Di norma ho una spiccata capacità di perseverare nello sfoggiare un'espressione stizzita e di disapprovazione: quando ho a che fare con le mie migliori amiche, però, i miei meccanismi di autodifesa e i miei superpoteri di stronzaggine fantasmagorica, vengono meno.

Probabilmente dipende dal fatto che le loro menti riescono a partorire un elevatissimo numero di baggianate e, in genere, hanno tutte lo scopo di farmi scoppiare in una fragorosa risata. Se non altro per la qualità delle offese che gli escono dalla bocca. Non che io mi titi mai indietro in fatto di improperie, lo ammetto.

Ricordo distintamente una delle liti più accese avvenute tra noi tre, in cui le espressioni meno offensive che ci siamo rivolte devono essere state Hai la faccia come il culo, con elegante riposta costituita da Almeno io ho una faccia, tu sei tutto culo: e tu sei una merda, l'ultima parte rivolta alla terza interlocutrice, e Tra merda e mignotta, preferisco merda.
Sì, l’imbarazzo per l’incomparabile livello di volgarità che ci caratterizza dovrebbe, in qualche misura, crearmi disagio: invece, quando penso alle cose diciamo, riesco solo a ridere. Da vere classiciste le nostre espressioni colorite si sviluppano, spesso, in una varietà di figure retoriche.
La metafora la fa da padrone, ma anche la metonimia è di uso corrente (ad esempio, quando voglio esprimere, come oggi, la mia stima per Jules, la chiamo Culo: una parte per il tutto) e la crasi è la specialità di Bet quando si innervosisce troppo e, nel pronunciare insulti, fonde una parola con l’altra: non si capisce una fava di quello che dice. Noi diciamo che ha la lingua diversamente abile, lei che è una letterata anche nell’ira.

E questa volta, nonostante il mio attuale non equilibrio mentale, non è diversa dalle altre: durante il percorso verso casa la tensione tra me e Jules si allenta.
È bastato che nel salire in macchina Bet si intrappolasse nella cintura di sicurezza e, cercando di liberarsi, sbattesse la testa, il ginocchio e poi il gomito contro il finestrino per farci dimenticare del nostro piccolo scontro per concentrarci su un bersaglio più facile.

Fino a che Bet non ha minacciato di sbatterci giù dall’auto in corsa, che per Bet sono i 35 all’ora, e di caricare su youtube il video di noi due che, in balia dei fumi dell’alcool, commentiamo con interesse la trama di un porno scaricato da internet accidentalmente. A quel punto ci siamo viste costrette a deporre l’ascia di guerra e abbiamo iniziato a fantasticare sulla mia futura compagna di appartamento.

Sulla strada verso casa il dibattito si fa acceso: c’è chi scommette che sarà una secchiona, frigida, bigotta, fissata con l’ordine e la cucina macrobiotica. E anche un po’ sporca. Chi cerca di incoraggiarmi dicendomi che sarà sicuramente una ragazza piena di energia e di iniziative. Io non commento, ma al momento, entrambe le possibilità ai miei occhi risultano fastidiose.

Arrivate sotto casa mia Bet parcheggia, scende dalla macchina e inizia a zompettare elettrizzata verso il mio portone. Io e Jules la seguiamo ridendo.
“La giusta punizione per la tua acidità sarebbe che ti capitasse una Amish, puritana che non ti permette di usare l’acqua calda. Ti immagini la sua faccia a sentire i tuoi gemiti simulati, mentre L fallisce miseramente nel tentativo di procurati un orgasmo?” sghignazza Jules mentre saliamo le scale.

Io sopprimo una risatina e, aggrappandomi al corrimano e voltandomi verso di loro, ribatto:
“Per mia fortuna e non certo per merito di L, non ho mai dovuto fingere! Credo che se fossi un maschio soffrirei di eiaculazione molto precoce. Forse è una malattia congenita, ma l’orgasmo lo raggiungo alla rapidità del suono. Mi basta uno schiocco di dita ed è fatta! È abbastanza imbarazzante.” rispondo sorridendo vittoriosa e mostrandomi per nulla colpita dal dito medio di Jules rivolto alla sottoscritta, la quale riceve una tirata di ricci da Bet come punizione.
Poi, mentre ancora riesco a mantenere l’equilibrio in questa - per me - impresa di salire la scala all’indietro, vedo gli sguardi delle mie amiche spostarsi alle mie spalle e, inspiegabilmente, l’aria attorno a me si fa elettrica.

Ed è allora che una voce sicura e profonda dietro di me, afferma:

“C’è chi la definirebbe una benedizione al posto tuo. Ma credo, così a prima vista, che la tua sia effettivamente una patologia.”

Fa una pausa breve, durante la quale io cerco di rendermi conto se sono caduta, ho battuto la testa e sono chiaramente in coma e sto sognando la surreale vicenda di cui sono vittima.
 “Forse sei una ninfomane. O forse non sai lasciarti andare e, la verità, è che tu un orgasmo non l’hai mai avuto. Hai l’aria di chi l’amore non lo sa fare. Di chi si convince di abbandonare le inibizioni, ma in realtà dentro di sé è talmente tesa che non si accorge nemmeno se è eccitata o meno.”.

Mi volto lentamente con gli occhi sgranati e le labbra separate per lo shock.

“Guardandoti negli occhi, opto per la seconda. Sessualmente incapace direi.” conclude l’inopportuno e assurdo individuo di fronte a me, con un sorriso arrogante.

Tengo lo sguardo fisso sul padrone di quella voce. I suoi occhi sono magnetici. E terribilmente fastidiosi. Di un azzurro così carico che fa male. Sicuri, superbi e arroganti. Tanto profondi e penetranti da farti sentire esposta e vulnerabile. Tanto intensi da fare arrossire.
Capelli biondo scuro, tendenti al castano, mossi e ribelli. Tanti capelli. Mi piacciono i tanti capelli.

Vorrei affondarci la mano e tirarli. Sarebbe sconveniente?

Proseguo nello scrutarlo e incontro il suo naso, dritto e armonioso. Poi, con lo sguardo, raggiungo le sue labbra. E che labbra. Di quelle belle. Davvero belle. Sembrano così soffici e lisce.

 Sono arricciate in un sorriso sfrontato; il sorriso di chi crede di avere la soluzione ad ogni quesito e di chi è talmente presuntuoso da non mettersi mai in discussione.


 I lineamenti del suo viso sono delicati ma sicuri. È alto, con un fisico asciutto. Indossa un paio di vecchi jeans consumati e una maglietta a maniche lunghe tirate su fino al gomito, dello stesso blu dei suoi occhi. Tiene le braccia incrociate sul petto e si appoggia al muro, caricando tutto il peso sulla spalla destra e sulla gamba sinistra, in una posa insolente e distaccata.

Decreto che è un discreto gnocco senza ritorno e un paio di miei ormoni cercano di prendermi a sberle e di spronarmi ad tiragli un limone, prima di dargli un colpo ben assestato sull’inguine e liberarmi della sua scultorea persona. Quando faccio progetti criminali mi sento molto fiera di me.

Dall’alto della scala mi scruta di rimando da testa a piedi, come ho appena fatto io con lui, e il suo sorriso si fa più ampio, più divertito e più strafottente.

“Sessualmente incapace, ma il materiale per lavorare sembra esserci, tranquilla!” mi dice attirando i miei occhi sui suoi.

Il sorriso ha raggiunto il suo sguardo e il mio desiderio di mettere in pratica il mio piano omicidiario si fa sempre più pronunciato.

L’assurdità di tutto quello che sta succedendo mi spinge a smarrirmi per pochi attimi e, per un istante, le sue parole riecheggiano dentro di me. Sono rintronata e cerco di capire se ho ancora l’uso delle mie corde vocali.

“Scusami?” domando io, ringhiando tra i denti.
“Ah, sei anche sorda oltre che impedita tra le lenzuola? Al secondo problema posso rimediare. Per il primo mi dispiace, ma non è il mio campo” risponde lui, sempre più baldanzoso.

“Ok, hai dieci secondi per sparire dalla mia vista. Dopo di che, puoi dire addio ai tuoi cari gioielli di famiglia.” Sibilo io.
Mi sono irrigidita per la rabbia e le mani mi prudono. Voglio picchiarlo. Voglio prenderlo a pugni fino a che non gli si cancella quel sorrisetto dalla faccia.
È vero che sono una ragazzetta timida, ma è altrettanto indiscutibile che io sia una testa calda, con gravi problemi di controllo e piuttosto facile all’ira.

Lui non fa nulla per trattenere una sottile risata, mentre continua a fissarmi negli occhi, per nulla intimorito.
“Dieci secondi, piccolo Lord impotente. Ti concedo dieci secondi, e ti assicuro che, quando si tratta di numeri, sono molto propensa a barare!”
Il mio tono è minaccioso e stizzito. I miei occhi sono più scuri per la rabbia e la mascella mi si serra mentre una scarica di adrenalina mi fa ribollire il sangue nelle vene: l’aria si fa sempre più tesa e sento le mie amiche bisbigliare qualcosa di incomprensibile alle mie spalle quando la risposta di lui arriva puntuale e pungente.
 
“Come probabilmente bari sul numero dei ragazzi con cui sei andata a letto? Mi verrebbe quasi da scommettere sulla possibilità che tu sia vergine!” mi sorride mentre sputa tutti queste illazioni ed io percepisco una propensione allo strangolamento che raramente si palesa dentro di me.

E non sono nemmeno una ragazza violenta. Beh, non lo sono la maggior parte delle volte per lo meno.

Sto per lanciarmi su di lui, pronta a fargli ingoiare quei meravigliosi e lucenti denti, quando sento una mano sulla spalla e un po’ della tensione che mi attanaglia, si allenta dal fondo del mio stomaco.

Mi blocco e ruoto la testa verso Jules. I suoi occhi incrociano i miei. C’è una strana luce che li orna, uno scintillio che non promette nulla di buono. Dentro di me sorrido, consapevole del fatto che ho in lei una malefica alleata.

Forse più porca che malefica, ma senza dubbio sufficientemente pungente.
 
Guardo Bet, altrettanto capace di atterrarti con una sola frase, convinta di trovare nei suoi occhi lo stesso brillio. Ma mi sbaglio. Questa volta vi leggo un severo rimprovero. Il suo viso è scuro e fermo e prendo atto del fatto che la mia bionda amica  non è dalla mia parte.

Sto per sussurrare qualcosa a Jules, quando Bet avanza verso di me.

“Non ora, Med. Appoggerei i tuoi malefici progetti, data l’assurdità dell’evento, se al momento non avessimo altre priorità. Non abbiamo tempo da sprecare con il bello e dannato sconosciuto” all’espressione faccio roteare gli occhi. Lei mi ammonisce severa con lo sguardo, prima di proseguire imperterrita.
“Che ti frega di fare rissa con l'estraneo? Dovresti provare solo compassione per uno che si comporta così. Per quello che sai è appena stato a letto con l’inquilino del terzo piano. Il che richiede uno stomaco non indifferente, se vuoi il mio parere. Comunque, non è questo il punto.” Scuote la testa ripetutamente, quasi fosse un tentativo di ritrovare il nocciolo della questione.

“E quale sarebbe il punto, Miss Io Non attacco Briga con gli stronzi in momenti poco convenienti, ma non ho problemi a mettere verbalmente KO il macellaio perché mi ha dato il crudo scadente?” le domanda con aria di sfida Jules.

Non posso fare a meno di ridere. Jules mi tira uno scappellotto e, in risposta, io emetto un suono di dissenso dal profondo della gola, massaggiandomi la testa. Jules ride.
“Basta, cretine! Il punto è che siamo in ritardo. La coinquilina di Med sarà alla porta ad aspettare. Devo fare pipì e il Casanova dei poveri alle vostre spalle, non ne vale la pena” conclude soddisfatta di aver riguadagnato il filo del discorso e di essere, per l'ennesima volta, la voce della ragione e quella responsabile.


“Il Casanova dei poveri è ancora qui e vi sente!” ci urla lui dalla sua posizione.
“Ti dispiace stare zitto e sparire? Anzi no, ancora meglio, perché non implodi? Perché non ti fai i mille granelli di sale?” gli rispondo girando sui talloni per guardarlo.

“Così puoi raccogliermi e cospargere di me il tuo prossimo bagno caldo, sperando che i miei granelli riescano a regalarti quello che tanto aneli? E nel caso non fosse chiaro, mi riferisco sempre all’orgasmo che ancora non hai provato” ridacchia lui con fare di sfida e, controlla le reazioni delle mie amiche alla sua esilarante battuta. Ero sarcastica, nel caso non fosse evidente.

“ Senti, piccola sottospecie di cetriolo gonfiato…” rispondo io.
“…è pallone gonfiato” mi corregge Jules annoiata e io scelgo di ignorarla, prediligendo l’opzione rissa a quella della superiorità morale: ‘sti cazzi.
“Perché non porti il tuo bel sederino lontano dalla mia vista e dalla mia bassisima soglia di tolleranza?” gli propongo estremamente irritata e lo scintillio che gli attraversa il viso fa partire un brivido dal profondo del mio ventre.

Lui alza le mani in segno di resa e, ridendo divertito, mi risponde “Va bene, va bene. Ritira dentro le unghie, micetta. Non c’è bisogno di scaldarsi tanto.”

Si scosta dal muro facendo qualche passo all’indietro e io sorrido vittoriosa.

Sì, io mi accontento delle piccole soddisfazioni.

“Ma mentre me ne vado, lascia che ti dica due cose. Primo, mi hai chiamato cetriolo gonfiato, e il cetriolo è un simbolo fallico, sai?” mi lancia un altro di quei sorrisi taglienti e, per l’ennesima volta ho l’impressione che l’aria si carichi di elettricità.
Sto per rispondere quando sento Bet sussurrarmi:
“Med, cerca di comportarti da persona matura, per favore!”

Prendo un respiro profondo e lo fisso fingendo indifferenza, mentre tento - con pessimi risultati - di recuperare il controllo sui miei istinti. Se omicidi o sessuali è da chiarire. Sempre di mancanza di padronanza di istinti si tratta.

“E la seconda?” domando con la voce più piatta che riesco a emettere.
“La seconda è che pensi che abbia un bel sedere” ribatte lui soddisfatto mentre scende le scale e ci sorpassa, mantenendo le distanze e con lo sguardo fisso su di me. Quel maledetto sorriso sempre sul volto.

Prosegue nella sua discesa verso l’uscita del palazzo e quella demente di Jules gli sorride e fa ciao con la mano, quando lui le passa vicino. Non vedo la sua reazione, ma sono abbastanza sicura di percepire una risatina che si allontana insieme a lui.
 
Resto imbambolata a fissare davanti a me, mentre la rabbia si dissolve lentamente e il mio respiro si fa più calmo. Sospiro pesantemente e lascio che il mio corpo, teso per l’ira, si rilassi. Poi sento una pressione sul mio braccio. Mi volto e vedo che Bet ha ricominciato a salire la scala, e Jules mi sta leggermente spingendo, sperando di smuovermi dal gradino su cui, negli ultimi dieci minuti, ho piantato le radici.

Bet mi sorpassa e mi colpisce leggera sulla nuca, ridendo.
“Forza, attaccabrighe, abbiamo una puritana da incontrare!” dice, saltellando su per la scala verso il quarto piano, dove si trova il mio appartamento.
“ Pensavo ti venisse un embolo per l’irritazione a un certo punto. Eri così rossa che sembravi un personaggio dei cartoni animati giapponesi!” ride Jules tirandomi su per la scala. “Però, io ero pronta a saltargli al collo con te!”
“ Ti ringrazio, amica fedele” le rispondo seguendola.
“ Ero pronta a saltargli al collo e fargli un succhiotto! Ma hai visto che maschione che era! Mamma mia, altro che hop-hop!” ridacchia lei.

Hop-hop, per la cronaca, è una delle espressioni con cui noi esprimiamo la nostra approvazione per l’estetica di un uomo: sta a significare che ce lo faremmo da più angolazioni. Nello specifico lei avrebbe fatto hop-hop con faccia di caccola appena smaterializzatosi: non scandalizzatevi, ve l’ho detto che Jules è una deviata.

“Jules, sei una schifosa. Adesso capisco la luce nei tuoi occhi. Volevi fartelo, non perorare la mia causa!” le rispondo divertita.
“Certo che ero con te, piccola rissosa amica! Però non sta scritto da nessuna parte che, mentre lo picchiavo, non potevo farci tutto il Kamasutra versione semi-violenta!”
E io sghignazzo all’immagine della mia amica riccia in tutina aderente e frustino.

"Allora vi date una mossa? Me la sto facendo addosso! Raccogliete i medaglioni di bava che vi penzolano da quando Casanova è apparso, e venite ad aprirmi la porta” urla Bet dalla tromba della scale e noi, divertite, acceleriamo il passo.
 

Non appena apro la porta di casa Bet schizza come un razzo verso il bagno ed io mi lascio cadere sul divano distrutta, appoggiando la testa sul bracciolo. Quasi contemporaneamente accendo la tv.

Jules si rannicchia accanto a me e muove le braccia nell’aria nella mia direzione, come una bimba, cercando di strapparmi dalle mani il telecomando.

“Voglio vedere le repliche di Grey’s Anatomy!” si lamenta lei, continuando ad agitare le mani.
Io rido e allungo il braccio dietro la mia testa, lontano dalla sua presa.
“Te lo scordi! È casa mia e si guarda quello che dico io! Ti devi disintossicare dalla televisione!” la rimprovero, fingendomi sua madre.
“Disse la teledipendente che senza telefilm americani non sopravvive!” esclama Bet alle mie spalle, mentre si avvicina sorseggiando un bicchiere d’acqua. Poi si siede rilassandosi sulla poltrona accanto a noi, si leva le scarpe, ripiega le gambe sotto di sé e si abbandona all’indietro nella poltrona, sospirando.

“Sono a pezzi! Non ce la faccio a tornare a casa a studiare. E poi Jimmy. non c’è! È a finire uno dei tanti progetti per la tesi. Che uomo palloso.” si lamenta sfregandosi la fronte con il palmo della mano, cercando di allontanare la frustrazione.
“Come sta J? Non avevi in progetto una seratina a luci rosse nell’intimità della vostra casetta?” le domando girandomi a pancia in giù sul divano. Subito dopo sento un tonfo sordo e vedo Bet alzare la testa di scatto, sgranare gli occhi e sopprimere una risata. Seguo il suo sguardo, giro la testa e vedo Jules sdraiata a terra supina, tipo pelle di leone, che si massaggia il fondo schiena.

“Cazzo Jules, quanto sei goffa!” scoppio a ridere e nascondo la testa tra i cuscini per limitarne il suono.
“Sei tu che ti muovi con la grazia di una balena. Culona! Fammi risalire. Con i tuoi modi delicati mi hai scaraventato giù dal divano” borbotta lei con la testa bassa, mentre si rialza in piedi, continuando a strofinarsi il coccige. Io prendo qualche veloce respiro mente la mia risata si spegne, mi siedo e apro le braccia verso di lei.
“Dai vieni qui, sacco di patate! Mi dispiace. Ti sei fatta molto male?” le domando, inscenando una tenera interazione tra mamma e figlia. Lei spinge in fuori il labbro inferiore, lo fa tremare e annuisce con la testa. Poi finge di asciugarsi una lacrima e di tirare su col naso.

“Che faccia di culo!” tossisce Bet sorridendo.
“Mi fa male il sederino, mamy.” Prosegue la scenetta Jules, ignorandola
“Sederino..” bisbiglia Bet scherzosa “…la porta aerei vorrai dire!”
Jules solleva la testa dalla mia spalla e, mordendosi il labbro, fa il terzo dito a Bet, che sghignazza. Io stringo le labbra per non cedere all’ilarità della finta lite tra le due e domando “E cosa possiamo fare per farti passare la bua?”

Lei strizza gli occhi e si mordicchia un’unghia, fingendo di pensare. Poi mi guarda con un sorriso enorme e esclama “Una torta salata ai carciofi, prosciutto cotto e fontina mi farebbe stare molto meglio!”
Io e Bet ci lasciamo andare e scoppiamo in una incontrollabile risata.
“Sei una cloaca! Ma pensi sempre a mangiare?” le chiede Bet tra i veloci respiri.
“Ho fame. Non ci posso fare nulla! Ero così arrabbiata con Cucciolo che non ho neanche fatto colazione!” ribatte lei unendosi alle nostra risa e massaggiandosi lo stomaco con movimenti circolari.

Bet si blocca all’improvviso, mi guarda con occhi sospetti e poi mi interroga:

“A proposito di maschi; vogliamo parlare della tensione sessuale che c’era tra te e Casanova poco fa?”
“Tensione sessuale? Ma fammi il piacere, Bet!” rispondo io, sentendo la rabbia risalire lungo il mio corpo al solo pensiero delle indelicate insinuazioni di quel tizio.
“Non fare la finta tonta! Lo guardavi con tanta lussuria da finire dritta all’inferno solo per il pensiero!” ribatte Jules, dandomi una spinta e facendomi rovinare a terra, prona.
“Che cavolo! Credo di essermi spappolata il fegato cadendo!” mi lagno io cercando di rialzarmi e, appoggiando una mano sul bordo del tappeto, scivolo senza grazia, sbattendo il naso sul parquet.

“Cazzo che male!” mugolo, raggomitolandomi sulle ginocchia. Mi porto le mani al viso e ci incapsulo il naso, stringendo forte, nella speranza di alleviare il dolore. Strizzo gli occhi e mi piego in avanti, appoggiando fronte e gomiti sul pavimento.

Dalla mia posizione sento il campanello della porta suonare. Bet ride e grida: “E’ aperto!” poi si volta verso di me e dice: “E’ arrivata la puritana!”
Io grugnisco senza alzare la testa e mantenendomi nella mia posizione. Il mio sedere, in tutta la sua non gloria, accoglierà la mia nuova coinquilina. Poco male. Capirà che non sono molto socievole.

“Med, ti senti bene?” mi chiede Jules mentre si volta verso la porta “forse dovremmo alzarci ad aprire”  suggerisce dubbiosa.
“Io da qui non mi muovo finché non ricomincio a sentirmi il naso” rispondo io sofferente.
“E’ aperto!” ribadisco io alzando la voce ma senza muovermi di un centimetro dal mio angolo di pavimento.

Sento il cigolio della mia porta d’ingresso, seguito dalla voce calda che ancora è stampata nella mia mente e mi fa ribollire il sangue:
“Meraviglioso! Sei già pronta ad accogliermi con la tua parte migliore?”
 
No, non è vero! Ditemi che è uno scherzo!
 
Sgrano gli occhi, sconvolta e sento Jules e Bet trattenere il respiro. Mi sollevo di scatto e, sempre più veloce mi alzo in piedi. Pessima idea! La testa mi gira e mi vengono le vertigini. Sento che le ginocchia mi tremano. Sto per cascare nuovamente a terra quando due braccia forti, rapide e ferme, mi afferrano la vita, impedendo la caduta verso il basso. Non riesco a tenere su la testa e allora lascio appoggiare la mia fronte sulla spalla più gloriosa che abbia mai visto.

“Sei rimasta abbagliata dalla mia bellezza?” mi domanda lo spocchioso padrone delle braccia che mi sorreggono.
“Lasciami andare, pervertito!” sussurro debolmente e senza spostare il viso dall’incavo della sua clavicola.
“Così puoi fare il buco nel pavimento?” mi risponde lui divertito.
"Io l'avrei lasciata cadere..." commenta Jules e sono certa che Bet trovi il modo di rimproverarla.

Respiro profondamente dal naso e inalo il suo odore. Oddio come profuma di buono. E se lo mordessi?
Agito la testa il più lentamente possibile, per bloccare il flusso di pensieri. Appoggio le mani sul suo torso e spingo piano, cercando di allontanarmi un po’.
“Levami le mani di dosso, imbecille.” esclamo. Ma la mia voce è ancora debole e tre risate differenti mi avvolgono all’unisono: e il che mi urta ancora di più.
 
“E’ questa la tua riconoscenza per averti afferrata prima che ti spaccassi il naso?” mi chiede lui, senza allentare la presa dai miei fianchi.
“E’ stato un gesto inutile. Il naso me lo sono appena rotto grazie alla mia ex migliore amica” ringhio io, cercando ancora una volta di allontanarlo.

Ma a quanto pare le mie spinte non sono forti come mi sembrano.


“La smetti di agitarti?! Stai ferma e respira profondo, così la testa finirà di girarti. Ti suggerirei di bere acqua e zucchero ma, considerando l’immagine che mi si è presentata appena entrato, direi che è meglio se eviti le calorie” mi sussurra lui all’orecchio e sento il suo respiro sul collo.


“Stai dicendo che sono grassa?” rispondo io rabbiosa tra i denti con un po’ più di forza sollevando di qualche centimetro la testa. Non avevo calcolato, però, che avrei incontrato quelle due pozze d’acqua blu che ha al posto degli occhi.

Madre Natura è decisamente scorretta. Non si mette un individuo tanto irritante dentro un corpo così appetitoso.

È vero che è un cafone stratosferico, ma io sono una giovane nel fiore degli anni e con degli ormoni piuttosto indisciplinati. Mi sta sulle palle, ma è innegabilmente affascinante. 
“Non ti preoccupare. A me le ragazze piacciono in carne.” Mi bisbiglia lui guardandomi dritto negli occhi ammiccando, con un’espressione a metà tra il malizioso e il malvagio.

Sì, certo, come no.

“Ma per cortesia...” borbotto cercando di liberarmi per l’ennesima volta e la sua presa si fa più sicura: poi il sorriso raggiunge quei cazzo di occhi e la mia testa ricomincia a girare.

Apparentemente l’ossigeno è essenziale per la sopravvivenza. Altra realtà che cambierò quando sarò regina del mondo. Così, giusto perché mi va. Così potremo tutti pomiciare non-stop senza doverci interrompere per recuperare fiato.


“Respira...” mi dice lui con una voce talmente flebile che non sono sicura abbia davvero pronunciato le parole.
Inspiro il più profondamente possibile e spingo con tutta la forza che ho contro il suo petto. Non credo di aver fatto chissà quale impressione, il risultato però è lo stesso. Lui ride e molla la presa, facendo un passo indietro. Ma non prima di aver lasciato scorrere le dita lungo la mia vita e i fianchi.
Sento come se una scossa elettrica mi attraversasse il corpo.

“Era un brivido quello?” mi domanda inarcando le sopracciglia. Cavolo, non pensavo fosse stato così evidente. Devo lavorare sulle mie doti di simulatrice. O almeno imparare a mascherare certe cose. Le donne di polso sanno sempre simulare.

La simulatio è un must.


“Sì, lo era. È stato scatenato dal disgusto per l’odore che emani. Ti fai la doccia con le ghiandole di moffetta o hai il PH più acido della terra?” ribatto difensiva anche se ho abbastanza coscienza di non incutere grande timore.


Sento qualcuno che si schiarisce la voce alle mie spalle seguito da una risatina.
Bet e Jules non me la faranno mai passare liscia. Mi prenderanno in giro per settimane per questa scena.
Mi allontano da lui di un altro passo, chino la testa imbarazzata e mi scosto i capelli dal viso con una mano, assicurandoli dietro un orecchio. Mossa che sicuramente non fornisce un’immagine meno goffa e più sicura di me. 

“Hai una mente contorta, te l’hanno mai detto?” mi chiede lui incrociando le braccia sul petto e sorridendo.

Posso strozzarlo a mani nude? Mi darebbe una grandissima soddisfazione. Meglio ancora se anche lui è nudo.

“Esci all’istante da casa mia stupido…coso!” minaccio stringendo i pugni e pestando forte un piede.
“Coso?” domanda incredula Jules “Che fantasia!”
“Hai davvero appena pestato un piede? Cosa sei? Una bambina capricciosa di tre anni?” dice sbigottita Bet ed io scelgo di ignorare entrambe per mantenere quel poco di credibilità che mi convinco di aver conquistato.

Il sorriso del mio fastidioso e indesiderato ospite si fa più ampio.

“Cosa? Che cosa c’è di così esilarante?” gli chiedo infuriata.
Lui non risponde. Mi fissa per qualche secondo dritto negli occhi, restando immobile.

Poi si lecca le labbra divertito e risponde :
“Non me ne posso andare.”
“Perché no?” chiede Bet, incuriosita.

Il suo sguardo non lascia mai il mio.

“Perché questa è anche casa mia da oggi.” conclude lui.

Oh, porca vacca!


AN: Come al solito un doveroso ringraziamento va alla mia incredibile Beta  Leti10 che, con tutta la sua attenzione e le sue indagini sugli agiti di questi personaggi, fa in modo che io non vi propini capitoli senza senso. E un grazie a tutti quelli che seguono questa storia e che le concedono un po' del loro tempo!
 
   
 
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