§ Cap. XIX – Starlight §
La volta celeste
era incantevole, un mantello di raso blu scuro, compatto, senza la minima
sfumatura, punteggiato di luci bianche nelle quali per secoli gli uomini
avevano rivisto la propria mitologia, le proprie speranze e le proprie paure.
La luna totalmente assente lasciava la scena a quei piccoli gioielli celesti.
Harry e Pansy,
spettatori esclusivi di quel magnifico panorama si trovavano sulla cima della
torre nord del castello per un picnic notturno in occasione del compleanno
della ragazza. Harry non si era lasciato sfuggire l’occasione e anche se in
modo impacciato le aveva chiesto se le andasse di passare la serata insieme a
lui. Pansy un po’ emozionata aveva accettato, così le aveva dato appuntamento
fuori della Sala Grande appena finito di cenare, con la raccomandazione di
indossare il mantello. In realtà in Sala Grande ci era andata giusto per farsi
vedere e non insospettire nessuno con la sua assenza, ma non aveva mangiato
quasi nulla, con lo stomaco chiuso per l’emozione, e dopo una permanenza al
tavolo dei serpeverde che aveva giudicato dignitosa si era praticamente smaterializzata
fuori della Sala Grande, visto il tempo infinitesimale che le era occorso per
alzarsi e uscire. Lì aveva trovato Harry già ad aspettarla, le aveva preso il
mantello che teneva ripiegato sul braccio e glielo aveva messo attorno alle
spalle, poi aveva indossato anche il suo. Le aveva porto la mano che Pansy
aveva prontamente afferrato e l’aveva guidata per qualche corridoio, giusto per
farle perdere l’orientamento e poi le aveva fatto salire una serie
interminabile di scalini. Lungo l’ascesa l’emozione della ragazza aveva
gradatamente lasciato spazio prima al disappunto e poi ad un’arrabbiatura vera
a propria, riportando a galla la vecchia Pansy, anche se in parte rabbonita
rispetto ai vecchi canoni.
“Potter, giuro
che se non mi hai preparato una sorpresa degna di una regina ti faccio ingoiare
la bacchetta, in un pezzo solo e per traverso!” era sbottata ad un certo punto,
fermandosi appoggiata alla parete a riprendere fiato, le gote rosse per lo
sforzo ed un fiatone da far invidia ad un mantice.
Harry si era
limitato a sorriderle e a ravviarle i capelli dietro un orecchio. “Ti assicuro
che ne vale la pena” le aveva sussurrato.
“Sarà meglio per
te, altrimenti dovrai procurarti un’altra bacchetta” gli rispose in tono acido
e con uno sguardo per niente rassicurante.
“Dai vieni” la
riprese per mano, ignorando le lievi proteste di lei e riprese la salita. In
cima alle scale trovarono una pesante porta di legno scuro, chiusa. Pansy si
stava già per lanciare in una sequela infinita di insulti a lui, ai suoi parenti,
ascendenti e discendenti (soprattutto ascendenti!), ai Grifondoro e ad ogni
cosa che le venisse in mente, quando lui le fece segno di tacere e con un
Alohomora aprì la porta. Lo spettacolo che le si parò davanti la fece
ammutolire con gli occhi spalancati per lo stupore ed il cuore in gola per
l’emozione. Il cielo sopra di loro li accoglieva nella sua bellezza e li
avvolgeva nella sua serenità. Harry la guidò più vicino ai merli della torre,
in un punto dove aveva preparato una coperta su cui sedersi, ed un cestino con
del cibo. Sulla coperta era posata una lanterna, incantata per irradiare calore
oltre che per fare luce. La aiutò a sedersi e poi prese a trafficare con il
contenuto del cestino.
“Immaginando che
non avresti mangiato molto per la curiosità di vedere cosa avevo combinato,
sono passato dalle cucine e mi sono fatto preparare dagli elfi qualche toast.
Spero che ti piacciano”. Tirò fuori dal cestino una cinquantina di mini toast,
posizionati con cura su un vassoio che le porse, invitandola a servirsi.
“Ma hai svuotato
completamente la dispensa della scuola?”
“No – rispose
imbarazzato Harry grattandosi nervosamente la nuca – solo che non avevo idea
dei tuoi gusti, così gli elfi mi hanno suggerito di prendere un po’ di tutto, e
questo è il risultato”.
Pansy si lasciò
andare ad una risata cristallina. “Harry sei davvero unico! Solo tu potevi fare
una cosa del genere!”. Harry tirò fuori anche del succo di zucca e poi
iniziarono a mangiare, assaggiando un po’ di tutto il ben di Dio che era stato
portato sulla torre. Ad un certo punto ad Harry sembrò di sentire un cigolio,
ma la porta era chiusa, nessuno li aveva raggiunti. Notò invece che la
finestrella accanto si era aperta per colpa del vento e così si rilassò, prima
di far preoccupare la sua compagna. Rimasero lì a parlare per molto tempo,
perdendo completamente la cognizione del tempo, finché Pansy non fu assalita da
un brivido di freddo. Allora Harry le si accostò e le passò sulle spalle una
parte del suo mantello, stringendola quindi in un mezzo abbraccio. Con la mano
libera prese dal cesto due tazze ed un thermos dal quale versò per entrambi della
cioccolata.
Pansy prese la
tazza con entrambe le mani e bevve avidamente per riscaldarsi. Non appena
finito di bere Harry posò entrambe le tazze e abbracciò forte le ragazza che si
accoccolò contro il suo petto.
“Pansy, sei una
ragazza incredibile, io ti immaginavo completamente diversa, ma adesso che ti
conosco…” le parole gli morirono in gola guardando la ragazza negli occhi
grandi e luminosi nonostante la notte che li avvolgeva. Un tenero bacio
scambiato sotto quel cielo stellato li unì quella sera.
“Buon compleanno
Pansy” le sussurrò ad un centimetro dalla bocca completamente perso nei suoi
occhi. Un singhiozzo dall’altra parte della porta interruppe la magia del
momento. Harry scattò in piedi e con pochi passi raggiunse la porta che
spalancò di scatto con la bacchetta spianata, ma ancora una volta non vide
nessuno, né trovò qualche indizio che non fossero soli. Abbassò la bacchetta e
tornò da Pansy, anche lei in piedi, ma l’incantesimo ormai si era spezzato.
“Forse è il caso
che torniamo giù, deve essere molto tardi” suggerì la ragazza.
“Penso che abbia
ragione” sospirò rassegnato Harry anche se gli sarebbe invece piaciuto rimanere
lassù con lei da solo ancora per un po’.
Con un
incantesimo raccolse tutta la loro roba e poi da sotto il suo mantello tirò
fuori il mantello dell’invisibilità che pose anche sopra la testa di Pansy, con
la raccomandazione di stargli vicino. La accompagnò fino all’imbocco dei
sotterranei dove la salutò con un profondo bacio ed aspettò di vederla
scomparire nel buio. A quel punto non gli restò che girare i tacchi e salire
fino alla torre di Grifondoro. La Sala Comune era deserta, ma se lo aspettava,
doveva essere davvero tardi, con Pansy aveva perso totalmente la cognizione del
tempo. Quello che non si aspettava era invece la voce che lo accolse,
proveniente da dietro una poltrona di cui lui scorgeva solo lo schienale ma
nulla di chi vi era seduto.
“Mi spieghi che
cosa ha la Parkinson più di me?” lo apostrofò una voce gelida che trasudava
disprezzo.
“Non capisco…”
cercò di cavarsela in qualche modo, mentre si avvicinava alla poltrona.
“Vi ho visti
sai? Questa sera sulla torre nord. Ho visto come la guardavi, come le parlavi,
come l’hai baciata. Perché lei si?”
Harry si sedette
sulla poltrona di fronte. “Allora sei stata tu a fare il rumore che ho sentito.
Ginny che vuoi che ti dica? Non so neanche io come è successo. Ci siamo
avvicinati per caso, abbiamo cominciato a parlare, ci siamo conosciuti e poi…
non so neanche io come possa essere accaduto”.
“Te lo chiedo
ancora una volta – Ginny parlava con voce incolore, come se stesse ripetendo
una litania – perché lei si e io no?”.
Harry si prese
un minuto per raccogliere i pensieri. In fondo le domande della ragazza che gli
sedeva di fronte erano più che legittime. Loro erano innamorati, stavano
insieme, eppure lui aveva scelto di distruggere tutto per proteggerla. Ora però
accettava la vicinanza di un’altra ragazza, che lo aveva sempre offeso,
insultato, trattato come un essere inferiore, ma che per qualche strana ragione
aveva fatto breccia nel suo cuore.
“I primi tempi
senza di te sono stati durissimi Ginny. Quasi impazzivo all’idea di non averti
sempre al mio fianco, eri l’aria di cui avevo bisogno per vivere, ma andavo
avanti dicendomi che almeno così saresti stata al sicuro. Ma poi tu hai
iniziato ad essere una persona completamente diversa da quella che conoscevo.
Egoista, cattiva, spesso anche maleducata e in te ho cominciato a non vedere
più la ragazza di cui mi ero innamorato. Poi ho conosciuto Pansy e a poco a
poco ci siamo avvicinati. Con lei ho deciso di non ripetere lo stesso sbaglio,
non voglio perdere stupidamente anche lei come ho perso te”.
Ginny sospirò
pesantemente. “Bene, capisco, non riesco del tutto ad accettare la cosa, ma
capisco”.
“Cosa hai
intenzione di fare?”
“Niente
tranquillo, non farò niente a parte mettermi il cuore in pace. Ma quando sarà
il momento, io non sarò al tuo fianco. Se mi cercherai in battaglia, io non ci
sarò. Non ho più un motivo per combattere” e detto questo si alzò dalla
poltrona e superò quella dove era seduto Harry a cui accarezzò una spalla,
prima di lasciare la sala comune e salire nel suo dormitorio.
§§§§ ---- §§§§
Il
pomeriggio seguente i sei amici erano nella sala duelli e si stavano
allenando, quando improvvisamente la stanza cadde nell’ombra. Le torce alle
pareti si accesero subito, ma una cortina di gelo si impossessò delle mura del
castello, avvolgendo tutti i suoi abitanti. Una luce verdastra si vedeva da
fuori le finestre verso cui tutti gli studenti si accalcarono per capire cosa
stesse succedendo. Il Marchio Nero aleggiava sulle loro teste e dominava il
cielo sopra Hogwarts.
Harry Potter ed
i suoi amici rimasero immobili, sapevano che Voldemort era vicino e che presto
avrebbe attaccato il castello. Non c’era un minuto da perdere.
“Hermione,
Michael, voi siete capiscuola, andate dalla preside per organizzare
l’evacuazione di tutti gli studenti più giovani e di tutti coloro che non
vogliono combattere. Blaise, anche tu sei caposcuola, te la senti di andare giù
nei sotterranei?”.
“Si” rispose
annuendo deciso e si precipitò fuori insieme agli altri due ragazzi.
“Pansy, Bryan,
voi radunate quante più spade e scudi possibile e raggiungetemi nella Sala
Grande. Io vado subito lì ed inizio a convocare i membri dell’ES e ad
organizzare un minimo di difesa. Dite a chiunque voglia combattere di
raggiungermi lì” e senza neanche attendere una risposta prese a correre a rotta
di collo verso la sua meta. Lungo un corridoio incrociò lo sguardo di Ginny, in
fila tra coloro che abbandonavano il castello, seguita da Ron che le teneva le
mani sulle spalle con fare protettivo. Harry si avvicinò a loro con sguardo
sereno.
“Buona fortuna
amici” disse loro.
“Anche a te”
rispose Ron, mentre Ginny rimase in silenzio fissandosi le punte delle scarpe.
Poi Harry voltò
loro le spalle e riprese la sua corsa verso la sala grande.
Lì regnava già
una grande confusione, alimentata anche dai professori che spostavano le
tavolate per sgomberare la sala.
“Sileeeeenzioooooo!”
urlò ad un certo punto la preside McGranitt per riportare un po’ di ordine. Si
trovava nella parte rialzata della sala, quella dove normalmente il corpo
docente mangiava, e dopo aver individuato Harry gli fece cenno di avvicinarsi e
parlare.
“Ringrazio tutti
coloro che intendono restare al castello per combattere al mio fianco, ma
invito chiunque abbia anche solo un minimo dubbio, ad andarsene e mettersi al
sicuro. Ho paura che presto qui si scatenerà l’inferno e non voglio martiri.
Voglio dei compagni che combattono per ciò in cui credono e per una speranza.
Quindi per favore, tutti coloro che non sono pienamente convinti della loro
scelta abbandonino subito la scuola”.
Il silenzio
regnò sovrano per qualche secondo, poi urla di incoraggiamento e di sostegno
provennero dagli studenti che si trovavano davanti a lui.
Nel giro di
pochissimo tempo una grande quantità di ragazzi era stata fatta uscire dal
castello, i cui occupanti adesso si trovavano in sala grande. Eppure Harry
sentiva che mancava qualcuno. Con lo sguardo scorse l’intera sala ed individuò
subito Pansy, accanto a Blaise. La preside discuteva animatamente con Hermione
e Kingsley, mentre Michael scrutava il panorama fuori dalla finestra, cercando anche un
minimo segnale che indicasse l’inizio dell’imminente battaglia.
Ma dov’era
Bryan? Per quanto si sforzasse non riusciva a trovarlo. Incrociò lo sguardo di
Hermione e vi lesse i suoi stessi dubbi, solo che lei non era al corrente di
quello che lui sapeva. Lo colse il dubbio che Silente per una volte si potesse
essere sbagliato e che Bryan potesse essere corso fuori per riunirsi alla
schiera dei Mangiamorte, portando con sé informazioni strategiche preziose.
Prese dalla
tasca posteriore dei jeans la Mappa del Malandrino ed iniziò a scrutarla
attentamente, finchè non individuò delle impronte a cui non era associato
nessun nome.
Bene, era
arrivato il momento della resa dei conti. Senza dare nessuna spiegazione lasciò
la sala grande e prese a correre più veloce che poté verso il punto indicato
dalla mappa. Silente o meno, stavolta non poteva fare finta di niente. Doveva
sapere, ad ogni costo.