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Autore: gm19961    20/06/2012    4 recensioni
"Ero rimasto spiazzato. Come avevo fatto a contenermi? Ancora non lo so. So solo che se non fosse stato per quel briciolo di autocontrollo che avevo accumulato in tutti quegli anni difficili, sarai balzato in piedi e l'avrei riabbracciata senza esitazione. Quella era davvero Maya Fey? Quella era la sua voce, l'avrei potuta riconoscere tra mille. Ma era davvero molto più raffinata e meno caotica del solito. Era cresciuta, evidentemente."
Spoiler su tutta la serie di AA e AJ.
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Maya Fey, Phoenix Wright, Un po' tutti
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 3

Il cameriere, scettico, mi disse “no” in un primo mento, ma con la mia assoluta – e stramba – capacità di persuadere le persone, accettò la proposta. Avevo a disposizione dieci minuti, non di più.
Camminai velocemente al tavolo della ragazza, e senza troppi problemi, con menefreghismo, mi sedetti di fronte a lei, facendola sobbalzare. Si portò una mano sul petto e mi squadrò dalla testa ai piedi.
“Ehm, quel posto sarebbe occupato...” replicò lei con una voce più impaurita del solito.
“Non posso permettertelo, Maya.”
Guardai il suo viso diventare improvvisamente più sorpreso, e notai quell'impercettibile movimento delle palpebre: aveva spalancato gli occhi. Ruotai la testa verso destra e guardai anche quell'abito così tremendamente attillato. Non era da lei indossare quella roba. Assolutamente no. Ma male non le stava affatto, anzi... se si fosse presentata quasi sempre così in ufficio tanti anni fa, non so cosa avrei fatto. Scrutai tutto: la sua pelle ancora chiara; i suoi occhi verdi e grandi; e i suoi cambiamenti fisici... che mi avevano sorpreso. Ma quello non era il momento di essere deboli: il mio nervosismo sarebbe uscito in un modo o nell'altro. 
“... Nick?”
“Azzeccato.”
Guardai l'espressione di Maya farsi sempre più cupa e triste. Mi guardò dritta negli occhi e vidi che, nervosamente, aveva serrato la sua mano destra a mo di pugno. Non l'avevo mai vista così: forse era davvero cambiata tanto in questi ultimi anni. Ma di sicuro, non era stata l'unica a cambiare radicalmente. 
“Sei davvero tu...?” chiese quasi spaventata. 
“In carne ed ossa.” risposi dopo qualche secondo.
“Che.. che cosa ci fai qui?” chiese diretta, senza troppi giri di parole. La piccola Maya era nervosa.
“Potrei farti la stessa domanda, non credi?” ribattei all'istante, lasciandole poco tempo per pensare.
La vidi alzare lo sguardo verso di me, e finalmente osservai nei suoi occhi quello che avevo temuto per tutto quel tempo: le fiamme. Maya stava bruciando di rabbia, di paura, di timore... per colpa mia. Lo sapevo che non avrei dovuto farmi vedere, di rovinarle questa serata “magica”. Ma vederla scappare via per sempre da me, non lo avrei mai permesso. Chi era quello? No, non aveva il diritto di portarmela via. 
La vidi alzarsi dalla sedia e camminare velocemente verso l'uscita, lasciando lì la sua borsa e il suo cellulare. Mi alzai di scatto e la seguii all'istante, mentre gli occhi del ristorante erano puntati su di noi. Era fuori, sul marciapiede buio, illuminato qua e la solo dalla luce dei lampioni: non girava anima viva; tutta la vita sembrava invece, essere concentrata nei ristoranti e nei bar. Ma non era nemmeno troppo tardi: solo le otto e mezza.
La vidi, poi, improvvisamente alzare lo sguardo verso di me e i suoi occhi si trasformarono improvvisamente: quel verde affascinante pareva rosso, da quanto Maya s'era infuocata. Aveva capito tutto.
“Tu.. tu eri quello di stamattina. Al chiosco dei Noodles...e la ragazzina, che ti chiamava papà!” si avvicinò con fare minaccioso a me, ma quello arrabbiato, anche se non sembrava, ero io. “Hai avuto il coraggio di non dirmi niente, mentre eravamo a dieci centimetri di distanza!!”
Mi sbraitò contro, e le lasciai buttare fuori il suo odio, che conoscevo fin troppo bene: avrebbe sbottato e poi si sarebbe calmata di colpo. Anche se, per farla arrabbiare, avevo fatto qualcosa di davvero terribile. Non era da lei reagire in questo modo; Maya Fey non era semplice da capire. Esternamente può sembrare la persona più semplice e bambinesca dell'universo, ma dentro lottava con i suoi sentimenti, lottava con la perdita di tutta la sua famiglia. Di sua sorella e sua madre, in particolare.
“E allora? Anche se ti avessi salutato, saremmo ancora qui.” risposi in modo nervoso, ma ancora con il mio tono calmo che, grazie ad anni e anni di pazienza, ero riuscito ad acquisire e far integrare nel mio alquanto complicato DNA.
“Hai avuto il coraggio di venire qui, ora, adesso... perché non prima?!” iniziò a sbattere le sue minuscole mani contro il mio petto e la vidi, per la prima volta dopo tanto tempo, sbuffare con le solite guance rosse, tipiche nelle sue arrabbiature. Quanto mi era mancata.
“Ti rendi conto che appena smetto di pensare a te, tu vieni qui, mi scombussoli la vita e poi te ne vai? Ti sembra giusto?!” mi attaccò ancora, e questa volta le presi le mani, tenendola ferma, cercando in tutti i modi di cercare il contatto visivo con lei. Era arrabbiata per davvero.
“No, però non potevo permettertelo, Maya.”
“Mi parli come se avessimo un minimo di rapporto o confidenza. Noi due siamo estranei, capiscila. E chi sei tu per dirmi cosa fare nella mai vita? Te lo dico io: nessuno.”
Quelle parole diedero l'in put alle mie mani di muoversi pericolosamente. La presi per i fianchi e la sbattei, cercando di non farle troppo male, contro il muro lì vicino: voleva fare la cattiva? La dura? Gli avrei mostrato io cosa significava esserlo, allora.
“Quindi ora la colpa sarebbe mia? E che colpe avrei? Sentiamo!” la stuzzicai solo per vedere cosa mi avrebbe risposto, e più la tenevo lì con me, più capivo che la mia missione sarebbe finita nel modo sperato. Maya non si sarebbe sposata finché io non sarei morto. Mi guardò spaventata ma ritrovò l'energia che le era necessaria per rispondermi a suon di parole. E le parole che diceva, facevano male.
“La tua colpa, eh? La tua colpa è che mi stai tenendo bloccata qui, quindi c'è Osaki che sta per chiedermi di sposarlo, ecco qual è la tua colpa momentanea. E ce ne sono tante altre, credimi!”
Mi avvicinai con le labbra alle sue: non avevo la minima intenzione di farle vincere questo dibattito. Chi era l'avvocato? Io, non lei. E ancora non capivo dove mi avrebbe portato questa strana forma di gelosia. Che cosa avrei sperato d'ottenere?
Di sicuro tutte queste tattiche erano solamente servite a far provare a Maya un po' di paura... O forse no.
La vidi sorridere vittoriosa, con le sue splendide labbra inarcate, e così vicine alle mie. Ma restai immobile nella posizione in cui l'avevo bloccata.
“Nick... tu sei geloso.” replicò lei improvvisamente calma.
Strabuzzai improvvisamente gli occhi. Dannazione!
“... Cosa te lo fa pensare?” ribattei atono.
“Nel modo in cui mi stai tenendo, per esempio.”
La vidi avvicinarsi alle mie labbra, e io restai paralizzato: mancavano si e no due millimetri a quel bramoso contatto.
Ma non andò tutto secondo ai piani.
 
-
 
“Maya, dove sei?!”
Osaki era uscito dal ristorante in fretta e furia, e fortunatamente, eravamo così nell'ombra e nell'angolo, che non pareva averci visto. Mi tirai indietro dalle labbra di Nick, che poi, non avevo avuto il coraggio di baciare.
“Per favore, lasciami...” dissi tristemente, e rassegnata.
Il suo sguardo era più intenerito in quell'istante e mollò la presa, ma mi tenne saldamente per il polso, come per accettarsi con sarei scappata via verso il mio fidanzato. Restammo immobili e in silenzio, fin quando sentii le prime gocce scendere dal cielo primaverile. Era  marzo, e i temporali erano tipici in quel mese. Non avevo neanche voglia di andarmene a prendere un ombrello. Restai lì, con il polso nella sua mano e poi osai aprir bocca.
“Sta piovendo... è meglio che me ne torni a casa.” mi passai una mano tra i capelli e con tristezza, guardai il marciapiede desolato, sorvolando la sua figura.
“No.” disse subito dopo.
“C-come?”
Lo vidi lì di fronte a me, e improvvisamente mi lasciò il polso, che ormai aveva conservato il segno rosso della sua mano calda. La pioggia e l'umidità crescevano sempre di più: ma non era solo quello a crescere. La mia voglia di stare con lui sembrava scoppiare nel mio corpo. Avrebbe potuto farmi di tutto, ma io non ce l'avrei fatta. Sarei comunque rimasta con lui, perché gli volevo bene... anzi no, ad Osaki volevo bene... a lui invece... era molto di più.
“Maya... mi dispiace. Terribilmente. Non so cosa mi sia preso.” lo sentii scusarsi, mentre il suo capello e tutti i suoi vestiti, in contemporanea ai miei, venivano costantemente picchiettati dalla pioggia che da lì in poi si sarebbe trasformata in una vera e propria tempesta.
“Eri geloso per davvero?” chiesi ancora, con un tono più dolce, mentre la pioggia faceva sembrare il mio vestito ancora più stretto e attillato di quanto non lo fosse già. Senza troppi problemi, mi tolsi le scarpe e restai scalza sul marciapiede, mentre il regalo di mia sorella si stava letteralmente infradiciando. Lo vidi osservare ogni mia mossa, e poi, finalmente, mi guardò dritta negli occhi. Erano gli stessi, non sarebbero cambiati mai e poi mai. Sempre di quel colore blu intenso che poteva scavarti dentro, e trovare... la verità, in qualsiasi piccola cosa.
“Maya... ascoltami. Mi dispiace per tutto, ma hai ragione. Chi sono io per dirti di non sposarti con un uomo che ti merita? Nessuno.”
“Ma io...”
“No, non trovare scuse. Lo hai detto e hai perfettamente ragione. Vai da lui, io me ne farò una ragione.”
“Ma perché lo hai fatto? E' una gelosia pericolosa questa, Nick...” e poi continuai mortificata “ed è impossibile che sia solo amicizia la tua.”
Lo vidi scuotere la testa e poi si riportò le mani in tasca, magari infreddolito da quell'acqua gelida che ci stava colpendo senza pietà. Mi misi a braccia conserte: faceva un freddo cane, e avevo lasciato tutto dentro. Tutta bagnata, con il trucco sbavato, pensavo di non aver fatto poi una bella figura. E cosa peggiore fu la cosa che feci dopo; quasi inconsciamente, con un broncio in viso camminai scalza verso di lui e mi gettai tra le sue braccia, nascondendo le lacrime del mio nervosismo con la pioggia. Ero distrutta.
Sentii le sue mani circondarmi e stringermi forte a lui. Sarei rimasta lì per sempre, se non fosse stato per...
Trucy.”
“Cosa?”
“Devo andarmene, Maya. Mia figlia è da più di quaranta minuti che mi aspetta, sarà preoccupata.”
Mi staccai da lui di scatto e annuii, delusa da tutto quello che era successo in quella che doveva essere la migliore serata della mia vita. 
Gli porsi la mano e lui la afferrò saldamente, scuotendola in silenzio. Quando poi, con la sua stretta mi tirò fino a lui, e il calore delle sue labbra era vicino alla mia orecchia: sospirò dolcemente e poi, scolpì nel mio cervello...
“Io e te non abbiamo ancora finito.”
“Tornerai?” chiesi a bassa voce, guardandolo con un sorriso falso.
“Dipende da te.” inclinò leggermente la testa verso sinistra.
Ed era proprio qui che si sbagliava: dipendeva tutto da lui.

Ecco il terzo capitolo. °° Terrbile, zì.
Ringrazio tutti i recensori e coloro che stanno leggendo e seguendo la storia. :) <3
gm19961

 
   
 
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