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Autore: Daisy Potter    06/01/2007    27 recensioni
Erano ormai trascorsi più di ottant’anni - ottantuno, per la precisione - dal giorno in cui si erano conosciuti e tutto era iniziato. Settantacinque da quando tutto era finito. [...] «Edward, ho avuto una visione.» gli aveva detto sua sorella.[...] «Bella sta morendo.»
Genere: Triste, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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The last twilight

The last twilight

 

La notizia lo aveva sorpreso e sconvolto, nonostante avesse sempre saputo che prima o poi sarebbe giunto il momento. Erano ormai trascorsi più di ottant’anni - ottantuno, per la precisione - dal giorno in cui si erano conosciuti e tutto era iniziato. Settantacinque da quando tutto era finito.

Ma la notizia che sua sorella gli aveva dato lo faceva comunque stare male, un dolore al petto, a quel cuore che credeva morto da quasi due secoli.

«Edward.»

Sentì la voce di Alice chiamarlo con una nota di preoccupazione. Solo allora si accorse di essere rimasto fermo, il respiro trattenuto e lo sguardo perso nel vuoto, per diverso tempo. Si voltò lentamente verso di lei, un’espressione vuota sul viso, assomigliando più che mai ad un morto che cammina. Non c’era più vita in lui, l’unico barlume si era spento pochi secondi prima:

«Edward, ho avuto una visione.» gli aveva detto sua sorella. Il suo tono era stato basso, incrinato, come sull’orlo di lacrime invisibili che mai avrebbe potuto versare. Leggermente allarmato le aveva chiesto di parlargliene, e così aveva appreso la notizia:

«Bella sta morendo.»

E in quel momento i suoi occhi si erano spenti, il suo cuore era diventato ancora più freddo, ogni residuo di vita se n’era andato. Perché la sua vita era sempre stata lei, anche quando non era più stata al suo fianco.

«Edward?» lo chiamò ancora Alice, visibilmente turbata per lo stato in cui si trovava.

«Cosa?» esalò lui in poco più di un sussurro, appena udibile anche alle orecchie di un vampiro. Non aveva nemmeno più la forza di parlare.

«Sarà questa sera, al crepuscolo …» disse lei, lasciando cadere l’ultima parola nel silenzio. «Pensavo avresti voluto saperlo.» aggiunse infine, prima di lasciare la stanza.

Edward rimase solo con i suoi pensieri e l’ironia del destino: crepuscolo, il momento che tanto adorava negli anni passati, che aveva condiviso con la sua Bella nella loro radura così tante volte; il momento che segnava la nascita della notte, lo spuntare di miliardi di stelle, il mostrarsi della luna, il calare del silenzio e della calma immobile. Ora per lui significava solo morte e dolore.

Non seppe per quanto tempo rimase lì immobile, seduto sul divano della sua stanza, ad osservare senza attenzione il paesaggio fuori dalla grande vetrata della sua finestra. Non vedeva gli spazi della nuova città in cui la sua famiglia si era trasferita da alcuni anni, ma vedeva piuttosto i paesaggi di Forks, quel paesino che avrebbe sempre portato dentro di sé: quella via là in fondo che portava ad un parco era il sentiero che conduceva alla grande villa dei Cullen; quella strada trafficata sulla sinistra era il viale semi-deserto che portava a casa dei Swan; quello spazio verde sotto casa era la radura dove si rifugiava nelle giornate di sole. Tutto aveva assunto le forme dei suoi ricordi.

Solo quando una luce pallida e rosata colpì la sua figura, colorando di un tenue arancione tutta la stanza, si riscosse. Si voltò, prese le chiavi della nuova BMW dal tavolino accanto a lui e scese al piano di sotto. Non ebbe bisogno di leggere la mente della sua famiglia per capire cosa stessero pensando: vedeva il dolore sui loro volti chiaramente. Esme, che doveva aver sempre considerato Bella come una figlia, si stringeva a Carlisle. Emmett lo fissava con espressione triste, mentre perfino Rosalie al suo fianco aveva il viso cupo e malinconico. Alice, tra le braccia di Jasper, era scossa da singhiozzi privi di lacrime, mentre si sentiva come se stesse perdendo una sorella.

Edward indugiò per qualche istante nell’ingresso, poi si risolse ad uscire. Mise in moto l’auto e partì a tutta velocità verso l’autostrada. Un po’ per abitudine, premette il pulsante di accensione dello stereo, e quando le note di Claire de Lune riempirono l’abitacolo il dolore gli parve ancora più grande. Era la loro canzone, così l’aveva definita Bella una volta, quando si erano ritrovati per caso ad ascoltarla in camera sua. Lui aveva riso e l’aveva stretta tra le braccia, baciandole i capelli e iniziando poi a mormorare al suo orecchio la ninnananna che aveva composto per lei. Poco prima di chiudere gli occhi e scivolare nel sonno, Bella aveva sospirato:

«Questa rimane sempre la mia preferita.»

Con rabbia spense lo stereo. Premette di più sul gas e la lancetta del contachilometri scattò dai 120 km/h ai 140. In breve un cartello comparve all’orizzonte con l’indicazione dell’uscita per Seattle: era lì che Bella si era trasferita all’inizio della sua nuova vita. Senza nemmeno mettere la freccia svoltò e continuò a correre per le strade. Poco dopo giunse di fronte ad una piccola casetta colorata. Nel giardino, una cuccia di legno segnava la presenza di un cane. Sul vialetto che portava all’ingresso era parcheggiata un’Audi nera.

Alzando lo sguardo scorse una finestra illuminata al secondo piano, e con la sua agilità da vampiro si arrampicò sui rami di un albero lì accanto. Il suo udito sovrannaturale poteva sentire dei singhiozzi soffocati oltre il vetro chiuso, e scorse tre figure nella camera. Una era una donna di poco più di quarant’anni, che sedeva accanto ad un letto. Alle sue spalle, un uomo sulla cinquantina si teneva un po’ in disparte, anche lui con un’espressione addolorata. E infine lì, sdraiata sul letto sotto una calda coltre di coperte, il viso incorniciato da una soffice nuvola di capelli bianchi, c’era lei … Bella. Nonostante la sua figura fosse completamente diversa da quella dei suoi diciassette anni, la riconobbe all’istante: come confondere i suoi occhi, la loro luce, la loro intensità? Anche la loro espressione però era cambiata: non era più quella spensierata e un po’ ingenua di una ragazzina, ma quella matura ed esperta di una donna che ha vissuto la sua vita.

Poi, d’un tratto, quegli occhi si chiusero, e un singhiozzo più forte proruppe dalle labbra della donna, che si accasciò sulla sedia. L’uomo le si avvicinò lentamente e la prese gentilmente per le spalle, facendola alzare e conducendola via.

«Vieni, Alice. È finita. Andiamo.»

«Oh, Edward!» esclamò la donna, prima di lasciarsi cullare dalle braccia dell’uomo. Quando furono sulla porta, entrambi si voltarono per un’ultima occhiata alla vecchia sul letto e sussurrarono:

«Addio, mamma.»

Infine la porta si chiuse dietro di loro.

In meno di un secondo, era già al fianco del letto. Il dolore al petto era sempre più forte mentre prendeva tra le sue una mano debole e avvizzita.

«Edward.»

Il sussurro che riempì il silenzio della stanza lo fece sobbalzare. Quanto aveva pregato di poter sentire ancora una volta il suo nome pronunciato da quelle labbra. Gli occhi che prima aveva visto chiudersi si riaprirono rivelandogli uno sguardo che sembrò essere tornato quello che conosceva.

«Sapevo … speravo che saresti venuto. Non potevo andarmene senza averti salutato.» disse Bella, un debole sorriso sulle labbra.

Edward non disse niente, semplicemente rimase lì accanto a lei mentre continuava a parlargli.

«Ho vissuto la mia vita, come hai voluto. Quelli erano i miei figli, mio marito è morto qualche anno fa. Ma come ti sarai reso conto, non ti ho mai dimenticato.»

Un singulto sfuggì dalle labbra del vampiro mentre ricordava i nomi delle persone che aveva visto prima. Aveva dato al suo primogenito il suo nome.

«Bella …»

Non riuscì a dire altro. Non sapeva cos’altro avrebbe potuto aggiungere, mentre nella sua mente si succedevano tutti i ricordi dei momenti passati insieme. Si ricordò dei baci, delle carezze, delle discussioni perché non voleva morderla, perché non voleva darle l’immortalità che desiderava solo per poter stare con lui. Si ricordò delle volte che aveva sorriso vedendola arrossire, delle volte che aveva dovuto sostenerla mentre inciampava. Si ricordò del giorno in cui aveva preso il diploma insieme a lui - il suo ennesimo diploma -, del giorno in cui era entrata al college, delle loro vacanze. E infine si ricordò di quel giorno, quando lei aveva ormai ventitrè anni, mentre lui conservava il giovane aspetto di un eterno diciassettenne. Quel giorno si erano detti addio. La loro relazione era sempre più difficile, la loro apparente differenza di età rendeva loro impossibile farsi vedere insieme, e Bella ne soffriva. Il fatto che Edward non avesse intenzione di trasformarla in un vampiro portò alla loro separazione. Lei aveva il diritto di continuare a vivere la sua vita, di trovare un ragazzo della sua età che potesse darle tutto ciò che voleva, che le potesse dare una famiglia, che la amasse fino alla fine dei suoi giorni. Aveva il diritto di provare tutte le esperienze della vita umana fino alla vecchiaia. E così era successo. Lui l’aveva lasciata andare, e lei era andata avanti e aveva affrontato la sua vita. E ora era giunta al termine, come era previsto.

«Ti amo.» ruppe di nuovo il silenzio la vecchia Bella, fissando lo sguardo in quegli occhi dorati che aveva sognato così tante volte in tutti quegli anni. «L’ho sempre fatto.»

«Anch’io, per l’eternità.» replicò Edward, poi si piegò a posare le labbra fredde sulla fronte rugosa della donna. Ma in quel momento lei non c’era già più. La mano che teneva nella sua si era irrigidita, la pelle stava diventando fredda come quella del vampiro. Ora, da qualche parte il suo spirito aveva l’immortalità che aveva sempre desiderato.

 

 

Non so come mi sia venuta in mente, ma ad un  tratto ho avuto un lampo e mi sono messa a scrivere. Probabilmente non è delle migliori, ma è così che è venuta, e sta a voi giudicare, quindi fatemi sapere come vi sembra e se dovrei cambiare qualcosa.

Ho una mezza idea di aggiungere un secondo capitolo, ma devo ancora pensarci, e comunque lascio scegliere a voi.

Recensite! ;-)

- Daisy -

  
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