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Autore: MaricaWrites    20/06/2012    1 recensioni
"Dormiremo quando saremo morti" è la storia di Victoria, cacciatrice statunitense che si ritrova coinvolta nelle vicende dei fratelli Winchester. Nel corso della storia, la ragazza dovrà affrontare i fantasmi del suo passato, ma soprattutto, dovrà lottare per tenere a freno le emozioni, come il suo lavoro le impone.
[STORIA TEMPORANEAMENTE SOSPESA]
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dean Winchester, Nuovo personaggio, Sam Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Capitolo XI

 

-Un nuovo patto-

 


 

Qualche giorno dopo, nonostante la preoccupazione di Sam, insistetti per uscire a fare un giro, da sola. Mi sentivo strana, nell’ultimo periodo stavo sperimentando emozioni e sensazioni che nella mia inutile vita non avevo mai avuto occasione di provare.

Il dolore per l’affronto di Dean, si era lentamente strasformato in amara delusione mentre fissavo la parete davanti al mio letto cercando un senso a quello che facevo. Dean non era altro che lo stronzetto del Liceo che non avevo mai frequentato, e prima o poi dovevo passarci anch’io.

Castiel, invece, incombeva nei miei pensieri costantemente, come se fosse ancora lì con me, senza però avere occasione di interagire. Era quella l’unica cosa a cui riuscivo a pensare in quel momento: trovare un modo per stare di nuovo con lui, trovare la soluzione al problema che lo tormentava tanto, e che a suo dire coinvolgeva anche me.

Trovai in poco tempo una libreria nel centro cittadino e mirai dritta alla sezione “Fantasy”. Doveva esserci, non poteva essere scomparso nel nulla. Becky lo aveva, se davvero tutte le altre copie fossero scomparse, gli angeli la avrebbero già uccisa per avere il suo. Ma Becky era viva, pochi giorni prima aveva avvertito Sam del mio incidente.

Sam. Perché mai Sam? Perché non Dean, o Castiel? Le parole di quest’ultimo mi rimbombarono in testa: “Stai vicina a Sam, ok? E’ una bella persona con tanti, tanti problemi”. Non l’avevo mai sentito parlare così.

Sospirai, mentre nella mia testa le informazioni si accalcavano e intrecciavano e allo stesso tempo il mio sguardo cercava disperatamente il titolo di quel libro tra le copertine negli scaffali.

-Victoria- una voce attirò la mia attenzione e mi voltai stupita.

-Ci conosciamo?- osservai l’uomo che aveva parlato: era biondiccio e di bell’aspetto, sulla trentina.

-Non credo, mi chiamo Ermes-

Lo guardai scettica:-Il messaggero degli Dei?-

-Esattamente- si guardò in giro sorridente –Immagino tu sta cercando… quel libro-

-Già, proprio quello- risposi rigida, controllando quale delle uscite era più facile da raggiungere.

-Non voglio farti del male- disse notandolo –ma dovrei parlarti di alcune cose… se ti va un caffè-

-E se non mi andasse?-

Sorrise:-Credimi, ti va-

Poco dopo, eravamo seduti nel bar di fronte alla libreria.

-Sai Victoria, noi Dei non ci siamo mai molto intromessi in tutta la faccenda che ti riguarda… ci siamo fidati del buon Dio e dei suoi angeli, ma tu sei ancora viva… ciò mi fa pensare che non se ne siano occupati affatto-

-Se sei qui per uccidermi, sappi che non puoi farlo-

-Oh, entrambi sappiamo che non posso, come sappiamo che posso però farti molto soffrire. Sei tanto potente quanto vulnerabile, soprattutto non potendo utilizzare i tuoi poteri-

-Posso usare i miei poteri quando mi pare-

-Puoi, ma non vuoi. Non ti sarei venuto a cercare se non si fosse sparsa voce del tuo recente sfoggio di potere. Così hai… utilizzato la tua seconda possibilità-

-Sapete del contratto- dissi con la bocca asciutta.

-Noi sappiamo tutto. Ma non è questo che ci preoccupa, ci preoccupa cosa succederà quando uno dei Winchester sarà di nuovo in pericolo-

-Cosa vuoi dire?-

-Da quando hai firmato il contratto con Raffaele non hai mai utilizzato i tuoi poteri per fare del bene a qualcuno, neanche per salvare persone innocenti, solo per salvare te stessa, e Sam Winchester. Curioso, a proposito, il modo in cui l’hai riportato in vita-

-Per quanto io sia potente, riportare in vita i morti non è nelle mie competenze, o meglio lo è, ma è davvero rischioso. Con un patto angelico ho utilizzato un’energia superiore che non era mia-

-Capisco. In ogni caso, i Winchester sono come il cancro: ti coinvolgono, ogni giorno di più, e alla fine ti consumano. Quei due rischiano la vita continuamente, cosa succederà quando per salvarli sarai costretta a rompere il contratto?-

-Non succederà-

-Chi lo sa, forse si, forse no. Sta di fatto che libera dal contratto sei una minaccia per tutti noi-

-E’ di questo che si tratta allora. Vivete in pace: anche se dovesse accadere, di certo non siete voi ad interessarmi-

-Questa non è una certezza-

-La mia parola non basta?-

-Temo di no-

Sospirai:-Ho tagliato i ponti con Dean Winchester, se questo può esservi di conforto-

-Appunto- Ermes inarcò le sopracciglia –Dean Winchester è un bastardo, ed è letale, ma non è affatto vulnerabile. E’ suo fratello quello problematico. Quanto passerà prima che trovi un modo per farsi uccidere, soprattutto ora che è lontano da suo fratello? Vuoi che ti risponda? Molto poco-

Sbuffai leggermente infastidita da ciò che aveva detto su Dean:-Senti, io ancora non ho capito cosa vuoi da me. Avete paura che io rompa il patto con Raffaele e a quel punto usi i miei poteri per conquistare il mondo? Se conosci i termini di ciò che ho firmato, sai anche che farò di tutto per mantenere gli accordi. Per quanto riguarda il conquistare il mondo, onestamente non mi interessa, so a malapena utilizzare un terzo dei miei poteri-

-Io ti credo, Victoria. Purtroppo però non tutti i miei colleghi lo fanno. Abbiamo bisogno di certezze-

-Più della mia parola, non posso darvi-

-O forse si…- sorrise malignamente –Il caro vecchio Raffaele ti ha portato ad un accordo… cosa mai potrebbe convincere, una creatura potente come te, a scendere a patti con un tale idiota?-

Rimasi in silenzio per un bel po’:-Raffaele ha qualcosa che mi interessa-

-Ottimo. Facciamo anche noi un accordo, allora. Mettiamola così… se mai tu dovessi riacquistare a pieno i tuoi poteri, assicuri che non nuocerai ad alcuna divinità Greca, e in caso contrario… l’angelo morirà-

Sbarrai gli occhi:-L’angelo?! Quale angelo?-

-Castiel- disse piatto.

-No. Fuori discussione. Andate tutti all’inferno-

Feci per alzarmi, ma mi bloccò per un polso.

-Toglimi le mani di dosso-

-Altrimenti?-

-Non mettermi alla prova- non ci fu bisogno di specchiarmi da qualche parte per sapere che i miei occhi erano più neri della pece.

-Tutto fumo e niente arrosto, Victoria. Non costringerci ad entrare in azione ora-

Mi risedetti, riluttante.

-Avanti- disse poi –se sei così sicura di non sgarrare ai patti presi con Raffaele, perché ti arrabbi tanto?-

-Perché mi arrabbio tanto?- dovetti sforzarmi di non urlare –Avete idea di quale vita io stia vivendo da anni? No, non ce l’avete, non sapete cosa mi state chiedendo-

-Ma tu lo sai. Quindi ti lascio libera scelta. Decidi tu cosa vuoi mettere in gioco, basta che sia di valore-

-Cosa succederà se non accetterò?-

-Considera i tuoi amici Winchester già morti-

Rimasi in silenzio per molto tempo, forse troppo, ma alla fine lo guardai negli occhi, con le mani leggermente sudate:-Dean Winchester. Se non rispetterò i patti, potrete avere Dean Winchester-

Ermes spalancò gli occhi:-Addirittura Dean Winchester. Meglio di così non poteva andare! Meraviglioso. Siamo d’accordo?-

Mi tese la mano, e capii che stringendogliela avrei condannato a morte Dean, nel caso di un mio sbaglio.

 

Tornai al Motel con un pezzo di piombo nello stomaco, e mi chiesi con quale coraggio avrei guardato Sam negli occhi. Stavo davvero male psicologicamente, anche se non riuscivo a identificare con un nome quella sensazione. Ero tanto turbata, che le luci dei lampioni tremolavano al mio passaggio, e sperai che nessuno se ne accorgesse.

Quell’uscita era stata un completo fallimento: non avevo trovato il libro, ed ero stata intercettata da una stupida divinità Greca che mi aveva intrappolato in un nuovo patto, forse più crudele del primo, o forse no. Stava di fatto che avevo la vita di Dean Winchester in mano, e non mi sentivo per nulla all’altezza di quella responsabilità.

Mi chiesi se dovevo dirlo a Sam, e mi chiesi se avrei dovuto chiamare Becky per chiederle un consiglio, o anche solo per controllare che fosse viva, ma nessuna delle due domande trovò risposta.

Entrai dalla porta, tenendo lo sguardo fisso a terra, cosa che mi capitava raramente di fare: non era nel mio carattere. Ma appena entrai fui costretta a rialzarlo.

-Oh, no! Non di nuovo! Vattene!- Sam mi sbraitò contro puntandomi addosso la pistola.

-Ehi, ehi, Sam. Che diavolo stai facendo? Sono io-

Chiusi in fretta la porta in modo che nessuno potesse vederlo e mi avvicinai di un passo.

-Non avvicinarti! Giuro che sparo!-

-Ok, ok- alzai le mani –Sam calmati. Sono Victoria-

-Certamente- rise –di chi altro vuoi prendere le sembianze? Devi smetterla! Hai capito?! Smetterla!-

Il suo ultimo urlo mi spaventò veramente e sobbalzai:-Sam sono io, sul serio-

-Dimostralo!- sbraitò.

Deglutii, poi con ancora una mano alzata estrassi la pistola.

-No!- disse lui.

-Calmo, calmo, la metto a terra- mi abbassai lentamente posandola a terra, per poi allontanarla con un calcio.

Mi guardò confuso.

-Dammi la mano- dissi poi allungando il braccio destro.

Allungò anche lui una mano tremante e prese la mia.

-Mi senti? Sono vera-

Per un secondo sembrò che ci credesse, abbassando lentamente la pistola, ma all’ultimo me la puntò di nuovo addosso. Ero pronta. Gliela tolsi di mano con un calcio e forse con una forza un po’ disumana per una donna e per uno grosso come Sam, lo ribaltai a terra tenendolo solo per un braccio.

Mi guardò sbalordito, mentre il terrore gli abbandonava gli occhi:-Dio, questo ha fatto troppo male per non essere vero-

Sorrisi, e lo aiutai a rialzarsi.

-Come… come?- mi guardò sbalordito mentre lo aiutavo a sedersi sul letto.

-Esperienza, ora sarò indolenzita per due settimane-

Si passò entrambe le mani tra i capelli, mentre io cercavo un punto nella stanza da guardare con interesse mentre lui si riprendeva. Non sapevo neanche che domanda rivolgergli.

-Si, ho qualcosa che non va, se è questo che ti stai chiedendo- disse dopo un po’.

-Non me lo stavo chiedendo- risposi sinceramente, e tornai a guardarlo negli occhi –mi ero accorta da un po’ che ti comportavi in modo strano. Hai delle allucinazioni, giusto?-

-Come lo sai?-

-Quella volta, con il lupo mannaro… sai-

-Giusto, giusto- annuì.

Aprì più volte la bocca come per iniziare un discorso, ma non disse mai niente, così alla fine fui io a parlare:-Senti, tutti noi abbiamo dei problemi, e dei segreti. Non pretendo di farmi gli affari tuoi, solo… cerca di non farti del male. Vado a farmi la doccia-

Rise leggermente:-Ti ho quasi sparato, e ti preoccupi che io non mi faccia del male?-

Sorrisi:-Io so badare a me stessa- inarcai le sopracciglia –e tu?-

Mi guardò in silenzio, finchè non mi chiusi la porta del bagno alle spalle.

 

Il giorno dopo, era come se non fosse mai successo nulla: Sam era come al solito e io non avevo intenzione di fare cenno ai fatti del giorno precedente, né tantomeno all’incontro con Ermes.

Ci trasferimmo in una città qualche miglia più ad ovest, perché sospettavamo vi fosse un demone, e una volta arrivati, i nostri dubbi trovarono conferma.

-Bhè, nulla di difficile- disse Sam piuttosto rilassato caricando la pistola che io stessa gli avevo procurato –sei pronta?-

-Io sono nata pronta- sorrisi caricando a mia volta la postola e nascondendola nei jeans.

Entrammo nel bar da dove le vittime del demone scomparivano misteriosamente e Sam si sedette da solo ad un tavolo, mentre io mi avvicinavo con aria impaurita al bancone:-Buongiorno-

Il barista spostò subito lo sguardo su di me: era lui. Potevo quasi riconoscerlo dall’odore.

-Posso aiutarla?-

-Senta…- dissi facendomi venire le lacrime agli occhi –quell’uomo, quello alto, seduto a quel tavolo, è due isolati che mi segue. Potrebbe… potrebbe chiamare la polizia? Non ho il cellulare con me-

-Ma certo- disse con un sorriso maligno –venga con me, qui non prende. Telefono sul retro-

-La ringrazio tanto-

Lanciai un’occhiata a Sam: era il segnale.

Seguii il demone sul retro, e quando meno me l’aspettavo mi scaraventò a terra con uno spintone:-Cacciatori- sputò a terra –tutti uguali, e tutti stupidi-

Tirai fuori la pistola, ma era più veloce di quanto pensassi e me la tolse di meno, scaraventandola contro il muro. Sam ci mise più del previsto e non riuscii ad evitare che tirasse fuori un coltello dalla tasca e mi tagliasse lungo tutto il braccio.

Urlai di dolore e di rabbia per il non poter rigenerarmi, e gli diedi un calcio talmente forte che rotolò tre volte a terra, proprio mentre Sam arrivava.

-Ce ne hai messo di tempo!- dissi arrabbiata.

-Scusa! Avevamo stabilito tre minuti-

-La prossima volta facciamo due- dissi col fiatone, allontanando con il braccio ferito un insetto e sporcandomi il viso di sangue.

Il demone intanto se la prendeva con Sam, ma in due, riuscimmo ben presto a immobilizzarlo, e mentre lui lo teneva fermo, pronunciai l’esorcismo.

Il barista non volle aiuto, e corse via urlando, per cui, rimanemmo in piedi per un po’, riprendendo fiato.

-Era forte- dissi io, osservandomi il braccio dove probabilmente mi ci sarebbero voluti parecchi punti –andiamo in ospedale-

Ma Sam rimaneva immobile: mi guardava, ma era come se non fossi lì, come se non mi vedesse; o piuttosto come se vedesse altro.

-Sam? Non ora, ti prego- dissi, pensando che avesse una delle sue allucinazioni.

Ma non era quello. Mi si avvicinò con cautela, quasi forzatamente, come se cercasse di trattenersi dall’annullare sempre di più la distanza tra di noi, e quando fu abbastanza vicino mi alzò il mento con un dito.

Pensai volesse baciarmi, e feci un passo indietro, ma mi bloccò per un polso, e si chinò sul mio viso, ma non per baciarmi. No, per leccarmi.

Ero così incredula che rimasi paralizzata dov’ero. Seguiva con la bocca tutte le tracce di sangue che il mio braccio mi aveva lasciato sul viso. Sarebbe persino stata una cosa sexy, se non fossimo stati in quella situazione, e se non si stesse leccando il mio sangue.

-Sam- mi ripresi dopo un po’ –che diavolo fai?-

Mi guardò il braccio per un po’, e quando fece per avvicinarselo al viso gli mollai un ceffone talmente forte che cadde a terra.

-Ora basta, uomo delle stramberie-

Mi voltai per andarmene, ma mi ritrovai sbattuta contro il muro, senza che nessuno mi ci avesse portato.

Mi mancava il fiato, come se qualcosa mi stringesse la gola, ma Sam era a tre metri da me, e si limitava a tenere un braccio alzato e le dita ad artiglio, come se mi stesse davvero strangolando.

-Sam!- riuscii a chiamarlo con un grido strozzato.

Dopo qualche istante, mi resi conto che non mi stava affatto strangolando, quello che sentivo bloccarmi la gola era qualcos’altro, come se cercasse di tirarmi fuori qualcosa, come se cercasse di esorcizzarmi.

A quel pensiero, quella parte di me che tanto cercavo di nascondere e di tenere a freno venne fuori istintivamente e iniziai a dimenarmi contro il muro mentre i miei occhi si coloravano di nero pesto.

Sam non sembrò sbalordito, anzi, fece una sorta di sorriso compiaciuto, prima di mostrarmi qualcosa che mai, mai avrei pensato di vedere nei suoi occhi: lo stesso nero, lo stesso sguardo languido che caratterizzava i demoni, la stessa malvagità che a quanto pare entrambi tenevamo ben nascosta.

Era come me.

  
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