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Autore: merryluna    06/01/2007    3 recensioni
Se cercate le battaglie sciamaniche... spiacente: non le troverete qui! In compenso vedremo come si muovono i nostri eroi dentro e fuori una stazione di polizia...
Genere: Romantico, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Anna Kyoyama, Manta Oyamada, Ren Tao, Yoh Asakura
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: Incompiuta
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LAVORARE DI NOTTE
-Capitolo 6°-


“Ottanta centimetri? Stai scherzando, spero!” Yoh era semplicemente sconvolto. “Insomma, si vede benissimo che è basso...ma non avrei mai pensato che fosse così basso!”
“Inizialmente ho pensato di aver sbagliato qualche calcolo, ma siccome dopo che ho controllato varie volte il risultato è rimasto invariato...” anche Marco aveva l’aria di uno che doveva ancora riprendersi da uno shock. Prima di quel giorno non avevano avuto un’immagine abbastanza nitida da poter usare con quel programma di ultima generazione per poter ottenere una sorta di identikit di Childy, ma ora che l’aveva ottenuta grazie ad una foto amatoriale, non riusciva a capacitarsi della sua scoperta.
“A quante persone l’hai detto?” s’informò cauto.
“Finora solo a te” rispose non capendo il senso di quella domanda.
“La cosa deve rimanere riservata: non parlarne con nessun altro. Voglio evitare la solita fuga di notizie...” spiegò con un solo pensiero in testa. Be’, certo: anche il fatto che lo stesso Childy avrebbe potuto scoprire con facilità il procedere delle indagini sarebbe stato un danno. Ma le parole che potevano uscire da una certa penna lo preoccupavano di più.
Uscì in corridoio più pensieroso del solito, urtando contro un agente arrivato lì da meno di una settimana.
“Scusi, signore!” esclamò quello scattando sull’attenti.
“Ah, l’entusiasmo dei primi giorni...” pensò mentre l’immagine di un giovane ribelle con un paio di cuffie arancioni tornò nella sua testa.
“Di niente, Datoki. Vai pure” gli sorrise d’incoraggiamento.
Il ragazzo simulò una sorta di inchino per ringraziarlo e riprese a correre gridando: “Takeo! Ottanta centimetri scarsi! Ma ti rendi conto quant’è piccolo quel tipo!”
Ed in quello stesso istante, Yoh ebbe la consapevolezza che di lì a due minuti avrebbe chiesto il trasferimento di un particolare nuovo acquisto ad uno dei distretti più sperduti dell’isola di Hokkaido.

“Ripetimi il piano”
“Tutti sono impegnati con il servizio di sorveglianza per la mostra di diamanti e quindi noi possiamo agire indisturbati” disse Anna con la stessa cantilena con cui i bambini recitano le poesie alle elementari.
“Questo non è il piano: questa è l’introduzione!” esclamò Manta irritato: perchè mai quella benedetta ragazza non prendeva mai le cose sul serio?
“Scusa” alzò la testa dal libro che stava leggendo e si stiracchiò, prima di ricominciare la cantilena. “Tu sistemi la sorveglianza, il sistema di telecamere e l’allarme...scusa! Fa lo stesso se non dico i tuoi compiti in ordine?” s’informò fingendosi preoccupata.
“Vai avanti o stasera finisce male...” biascicò il tappetto ormai a corto di pazienza.
“Entri e vai al secondo piano dov’è custodita la cassaforte principale con tutti i preziosi ed arraffi qualcosa. Nel frattempo io con la mia grazia scivolo nel piano interrato, sfondo un caveau segreto e blindato, prendo il foglio che ci interessa e poi riesco dal caveau segreto e blindato, riemergo in superficie e vado a farmi una passeggiata al parco...”
“PASSEGGIATA AL PARCO?” urlò Manta come se fosse stato indemoniato.
“Sto scherzando, tranquillo! Se continui di questo passo ti verrà un attacco di cuore...”
“Sei tu che mi farai venire un attacco di cuore, un giorno o l’altro...” rispose versandosi una generosa tazza di camomilla. “Ci vediamo al punto di incontro fra ventisei minuti e trenta secondi a partire da...adesso!” e fatto scattare un cronometro, uscì di casa.
Anna fissò il quadrante del costoso ed ultrapreciso orologio che portava al polso, spostando poi lo sguardo sulle unghie finte che si era applicata da meno di dieci minuti. Per quanto avrebbero continuato quella vita? Lei e Manta si conoscevano da sempre ed erano sempre stati una squadra. Ben presto, a causa delle condizioni disagiate in cui erano incappati, avevano iniziato a dilettarsi in dei piccoli furti per poter tirare avanti e non morire di fame. E per anni avevano vissuto in quel modo: non era una vita facile, ma almeno era una vita. Poi era arrivato lui...e tutto era cambiato. In fin dei conti era bastato poco.

“Ma guarda cos’abbiamo qua...” disse una voce melliflua alle sue spalle: Anna si voltò con una mossa repentina, pronta a dare sfoggio a ciò che aveva imparato a quel corso di autodifesa ma dovette fermarsi, lasciando la gamba tesa a mezz’aria.
“È stato sfortunato, sai?” continuò l’uomo. “Mi ero dimenticato di prendere una cosa dallo studio e l’ho trovato lì che smanettava al pc per disattivare tutti gli allarmi. Fortuna che porto sempre con me una pistola caricata con tranquillanti...” e buttò il corpo di Manta a terra, mentre una freccia narcotizzata svettava visibile in mezzo alle sue piccole spalle.
Anna rimase in silenzio, limitandosi a guardarlo in faccia per cercare di capire le sue intenzioni.
“Non vi denuncerò” disse infine. “Sarebbe un tale peccato...nessuno prima di voi è riuscito ad entrare in questa casa, lo sapevi?”
La ragazza annuì.
“Ma non vi permetterò nemmeno di andarvene con tanta facilità. Mi siete...come dire?...debitori, ecco. Dovrete guadagnarvi la vostra libertà, e così saremo pari” terminò infine il dr Faust VIII.

Un anno: tanto era passato da allora. Sei mesi passati a prepararsi, a perfezionare ed ad imparare tecniche, in attesa del loro primo colpo importante. Perchè a parte l’assalto alla villa del direttore della clinica più lussuosa (e che a loro spese scoprirono anche più controllata) della città, nessuno dei colpi che avevano messo a segno finora poteva venir definito tale.
Ma la cosa più assurda, era il bottino che avrebbero dovuto arraffare: vecchi fogli gialli ammuffiti. Questi erano i patti: potevano tenersi tutto ciò che volevano, ma quei fogli dovevano finire nelle sue mani. Ad ogni costo. E soprattutto, nessuna domanda sul loro contenuto.
Ma ciò che più aveva insospettito Anna, era il fatto che nessuno fra tutti quelli che finora avevano rapinato, ne aveva denunciato il furto.
Ormai ne mancavano appena quattro da recuperare. Ancora quattro colpi e sarebbero stati liberi, con così tanti soldi che avrebbero anche potuto chiudere per sempre con quella vita. E sarebbero potuti tornare alla vita normale che non avevano mai avuto.

Noioso. Decisamente noioso. Decisamente tanto noioso. Questo era l’unico modo in cui Yoh avrebbe potuto definire il lavoro di vigilanza che lo stava aspettando. Otto ore ininterrotte, un’intera nottata a fare la guardia ad una delle collezioni di diamanti più famose e preziose del mondo. Se fosse esistito un pazzo col desiderio di tentare di rubare anche solo l’estintore della sala in cui era custodita, sarebbe finito in meno di trenta secondi dietro le sbarre. Non c’erano pecche nel sistema di sorveglianza e forse neppure Childy avrebbe potuto tanto. Ma il suo sesto senso l’aveva convinto che Childy non era interessato a quei diamanti.
Preso com’era da questi pensieri, si accorse troppo tardi di aver mancato l’uscita della tangenziale che avrebbe dovuto prendere ed imprecò pensando alla strada alternativa che adesso lo aspettava, col rischio di rimanere bloccato in uno degli immancabili ingorghi verso il km25.
“Ryu” bofonchiò accendendo la radio.
“Sì, capo?”
“Cercami una scorciatoia per il museo” mormorò sconsolato iniziando ad intravedere delle auto in coda.
“Non potevi uscire allo svincolo precedente?”
“Trovami quella scorciatoia e falla finita” disse con tono autoritario.
“Ok, ok...”
Uno scalpiccio di tasti e poi: “Prendi la prossima...praticamente questa!” urlò vedendo sullo schermo del computer l’icona dell’auto di Yoh che si sovrapponeva all’incrocio.
Yoh sterzò di botto, si beccò qualche suonata di clacson per la sua guida non proprio civile, rischiò di tamponare la macchina che aveva davanti ma riuscì lo stesso ad imboccare la strada giusta.
“Sei ancora tutto intero?” s’informò timidamente Ryu.
“Non ti rispondo perchè sono un signore...” ruggì l’altro più scocciato che mai.
“Adesso segui attentamente le mie istruzioni ed in meno di cinque minuti sarai a destinazione...”
“Hai presente che ho una macchina e non un aeroplano, vero?” chiese l’ispettore Asakura preoccupato dal tono troppo allegro del collega: se avevano rimosso l’amico dal reparto motorizzato, un motivo c’era stato. E siccome Yoh ricordava benissimo lo stile tutto particolare che Ryu adottava sia in sella ad una moto che comodamente seduto in un’automobile, un brivido di pura paura lo percorse in tutto il corpo, pronto alle più pericolose manovre al limite della legalità che lo stavano aspettando.

Anna scese dall’autobus numero settantasette ed aprì la cartina che Manta si era premurato di sistemarle nella borsetta. Si spostò sotto la luce di un lampione e prese a studiarla attentamente.
“Accidenti a Manta!” imprecò furiosa. “Mi ha ripetuto il piano fino alla nausea ma non si è minimamente degnato di spiegarmi la strada per la villa...”
Chiuse gli occhi, inspirò profondamente e recitò velocemente una preghiera, con la speranza che il suo senso d’orientamento che fino ad ora non l’aveva mai abbandonata, non scegliesse proprio quella sera per farlo. Attraversò la strada e si inerpicò su per una viuzza deserta, costeggiata da due file di ciliegi. E dopo una curva, fu abbagliata dalla luce di due fari che le diedero l’impressione stessero finendo direttamente contro di lei. Meno di un decimo di secondo dopo, ebbe la certezza che quei fari stessero effettivamente finendo contro di lei.

“Ryu! Perchè c’era quel segnale di divieto di accesso?” chiese Yoh conoscendo già la risposta.
“Perchè stai andando contromano...ma tranquillo, è una strada poco trafficata...” si giustificò l’altro allontanandosi preventivamente la cuffia dalle orecchie.
“COSAAAA? Sei forse impazzito?” urlò muovendo in modo brusco lo sterzo avvicinandosi in modo pericoloso ad uno dei ciliegi che correvano lungo la strada. Pigiò con forza il pedale del freno causando l’orribile sfrigolio della gomma che si disintegra sull’asfalto, per poi fermarsi a meno di cinque centimetri dal corpo di una donna pietrificata dalla paura.
“Yoh?” fece Ryu leggermente preoccupato da tutto quel trambusto che gli era arrivato dalla radio.
Yoh chiuse gli occhi terrorizzato e, una volta riaperti, della donna nessuna traccia.
“Yoh?”
“Sì?” balbettò il ragazzo ancora sconvolto.
“Cos’è successo?”
“Stavo per mettere sotto una...”
“Chi?”
“Non lo so. Non c’è più...”
“Chi non c’è più?”
“Una ragazza...”
“Yoh?”
“L’HO MESSA SOTTO!  Ryu, l’ho messa sotto!” esclamò orripilato di fronte a quella scoperta.
“Cosa stai blaterando?”
“Ho visto una donna, poi non l’ho vista più: devo averla messa sotto!”
“Non hai investito nessuno...” cercò di tranquillizzarlo.
“Ma ho sentito un botto sul tetto!” strillò sempre più agitato.
“Un botto sul tetto?”
“Ho appena ucciso una ragazza!”
“Avanti, non è successo niente...”
“Tu non sei qui! Cosa puoi saperne?”
“Scommettiamo?”
“COME PUOI PENSARE A SCOMMETTERE SU UNA COSA DEL GENERE?” urlò, ora infuriato.
“Ok, calmati...scendi e controlla...”
Yoh aprì la sportello e scese dall’auto con passo malfermo. Fece quei quattro passi che lo separavano dalla parte anteriore della macchina e notò, tirando un sospiro di sollievo, che non c’era alcun cadavere. Nessun segno di incidente e nessun cadavere. Si lasciò cadere sul cofano e rimase immobile per un minuto buono, ad occhi chiusi e con una mano poggiata sul petto, all’altezza del cuore. Non si curò dei rumori intorno a lui, del fruscio delle foglie dei ciliegi nonostante la quasi totale mancanza di vento, e nemmeno dello sguardo incerto dell’automobilista che passò di lì a poco, in quella stradina dimenticata dal mondo. Poi risalì in auto.
“Be’? Hai per caso già occultato il cadavere?” si sincerò Ryu con una battuta che, data l’occasione, si rivelò piuttosto macabra.
“Dici che riesco ancora a non arrivare in ritardo?” chiese il ragazzo, tornato alla normalità.
“Ingrana la prima, capo! Vedrai che siamo ancora in tempo!” esclamò l’altro raggiante come non mai.

Anna guardò incredula l’auto sotto di lei: da quell’altezza poteva godere di una visuale perfetta e Yoh sembrava troppo sconvolto per poter capirci qualcosa. E lei non è che si trovasse in condizioni migliori. Aveva un vago ricordo: i fari, un balzo felino e poi si era ritrovata appesa al ramo di ciliegio su cui poi si era issata. E su cui al momento stava seduta. Si era ripresa dallo spavento prima di Yoh, ed ora continuava a scrutarlo con curiosità, anche perchè non poteva abbandonare quel rifugio sicuro senza rischiare di venir scoperta. O forse, come suggerì una vocina dentro di lei, non voleva abbandonare quel rifugio sicuro, anche se c’era il rischio che un comportamento del genere mettesse a rischio l’intera missione di quella notte. Ma non se ne preoccupava tanto, estraniata dal tempo e dallo spazio com’era in quel momento. Creatura della notte che vedeva ma che sapeva di non esser vista. La notte da sempre era il suo elemento. La tranquillità che provava al calar delle tenebre...niente e nessuno la faceva sentire in quel modo...particolare, ecco. L’unica volta che aveva provato un qualcosa di simile, era forse stata con quello stesso ragazzo che meno di due minuti prima stava per investirla, seduta sullo sgabello di un sushi bar.
Sorrise deliziata pensando alla faccia che Manta avrebbe fatto: “Da quando perdi tempo a fissare un poliziotto?” Già se lo immaginava, piccolo ed infuriato come al solito. Quante gliene aveva fatte passare! Ma sotto sotto, ci prendeva gusto a vederlo sgambettare ed urlare al pari di un forsennato.  
Poi, a rompere l’incantesimo che solo per lei aveva bloccato il tempo, ci pensò Yoh, ridestandosi dallo stadio di pace nel quale era piombato e risalendo in macchina, sgusciando via sgassando e dando di matto.
“Ci vuole poco a rovinare tutto...” mormorò saltando giù dal ciliegio. Poi raccolse la cartina che era rimasta spiegazzata in mezzo alla strada e prese a correre per non arrivare in ritardo al punto d’incontro stabilito da Manta.

“Dieci secondi di ritardo!” bisbigliò furente il piccoletto.
“Sappiamo benissimo entrambi che siamo in anticipo lo stesso...”
“È vero, ma non cambia il fatto che tu sia in ritardo di ben dieci secondi!” continuò quell’altro imperterrito. In fin dei conti, con il lavoro che facevano, anche dieci secondi erano importanti.
“Ti spiego dopo, ok?” tagliò corto prendendosi un paio di chewing gum ed infilandosi un paio d’occhiali scuri. “Dimmi piuttosto come si accendono questi cosi...”
Manta pigiò un punto nei pressi di un’asticella della montatura ed Anna iniziò a vedere il mondo sotto un altro punto di vista.
“Una volta, rivelatore di calore. Due volte, raggi infrarossi” spiegò mettendosi un cappuccio. “In azione fra cinque, quattro, tre, due...Ora!” e si dileguarono nel parco della villa che avrebbero svaligiato quella notte.

Anna volteggiò come solo lei sapeva fare, mettendo a cuccia tre cani da guardia dall’aspetto per niente amichevole ed arrampicandosi rapida su un muro, ringraziando in cuor suo il gusto del manager Hirojito che lo aveva fatto optare per un rivestimento a sassi per la sua dimora. Rivestimento che le lasciava così tanti appigli su cui far leva.
Giunta alla terza finestra a sinistra del terzo piano, azionò il rivelatore di calore e controllò l’eventuale presenza di qualche < intruso > nella stanza ma, a parte il condizionatore acceso, tutto appariva di un bel colore bluastro. Pigiò di nuovo l’asticella degli occhiali, e gli infrarossi le indicarono una serie di raggi che si concentravano nei pressi di una penosa imitazione di un quadro di Van Gogh. Con cautela, si sfilò con l’aiuto dei denti uno dei guanti neri che le coprivano le mani, e poggiò un’unghia contro il vetro della finestra, producendo un impercettibile ticchettio. Poi, ripetendo un gesto che ormai governava con maestria, creò un cerchio, al centro del quale appiccicò la sua gomma masticata, che usò a mo’ di ventosa e tolse con facilità il vetro tagliato.
“Et voilà!” esclamò mentalmente aprendo la finestra ed entrando all’interno.

“Appena in tempo” sospirò Yoh sistemandosi al posto che gli era stato assegnato.
“Già” concordò Ryu mentre gli si sedeva accanto.
“Tu qui? Credevo che fossi in commissariato!” esclamò stupito.
“Ed invece ero qui...”
“Ma come hai fatto con il com...”
“Con il computer?” lo precedette quello.
Yoh fece un cenno d’assenso.
“Esistono i portatili...ed il collegamento wireless. Utile, non trovi?”
L’altro non si degnò neanche di rispondergli.
“Tieni, ho portato da leggere” disse lanciandogli una rivista d’automobili. “Secondo le tue previsioni, passeremo una serata tranquilla, no?”
“Spiritoso...” biascicò guardandolo in cagnesco. “Proprio a questo piano dovevi essere assegnato?”
“E che ci vuoi fare: gli amici te li puoi scegliere, i colleghi no” fece Ryu alzando le spalle.
“Ma non erano i parenti?” chiese l’amico leggermente confuso.

 


....Ma ciao! Vi prego di non uccidermi! Così tanto senza aggiornare...vi dico solo che quando ho aperto questo capitolo, nascosto nei meandri più bui e desolati dell’hard disk del pc, ed ho visto che l’ultima modifica risaliva al due novembre, ci sono rimasta male anche io! Due mesi senza lavorare più a questa storia...mi chiedo solo cosa ho fatto in tutto questo tempo...bah. Lasciamo stare. Allora? Piaciuto il capitolo? Sinceramente ci sono delle parti che ancora non mi convincono (primo fra tutti Faust: voi che ne pensate? E poi anche il titolo: semplicemente osceno!) e forse avrei dovuto aspettare qualche altra illuminazione prima di terminarlo e postarlo...ma poi mi sono detta che era passato troppo tempo e che sarà il caso che mi dedichi anche al seguito di questa fanfic...ed eccomi qui. Consideratelo il mio regalo per la Befana...e Buon anno nuovo, seppure in ritardo!
Un’ultima cosa: la trovata dell’unghia, non è completamente farina del mio sacco: una volta, guardando Detective Conan, c’era una tizia che aveva usato un’unghia finta per sgozzare una sua amica...ho rielaborato la cosa, ma lo spunto l’ho preso da lì: volevo solo metterlo in chiaro, perchè non mi piace barare...
Vabbe’. Saluto tutti coloro che, nonostante l’incostanza dell’autrice, hanno continuato a leggere (e magari commentare) e vi do appuntamento a non so quando: sicuramente prima di Pasqua, non disperate!
Un bacione,
Merryluna

Ps. L’altezza di Manta è quella ufficialmente dichiarata in uno dei due numeri speciali di S.K...scioccante, non trovate?



Kagome 92: pardon moi! Decisamente non ho accolto la tua richiesta...

Kikka: Tamao? Che ti ha fatto povera piccola? Non che io la ami particolarmente...diciamo che il sentimento che più mi ispira è l’indifferenza...ma qui sto tentando di trasformarla(“togli pure il tentare”...) in una sorta di “donna scarlatta” e nei prossimi capitoli dovrei farla entrare nuovamente in azione. Sopportala ancora un po’...Per il fatto del capitolo “solo Yoh ed Anna” devi attendere ancora qualche tempo, ma ho già un’ideuzza...

Antineasan: Mi ero divertita molto a scrivere quella parte...come questa in cui si vedono loro due nello stesso momento, ma che fanno cose completamente differenti...che ne pensi? Cmq sai che capita spesso anche a me di impappinarmi per scrivere (o dire) certe parole un po’ lunghette?

Crikke: sono contenta che ti piaccia! Ma dopo tutto questo tempo, sei ancora dello stesso parere?


 
  
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