Libri > Il diario del vampiro
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Autore: iosnio90    21/06/2012    5 recensioni
La prima storia di una serie di tre che raccontano la vita di Stefan e Damon e l'evoluzione del loro rapporto nei secoli. Ogni storia è una raccolta di dieci one-shot più il prologo che vogliono raccontare una parte della loro storia o almeno ci provano. Questa prima fanfiction racconta del loro passato, della loro vita prima dell'incontro con Katherine nella Firenze rinascimentale.
Spero che l'idea vi piaccia e farete un salto per leggere la storia. Ho sempre voluto scrivere una cosa del genere e adesso...eccola qua. Dopo tante storie che parlano delle varie coppie, credo fosse giunto il momento anche per me di andare a fondo in uno dei rapporti più belli in assoluto di questa saga, cioè quello tra i due fratelli vampiri.
Vi aspetto...BACIONI...IOSNIO90!!!
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Damon Salvatore, Nuovo personaggio, Stefan Salvatore
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Il nuovo bambino

“Mamma e com’era il drago?”
“Il drago? Il drago era enorme, grande quanto una cattedrale, con due possenti ali ed era tutto blu, di un blu così scuro che di notte si confondeva con il cielo…”
“E sputava tanto fuoco?”
“No, questo drago era un drago particolare! Era il comandante di tutti i draghi e come tale aveva capacità diverse che lo distinguevano dagli altri…”
“Ad esempio?”
“Ad esempio lui non sputava fuoco, ma ghiaccio! Lunghe lance di ghiaccio pericolosissime per ogni cavaliere osasse sfidarlo e, infatti, il principe per poter salvare la principessa dovette combattere strenuamente contro questa possente creatura. Fu una lotta così difficile che quasi temette di perdere, ma alla fine…”
“Noooo! Non dire che alla fine vince, salva la principessa e vivono tutti felici senza più il drago..”
Damiano, dal suo lettino nella sua camera, fece quell’osservazione alla madre, intenta a raccontagli l’ennesima favola della buonanotte, con tutta l’innocenza che un bambino di tre anni potesse avere, certo senza sapere che in quel modo metteva in seria difficoltà Margherita che ogni volta non riusciva a capire come concludere una storia.
Già di per se era difficile inventarle visto che Damiano era un bambino molto perspicace per la sua età e particolarmente amante dei racconti di gloriose battaglie e strane creature inventate, ma arrivati al finale la cosa si complicava.
Lì dove ogni bambino avrebbe voluto il lieto fine, infatti, Damiano lo respingeva a pretendeva altro.
“Beh…a dire il vero era proprio quello che stavo per dire…” - rispose Margherita accennando un sorriso dolce al figlioletto.
“No, non mi piace!” - si ostinò il bambino.
“E allora quale finale vorresti?”.
“Un finale dove il drago sconfigge il principe troppo buono e porta via con se la principessa che capisce che anche il drago è buono e che tutti pensano che sia cattivo solo perché è tutto scuro…” - rispose Damiano, illuminandosi di un sorriso così entusiasta da contagiare anche i suoi enormi occhi scuri che, per l’euforia, divennero lucidi e splendenti.
“Perfetto! E allora…dopo una strenua battaglia il principe viene sconfitto, la principessa vola via con il drago e capisce che in realtà è un drago buono. La morale potrebbe essere che a volte l’apparenza inganna…”
“La mo…cosa?”
“Oh, niente! E’ un po’ presto per metterci morali nelle storie!” - rispose Margherita, alzandosi dal letto del bambino per potergli lasciare un leggero bacio su una guancia.
“Adesso è giunta l’ora di dormire! Fuori è buio e la mamma deve parlare col papà..”
“Di cosa?” - chiese Damiano.
“Te lo diremo domani..” - rispose sua madre.
“Ma se adesso che te ne vai arriva il drago?”
“E’ un drago buono, ricordi? L’hai detto tu!”
“Oh..si…è vero!”
“Coraggio! Chiudi gli occhietti, fai un bel sogno e vedrai che in men che non si dica sarà di nuovo giorno e potremo giocare ancora molto!” - lo esortò Margherita.
Damiano, in fondo, nonostante per la sua età fosse parecchio sveglio, era pur sempre un bambino di soli tre anni e come tale, di notte era sempre un po’ riluttante a restare da solo nella sua camera.
“Va bene! Ma non chiudere la porta, mamma!” - acconsentì alla fine, sporgendosi per ricevere un nuovo bacio e tirandosi le coperte fin sotto il mento mentre guardava sua madre uscire dalla stanza.
Accanto al suo letto, sul piccolo comodino, un’unica candela era ancora accesa e Damiano si perse con lo sguardo ad osservarne la fiammella e poi il fumo che saliva verso l’alto e veniva attirato fuori dalla finestra semiaperta che lasciava passare un po’ dell’aria che di sera arrivava a rinfrescare corpo e mente dopo il caldo sole delle giornate ormai entrate nel pieno dell’estate.
Non gli piaceva restare da solo; fondamentalmente era quello il problema che si affacciava alla mente del bambino ogni sera.
Durante il giorno, anche se non erano presenti sua madre e suo padre, Damiano era sempre circondato da tante persone sia che si trovasse in giardino a giocare, sia che fosse in casa o che andasse nelle scuderie ad accarezzare il suo cavallo preferito: un maschio grosso e tutto nero che suo padre aveva chiamato Furore.
Di sera, però, tutto cambiava. I lavori in casa e nel giardino si fermavano, le scuderie venivano chiuse ed ognuno si ritirava nella propria stanza lasciando dietro di se solo un immenso silenzio che spaventava molto Damiano.
Tutti credevano che si trattasse del buio.
“Ha solo paura del buio”, dicevano, ma l’oscurità non lo spaventava affatto, anzi, semmai era il contrario.
Damiano amava fissare il cielo scuro di notte. Gli piaceva contare le stelle e ancor di più gli piaceva immaginare di incontrare una ad una tutte le cose che potevano nascondersi nel buio.
A volte sentiva sua madre parlare con altre madri di bambini che di notte scappavano se sentivano un rumore provenire dal loro armadio o da sotto il loro letto.
Damiano no, lui non era così, lui non scappava. Se avvertiva un rumore provenire dal suo armadio lui correva ad aprirlo, curioso di incontrare cosa si celasse lì dentro. Peccato che si trattasse sempre di qualche vestito che cadeva dal ripiano su cui era posizionato e nulla più.
Era un bambino curioso ed estremamente coraggioso, sua madre glielo ripeteva sempre e lui le credeva e ne andava orgoglioso anche se non conosceva ancora davvero il significato di quelle due parole, ma gli sembravano belle e sua madre gliele diceva dandogli un bacio sulla fronte e sorridendogli quindi non dovevano essere così tanto cattive.
Gli piaceva chiamarsi Bambino Coraggio durante i suoi giochi e di solito, soprattutto quando giocava al grande condottiero, vinceva sempre con quel nome quindi gli si era affezionato.
Aveva lo sguardo fisso sulla finestra e il cielo scuro, come ogni sera, quando la sua attenzione venne catturata da un rumore di passi veloci per le scale.
Si alzò immediatamente.
Pensò che se mai qualcuno lo avesse colto in flagrante e avesse fatto per rimproverarlo lui si sarebbe guistificato dicendo che era il Bambino Coraggio e che la curiosità lo aveva spinto verso l’avventura poi prese un bel respiro ed uscì dalla sua camera.
Indossava un camicia da notte di lino fresco, i piedi erano scalzi e i capelli erano ormai tutti scompigliati dopo essersi agitato tanto sul cuscino mentre sua madre gli raccontava la storia del drago, ma il piccolo Damiano aveva altro a cui pensare il quel momento che non ai suoi capelli quindi lasciò perdere e attraversò silenziosamente il lungo corridoio fino a dirigersi verso l’enorme scalinata che dal piano superiore della villa portava dritto all’atrio dove c’era la porta d’ingresso principale.
Si affacciò, ma non vide nessuno, quindi prese a scendere i primi gradini fino a che non riuscì a percepire due voci sommesse che provenivano dal piccolo salottino di fianco all’ingresso, quello dove si facevano accomodare gli ospiti prima di portarli nella grande sala.
Una delle voci sembrava quella di sua madre ed improvvisamente gli ritornò alla mente ciò che lei poco prima gli aveva detto e cioè che doveva dire una cosa a suo padre, una cosa che lui avrebbe saputo solo il giorno dopo.
Beh…già che era lì ed era il Bambino Coraggio pieno di curiosità insoddisfatta, perché non approfittarne e scoprire tutto subito, no?
Si addossò al lato destro della scalinata e la percorse fino all’ultimo gradino prima di cimentarsi in una veloce camminata silenziosa grazie alla quale riuscì ad arrivare fuori alla porta aperta della stanza dove i suoi genitori stavano parlando tra loro senza essere né visto né sentito.
Si appostò lì, scivolando con la schiena lungo la parete e accovacciandosi a terra, piegando le ginocchia al petto e stringendosele a se con entrambe le braccia.
Teneva la testa basta.
Aveva calcolato che se abbassava la testa forse il nero dei suoi capelli lo avrebbe reso del tutto invisibile nella casa buia.
Prese ad ascoltare di nascosto. Sapeva che non era educato farlo, ma lo trovava divertente.
“Margherita! Oh, mia adorata Margherita…tu…l’emozione è così grande che non sono sicuro di aver inteso bene le tue parole…” - sentì dire a suo padre con una voce parecchio strana per i parametri che Damiano usava per definire il suo genitore.
Nella mente del bambino, infatti, Giuseppe ricopriva un ruolo marginale rispetto a quello che ricopriva Margherita. Suo padre non era mai in casa quindi non lo conosceva molto bene e le poche cose che aveva imparato a conoscere lui le aveva catalogate in modo da saper riconoscere i vari stati d’animo di suo padre a mano a mano che si presentavano.
Più che altro riconosceva i cambiamenti nel tono di voce.
C’era la voce burbera per quando era stanco per via del lavoro.
C’era la voce esausta per quando era stanco per via della gestione della loro tenuta.
C’era la voce triste per quando si parlava di sua nonna, la mamma di suo padre volata in cielo prima che lui nascesse.
C’era la voce rilassata e divertita per la domenica.
Quel tono di voce, però, quello che suo padre stava usando in quel momento, usciva fuori da qualsiasi schema Damiano si fosse fatto nella mente: era troppo….contento, entusiasta.
“Ti assicuro che è proprio così, mio caro! Non riuscivo a crederci quando il nostro medico lo ha confermato. Credevo che Damiano fosse stato un miracolo, un caso isolato e già mi ritenevo fortunata solo per aver avuto lui e invece…un altro bambino, Giuseppe, avremo un altro figlio e Damiano avrà un fratellino con cui giocare oppure una sorella! E’…un miracolo, l’ennesimo miracolo..” - fece Margherita.
Damiano, all’esterno della stanza, smise di ascoltare e alzò la testa di scatto.
Forse sarebbe tornato visibile, ma non gli importava.
Aveva capito bene?
Stava per arrivare un altro bambino?
Un fratellino oppure una sorella, avevano detto?
Sua madre e suo padre sembravano felici, ma lui come doveva prenderla?
Era un bene oppure era un male?
Sbirciò cautamente nella stanza e vide sua madre in lacrime che piangeva di gioia seduta accanto a suo padre su un divano, con la testa appoggiata ad una sua spalla mente lui la stringeva a se passandole un braccio intorno alle spalle e le sfiorava la pancia con l’altra mano libera.
Damiano si accigliò.
Decise che ci avrebbe ragionato un po’ su prima di decidere cosa pensare.

Damiano impiegò quattro mesi dal giorno in cui sua madre e suo padre finalmente gli avevano parlato della notizia dell’arrivo di un fratello o di una sorella per decidere se la considerava una cosa buona oppure una cosa cattiva.
Dopotutto erano diversi i pro e i contro da tenere presenti.
Damiano aveva già visto cosa succedeva nelle famiglie quando c’era già un bambino e poi ne arrivava all’improvviso un altro e la cosa non lo faceva stare del tutto tranquillo.
Da una parte sua madre aveva ragione quando gli diceva che avrebbe avuto qualcuno con cui giocare, ma dall’altra sapeva che avrebbe dovuto aspettare perché il bambino nuovo si trasformasse in un degno compagno di giochi e ci sarebbero voluti anni visto che almeno doveva diventare com’era lui in quel momento.
Poi c’era quella cosa del fratello maggiore che suo padre non faceva altro che ripetergli. Gli diceva che ora doveva pensare anche al suo fratellino o sorellina, che doveva avere cura di lui e allora Damiano si chiedeva perché, perché doveva avere lui cura del nuovo figlio se c’erano già loro due. Non aveva molto senso.
Quando lo faceva presente a sua madre - non si sarebbe mai azzardato a dire una cosa simile a suo padre - lei gli rispondeva che era perché lui stava diventando grande a poco a poco ed era quello che facevano i grandi, soprattutto i fratelli maggiori: proteggevano quelli minori.
Damiano non sapeva cosa sua madre volesse dire con quelle parole, ma nella sua ingenuità di bambino sperava solo che non gli nascesse un fratello o una sorella con la paura del buio o dei mostri perché quello proprio non l’avrebbe sopportato.
Se il nuovo bambino voleva essere suo amico allora doveva imparare a farsi piacere quello che piaceva a lui.
La divisione dei giocattoli già sapeva che non sarebbe stata un problema. Damiano ne aveva tantissimi e gliene venivano sempre regalati di nuovi, ma non li usava quasi mai perché a lui piaceva correre nel parco e viaggiare di fantasia più che stare fermo in una stanza piena di cose che non gli interessavano cercando di divertirsi senza successo.
Per quanto riguardava la divisione dell’attenzione dei suoi genitori…ecco, quello lo impensieriva un po’ di più.
Sua madre gli aveva già detto che soprattutto all’inizio della vita del nuovo bambino lui sarebbe forse stato trascurato un po’ perché creature così piccole avevano bisogno di molte attenzioni e Damiano non sapeva se la cosa gli andava bene oppure no.
Suo padre non era il tipo di padre che ti ripeteva sempre che ti voleva bene o ti abbracciava in continuazione e, a conti fatti, Damiano era molto più legato a sua madre che non a Giuseppe, ma non era cattivo e quando non era impegnato con il suo lavoro era sempre pronto a giocare con lui o a portarlo in giro per la tenuta in groppa a Furore dato che lui da solo era troppo piccolo per salirci. Comunque sia le attenzioni che Damiano riceveva da suo padre restavano sempre relativamente poche e doverle anche dividere….
Sua madre invece era sempre con lui. Gli parlava, gli raccontava storie, lo coccolava e insieme facevano lunghe passeggiate o picnic nel loro immenso giardino. Ricevava da lei così tante attenzioni che, ad un occhio esterno, doverle dividere non sembrava poi una così grossa tragedia, ma Damiano era un bambino già profondamente geloso e possessivo nonostante la giovanissima età.
Era geloso della sua mamma ed era geloso del tempo che trascorreva con lei.
Il nuovo figlio sarebbe arrivato a rovinare tutto?
Damiano questo non lo sapeva, ma se lo chiedeva spesso e principalmente era stata quella la domanda che lo aveva fatto titubare di più al momento di prendere la sua decisione sul fatto di vedere di buon occhio oppure no quella nascita.
Al momento aveva deciso di bloccarsi sul “forse”, dando al nuovo bambino un tempo massimo di due giorni dopo la sua venuta al mondo per dimostrargli che si sbagliava quando pensava che sarebbe stato solo un peso.
“Allora, piccolino? Sei contento oppure no dell’arrivo di un nuovo bambino? Quando te lo chiedo non mi rispondi mai…” - fece Margherita per l’ennesima volta.
Stavano passeggiando lungo il roseto che costeggiava una parte del giardino, mano nella mano con Damiano che di tanto in tanto lanciava occhiate poco convinte alla pancia già grande e tonda della sua mamma.
“Ho deciso che decido dopo che è nato!” - rispose.
“Oh, ho capito! Vuoi prima conoscerlo…”
Damiano annuì.
“Bene! Allora non mi resta che sperare che i miei bambini vadano subito d’accordo…” - sospirò Margherita prima di fermarsi e abbassarsi all’altezza del piccolo Damiano per poterlo guardare in viso con i suoi occhi verdi mentre lo teneva dolcemente per le spalle.
“Io ti vorrò sempre bene, lo sai, vero? E anche tuo padre! Continueremo ad amarti proprio come facciamo adesso, solo che ameremo allo stesso modo anche il tuo fratellino o la tua sorellina e mi piacerebbe che anche per te fosse lo stesso, che anche tu lo o la amassi perché è così che funziona nelle famiglie…” - gli disse nel suo solito tono sincero e tenero - “Mi prometti che farai uno sforzo? Che ti impegnerai per farmi felice?”
Damiano accasciò le spalle, guardando il sorriso della sua mamma e non potendo fare a meno di sorridere a sua volta, annuendo per accontentarla.
“Te lo prometto! Davvero…” - disse.
Il volto di Margherita si illuminò e strinse a se il bambino che ricambiò subito l’abbraccio avvolgendo il collo di sua madre con le sue piccole ed esili braccia.
Ma qualcosa cambiò in fretta e Damiano se ne accorse subito quando sentì la stretta di sua madre indebolirsi all’improvviso e vide le braccia di lei ricaderle mollemente lungo i fianchi.
La guardò preoccupato e la vide che stringeva gli occhi e si portava una mano sulla pancia, lì dove c’era il bambino, come se stesse soffrendo un grande dolore.
“Mamma? Mamma, stai bene? Mamma?” - prese a chiedere.
Lei restò ancora qualche attimo in silenzio, facendo lunghi rspiri per prendere fiato mentre passava una mano nell’erba umida e poi se la portava semi-bagnata alla fronte.
Damiano non capiva cosa stava succedendo, ma quando Margherita gli disse che andava tutto bene lui, per la prima volta in vita sua, non credette alle parole di sua madre e corse verso le scuderie.
Da lontano aveva visto che uno degli stallieri stava sellando Furore e ciò significava che suo padre doveva essere ritornato dato che nessun altro oltre al padrone di casa aveva il permesso di avvicinarsi a quel cavallo se non dietro preciso ordine del conte.
Damiano corse a perdifiato e trovò suo padre che usciva da una delle porte laterali della villa, diretto verso le scuderie.
“Padre! Padre! Papà!” - prese ad urlare.
Giuseppe si voltò verso di lui, accigliato, e quando se lo ritrovò praticamente addosso si abbassò anche lui alla sua altezza così come poco prima aveva fatto Margherita e lo esortò a parlare.
“Damiano! Cosa succede? Lo sai che non voglio che tu corra così tanto da farti venire il fiatone, potresi ammalarti…”
“Si, lo so, ma è la mamma…la mamma sta male…” - fece Damiano.
Gli occhi di suo padre cambiarono espressione in un attimo, si fecero attenti e ansiosi.
“Dov’è? Portami da lei!” - gli ordinò.
Damiano annuì e gli prese una mano, tirandoselo dietro verso il roseto. Erano arrivati a metà strada quando da lontano scorsero la figura di Margherita che, ripresasi, si avviava lentamente verso di loro.
Padre e figlio la raggiunsero in un attimo.
“Marherita, mia cara, stai bene? Damiano mi ha detto che hai avuto un malore…” - fece Giuseppe, passando un braccio intorno alla vita della moglie per poterla sorreggere e aiutare lungo il cammino verso la villa.
“Sto bene, sto bene, vi preoccupate troppo voi due….” - ripose lei, rimproverandoli bonariamente con un sorriso.
Damiano non sapeva cosa dire o che pensare.
In un certo senso si sentiva anche in colpa per essere corso così verso suo padre e averlo fatto spaventare perché se sua madre stava davvero bene allora lui avrebbe dovuto ascoltarla e restare con lei senza far preoccupare nessuno come, invece, aveva fatto.
Abbassò la testa e prese a camminare alle loro spalle, mesto.
Giuseppe fece segno a Margherita di aspettare e si voltò verso di lui.
“Hai fatto la cosa giusta a venire subito a chiamare me, Damiano…” - gli disse, passandogli una mano tra i capelli corvini.
Il bambino si sentì immediatamente rincuorato e, non sapendo bene come reagire a quel gesto di affetto così plateale da parte di suo padre,  si voltò a guardare sua madre che gli annuì dolcemente. Allora prese posto di fianco a suo padre e gli strinse una mano.

Da quel brutto giorno, però, fino alla fine della gravidanza, Damiano aveva cominciato a fare ciò che ogni bambino di buona famiglia e con una buona educazione non avrebbe mai dovuto fare: origliare sempre e comunque qualsiasi conversazione suo padre e sua madre avessero tra loro o con altri.
Prima era una cosa che capitava, non lo faceva di proposito ed erano rare le volte in cui non era lui stesso ad uscire allo scoperto subito e a farsi notare beccandosi anche una bella sgridata da entrmbi i genitori che ci tenevano molto alle sue buone maniere. Poi sua madre si era sentita male e lui aveva già i suoi buoni motivi per non fidarsi del nuovo bambino, quindi alla fine origliare era diventata un’abitudine, un vizio anzi.
Dopotutto lui era un bambino e benchè fosse preoccupato per la sua mamma che, mese dopo mese, sembrava avere sempre più malori e momenti di scarsa salute e lucidità, non gli dicevano molto tranne che sarebbe presto stata bene, ma lo facevano tutti con degli occhi così angosciati che persino se Damiano fosse stato un bambino meno perspicace di quello che era in realtà si sarebbe acorto che gli stavano raccontando un mare di frottole. Persino suo padre, il conte Giuseppe di Salvatore, l’uomo tutto d’un pezzo che non ammetteva menzogne di nessun genere gli mentiva e questo non poteva non mettere in allerta Damiano.
Se gli ripetevano in continuazione che dire bugie era sbagliato, allora perché tutti avevano preso a farlo?
Credevano che fosse così stupido da non accorgersene?
Damiano prendeva la cosa molto sul personale, non ne capiva il motivo principalmente e, d’altronde, era così piccolo che non riusciva a comprendere che se gli mentivano era per il suo bene, per tenerlo al sicuro da quella che era una brutta verità che stava prendendo sempre più piede nel cuore del conte, di Margherita e di tutti i domestici e stallieri della tenuta.
Damiano era stato un miracolo, la sua nascita era stata inattesa e insospettata. Le possibilità di Margherita di avere dei figli erano pressochè nulle e invece aveva messo al mondo lui, il suo primo figlio maschio, quel primo figlio che si era sempre creduto sarebbe rimasto l’unico.
Poi era accaduto di nuovo, a tre anni di distanza la contessa era rimasta incinta nuovamente, ma sperare in un nuovo miracolo forse era un po’ troppo persino per lei, una donna dal cuore puro e devoto.
Il suo corpo non era in grado di sopportare una nuova gravidanza che, infatti, la stava facendo deperire a poco a poco, portandole via energia e forza vitale, ma lei non si arrendeva, non aveva intenzione di farlo.
Nonostante tutto la nuova creatura dentro di lei stava superando ogni avversità e stava crescendo, si stava preparando a prendere il suo posto nel mondo e la contessa non era intenzionata a cedere, non voleva privare quel bambino della sua unica opportunità di vita solo per rimettersi in forze e tornarsene alla spensieratezza delle giornate che fino ad allora aveva vissuto.
Si sarebbe sacrificata, se necessario, l’avrebbe fatto con tutto il cuore.
Fu durante una nottedi primavera piena di stelle che la contessa cominciò ad urlare.
La villa si rianimò prontamente e fu subito chiaro che il travaglio era cominciato e il parto era imminente.
Damiano rimase fuori alla porta della camera da letto in cui era sua madre per un tempo indefinito, guardandola soffrire così tanto con le lacrime agli occhi mentre veniva raggiunta da alcune donne che parlavano tra loro dandosi istruzioni e gridavano a lei di mantenere la calma, che sarebbe andato tutto bene.
Venne trascinato via dalla mano di suo padre che gli si posò fermamente su una spalla.
Andarono fuori, in giardino, il più lontano possibile dalle urla.
Quella notte Damiano la passò in silenzio, seduto sulle ginocchia di suo padre a guardare la luna e a chiederle di non prendersi la sua mamma, di lasciarla lì con lui, di dargli quel benedetto fratellino se proprio ci teneva, ma di lasciare lì anche la sua mamma.
Padre e figlio, angosciati ed in attesa, non si rivolsero parola.
Damiano non sapeva cosa chiedere e Giuseppe non sapeva cosa rispondere in caso di domande del figlio.
Ma rimasero insieme, uniti così tanto forse per la prima ed ultima volta nella loro vita. Rimasero insieme fino all’alba, fino al momento in cui il pianto disperato di un bambino non arrivò ad accompagnare il primo raggio di sole del nuovo giorno.
Una domestica venne loro incontro e Giuseppe corse via subito.
Damiano se la prese con più calma. Si alzò, si risistemò con le mani i capelli e poi diede la mano alla domestica che, sorridente, lo portò fino al piano superiore davanti alla camera da cui si sentivano provenire le voci di sua madre e di suo padre.
“Avanti, signorino! Potete entrare…” - gli sussurrò la donna che gli era accanto prima di lasciarlo solo e dileguarsi velocemente lungo il corridoio.
Damiano rimase fermo lì fuori ancora un po’ prima di decidersi ad entrare.
La prima cosa che vide fuorno le lacrime di suo padre e pensò che dovevano essere lacrime di gioia per la nuova nascita.
“Damiano! Piccolo, vieni, vieni a conoscere il tuo fratellino!” - lo esortò sua madre con un tono basso e stanco che Damiano non le aveva mai sentito.
Si avvicinò al letto, sbirciando nella copertina che sua madre teneva tra le braccia e dalla quale vedeva spuntare una piccola mano che doveva essere la metà della sua.
“Un fratellino?” - chiese, suo malgrado, con una certa soddisfazione: se proprio doveva scegliere tra un fratello e una sorella, allora meglio il fratello, si era sempre detto.
“Si, un fratellino!” - gli confermò sua madre.
“E come si chiama?” - chiese allora, sporgendosi col busto in avanti fino a vederlo finalmente, il bambino di cui tanto si era parlato e a cui tanto lui stesso aveva pensato in quei mesi.
“Stefano! Si chiama Stefano!”
Stefano era davvero molto piccolo. Se ne stava tra le braccia della mamma con gli occhi spalancati, occhi che erano chiari come quelli di lei, di un verde intenso. Sulla testolina aveva già qualche capello scuro e la sua pelle sembrava di uno strano rosa innaturale, ma quando chiese il motivo gli dissero che era normale.
Damiano restò a fissarlo per un po’.
“Coraggio! Puoi toccarlo, sai?” - lo esortò sua madre.
Scambiò uno sguardo con lei prima di provarci, di allungare una sua mano a sfiorare quella del nuovo bambino.
Damiano non se lo aspettava, ma Stefano gli afferrò un dito e glielo strinse con forza, facendogli nascere un sorriso che si accentuò quando il bambino spostò i suoi occhi dalla figura di Margherita alla sua.
“Visto? Non mi sembri così dispiaciuto di avere un fratellino adesso che è nato…" -fece Margherita.
Damiano non diede molta retta a quelle parole, piuttosto gli premeva sapere altro.
“Quando possiamo andare a giocare di nuovo? Può venire con noi? Posso giocare con Stefano?” - chiese.
“Certo che puoi giocare con lui, anzi…devi giocare con lui perché, vedi Damiano, non so quando io potrò tornare a giocare con te, con voi. Sono molto stanca, sai? E non sto molto bene, purtroppo…” - gli rispose sua madre.
Damiano si accigliò. Non capiva. Voleva chiederle ancora qualcos’altro, ma qualsiasi cosa fosse se la dimenticò nel momento in cui suo padre, che era rimasto fermo e silenzioso di fianco a sua madre, si alzò di scatto e andò a rintanarsi in un angolo della stanza, piangendo.
“Giuseppe! Mio caro, ti supplico, non fare così..” - fece Margherita.
Damiano li guardò entrambi.
Guardò sua madre e suo padre, poi gli occhi gli caddero su Stefano e le parole di sua madre gli rimbombarono nella mente insieme alle immagini delle lacrime di suo padre. Solo in quel momento si rese conto che forse aveva sbagliato a considerare quelle lacrime delle lacrime di gioia. La luce che aveva visto negli occhi di suo padre, infatti, non era una luce luminosa, di felicità, ma una luce oscura, di preoccupazione e tristezza.
Li guardò ancora. Sua madre, suo padre e poi Stefano. Si soffermò su di lui, sul bambino.
 - “…non so quando io potrò tornare a giocare con te, con voi. Sono molto stanca, sai? E non sto molto bene, purtroppo…”  - gli aveva detto così sua madre poco prima.
Mesi e mesi di menzogne, malanni e ansie tornarono a passargli davanti agli occhi che, in quell’attimo, persero tutta l’ingenuità che gli occhi di un bambino di tre anni dovrebbero avere.
Fissò lo sguardo sul suo dito ancora intrappolato nella mano di Stefano e lo tirò via repentinamente, quasi con violenza e sicuramente con decisione.
“Damiano..” - lo chiamò sua madre, ma lui non le rispose né le diede retta.
Diede le spalle a lei e a quel bambino, si avviò verso la porta e se la richiuse alle spalle dopo averla attraversata.







NOTE:
Ciao a tutti e ben ritrovati! (Oddio, sembravo la D'Urso O_O) XDXDXD
No, vabbè...senza scherzare...finalmente sono di ritorno. Mi scuso di nuovo con voi per aver allungato ancora i tempi di postaggio, ma è un periodo davvero pieno di cose per me ed in qualche modo devo pur destreggiarmi senza annegare nelle cose da fareXD
Allora, ringrazio tutti coloro che hanno letto e/o recensito il prologo e spero che questo primo capitolo vi piaccia.
Damon (Damiano al momentoXD) qui ha tre anni ed è raccontata ovviamente la nascita di Stefan (qui ancora StefanoXD) passando attraverso il momento della lieta novella e i primi malori dovuti alla gravidanza.
Vi confesso che è stato difficile scrivere questo capitolo e tutt'ora lo posto, ma non sono sicura del risultato ottenuto. Spero che vi piaccia comunque e in caso di critiche sapete sempre dove trovarmi, ormai penso si sia capito che da voi accetto qualsiasi cosa, anche suggerimenti e note amare, non solo complimenti nonostante quelli che mi riservate sempre mi rendono davvero molto felice.
Adesso volevo rispondere ad una domanda che di sicuro vi starete facendo tutti: perchè Margherita non è morta dando alla luce Stefan?
Ecco, la risposta è semplice! Perchè io mi sono rifatta solo a quello che la Smith scrisse ai tempi del primissimo libro della saga e ho lasciato perdere qualsiasi cosa avesse aggiunto poi andando a contraddire ciò che disse all'inizio!
Benchè non abbia letto gli ultimi libri, mi è infatti giunta voce che in uno di questi, dopo la morte di Damon, Stefan lascia intendere che sua madre morì dandolo alla luce....
Beh...nel primo libro, Il Risveglio, precisamente a metà della pagina 187, Stefan racconta ad Elena che sua madre morì pochi anni dopo averlo messo al mondo!!
Ora, dato che ai fini della riuscita della mia storia dovevo decidere quale strada seguire, ho preferito seguire quella suggerita dal primo libro dato che...beh...immagino che quella dovesse essere la vera storia del passato dei Salvatore in origine!XDXDXD
Comunque sia...ecco spiegato perchè Margherita c'è ancora, anche se per poco visto che già sta male dato che il suo corpo non era portato per una gravidanza, figuriamoci per due!!
Beh....mi sembra sia tutto per adesso....
Vi aspetto tra due settimane, lunedì 2 luglio, sul blog per lo spoiler mentre per il capitolo...
A giovedì 5 luglio....BACIONI...IOSNIO90!!!
   
 
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